Accordo Fatah-Hamas: dalla speranza alla preoccupazione
Shalom, maggio 2011
Con l’annuncio dell’accordo tra Fatah e Hamas, si aprono nuovi scenari per nulla rassicuranti. Come verranno risolte le contraddizioni tra le due fazioni? Il governo palestinese unitario sceglierà la via della trattativa o il ricorso ad una nuova stagione di violenza?
Sorpresa, Hamas e Fatah hanno firmato al Cairo la bozza di un accordo. Intanto, questa novità ci impone di nuovo una riflessione su come le parole possano mutare di significato nella storia dei nostri anni. Le rivoluzioni del mondo arabo ci hanno subito suggerito i termini giovani, libertà e democrazia, rallegrandoci di speranza e simpatia: ma ecco che a un giro di sguardo vediamo che la speranza si sta trasformando ragionevolmente in preoccupazione. Accade in Egitto dove solo il 35 per cento della popolazione vuole oggi mantenere in vita la pace con Israele e i Fratelli Mussulmani potrebbero, col loro trenta per cento, impossessarsi del futuro del paese; o in Yemen dove a un regime estremista potrebbe sostituirsene uno ancora peggiore, o in Bahrain dove l’opposizione è sciita e filo-iraniana e il re sunnita adesso indurisce un regime che era autoritario ma non feroce; o in Siria, dove il pessimo Bashar Assad potrebbe essere sostituto da una leadership sunnita partorita dalle Moschee, memore della strage di Hama in cui Assad padre, Hafez, uccise 20mila membri della Fratellanza musulmana; o anche in Libia, dove l’opposizione è ancora piuttosto misteriosa e certo mostra un puzzle di forze non del tutto rassicurante… [...]
Il governo risponde all'interrogazione sulla Siria
Rispondendo oggi in Commissione Esteri all’interrogazione sulla repressione in corso in Siria presentata dal Vicepresidente della Commissione, On. Fiamma Nirenstein, il Sottosegretario agli Esteri, On. Enzo Scotti, ha ricordato “l'uccisione di 500 oppositori nei tragici eventi delle ultime settimane in Siria” e ha denunciato l'incapacità e la mancanza di volontà del governo siriano di abbandonare la logica della repressione e di intraprendere la via delle riforme.
“La situazione in Siria sta diventando sempre più insostenibile” ha affermato il Sottosegretario Scotti, che ha parlato di specifiche misure concordate dall'Italia insieme ai partner europei, come l'embargo sulla vendita delle armi e mirate misure restrittive.
L'On. Nirenstein ha risposto che, mentre si ritiene soddisfatta del sentimento di forte condanna del governo italiano, lamenta il fatto che nella comunità internazionale permanga nei confronti della Siria un atteggiamento ancora aperto ad attribuirle ipotetiche capacità di mediazione, mentre quel regime si caratterizza per il sostegno ad organizzazioni terroristiche quali Hamas e Hezbollah e per una spietata violenza. La strage in corso in Siria è uno scandalo mondiale e un'offesa a qualsiasi persona di buona volontà.
Ricordando come la Siria sia un pernio decisivo per la strategia egemonica regionale dell'Iran, l’On. Nirenstein auspica la necessità che l'intero consesso internazionale, al contrario di quello che ha fatto il Consiglio di Sicurezza ONU recentemente, applichi severe misure nei confronti della Siria, anche tenendo conto dell'atteggiamento tenuto con la Libia. L'Italia deve guidare inoltre l'assoluta opposizione all’ingresso della Siria nel Consiglio per i diritti umani dell'ONU, posizione per la quale è candidata proprio in questi giorni e che verrà votata il 20 maggio.
La gioia del mondo è un omaggio alla democrazia
Il Giornale, 3 maggio 2011
Non è spirito di vendetta, non c’è ferocia né un insano senso di rivincita nella discesa in piazza da parte della folla americana giubilante per la morte di Bin Laden. C’è senso di realtà, buon senso, unità e soprattutto volontà di vivere senza sensi di colpa né pensieri tormentosi su un’ipotetica prepotenza occidentale. Tutto ciò che diventa nebbioso giorno dopo giorno in questa incerta società preda di un senso di espiazione, desiderosa di pagare un prezzo ai diseredati con un cupio dissolvi esteso fino a giustificare i terroristi, si è palesato a Capitol Hill o a Ground Zero invasi da una folla assertiva, festante. [...]
Bin Laden's killing: the joy of the world is a tribute to democracy
Published in Il Giornale, 3rd May 2011
It is not spirit of revenge, neither is it savagery that took the jubilant American crowds to the streets for Bin Laden's death. There is sense of reality, common sense, unity, and in particular the will to live without guilt or nagging thoughts about an hypothetical Western arrogance. All this has been revealed in Capital Hill and Ground Zero, full of assertive and joyful crowds, against what becomes hazier within a society that day in, day out, is falling prey to a sense of atonement, prone to justify terrorists. [...]
Intervista sull'uccisione di Osama bin Laden e sulla situazione in Medio Oriente
Riascolta l'intervista su Radio Radicale
Sintesi degli argomenti:
Osama bin Laden è stato ucciso da una squadra dei Navy Seal americani in Pakistan due giorni fa. Il terrorista d'origine saudita non nascondeva i suoi obiettivi quando era in vita: 'riconquistare' l'Iraq e uccidere il maggior numero di ebrei e cristiani nel mondo per imporre un califfato ovunque possibile. Ora è morto e il mondo è un posto più sicuro.
Quali però le conseguenze della morte del terrorista sui rapporti tra Washington e Gerusalemme? Con la morte di bin Laden, la presidenza di Obama risulta rafforzata benché la Casa Bianca avesse fallito sinora nell'esprimere una coerente politica pro-democratica durante le rivolte arabe. La prossima settimana il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, volerà negli USA per discutere proprio con il presidente statunitense del tentativo palestinese - dopo la 'rinnovata' e molto declamata unità tra Fatah e Hamas della scorsa settimana - di dichiarare unilateralmente la nascita dello Stato Palestinese in sede Onu il prossimo autunno.
Il tentativo di Fatah è chiaro: andare al Palazzo di vetro potendo affermare di rappresentare tutto il popolo palestinese. In questa luce va letto l'ultimo accordo del Cairo tra Fatah e Hamas. Gli USA finiranno per accettare una soluzione negoziale, che tenga conto delle legittime richieste di Israele. Mentre l'Europa, invece, potrebbe accettare l'unilaterale dichiarazione palestinese, aprendo a un infausto scenario.
Presentata interrogazione sulla repressione in Siria
“Ho presentato un'interrogazione al Ministero degli Esteri per approfondire il senso politico della condanna già espressa dal governo italiano nei confronti della spietata repressione del regime siriano contro la propria popolazione.
Nell'interrogazione richiedo anche una valutazione in merito al mancato raggiungimento - diversamente da quanto accaduto per la Libia - del consenso per una risoluzione di condanna contro il regime siriano in sede di Consiglio di Sicurezza ONU nei giorni scorsi.
La repressione del regime di Bashar Assad ha ormai fatto oltre 500 morti. Credo che alla luce della gravità della situazione, sia urgente fare di tutto affinché il regime siriano sia costretto dalla comunità internazionale - le Nazioni Unite, Unione Europea - a metter fine alla repressione contro la sua gente, rea soltanto di chiedere maggiore libertà a un regime autoritario, sponsor del terrorismo internazionale.
Credo fortemente che la tutela dei diritti umani della popolazione siriana e la condanna del regime di Assad debba trovare nell'Onu e nell'Unione Europea degli attori decisi, oppure saremo nuovamente testimoni dell'incapacità di questi organismi di definire una posizione moralmente chiara in favore della democrazia".
Roma, 2 maggio 2011
Guerra in Libia: è nostro dovere, ma anche necessità politica
Il Giornale, 29 aprile 2011
Dunque, ieri i primi F16 hanno preso il volo verso obiettivi mirati. Ma la guerra che abbiamo dovuto intraprendere in Libia e che non poteva certo essere abbandonata o gestita a piacimento in qualsivoglia istante (magari qualsiasi guerra lo potesse) ha avuto sempre le caratteristiche della necessità. Non ha a che fare con la “stoltezza”, come dice l’ottimo “Foglio”, ma piuttosto con la pietas che dal secondo dopoguerra è stata imposta, nel suo inizio, alla struttura dell’ONU nei suoi pilastri ideologici, anche se essi nel tempo si sono corrotti. Questo ci fa avvertire una vergogna particolare nei confronti della decisione presa mercoledì di non bollare con una risoluzione del Consiglio di Sicurezza il comportamento di Bashar Assad, che non solo, come Gheddafi, uccide a centinaia i suoi cittadini in rivolta, ma ne assedia coi carri armati le città prima ancora che essi si muovano in armi contro di lui. Insomma, gli fa guerra. [...]
L’Occidente non si lasci beffare dalla Siria
Il Giornale, 28 aprile 2011
Mai come guardando oggi la Siria siamo stati chiamati a contemplare la nostra debolezza di fronte ai dittatori, a misurare la menzogna della Realpolitik. È il caso di citare, ebbene sì, George Bush, quando l'orrore della dittatura esclama che alla fine con i prepotenti non c'è dialogo possibile. Bush nel 2005, dopo l'assassinio di Rafiq Hariri in Libano, ruppe tutte le relazioni con la Siria; intanto il Dipartimento di Stato intraprese il finanziamento dei dissidenti laici e dei loro progetti, inclusa una tv satellitare anti Assad. Ma poi è arrivata la grande presa in giro: perché Assad, come dice Fuad Ajami, ha giocato contemporaneamente al piromane e al pompiere. Ma a noi occidentali, agli USA che gli ha rispedito l'ambasciatore, all'UE che lo ha chiamato alla pace con Israele, all'ONU che lo vuol mettere nel Consiglio dei Diritti Umani, è sempre piaciuto guardare soltanto il pompiere. Solo in queste ore l'America comincia a parlare di sanzioni ad personam (poca roba), e Susan Rice fornisce uno spunto di grande momento: gli Stati Uniti sono sicuri che fra gli uomini della sicurezza che uccidono i civili siriani ci sono anche forze iraniane. [...]
Mediorientale
RIASCOLTA LA CONVERSAZIONE CON MASSIMO BORDIN SULL'ATTUALITA' DAL MEDIORIENTE:
Sintesi degli argomenti:
La situazione in Siria sta diventando sempre più preoccupante. Il significato delle rivolte siriane è diverso da tutte le altre sinora avvenute nella regione mediorientale: sulla scacchiera assume un'importanza maggiore che si muove su linee che vanno dagli Stati Uniti e arrivano fino all'Iran.
Washington ha tentato negli ultimi anni un riavvicinamento con Damasco, dopo il picco di tensione raggiunto con l'assassinio di Rafiq Hariri, l'ex-premier libanese colto in un attentato mortale archittettato presuntamente da elementi dell'intelligence siriana.
Anche per l'Iran, la Siria ricopre un'importanza nevralgica: i legami militari, politici ed economici tra i due paesi sono fortissimi. Basti pensare al fatto che Damasco offre ospitalità politica e logistica a Khaled Meshal, il leader di Hamas, il movimento islamista palestinese coccolato dagli Ayatollah. E ancora: le due navi che hanno passato lo stretto di Suez per la prima volta nell'Egitto post-Mubarak, hanno trovato rifiugio proprio in un porto siriano.
Non ultimo i legami tra Damasco e Teheran passano anche per il lontano legame religioso esistente tra il regime sciita iraniano e l'elite alauita che governa la Siria. Gli alauiti d'altronde sono pur sempre degli sciiti. La Siria insomma è da sempre l'avamposto dell'Iran.
Le proteste siriane e il fatto che il presidente siriano Assad abbia mandato l'esercito e stia facendo uccidere centinaia di cittadini cambia però lo scenario. Tale la crudeltà in atto che stanno emergendo delle domande sul perché non avvenga per la Siria di Assad quello che sta avvenendo per la Libia di Gheddafi. [Continua...]
Tra Egitto e Iran relazioni pericolose (soprattutto per noi)
Verrebbe un po’ da ridere di questo continuo «si stava meglio quando si stava peggio» che accompagna gli sviluppi della primavera islamica se non si trattasse di eventi pericolosi per il nostro stesso futuro. Siamo di fronte a una svolta che promette solo vento e tempesta: l’Iran e l’Egitto si apprestano, dopo trent’anni di ostilità, a scambiarsi ambasciatori. Quando due navi iraniane sono entrate nel Mediterraneo tramite il Canale di Suez, ne abbiamo avuto l’arrogante segnale. Sull’apertura delle rispettive ambasciate a Teheran e al Cairo hanno negoziato il ministro degli esteri iraniano Ali Akhbar Salehi e la sua controparte egiziana Nabil el Arabi, che appena nominato disse che intendeva ripristinare le relazioni con Teheran. In seguito El Arabi ha incontrato il rappresentante iraniano Mugtabi Amani nella prima visita ufficiale da quando Mubarak è stato defenestrato. Pare che l’ambasciatore iraniano sarà un diplomatico di carriera, Ali Ahbar Sbuyeh. L’egiziano è ignoto, anzi, l’Egitto fa sapere che l’annuncio è prematuro. [...]
Dangerous liaisons (particularly for us) between Egypt and Iran
Il Giornale, April 23, 2011
Every day the Islamic Spring presages stormy times. Now, after thirty hostile years, the Islamic Republic of Iran and Egypt are preparing to exchange ambassadors. The passage of two Iranian ships into the Mediterranean via the Suez Canal some weeks ago foreshadowed this new reality.
Nabil el Arabi, just appointed Egypt’s Foreign Minister by the new post-revolutionary government, immediately stated he intended to restore relations with Teheran. Then he met with an Iranian official, Mugtabi Amani, in the first institutional visit since Mubarak was deposed. El Arabi then negotiated the opening of the respective embassies in Teheran and Cairo with Iranian Foreign Minister Ali Akhbar Salehi. It seems that Ali Ahbar Sbuyeh, an Iranian career diplomat, will serve as Iranian ambassador to Egypt. Egypt has said that it is too early to announce his Egyptian counterpart. The delay in selecting the new Egyptian ambassador to Iran is probably the result of Egyptian Prime Minister Essam Sharaf’s very recent meeting with the Saudi King, who has made clear his dislike of this new reality. [...]
Omofobia, Nirenstein: solidarietà a Concia. Odio per il diverso vivo e aggressivo
Dichiarazione dell’On. Fiamma Nirenstein (Pdl), Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera
“Condanno la vile aggressione omofobica e antidemocratica alla mia cara collega Paola Concia, una valorosa combattente dei diritti umani, e alla sua compagna Ricarda. L’orribile riferimento ai forni crematori negli insulti dell’aggressore ci fa capire come ancora nella nostra società sia vivo l’odio per il diverso e quanto sforzo vada ancora fatto perché venga debellato”.
Roma, 21 aprile 2011





