Fiamma Nirenstein Blog

La guerra antisemita contro l'Occidente

7 ottobre 2023 Israele brucia

Jewish Lives Matter

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein

Museo del popolo ebraico

Una terra piena d'amore

martedì 14 ottobre 2008 Generico 1 commento
Intervista a Fiamma Nirenstein pubblicata sul numero di ottobre della rivista "Vie del gusto"

di Sara Delonghi

Una delle molte particolarità di Israele è che mentre nella maggiorparte dei paesi è sufficiente una tensione politica per limitare, o farcrollare, la risorsa turistica, questo non accade qui. Perché?
È vero, se non nelle situazioni estreme come con l’Intifada durante la quale eravamo rimasti veramente in pochi.
Prima di tutto è una terra meravigliosa che ha tutti i climi, i mari, imonti, il deserto, la cultura, le tre grandi religioni che attraggonotutti. Tutto è pieno di memorie e straordinari particolari.Gerusalemme, che si pensi è a 1000 metri ed è la cupola del mondo, hada una parte il deserto dall’altra la foresta. Si è accumulata lapresenza multietnica coltivata dagli ebrei. C’è musica, cibo, come ilCholent piatto tipico del sabato, uno stufato di carne con patate efagioli che viene cotto lentamente tutta la notte in forno e mangiatocon del sugo perché non sia troppo asciutto o le Falafel le polpettinedi verdure servite con l’Hummus una salsa di ceci. La varietà, labellezza, il richiamo delle culture, la facilità di muoversi, dannotutte le motivazioni per un viaggio in Israele dove in una piccolaregione si può sciare sul Monte Hermon o andare al mare ad Eilat sulMar Rosso che è uno dei più bei mari al mondo.

La forma di turismo che caratterizza Israele agli occhi degli stranieri è quella religiosa, è la più diffusa? Quali le altre?
Gli ebrei, di tutto il mondo, non vengono qui per motivi religiosi, maperché la considerano la loro casa. Hanno lo stesso sentimento di casache ha un italiano quando torna in Italia. Solo il mondo Cristianoviene in pellegrinaggio. E se mi è possibile un’osservazione un po’polemica tante volte si dimentica che Gesù era ebreo. [...]

Israele ha paura di una nuova Intifada

martedì 14 ottobre 2008 Il Giornale 3 commenti
Il Giornale, 14 ottobre 2008

Quello che i palestinesi «si devono preparare ad affrontare è né più né meno che una battaglia strategica conclusiva con Israele. Non devono sentirsi scoraggiati dal passato ma guardare con fiducia al futuro...». Queste sono per ora solo parole contenute in un documento di 60 pagine intitolato «Riconquistare l’iniziativa» pubblicato in agosto dopo una serie di incontri di intellettuali e politici palestinesi (sostenuti da un’iniziativa dell’Oxford research group finanziato dall’Unione Europea), fra cui molti di Fatah, inclusi anche ex ministri dell’Autorità Palestinese.
Il documento, ultimato in agosto, in sostanza suggerisce di abbandonare la vecchia strada del negoziato, ritenuto ormai fallito con Annapolis, per avviare «una resistenza intelligente» e un’Intifada che si basi su un necessario ritrovato accordo fra Hamas e Fatah. Di fatto la parola «resistenza» ricalca l’impostazione bellicista degli Hezbollah, usarla vuol dire solo scontro senza remissione, come poi chiarisce il seguito. Ma le parole non desterebbero preoccupazione se non fossero parte di una situazione sull’orlo del baratro che può portare al rapido deteriorarsi della situazione di relativa calma fra Israele e i palestinesi: Fatah ha perseguito un accordo mai realizzato sulla spinta di Bush tramite il rapporto fra Abu Mazen e Olmert, ormai fuori gioco, e dall’altra parte la tregua con Hamas ha molto diminuito i missili Kassam su Sderot. [...]

In vista delle elezioni presidenziali palestinesi

venerdì 10 ottobre 2008 Panorama 1 commento
Panorama, 10 ottobre 2008

Grandi tempeste in vista nel mondo palestinese e quindi scossoni in tutto lo scenario Mediorientale con l’avvicinarsi del 9 di gennaio 2009, data di scadenza, in teoria, del mandato di Abu Mazen, che fu eletto alle elezioni presidenziali nel 2005 e poi subito dopo privato per metà della sua vittoria da quella di Hamas nelle elezioni parlamentari del 2006. Per trovare una giustificazione teorica del perché Abu Mazen, di fatto nella tradizione di Arafat, intenda prolungare il suo mandato almeno di un anno, Fatah afferma che stavolta Parlamento e Presidente devono essere eletti insieme quando scadono tutti i mandati. Ma sotto tanta attenzione formale, Fatah, secondo informazioni di fonte israeliana, starebbe preparando un attacco militare definitivo contro Hamas nel termine di due settimane: tutte le infrastrutture e le cellule terroriste del gruppo islamista nella West Bank verrebbero distrutte e con esse la determinazione di Hamas a impedire il prolungamento del termine di Abbas. La tregua con Israele ha dato tempo e spazio a Hamas di rafforzarsi a Gaza e nella West Bank, esso si è armato fino ai denti col consueto aiuto iraniano e prepara a sua volta un colpo di stato anti-Fatah. Hamas sa di essere molto forte anche nella West Bank, e non  intende dare a Abu Mazen un giorno di più del 9 di gennaio come Presidente.
E dopo stragi e violenze interne, Gaza diventa legalitaria almeno a parole. I portavoce di Hamas hanno dichiarato che nella data prevista, “le foto del Presidente saranno rimosse da tutti gli uffici” e che Hamas eleggerà un premier sostitutivo forse nella persona di Ahmed Bahr, il presidente del Consiglio Legislativo Palestinese, ovvero il Parlamento: “Così si fece con Rouhi Fatouh quando morì Arafat: è del tutto legale infatti che il presidente del Parlamento prenda il posto del leader finché si vota”. Hamas senza ricordarsi quanto sangue di Fatah ha già sparso (e viceversa) insiste: “Violando la legge, Abu Mazen consoliderà lo stato di scisma dei palestinesi”. [...]

Io, razzista democratica nel nome dell’identità

domenica 5 ottobre 2008 Il Giornale 14 commenti
Il Giornale, 5 ottobre 2008

Non può esserci niente di più ingenuo o forse di più malizioso dellamaniera in cui su alcuni giornali di sinistra viene gestito il problemadegli episodi di intolleranza etnica sfociate nelle ignobiliaggressioni di questi giorni. Ciò che si legge persino nel pezzo di unanalista come Luigi Manconi o di un giornalista come Gad Lerner, pernon menzionare gli editorialisti dell’Unità e del Manifesto, è infattiche in fondo è tutta colpa della temperie che circonda il governoBerlusconi. Le aggressioni sarebbero frutto di oscuri disegni tesi apenalizzare il flusso di nuovi immigrati (lo dice Manconi). A riprovadi questo si continua a citare la stessa orrida frase, quella sui«calci in c… », dimenticando le scuse di Roma portate dal sindacoAlemanno e le posizioni espresse da Fini.
In questa destra (qui è Lerner) ignorantona e volgare c’è proprioun’incapacità ontologica (genetica?) di capire il temadell’immigrazione e anche una tendenza alla repressione e quindiall’autoritarismo. Non sarà il contrario? Sono semmai posizioni comequeste, pensiamo, che semplificando il tema lo svuotano di significatoin sé, come se l’immigrazione non fosse un problema, e gli sottraggonoogni possibilità di soluzione, togliendo all’interlocutore un’identitàdecente e all’immigrato una responsabilità personale. [... ]

Faccia a faccia su Israele, la guerra e la pace. Da Rabin a Olmert, la maledizione del premier

giovedì 2 ottobre 2008 Generico 1 commento
di Fiamma Nirenstein e Renzo Foa
a cura di Luisa Arezzo

Liberal, 2 ottobre 2008

I Primi ministri di Israele (e la sua stessa storia) sono preda di unagrande aspirazione democratica e morale: la pace. Ma questa tensione èspesso andata di pari passo a molti fallimenti, tanto da far ipotizzareuna sorta di “maledizione” che da oltre 15 anni sembra colpire i capidi governo israeliani, da Rabin a Sharon a Barak, e che in questiultimi mesi è stata caratterizzata dalla sconfitta di Olmert in Libanoe dalle sue dimissioni. Dov’è l’errore? E se c’è, come prevenirlo percontrastare l’ascesa del fondamentalimo islamico - sempre piùprepotente di Hezbollah e Hamas - e la minaccia nucleare iraniana chesi  avvia a superare la soglia tecnologica necessaria per costruire unordigno in un paio d’anni e non di più? In questa conversazioneserrata, Renzo Foa ha voluto girare a Fiamma Nirenstein, che oggi èvicepresidente Pdl della Commissione Esteri della Camera, alcunedomande a cui non aveva saputo rispondere in maniera compiuta. E cheriguardano, nel sessantesimo anniversario della nascita di Israele, ilsuo destino e la sua lotta per difendere i valori di un Occidente chestenta a riconoscere le sue priorità. Perché la pace delle volte vamisurata su tempi più lunghi e con un impegno che passa per stradediverse. «E gli ebrei non si faranno ammazzare un’altra volta».

Renzo Foa. Dopo che Ehud Olmert si è dimesso, viene da chiedersise non ci sia una maledizione che ormai da un quindicennio colpisce chiin Israele ricopre la carica di primo ministro: Itzaak Rabin, che daministro della Difesa aveva invitato a «spezzare le braccia» aipalestinesi della prima intifada e che fu il protagonista degli accordidi Oslo, venne ucciso da un estremista di destra. Il suo successore,Shimon Peres, non resse alla prima prova elettorale e fu sconfitto peruna manciata di voti da Benjamin Netanyahu che rassicurò l’opinionepubblica sull’argomento della sicurezza. Ma lo stesso Netanyahu futravolto abbastanza rapidamente e le elezioni anticipate portarono alvertice il laburista Ehud Barak, che si ritirò dal Libano meridionale,ma che venne travolto da Ariel Sharon. Nessuno può dire quale sarebbestata la storia politica di Sharon se non fosse stato tolto dalla scenapolitica da un ictus devastante. Sappiamo però che il suo successore,appunto Olmert, su cui erano state caricate tante attese, è riuscito anon vincere la guerra in Libano nell’estate del 2006 ed è statoallontanato dalla politica da una vicenda di piccola corruzione. Ce n’èa sufficienza per chiedersi cosa non funzioni, in Israele, nel rapportotra l’opinione pubblica e i vertici politici. È una domanda a cui nonriesco a dare una risposta convincente. [...]

Ahmadinejad minaccia e l’Occidente applaude

venerdì 26 settembre 2008 Il Giornale 13 commenti
Il Giornale, 26 settembre 2008

Chi ricorda «La resistibile ascesa di Arturo Ui», di Bertolt Brecht,che parafrasava in commedia la paura e l’idiozia che avevano circondatola presa di potere di Hitler? Qui, la presa del potere da parte di unfanatico religioso che odia l’Occidente è avvenuta quattro anni fa,quando Mahmoud Ahmadinejad da pasdaran, sospetto agente-sicario, si ètrasformato in presidente dell’Iran. Ora assistiamo all’allargarsi delsuo controllo sul terrorismo internazionale - da Hamas a Hezbollah -,ai suoi legami con Al Qaida e alla resistibile preparazione della bombaatomica intesa a distruggere l’Occidente. E applaudiamo. Come ha giàdetto il leader dell’Iran khomeinista: quel giorno felice, laredenzione finale, verrà quando l’ultimo ebreo sparirà.
Adesso la guerra al potere immorale e imperialista degli Stati Uniti eall’esistenza d’Israele si è trasformata in un dettagliato messaggionazista che ha al centro gli ebrei e per riflesso la necessità pertutti di eliminarli. «La dignità, l’integrità e i diritti del popoloeuropeo e americano sono lo zimbello di pochi sionisti... minuscolaminoranza che domina i mercati finanziari e i centri politici... Europae America ubbidiscono a un piccolo gruppo avido e invadente e hannoperso ogni dignità, prigionieri dei delitti, delle minacce e delletrame dei sionisti», ha detto Ahmadinejad a New York. Roba vecchia. Lanovità è l’applauso dell’Assemblea Generale, l’abbraccio del presidenteMiguel D’Escoto, la candidatura incredibile e ben sostenuta (118 Paesinon allineati e 57 nazioni della Conferenza islamica) per entrare nelConsiglio di Sicurezza, il crescere del gradimento sociale di undittatore nazista che impicca a casa omosessuali e adultere: lovogliono nei salotti, lo vellica Larry King nel suo Show, i programmitv se lo contendono. [...]

Il nuovo corso della politica estera italiana

venerdì 19 settembre 2008 Generico 9 commenti
Cari amici,

durante la campagna elettorale scrissi un pezzo su Il Giornale che mi fu molto contestato, in cui prevedevo che la nostra politica estera avrebbe subito un radicale cambiamento, soprattutto in relazione alla questione mediorientale. Dopo qualche mese di esperienza e alla luce delle dichiarazioni del Presidente Berlusconi, del Presidente della Camera Fini e del Ministro degli Esteri Frattini, posso dire oggi che avevo ragione.
Solo qualche giorno fa, Berlusconi ha dato ad Ahmadinejad del "lunatico" per le sue minacce ad Israele; nessuno, proprio nessuno, l'ha ricevuto quando si trovava a Roma, ospite della FAO. Il Ministro Frattini, che è andato in visita in Israele pochi giorni dopo la sua designazione, ha marcato sempre di più una linea di predilezione ideologica per Israele a causa della sua natura democratica e ne ha parlato a lungo come parte dell'Occidente, proponendo all'Europa intera di considerarlo un partner strategico.
Il Presidente della Camera Gianfranco Fini, nel suo intervento alla cena di una conferenza su Israele promossa dall'Aspen Institute, ha sollevato due questioni innovative e destinate al dibattito sulla prospettiva della pace in medioriente. [...]

Mission impossible per la Livni: evitare il voto in Israele

venerdì 19 settembre 2008 Il Giornale 2 commenti
Il Giornale, 19 settembre 2008

Hamas ha fatto un commento davvero speciale alla designazione di Tzipi Livni: per noi sono tutti uguali, però lei è peggio perché è una donna, quindi vorrà strafare. In realtà Tzipi Livni ha un carattere guardingo e riflessivo. E poiché, nonostante gli exit poll gonfiate della nottata, ha avuto soltanto un punto percentuale in più, cioè 431 voti, del suo avversario Shaul Mofaz, sta di certo soppesando il futuro con occhio realistico, e lo vede non facile.
Livni ha un “plus” fantastico: marcia sulle orme sensibili della storia dietro Golda Meyer, primo presidente donna nel 1969, e si unisce, alta, bionda, colta, cinquantenne, al bel treno della storia su cui viaggiano Angela Merkel, Condi Rice, Sarah Palin, Hillary Clinton. Ma in fondo sa che il mondo guarderà a lei con grande aspettativa e si farà una domanda: riuscirà a mandare avanti il rapporto col mondo arabo sulla strada della pace? Come ministro degli Esteri è stata al fianco di Olmert negli incontri con Abu Mazen e nei colloqui (indiretti) con i siriani, e per questo, in tempo di assedio integralista islamico a Israele, è divisa fra l’opinione pubblica interna che vuole vedere la propria sicurezza affidata a mani decise, e il mondo degli “state department” sempre concilianti. [...]

Intervento in Commissione Esteri sulla pena di morte

giovedì 18 settembre 2008 Attivita parlamentari 0 commenti
Intervento in Commissione Esteri, sede referente:
Ratifica del Protocollo n. 13 CEDU relativo all’abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza (esame C. 1551 Governo, C. 267 Mecacci - Rel. Nirenstein)


Gentile Presidente,
il mio è un ringraziamento non formale per avermi permesso di trattare un tema così cruciale per la storia della nostra civiltà: tutta la storia, dalle sue origini, è punteggiata dall’orrore delle pene di morte, con tutto il peso iconografico di patiboli, lame, corde, sedie elettriche e del boia, figura negativa in tutta la letteratura occidentale.
Nel corso della convocazione odierna siamo chiamati a ratificare il Protocollo n. 13 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza. Il Protocollo n. 13 è stato firmato a Vilnius il 3 maggio 2002. Gli Atti Camera 1551 (di iniziativa governativa) e 267 (dei deputati Mecacci e altri), constano entrambi di 3 articoli e non comportano oneri finanziari aggiuntivi a carico dello Stato. Gli articoli recano rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica, l'ordine di esecuzione del Protocollo e l'entrata in vigore della legge (fissata al giorno successivo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). [...]

Fiamma Nirenstein incontra Benjamin Netanyahu

martedì 16 settembre 2008 Video 2 commenti
L'incontro è stato trasmesso nel corso della terza edizione della Summer School di Magna Carta.
Un colloquio con il capo dell'opposizione israeliana, leader del Likud e già primo ministro, sul sessantesimo anniversario dello Stato d'Israele, sulle minacce che questo Paese ha affrontato e si trova tuttora ad affrontare e sulle prospettive di pace - e di guerra - tra Israele e i suoi vicini.


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