CONVEGNO "Israele di fonte alla rivoluzione dei paesi musulmani: speranza o pericolo?"
1. Un futuro di pace o
una prospettiva di guerra?
Presiede:
GIANCARLO LOQUENZI
Direttore de l’Occidentale
Ne discutono:
BENNY MORRIS
Università Ben Gurion
GUIDO CROSETTO
Sottosegretario Ministero della Difesa
KHALED FOUAD ALLAM
Università di Trieste
FERDINANDO ADORNATO
Deputato UDC, direttore di Liberal
CARLO PANELLA
Giornalista e scrittore
2. I riflessi sul conflitto
israelo – palestinese
Presiede:
STEFANO FOLLI
Editorialista de Il Sole 24 Ore
Ne discutono:
PINHAS INBARI
FIAMMA NIRENSTEIN
Giornalista e scrittrice, Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera
LUCIO CARACCIOLO
Direttore di Limes
MARIO SECHI
Direttore de Il Tempo
Presiede:
FIAMMA NIRENSTEIN
Ne discutono:
YOSSI KUPERWASSER
Direttore generale del Ministero per gli Affari Strategici d’Israele
MARGHERITA BONIVER
Presidente della Commissione bicamerale Schengen, Europol, Immigrazione
ROBIN SHEPHERD
Henry Jackson Society
MARTA DASSU’
Aspen Institute Italia, direttore di Aspenia
PIERLUIGI BATTISTA
Editorialista de Il Corriere della Sera
GIANNI VERNETTI
Deputato API, già Sottosegretario agli Esteri
Si prega di confermare la presenza: nirenstein_f@camera.it.
Per gli uomini è obbligatorio indossare la giacca
Audizione del dissidente egiziano Tarek Heggy alla Camera
Egitto, Nirenstein: nuovi spunti di riflessione con audizione Tarek Heggy alla Camera
Dichiarazione dell’On. Fiamma Nirenstein (Pdl), vicepresidente della Commissione Esteri della Camera
“In una seduta odierna da me presieduta, la Commissione Esteri ha potuto godere di uno straordinario aggiornamento sulla situazione egiziana in particolare, e sullo stato delle rivolte dei paesi musulmani in generale: è infatti intervenuto in audizione il prof. Tarek Heggy, un intellettuale dissidente egiziano, autore di decine di libri, sempre in prima linea in questi anni per una battaglia di libertà.
Heggy, un musulmano laico, da sempre alleato della minoranza copta perseguitata, ha annunciato la formazione di un partito, che correrà alle prossime elezioni, fondato su tre pilastri: il rifiuto dell’ideologia, il rispetto di tutte minoranze e i diritti per le donne. “Un partito per coloro che oggi non sono rappresentati in Egitto”, ha detto ai parlamentari riuniti per ascoltarlo.
Heggy ha dichiarato di ritenersi fiducioso circa la possibilità che la democrazia attecchisca particolarmente in Egitto, che il fondamentalismo islamico possa essere battuto e che l’esercito abbia il buon senso di lasciare spazio a una forma di democrazia parlamentare.
La sua determinazione e il suo ottimismo hanno aperto uno squarcio positivo sulle rivoluzioni in corso e suscitato da parte dei parlamentari una quantità di domande.
Sono particolarmente lieta di averlo ospitato insieme alla Commissione Esteri”.
Roma, 15 marzo 2011
Egypt, Nirenstein: interesting reflections raised by Tarek Heggy's hearing at the Chamber of Deputies
Statement by Fiamma Nirenstein, Vice president of the Foreign Affairs Committee, Italian Chamber of Deputies
(ASCA) - Roma, 15 March -''In a meeting today chaired by me, the Foreign Affairs Committee has been able to enjoy a great update on the situation in Egypt and more in general on the state of the revolts of Muslim countries: in fact we had the chance to hear prof. Tarek Heggy, an Egyptian dissident intellectual, author of dozens of books, always at the forefront in recent years for a battle for freedom". This was declared in a statement by Fiamma Nirenstein (PDL), Vice-Chairman of the House Foreign Affairs Committee.
''Heggy, a secular Muslim, who has always been an ally of the persecuted Coptic minority, has announced the formation of a party that will run in the upcoming elections, based on three pillars: rejection of ideology, respect for minorities and rights for women - Nirenstein continues -. A party 'for those who are not currently represented in Egypt', he told the MPs gathered to hear him".
"Heggy said to consider himself confident about the possibility 'that democracy take root in Egypt, that the fundamentalist Islam can be beaten and that the army will have the good sense to pave the way for a new form of parliamentary democracy. His determination and his optimism has opened a gash on the positive revolution in progress, and raised by parliamentarians a quantity of questions. I am particularly pleased to have hosted him with the Foreign Affairs Committee''.
Mediorientale
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La strage di Itamar: la cultura dell'odio dà i suoi frutti e allontana la pace
Itamar massacre: the result of the culture of hatred
Il Giornale, 13 March 2011
How can a normal human being tell the story of yesterday’s horrific attack on a family in the village of Itamar, Samaria, just one of the many stories of ordinary Palestinian terrorism? Here we find the confirmation that Palestinian terrorism is one of the fiercest kinds in the world, always aimed at families, defenceless people, women and children that the media then label “settlers”, in order to justify the assassins? Yet last night we witnessed untold horrors for the umpteenth time: a 12 year-old girl takes part with other friends in a scouting event until midnight, close to her village, where around 100 families live. She arrives home and knocks on the door. Nobody answers. When she goes inside with the help of her neighbour, what she sees is her mother, her father, her three brothers (respectively 11, 3 years and 3 months old) all slaughtered with their throats cut. Two other little brothers, aged 6 and 2, had managed to escape; she holds them close to her as the pointless ambulances and pointless police teams arrive. [...]
Dollari e polizia spengono la collera in Arabia Saudita
Il Giornale, 12 marzo 2011
E’ la nostra fantasia a suggerirlo, ma ci sembra di vedere re Abdullah ieri, alla fine di una giornata difficile, che trasporta il suo corpo ottuagenario (ha 87 anni) e i suoi bianchi veli svolazzanti fino all’ospedale saudita dove è ricoverato, suo ospite, l’ex rais di Tunisia Zine el Abidine Ben Alì e gli dice: “Vedi, dovevi fare come me: grandi donazioni alla popolazione, la polizia che fa sul serio, e torna la calma”. Infatti, può darsi che non sia detta l’ultima parola, ma certo la monarchia saudita deve aver tirato un respiro di sollievo dopo il fallimento, ieri, del “Giorno della Collera”. Indetto dai social network e ricco di 30mila adesioni su Facebook, dopo tanta preparazione ha visto soltanto duecento coraggiosi nella città di Hofuf, nella regione orientale dell’Arabia Saudita dove era stato arrestato un riverito imam sciita, Tawfik al Amer. [...]
Se la Nato chiama non possiamo tirarci indietro
Il Giornale, 9 marzo 2011
Attenzione che la paura di apparire come Bush non ci faccia diventare dei Chamberlain. Per ora, questo è il grande rischio di Obama che, a forza di cercare chiarezza e legittimità, ci fa sprofondare nella confusione. L’Europa, dato che la Francia e l’Inghilterra vorrebbero una nuova risoluzione dell’Onu per autorizzare le operazioni, non aiuta a fare chiarezza. Ma c’è un punto solo che si distingue anche da lontano nella grande confusione concettuale e politica che circonda ormai la questione libica, ed è rosso sangue. I ribelli libici non stanno vincendo, si può dire eufemisticamente: nelle battaglie di ieri Ben Jawad è stata presa, Misurata è circondata di carri armati di Gheddafi, Zawiyah sembra sia stata bombardata dall’aria, e il pozzo petrolifero di Ras Lanuf è stato a sua volta preso di mira dai Mig del rais. Di Tripoli, casamatta del capo, non si parla nemmeno, se non per dire che la polizia di Gheddafi mantiene un rigido e minaccioso controllo della città. [...]
Quel veleno antisemita che soffoca la voglia di libertà
Il Giornale, 6 marzo 2011
Anche quando il mondo arabo si batte per un futuro diverso il problema sembra sia far fuori Israele
C'è qualcosa che ci impedirà, consegnandoci ciecamente all'ignoto, di capire dove conducono le onde della più grande rivoluzione dopo quella anticomunista cui abbia assistito il nostro mondo. É un dannato stupido pregiudizio che ha colori diversi, toni sgangherati e toni paludati, che si nutre di menzogne naziste o di raffinate ideologie pacifiste o di luoghi comuni, ma che ha un focus strategico unico: dare addosso a Israele e immaginare che il conflitto con i palestinesi sia il vero problema del Medio Oriente. Non la libertà dei popoli, o il loro benessere, o il loro progresso verso la modernità. No. Israele, che deve essere spazzata via dalla mappa. Questa invenzione è stata sempre l'arma migliore per i vari rais, da Saddam a Gheddafi ad Assad e in Iran per Ahmadinejad. E adesso, ci siamo di nuovo. L'alibi Israele è di nuovo l'arma di consenso che può stravolgere ogni processo di modernizzazione. I Fratelli Musulmani di fatto hanno riproposto la loro candidatura ufficiale in Egitto quando lo sceicco Yusuf Qaradawi ha proposto a un milione di persone sulla piazza Tahrir la presa di Gerusalemme. Urla di gioia, e nessuno che in Occidente abbia sollevato un sopracciglio. [...]
The anti-Semitic poison that suppresses the wish for freedom
Il Giornale, March 6, 2011
There is something that will prevent us, consigning us blindly to the unknown, to understand where the waves of the greatest revolutions since the anti-communist ones that our world has seen will lead. It is a damn stupid bias that has different colors, incoherent and bombastic tones, which feeds on Nazi lies, refined pacifist ideologies or simply cliches, but that has a sole strategic focus: to bash Israel and to imagine that the conflict with the Palestinians is the real problem in the Middle East. Not the freedom of peoples, or their well-being, or their progress toward modernity. No. Israel, which must be wiped off the map. This invention has always been the best weapon for various dictators, from Saddam to Qaddafi and from Assad to Ahmadinejad in Iran. And now, here we go again. Using Israel as an excuse is again the weapon of consensus that can disrupt any process of modernization. The Muslim Brotherhood, in fact, have presented again their official candidacy in Egypt when Sheikh Yusuf Qaradawi suggested to a million people in Tahrir Square the conquest of Jerusalem. Shouts of joy, and no one in the West raised an eyebrow. [...]
ONU, Nirenstein: Iran difende i diritti delle donne? Ennesimo paradosso onusiano
Dichiarazione dell’On. Fiamma Nirenstein, Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera
“Assistiamo oggi all’ennesima dimostrazione dell’incoerenza e della totale inefficienza dell’ONU come garante della difesa dei diritti umani nel mondo: oggi infatti viene ufficializzato l’ingresso dell’Iran nella Commissione per la Condizione femminile (Commission on Status of Women, Csw), il principale organismo ONU dedicato ai diritti delle donne.
La presenza dell’Iran nel Csw è frutto di un vergognoso baratto avvenuto nell’aprile scorso, quando il paese degli ayatollah era candidato al Consiglio per i Diritti Umani e solo una dura e onorevole battaglia dei paesi democratici, tra cui il nostro, impedì all’ultimo minuto che questo accadesse. Quello che per tutti questi mesi si è ignorato è che la rinuncia dell’Iran a quel seggio fu ricompensata con un mandato di 4 anni nel Csw, un’istituzione dedicata alla “parità di genere e all’avanzamento della condizione delle donne nel mondo”, come recita il suo statuto.
Così, mentre l’ordinamento giuridico iraniano, fedele alla Sharia e quindi poligamico, prevede la lapidazione per le adultere, punisce, in quanto atto contro la morale pubblica, le donne che non indossano il velo, e non sanziona il delitto d’onore, all’Onu sarà proprio questo paese a monitorare il rispetto dei diritti femminili nel mondo, come hanno fatto nello scorso mandato altri autorevoli membri quali la Cina, che pratica l’aborto selettivo, o il Pakistan, dove l’acidificazione delle donne è pratica comune.
Quando arriverà il momento in cui ci decideremo a fare i conti con il continuo paradosso delle dinamiche onusiane, che proteggono i violatori dei diritti umani con la nostra connivenza ad assurde maggioranze automatiche?”.
Roma, 4 marzo 2011
I dubbi dei progressisti Usa: bombardare o no Gheddafi
Il Giornale, 2 marzo 2011
«When you have to shoot, shoot, don’t talk» dice Eli Wallach in "Il buono, il brutto e il cattivo", mentre fa fuori l’assassino che era venuto per accopparlo e invece si è perso in inutili minacce. La parabola non ha niente di feroce, è solo realistica: noi parliamo e parliamo e intanto i destini si compiono. Anche i destini di giovani, donne, bambini innocenti, se non viene fermato il tiranno determinato a sedersi sul cumulo delle loro vite. Anche adesso che, dopo un biennio di tentennamenti obamiani, gli Usa cercano di mostrarsi decisi di fronte alla rivolta del mondo arabo, Hillary Clinton ha cercato tuttavia di esorcizzare la memoria recente di un’America troppo interventista dicendo e negando, volendo e rifiutando. Intervenire sì, ma con juicio, fermare Gheddafi, ma senza armi. La Clinton sa bene che uno dei motivi principali dell’elezione stessa di Obama è sempre stata la sua violenta contrapposizione alla figura di George W. Bush e al rifiuto del tema dell’esportazione della democrazia sulla punta della lancia. [...]
The dangerous doubts of the U.S. administration
Il Giornale, March 2, 2011
“When you have to shoot, shoot, don't talk,” said Eli Wallach in "The Good, the Bad and the Ugly", as he guns down the murder who had come to bump him off and who instead, lost himself in unnecessary threats. The parable is not fierce, it's just realistic: we talk and talk and meanwhile, destinies are fulfilled. And also those of young people, women and innocent children, if the tyrant who is determined to sacrifice their lives is not stopped. Even now that, after two years of Obamian hesitations, the U.S. has been trying to appear determined in the face of the revolts in the Arab world, still Secretary of State Hillary Clinton has sought meanwhile to exorcise the recent memory of a too interventionist America, by saying one thing and denying another, wanting one outcome and rejecting the other: to intervene yes, but with good judgment, to stop Qaddafi, but without weapons. Clinton knows well that one of the principle reasons of Obama's election was his violent opposition of George W. Bush's figure and the refusal of the idea of the exporting democracy on the tip of the spear. [...]
Che beffa vedere la Cina fare la morale a Gheddafi
Il Giornale, 28 febbraio 2011
Mentre metà del mondo grida «libertà!», chi poi decide fino in fondo, in base ai criteri della governance mondiale che ci siamo costruiti, sono sempre coloro che la libertà non sanno nemmeno dove stia di casa, ma conoscono benissimo invece l’indirizzo dell’Onu, dove agiscono da padroni ormai da decenni. In questo caso parliamo della Cina che, insieme alla Russia, altro Paese che campione di libertà non risulta davvero, è riuscita a influenzare le sanzioni che il Consiglio di sicurezza ha votato per cercare di bloccare la mattanza di Gheddafi. Mentre la vendita di armi è bloccata, bloccati i beni degli otto figli del raìs e bloccati i movimenti di alcuni personaggi vicini a Gheddafi e ritenuti quindi pericolosi, solo dopo molti sforzi sulla Cina si è potuto ottenere che la risoluzione riferirà, come richiesto dai Paesi occidentali, al Procuratore della Corte Penale Internazionale; e a causa della Russia, il testo richiamerà l’articolo 41 che mette fuori gioco ogni misura che richieda l’uso di forze armate o di interposizione. [...]