Il giudice Goldstone fa retromarcia sul suo rapporto che accusava Israele di crimini di guerra
M.O., Nirenstein: vittoria della verità con retromarcia Goldstone su rapporto guerra Gaza
Dichiarazione dell'On. Fiamma Nirenstein (Pdl), Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera
"E' una vittoria della verità il fatto che il giudice Richard Goldstone abbia ritirato le accuse a Israele di crimini di guerra e contro l'umanità inserite nel rapporto della commissione d'inchiesta ONU che porta il suo nome. L'Operazione Piombo Fuso è stata un'operazione di difesa conseguente al lancio verso il territorio israeliano di oltre 6000 missili solo dal 2005, ovvero dal ritiro israeliano da Gaza, da parte dell'organizzazione terroristica integralista Hamas, che ha giurato la distruzione di Israele, come si può leggere tra l'altro nel suo statuto. Il parlamento italiano bene lo comprese già allora in una manifestazione di fronte a Montecitorio "con Israele, per la libertà, contro il terrorismoio", che si svolse proprio nei giorni della guerra. Sono fiera del fatto che l'Italia sin dall'inizio abbia votato contro l'adozione del Rapporto Goldstone sia da parte del Consiglio per i Diritti Umani, sia dell'Assemblea Generale ONU e anche di aver promosso la coscienza della verità con il convegno "Il rapporto Goldstone: un pericoloso fraintendimento", che abbiamo tenuto alla Camera nel gennaio 2010 e in cui sono intervenuti tra gli altri Laura Mirachian, l'Ambasciatore italiano presso l'ONU a Ginevra, Dore Gold, ex Ambasciatore israeliano presso l'ONU di New York, il Generale Giovanni Marizza, già vice comandante della forza multinazionale in Iraq.
L'incredibile leggerezza di Goldstone dovrebbe oggi essere rimediata con un'opera di verità da parte di tutti quanti ne hanno diffuso le perverse conclusioni smentite oggi da lui stesso".
Roma, 3 aprile 2011
L’errore Usa è far finta che la Siria sia democratica
Il Giornale, 2 aprile 2011
Ci sono un paio di cose, nella grande confusione mediorentale, che appaiono chiare in queste ore: Bashar Assad, rais della Siria, non ha intenzione di aprire alla democratizzazione, e mentre dice di comprendere i dimostranti e che studia se sia il caso di superare lo stato di emergenza che dura da 46 anni, minaccia e reprime: se vogliono guerra l’avranno, ha ribadito. Ma i dissidenti coraggiosamente, non si tirano indietro e sfidano la morte. L’altro fatto chiaro è che Hillary Clinton, ovvero Obama, non ha intenzione di mostrare verso la Siria la stessa severità mostrata nei confronti di Gheddafi. La Segretaria di Stato americana, condannando genericamente la repressione, ha anche detto alla CBS: “Molti membri del Congresso di ambedue i partiti che hanno visitato la Siria negli ultimi mesi hanno detto di credere che egli sia un riformatore”. E’ una bella novità. Niente, in realtà lo suggerisce. [...]
Islam e democrazia: un’equazione possibile?
Le rivoluzioni non sono tutte uguali. Scegliamo con chi stare.
Il Giornale, 29 marzo 2011
Era tutto lontanissimo da noi, i dittatori mediorientali ultranazionalisti e corrotti, lo scontro fra sciiti e sunniti, le alleanze spurie fra questi e quelli, i loro disegni di dominio. Che ce ne importava, dopo tutto? Adesso che il Medio Oriente e l’Africa sono vicinissimi, questo zoom disegna campi, preferenze, aspettative che costringono l’Occidente a un corso accelerato di studi islamici. Dove ci porta tutto questo, che cosa dobbiamo auspicare, da che parte stare? Per ora la risposta è stata solo umanitaria, ma ben presto saremo costretti a chiederci quali dittatori è meglio che cadano e quali meglio che sopravvivano almeno un altro po'. Il fatto che l’esercito egiziano abbia fatto sapere che vuole restare ancora un po' al potere e non lasciare subito il campo libero, adesso che la Fratellanza Mussulmana ha mostrato la sua testa d’Idra ed è pronta a prendersi l’Egitto, può anche farci piacere senza doversi vergognare. [...]
Not all revolutions are the same: we'd better learn it quickly
It was so far away from us; the corrupt, Islamic panarabist Middle Eastern dictators, the clash between Shiites and Sunnis, the spurious alliances between this and that group, their plans for the area egemony… What did we care, after all? But now that the Middle East and Africa are so close to us, we better get a look at the camps, preferences and expectations. The West must take an accelerated course in Islamic studies. Where is all this leading us, what should we hope for, what side should we be on? For the time the answer has only been humanitarian, but soon we will be forced to ask ourselves which dictators we’d rather see toppled, and which we’d rather see survive at least a little longer. We can rightly feel relieved about the fact that the Egyptian army declared it wants to stay in power a bit longer now that the Muslim Brotherhood has revealed its Hydra head and is ready to take Egypt. [...]
Mediorientale
RIASCOLTA LA CONVERSAZIONE CON MASSIMO BORDIN SULL'ATTUALITA' DAL MEDIORIENTE:
Sintesi degli argomenti:
La situazione nel sud di Israele si fa sempre più tesa: è stato dispiegato un nuovo sistema anti-missile (Iron dome) nella zona di Beer Sheva, nel Neghev, a seguito delle centinaia di missili sparate dalla Striscia di Gaza nelle ultime settimane.
Anche il confine settentrionale è in subbuglio, con i grandi movimenti che stanno avvenendo in Siria. Cosa succederà se Bashar Assad dovesse essere deposto? Il regime di ferro degli Assad ha fatto sì che il confine con Israele fosse tranquillo (militarmente parlando) dal '67, senza guerre né attentati, pur sempre portando alta la bandiera dell'anti-israelianismo.
L'alleanza sempre più stretta tra Siria e Iran e il tentativo, poco riuscito, degli USA di cercare un colloquio con la Siria per allontanarla dagli Ayatollah, per esempio con la nomina dell'Ambasciatore Ford a Damasco.
I possibili nuovi equilibri tra shiiti e sunniti nel Medio Oriente post rivoluzionario: cosa succederà in Siria e Bahrain in particolare, dove la longa manus iraniana è sempre più incombente?
Il Ministro degli Esteri del Bahrain ha presentato una protesta ufficiale al governo libanese contro le ingerenze di Hezbollah nel proprio paese. Dal canto suo l'Iran ha invece contestato l'ingerenza dell'Arabia Saudita in quella che reputa una sua regione, ovvero il Bahrain...
In Siria, gli oppositori del regime che sono scesi in piazza hanno denunciato la presenza di infiltrati di Hezbollah e di agenti iraniani tra le forze che riprimono la protesta.
In sostanza, si sta configurando uno scenario di guerra globale, che nulla ha a che fare le popolazioni che aspirano alla libertà e che vede due grandi antagonisti: l'Iran sciita da una parte e l'Arabia Saudita sunnita dall'altra. E' questa la lente principale attraverso la quale dobbiamo analizzare quanto sta accadendo in Medio Oriente.
Il Ministro degli Esteri israeliano potrebbe cancellare una sua prossima visita ufficiale in Argentina, in quanto questo paese starebbe trattando con l'Iran per fermare l'inchiesta sull'attentato contro il centro comunitario ebraico di Buenos Aires, che fece 114 vittime.
Il processo Katzav (l'ex presidente israeliano condannato a 7 anni per stupro e molestie sessuali) visto dai siti internet arabi: da un lato molti scrivono affermazioni come "tutti gi israeliani sono dei violentatori e dei ladri", "hanno violentato i palestinesi e ora violentano anche le donne". Ma ci sono anche reazioni diverse: Al Wafd, giornale egiziano scrive "i giudici egiziani devono imparare dalla storia d'Israele". Anche Mubarak "ha violentato" il popolo egiziano e per trent'anni nessuno ha detto nulla. Un blogger algerino: "prima di offenderli in tutte le maniere, dovremmo imparare dagli israeliani le radici della democrazia e dei diritti umani. Israele è uno stato di diritto".
La divisione della comunità gay sull'adesione alla "Israeli Apartheid Week".
Tutti i tiranni che minacciano il mondo
Il Giornale, 24 marzo 2011
Tutti presi dalla guerra in Libia, ormai le rivoluzioni mediorentali ci sembrano solo lo sfondo della guerra libica. E invece tutto brucia, e quei fuochi ci segnalano il tempo di capire il Medio Oriente: il mondo arabo è entrato in una epoca nuova e con esso anche il Mediterraneo.
Oggi purtroppo balza agli occhi un evento solo apparentemente estraneo all’attualità: l’esplosione a Gerusalemme vicino all’autobus numero 74, un morto e 31 feriti di cui tre molto gravi. Un ritorno al terrorismo islamista che ha fatto duemila morti nella Seconda Intifada. E’ il messaggio di Hamas, insieme alla pioggia di missili su tutto il sud di Israele e alla strage di Itamar, a Israele ma anche a quello che chiama il Mubarak palestinese, ovvero Abu Mazen. I siti palestinesi chiedono l’unificazione Hamas-Fatah e la contestazione radicale di Israele. Hamas, parte della Fratellanza Musulmana, bombarda e esplode, vuole trascinare tutto nel caos per accrescere il suo potere. [...]
Il pericolo più grande è la paura della guerra
Il Giornale, 23 marzo 2011
«Non avere paura e non sgomentarti» dice Dio a Giosuè (8:1) e questa esortazione si trova 40 volte solo nel Vecchio Testamento: è un imperativo fondamentale e indispensabile della cultura del nostro mondo. Lo è nella cultura ebraica, lo è nella cultura cristiana, ha ispirato tutti i loro sviluppi laici sia conservatori che progressisti, è un leitmotiv della letteratura di ogni tempo, e la moderna bandiera del risorgimento e delle rivoluzioni. Senza questa esortazione non siamo niente. Perché la paura è un sentimento naturale, tutti la proviamo specialmente davanti a una situazione di conflitto. Oggi, bisogna cercare di non avere paura della guerra, proprio perché guardandosi intorno si vede, si legge, si respira nella politica troppo sgomento. Il coraggio intellettuale e anche fisico hanno costruito la cultura della democrazia, così funambolica e strana. Lo sgomento che si percepisce è pericoloso per la nostra riuscita e per il nostro prestigio internazionale. A volte è travestito da ragionevolezza, a volte da cinismo, a volte da prudenza, a volte da ignavia. E invece, quando volano i Tornado lo spirito pubblico deve nutrirsi solo di coraggio. La paura è un sentimento sensato ma guai, oggi, a farne una bandiera, una politica, renderebbe il gioco facile per i prepotenti e i malvagi se le lasciassimo compiere il suo corso. [...]
The worst danger is the fear of war
Il Giornale, March 23, 2011
“Do not be afraid or discouraged” God said to Joshua (8:1). It is an exhortation that can be found 40 times in the Old Testament alone: it is a fundamental and essential imperative of our Western culture. Be it in Jewish or Christian culture, it has inspired all their secular developments, both of the conservative and progressive camp. It is a leitmotiv common thread running through literature across the ages, and the modern flags of Renaissance and revolution. Without this exhortation we are nothing. Because fear is a natural feeling, we all feel it, particularly when faced with a conflict. Today, again, as we face a new war, we have the duty to save politics from discouragement. But the Italian and European media only speak about how unhappily we face the fight; how much it was imposed to us by circumstances and by the UN; how terrible will be the wave of immigration and how dangerous will be the future after Gheddafi, and they insist that we only want to save lives and not destroying Gheddafi’s regime... in a word: that we have been almost unwillingly dragged. [...]
Mediorientale
RIASCOLTA LA CONVERSAZIONE CON MASSIMO BORDIN SULL'ATTUALITA' DAL MEDIORIENTE:
Sintesi degli argomenti:
La condanna dell'ex presidente di Israele, Moshè Katzav, a 7 anni per stupro e molestie sessuali. Il parere (di minoranza) del giudice a favore di uno sconto della pena perché la gogna mediatica alla quale è stato sottoposto Katzav era da considerarsi parte della condanna.
L'intervista di Netanyhau alla CNN sulla situazione mediorientale, Libia, rivolte dei paesi mussulmani.
Tumulti anche in uno dei peggiori regimi, la Siria, di cui poco si sa per via della fortissima censura.
"Israele di fronte alle rivoluzioni del mondo musulmano: speranza o pericolo?"
Che cosa accadrà a Israele, che si trova geograficamente in mezzo allo straordinario movimento rivoluzionario che investe il Nord Africa e il Medioriente?
E' un'occasione o un rischio per l'unica democrazia dell'area?
Quali sono le possibili ripercussioni sul conflitto israelo-palestinese e chi saranno i nuovi interlocutori di Europa e America a fronte dei nuovi assetti geopolitici?
Sono questi i principali interrogativi al centro del convegno "Israele di fronte alla rivoluzione dei paesi musulmani: speranza o pericolo", promosso dall'associazione SUMMIT, presieduta da Fiamma Nirenstein, che si è svolto lunedì mattina alla Sala delle Conferenze della Camera dei Deputati. Oltre 200 persone hanno assistito a quattro ore di conferenza, suddivisa in 3 sessioni.
Vi proponiamo intanto la registrazione audio del convegno, suddivisa per interventi:
RIASCOLTA L'AUDIO:
http://www.radioradicale.it/scheda/323801/israele-di-fronte-alla-rivoluzione-dei-paesi-musulmani-speranza-o-pericolo
Fra speranza e preoccupazione, con un’Europa spaccata in due di fronte alla guerra e all’emergenza umanitaria in Libia, numerosi analisti e politici, italiani e internazionali, si sono confrontati per cercare di dare delle risposte a queste domande cruciali. [Segue...]
GUARDA LE FOTO:
RASSEGNA STAMPA:
"Il dibattito: ecco perché il Raìs deve cadere. L'Europa sia leader nel Mediterraneo e protegga Israele", di Fabio Perugia, Il Tempo, 22 marzo 2011
"Così la primavera araba spinge Hamas a rispolverare la violenza", di Marco Valerio Lo Prete, Il Foglio, 23 marzo 2011
"Si chiama 'islamonazionalismo' l'incubo che spaventa Israele", di Enrico Singer, Liberal, 23 marzo 2011
L’Italia si ritrova al fronte per forza
Il Giornale, 19 marzo 2011
Siamo a una bella svolta, cerchiamo di non averne paura. Si muovono le portaerei nel Mediterraneo, la Nato si organizza, le basi militari sono in agitazione. La strada della no fly zone e dell’estromissione di Gheddafi dalla tavola delle Nazioni dopo le sue azioni sanguinose di questo ultimo mese e dopo la parole di pazzesca minaccia, ha fatto il suo corso, e oggi ne siamo parte integrante. Anche il Parlamento italiano tutto, nelle sue Commissioni esteri e difesa convocate d’urgenza, ha ratificato la scelta del governo. Ai tempi della Serbia, nel ’99, il governo si mosse senza chiedere il permesso a nessuno.
La scelta è maturata lentamente, con sofferenza, con i soliti tentennamenti di Obama, con l’Europa spaccata a metà, fra guasconate francesi e atteggiamenti troppo astuti e alla fine melensi della Germania. Poi tutti sono arrivati a decidere insieme che con Gheddafi non si può andare avanti. [...]
Libya: some good reasons to do it
Il Giornale, 19 march 2011
We are at a great turning point, and we must not be afraid. Aircraft carriers position themselves in the Mediterranean, NATO organizes itself, and military bases are on the move. The road of no-fly zones and of ousting Qaddafi from the table of nations after his last month bloody actions and after his crazy threats, has run its course, and today we are an integral part of the fight against him. Even the entire Italian Parliament confirmed the government’s decision by holding urgent meeting of its foreign and defense committees. During the bombing of Serbia in 1999, the government moved without asking anyone's permission. [...]