La rivolta egiziana non deve essere un nuovo palazzo dei sogni
di Fiamma Nirenstein
Tratto da Il Foglio, 24 febbraio 2011: "Sotto la piazza l'abisso? Sguardi preoccupati di esperti davanti al vuoto lasciato dal rais"
Se le rivoluzioni, gigantesche e sconosciute, che fanno dei Paesi islamici una promessa e una minaccia, falliranno sarà perché i giovani oggi in piazza (chiunque essi siano e comunque la pensino, muoiono per la libertà) avranno dovuto pagare un triste tributo a quelli stessi dittatori che hanno cacciato via. L’insistente domanda che poniamo a noi stessi, e che molti smussano invocando i nuovi idoli dei social network, è quanto la destituzione dei tiranni arabi possa condurre a una società moderna, democratica, insomma a noi non aliena e nemica.
Le società mussulmane possono farlo: i giovani ottomani negli anni fra il 1830 e il 1850, all’inizio con riluttanza, poi con slancio, impararono almeno una lingua europea, viaggiarono, divennero i portabandiera del desiderio di dare al loro Paese, da patrioti liberali, un governo istituzionale e parlamentare nel quale vedevano il talismano del successo europeo. [...]
L'Iran a Suez: ecco il dopo Mubarak
Il Giornale, 23 febbraio 2011
Guardiamole bene quelle due navi iraniane che sono entrate alle quattro del pomeriggio nel nostro Mediterraneo. E’ uno spettacolo del tutto nuovo, ed è tutto dedicato a noi europei, israeliani, americani, è stato messo in scena per farci digrignare i denti: dal 1979 l’Egitto non lasciava passare dal suo prezioso corridoio le navi dell’Iran khomeinista, il Paese della rivoluzione sciita integralista e nemica acerrima del potere sunnita, se non di quello estremista di Hamas, dei Fratelli Musulmani e di Al Qaeda e altri compagni del genere. Adesso, invece, ecco il primo gesto dell’Egitto post-rivoluzionario: visto che l’alleato americano, il più fedele amico, si è scansato appena la folla si è messa in marcia, il nuovo-vecchio potere militare immagina prudentemente nuove alleanze, meglio non litigare con Ahmadinejad che riempie infatti di lodi la rivoluzione egiziana. Anche i Sauditi, anch’essi leader del mondo sunnita anti-sciita, non hanno mai avuto simpatia per l’Iran khomeinista, al contrario. Anzi, ultimamente si sono battuti per difendere Mubarak: il re Abdullah ha fatto una telefonata durissima a Obama per dirgli di non umiliare il suo amico. Ma il presidente americano invece l’ha abbandonato, ed ecco che anche i sauditi tastano nuove possibilità strategiche: le navi iraniane hanno fatto scalo, sembra, dal porto saudita di Jedda. [...]
Navi iraniane dallo stretto di Suez: un autentico rivolgimento geopolitico è in corso in Medioriente
M.O.: NIRENSTEIN (PDL), NAVI IRANIANE GRAVISSIMO PERICOLO = AUTENTICO RIVOLGIMENTO GEOPOLITICO E STRATEGICO, E' EVIDENTE
L'INTENZIONE DI PROVOCARE UNA REAZIONE ISRAELIANA
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - La presenza nel Mediterraneo di due navi da guerra iraniane e' "una grave provocazione, un gravissimo pericolo". Cosi' Fiamma Nirenstein (Pdl), vice presidente Commissione Esteri, commenta, all'ADNKRONOS, la notizia del passaggio attraverso il Canale di Suez di due navi da guerra dell'Iran, oggetto di un'interrogazione di Alessandro Ruben (Fli), al ministro degli Esteri sui rischi di destabilizzazione dell'area e per i nostri militari impegnati nella regione in missione di peacekeeping.
"Credo che Ruben abbia ragione, e' una preoccupazione importante, anche per i nostri militari che sono in quell'area -prosegue Nirenstein- un autentico rivolgimento geopolitico e strategico: sarebbe la prima volta che l'Egitto consente a navi iraniaine di arrivare nel mediterraneo. E' evidente l'intenzione di provocare una reazione, almeno psicologica, israeliana. Poi vi e' il rischio di una consegna di armi a Hezbollah".
"Questo Egitto post rivoluzionario fa una politica diversa da quella di Mubarak nei confronti dell'Iran ed altro elemento preoccupante e' che queste navi sembra abbiano fatto scalo a Gedda, in
Arabia Saudita. Siamop di fronte a una nuova espansione del potere iraniano che ha sempre avuto un carattere aggressivo, integralista islamico, che prepara strutture atomiche non pacifiche, minacia la distruzione dello Stato di Israele, manifesta intenzioni aggressive nei confronti di tutta la civilta' giudaica-cristiana che ha la sua culla nel Mediterraneo", conclude Nirenstein.
La sinistra cavalca la piazza pure se è fondamentalista
Il Giornale, 21 febbraio 2011
Se ci affacciamo sull’affresco delle rivoluzioni nel mondo islamico, in mezzo al sangue, ai messaggi su Google, ai cortei e all’orrore dei centinaia di morti in Libia, vediamo un panorama grande dal Marocco, all’Egitto, allo Yemen, al Bahrein e via ancora... e per fortuna risorge ieri l’Iran. Quanto nutrimento indigesto per la mente, quante pulsioni anche antagoniste. E qui fa specie che un osservatore esperto come l’ex primo ministro Massimo d’Alema nella sua intervista al Sole 24 ore ricalchi schemi cancellati dal tempo, in cui elezioni vogliono dire democrazia, democrazia vuole dire folla in marcia, folla in marcia vuol dire magnifico spettacolo. È un vizio tipico di una mentalità del genere «Stati generali» che viene condivisa da parecchia parte della sinistra e che porta a trovarsi spesso in compagnie scomode perché sovente una volta scesi dalle barricate i rivoluzionari si dimostrano pericolosi estremisti e persino terroristi. [...]
Condannare senza riserve le violenze del regime di Gheddafi
Dichiarazione dell’On. Fiamma Nirenstein (Pdl), Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera
“Condanno nella maniera più assoluta l’uso senza precedenti della violenza che il regime di Gheddafi sta praticando sulla folla dei suoi concittadini. Nessuna delle rivoluzioni in corso in tutto il mondo musulmano ha avuto finora esiti così sanguinosi.
Pur augurandomi che le cose possano trovare una loro soluzione pacifica, non posso che rilevare l’indisponibilità di Gheddafi a soluzioni che abbiano a che fare con la nostra cultura della libertà, cosa che mi apparve evidente già quando mi astenni in Aula nel voto di ratifica dell’accordo Italia-Libia, approvato da quasi tutto l’arco parlamentare.
Le ragioni per cui lo feci, e che dichiarai in Aula, non erano attinenti al contenuto del trattato, che a me parve pieno di buona volontà e molto utili rispetto alla soluzione di un contenzioso che da anni impegnava tutti i vari governi italiani e che di fatto è stato in gran parte risolto, nonché alla questione degli sbarchi clandestini che sono diminuiti in maniera notevole. Le mie ragioni erano radicate nella difficoltà a credere in un interlocutore come Gheddafi, le cui parole sempre estremiste e le cui continue minacce all’ONU e allo Stato di Israele mi resero difficile, allora come oggi, credere nella sua autentica disponibilità.
L’esito di tutte le rivoluzioni cui assistiamo in questi giorni è ancora molto difficile da prevedere e l’Europa deve monitorare ogni possibilità di svolta verso l’integralismo islamico, un rischio che anche la Libia corre. Ma il nostro primo dovere ora è pronunciarci senza riserve perché si smetta quanto prima di sparare sui manifestanti”.
Roma, 21 febbraio 2011
Libya, Nirenstein: our duty to firmly condemn Gheddafi's regime violence
Statement by Hon. Fiamma Nirenstein, Vice-president of the Committee on Foreign Affairs, Italian Chamber of Deputies
"I firmly condemn the incredible use of violence of Gheddafi's regime against the crowds of his fellow citizens. None of the current revolutions in the Muslim world has yet had such bloody outcomes.
Although I wish things might peacefully settle, I cannot but stress Gheddafi's unwillingness for solutions that have to do with our culture of freedom. This was already clear to me when I abstained from voting the ratification of the Agreement between Italy and Libya, which was approved in 2009 by the almost entire Parliament.
The reasons of my abstention, which I declared in the parliamentary assembly, were not pertaining to the content of the treaty, which in my opinion showed good will and offered a solution to the dispute that had long involved different Italian governments and that indeed has in large part been settled; the agreement has also offered a solution to the question of illegal immigrants, the number of which has remarkably decreased. My reasons were based on the impossibility to believe in a deal with a partner as Gheddafi, whose radical words and whose constant threats to the UN and to the State of Israel made me very sceptical regarding his authentic willingness.
The outcome of the revolutions we are assisting these days is still difficult to foresee. Europe has to monitor every opportunity of evolving Islamic extremism, a risk that Libya also runs. But now our major duty is to speak out without reserves so that shootings on the protesters stop as soon as possible".
Rome, February 21, 2011
Quella giornalista stuprata ci ricorda che cos’è la rivolta d’Egitto
Il Giornale, 19 febbraio 2011
In Piazza Tahrir, che come un grande teatro a più scene ci ha rappresentato per giorni scene di rivoluzione, di gioia e di morte, commedie e tragedie, un’inviata della CBS News è stata brutalizzata sessualmente per mezz’ora da una folla di uomini eccitati. Grandi rivoluzionari, decine di grandi combattenti della libertà che il mondo intero stava esaltando; bastava guardare la CNN e la BBC. Il cameraman di Lara Logan, una bella donna di 39 anni, veterana dell’Iraq e dell’Afghanistan, è stato trascinato via e picchiato; la giornalista è stata infine salvata da una folla che le cronache definiscono di «donne e soldati», ma chissà se è una narrativa mirata a ricomporre un’icona. Negli altri angoli della piazza la storia seguiva il copione: si gridavano slogan, si resisteva all’attacco degli uomini cammellati di Mubarak, si marciava, si filmavano giovani blogger, donne con e senza velo, la loro sete di libertà, il loro coraggio… Intanto, in quell’angolo si stava svolgendo una scena che non poteva, non doveva dire nulla sulla rivoluzione che piace alle telecamere, che nutre gli stereotipi più cari all’informazione liberal. Questa informazione per giorni ha nascosto che non pochi fra i giornalisti occidentali, tutti favorevoli alla rivoluzione, venivano in realtà strattonati e minacciati, talora portati via dalle forze dell’ordine… [...]
Mediorientale
RIASCOLTA LA CONVERSAZIONE CON MASSIMO BORDIN SULL'ATTUALITA' DAL MEDIORIENTE:
Sintesi degli argomenti:
Israele cerca di recuparare la fiducia nella rivoluzione egiziana. Sharansky, dissidente nell'ex URSS, ha scritto: "E' tempo di credere nella dimocrazia", sollecitando il paese ha sostenere la lotta per la libertà nel mondo arabo.
Israele però teme: quattro delle sue ambasciate in paesi musulmani sono state prese d'assalto e chiuse.
Israele ha acconsentito (come stabilito dagli accordi di Camp David del 1978) al dispiegamento di militari nella penisola del Sinai, dove l'esercito egiziano si trova ad affrontare l'estremizzazione dell'area (scontento delle popolazioni beduine, infiltrazioni di Al Qaeda e Hamas..).
L'importanza degli accordi di pace tra Israele ed Egitto: importanza non solo per Israele stesso, ma anche per gli equilibri dell'intera area.
La messa in discussione di questo accordo costituisce un topos che accomuna molte forze. ElBaradei è stato il primo, agli inizi della protesta, ad affermare che il trattato di pace con Israele è un trattato di Mubarak e non del popolo egiziano. I quotidiani di tutto il mondo arabo hanno dato adito a questa stessa tesi, per cui è giunto il momento di rivedere la pace con Israele: Teshreen (Siria), Al Quds Al Arabi (quotidiano arabo che esce a Londra) An-nahar (quotidiano libanese vicino ai maroniti). Anche Ayman Nour, il presidente del partito liberale Al Ghad, che osò nel 2005 sfidare Mubarak alle elezioni presidenziali e per questo fu poi incarcerato per 4 anni, ha dichiarato che l'accordo con Israele va rivisto. [...]
IRAN: DIALOGO INUTILE CON AUTORITA', SERVE CON OPPOSIZIONE
(ASCA) - Roma, 16 feb - ''Di fronte agli ultimi eventi in corso nelle piazze iraniane, in cui ancora una volta il popolo iraniano dimostra il suo profondo antagonismo nei confronti di un governo che ne viola tutti i diritti umani; di fronte alla violenza delle forze di sicurezza iraniane, di fronte alla sconcertanti immagini, oggi su tutti i quotidiani, del parlamento iraniano che richiede
l'impiccagione dei leader dell'opposizione, nel mio ruolo di Vicepresidente della Commissione Esteri, devo annunciare che non prendero' parte domani all'incontro in Commissione con
una delegazione di parlamentari iraniani''. E' quanto afferma Fiamma Nirenstein (Pdl), vicepresidente della Commissione Esteri della Camera, intervenendo in Aula.
''Non penso sia utile la discussione con i rappresentanti ufficiali iraniani. Penso sia invece utilissimo esprimere solidarieta' e incontrare le sue opposizioni - continua Nirenstein -. Infatti parlare con le autorita' iraniane sulle questioni relative ai diritti umani, o alle strutture nucleari, non e' servito a nulla finora. L'Iran e' determinatissimo finora nella sua scelta aggressiva, imperialista e antisemita, come dimostrano anche le ultime dichiarazioni di Ahmadinejad di incitamento allo sterminio. Invece l'opposizione ha seguitato, nelle more di una spietata repressione, a esprimere il desiderio di liberta' e di pace che merita tutto il nostro appoggio''.
Italian deputy rebukes fellow deputies for Iran meeting
By BENJAMIN WEINTHAL, Jerusalem Post
20/02/2011
http://www.jpost.com/International/Article.aspx?id=208970
BERLIN – Fiamma Nirenstein, Vice President of the Foreign Affairs Committee in Italy’s Chamber of Deputies, sharply criticized last week her fellow legislators serving on the committee for meeting with a group of Iranian members of parliament.
Speaking during a parliamentary debate last Wednesday, Nirenstein said “I announce that, in my capacity as Vice President of the Foreign Affairs Committee, I will not participate in tomorrow’s meeting of my committee with a delegation of Iranian parliamentarians, headed by the President of the Iranian Foreign Affairs Committee.”
She continued that, “Given the recent demonstrations in Iranian cities, with the Iranian people once again proving their profound enmity towards a government that violates all their human rights; given the violence perpetrated by the Iranian security forces, and given the disconcerting images, in all today’s newspapers, of the Iranian parliament demanding the hanging of the opposition leaders, I feel that a dialogue with Iran’s official representatives is completely pointless. [...]
L’Iran esalta le rivolte, ma non a casa propria
Il Giornale, 15 febbraio 2011
Gli ayatollah avevano aizzato le proteste in Egitto e Tunisia. Ieri però la rabbia popolare è esplosa contro di loro e la risposta è stata la dura repressione. Dopo aver scaricato Mubarak, ora Obama non potrà negare sostegno a chi chiede libertà a Teheran
Magari il popolo iraniano fosse davvero giunto ieri, con le sue manifestazioni che già costano feriti e morti, nella grande rivoluzione del mondo islamico. Magari queste ore di scontri nel centro di Teheran e a Isfahan preparassero un improvviso e fortunoso balzo persiano nella democrazia, contro un governo che ha il record di violazioni dei diritti umani con le sue pubbliche impiccagioni di omosessuali, dissidenti, donne, un regime che prepara la bomba atomica per distruggere Israele e l’Occidente.
Se così fosse, questo evento avrebbe due caratteristiche straordinarie: l’ironia e un totale rivolgimento strategico rispetto a tutte le rivoluzioni in atto nel mondo musulmano. [...]
Iran celebrates revolutions, but not at home
Il Giornale, 15 February 2011
The ayatollahs spurred on protests in Egypt and Tunisia, but people’s anger erupted against them, facing a brutal repression. After ditching Mubarak, Obama cannot now deny support to those calling for freedom in Teheran.
If only the Iranian demonstrations, which have already notched up casualties and deaths, really had achieved the great revolution of the Islamic world yesterday. If only these hours of clashes in the centre of Teheran and at Isfahan really were preparing Iranians for a sudden and fortuitous leap towards democracy, against a government that holds the record for human rights abuses with its public hangings of homosexuals, dissidents and women, against a regime preparing an atomic bomb to destroy Israel and the West. If it were the case, such an event would have two outstanding features: a certain irony, and a turning point for all the revolutions underway in the Muslim world. [...]
Attenti, copiare la Turchia non significa democrazia
Il Giornale, 11 febbraio 2011
Dovremmo davvero smetterla di raffigurarci schemi che ci garantiscano dove va a parare l’Egitto, meglio andare dallo psicanalista a calmare le nostre paure, specialmente ora che Mubarak vacilla sempre di più. Meglio smettere di immaginarsi una magnifica rivoluzione sociale di giovani e di donne che prepara la democrazia nel mondo arabo. C’è chi dipinge piazza Tahrir come una raffigurazione in termini arabi delle rivoluzioni liberali e anticomuniste dell’Europa dell’Est: lo faccia pure, si prenderà una solenne legnata. L’unico elemento di somiglianza l’ha individuato Sharansky: ogni uomo vessato dalla miseria e dalla prepotenza anela alla libertà. Tutti, senza distinzione. Fare il dittatore è rischioso.
C’è chi si immagina che la Fratellanza Musulmana abbia aderito a un processo democratico, e anche Obama se ne accorgerà. Ogni affermazione di gradualismo di Mohammed Badie, il capo, è puro tatticismo, e se ne trova la conferma in altre sue terribili affermazioni contro la civiltà non musulmana: lo scopo è il califfato universale e, prima di tutto, in Egitto. Infine, ci sono quelli che si calmano pensando che l’Egitto adotterà un modello turco, islamico ma secolare, in pace con l’Occidente. [...]