Fiamma Nirenstein Blog

La guerra antisemita contro l'Occidente

7 ottobre 2023 Israele brucia

Jewish Lives Matter

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein

Museo del popolo ebraico

Allarme antisemitismo

giovedì 19 febbraio 2009 Attivita parlamentari 0 commenti

Cari amici,

da molti anni ormai l’antisemitismo attanaglia la vita e i pensieri degli ebrei di Israele e della Diaspora. Il nuovo antisemitismo, tutto incentrato sullo Stato degli ebrei, la sovrapposizione di vecchi pregiudizi e nuovo odio, che innesta il jihadismo islamista sull’antisemitismo europeo, ha mobilitato nel definire, spiegare, combattere, molte belle energie.
Ma spiegare che l’Olocausto è esistito davvero, che gli ebrei non si sono trasformati in nazisti persecutori dei palestinesi, che Israele non è uno stato d’apartheid, che non cospira per conquistare il mondo, che ha sempre cercato uno soluzione pacifica alla questione palestinese, ovvero, cercare di abolire gli stereotipi antisemiti stabilendo la verità, non è servito a niente. Anche quando gli argomenti sembrano piani e pacifici, l’antisemita, come nel passato, risponde con l’irrazionalità che è la madre dell’antisemitismo. L’antisemita non vuole ascoltare, è sigillato sul suo odio, lo è sempre stato: mai nessun nazifascista, mai nessun comunista al tempo dello stalinismo ha potuto essere convinto razionalmente, anche quando la discussione era chiara, della inattendibilità delle tesi antiebraiche.
E così è anche oggi. Mai si potrà convincere il mondo, condizionato dai 57 paesi del blocco islamico per mezzo dell’immigrazione verso l'Occidente e del petrolio, che Sionismo non è eguale a razzismo, e di ciò che ne deriva. Il motivo è semplice: questa tesi dimostra che gli ebrei sono indegni di vivere, che il loro stato non può essere parte delle nazioni degne di questo nome, che gli ebrei devono sparire. Fino a qualche anno fa non si osava dirlo pubblicamente, l’antisemitismo veniva negato dietro la legittima critica dello Stato d’Israele. Ora, durante le manifestazioni in Germania contro Israele, tre settimane fa, un cartello diceva “Sono antisemita e questo è buono”. Così, del resto, dice ormai una gran parte del mondo guidata dall’Iran, mentre la debole Europa si piega.
Torno adesso dalla Conferenza Interparlamentare di Londra sull’antisemitismo, che ha messo insieme 120 paerlamentari provenienti da 40 Paesi. E’ stato molto importante riunirsi. Io faccio parte del comitato organizzativo dell’evento. La cornice imponente, i lavori svoltisi al Parlamento e a Lancaster House, l’invito a Downing Street 10, ci hanno fatto sentire quanto ormai sia evidente l’urgenza di una grande azione istituzionale. John Mann, il parlamentare che ha promosso e presieduto tutto l’evento, lo ha fatto con dedizione, intelligenza, precisione britannica. La maggioranza dei parlamentari arrivati a Londra per la nostra tre giorni di lavori non sono ebrei: la loro passione è passione morale e civile ed anche orrore di fronte all’insorgenza di antisemitismo che durante la crisi di Gaza ha prodotto un aumento di attacchi antisemiti a uomini e proprietà, e soprattutto al buon senso e alla verità, del 300 per cento. Non starò qui a riportarvi episodi né ad esaminare un fenomeno che trovate raccontato da anni in lungo e in largo nei miei libri e nei miei articoli: quanto il radicalismo di sinistra e l’odio islamista abbiano forgiato il nuovo fenomeno, l’abbiamo esaminato insieme in ogni piega. Oggi voglio dire qui che, nonostante il fenomeno dell’antisemitismo antisraelismo non mi giunga nuovo, sono molto impressionata, e che dobbiamo lavorare. Abraham Foxman, il duro presidente dell’Anti Difamation League, invece di snocciolare i spaventosi dati emersi dalla più recente ricerca della sua organizzazione, si è messo a piangere in plenaria, e ha detto: “Sono un sopravvissuto della Shoah, e da allora mai si è prodotta una situazione così terribile come quella che stiamo vivendo. Delegati, sia chiaro, questo incontro è diverso da tutti gli altri”. [...]

A Londra prima conferenza interparlamentare contro l'antisemitismo

lunedì 16 febbraio 2009 Attivita parlamentari 0 commenti

Da ieri, 15 febbraio, a martedì l'On. Fiamma Nirenstein, Vicepresidente della Commissione Affari Esteri della Camera, parteciperà a Londra, insieme all'On. Margherita Boniver, Presidente del Comitato Schengen, alla Conferenza inaugurale della Coalizione Interparlamentare per Combattere l'Antisemitismo. La Conferenza, organizzata sotto gli auspici del Primo Ministro britannico Gordon Brown e del Ministro degli Esteri Miliband, vedrà la partecipazione di oltre 90 parlamentari in rappresentanza di 30 assemblee legislative da tutto il mondo. Ospite d'onore nella giornata di lunedì sarà il Ministro degli Esteri Franco Frattini.
"L'obiettivo della conferenza è di formulare nuove strategie per confrontare l'antisemitismo a livello globale, una lotta nella quale i parlamenti possono avere un grande ruolo perché sono l'anima della democrazia", spiega Nirenstein, membro del Comitato promotore della Conferenza di Londra.
"Oggi più che mai, anche a seguito dei ripetuti episodi antisemiti avvenuti in Europa nel corso dell'ultima guerra fra Israele e Hamas e sui quali ho presentato un'interrogazione parlamentare", continua Nirenstein "è necessario unire le forze delle istituzioni che vogliono combattere l’antisemitismo, interrogandosi su come affrontare questo fenomeno. Il tradizionale antisemitismo che ha devastato l'Europa nel corso dei secoli, è oggi in preoccupante ascesa anche perché subisce l'innesto dell'antisemitismo di matrice islamico fondamentalista. Basti pensare agli agghiaccianti slogan che sono risuonati in recenti cortei in Olanda, in cui marciava la sinistra estremista insieme alle comunità arabe e mussulmane, urlando "Hamas, Hamas, ebrei al gas!", o alla continua diffusione del falso storico dei Protocolli dei Savi di Sion in Asia e Nord Africa per rendersi conto che i lavori della Conferenza di Londra sono più che mai necessari". [...]

Intervista "Medioriente e informazione" per l'Osservatorio, Radio Svizzera

venerdì 13 febbraio 2009 Generico 0 commenti

Con Lucio Caracciolo e Fiamma Nirenstein

a cura di Giovanna Riva

L’OSSERVATORIO

Domenica 08 febbraio 2009 – ore 11.35

Entra per ascoltare l'intervista

 
È caso mediatico di pochi giorni fa: Lucia Annunziata, ex presidente della Rai, lascia polemicamente la trasmissione “Anno Zero” di Michele Santoro, dedicata al dramma di Gaza. Sotto accusa la conduzione del dibattito, giudicato da Annunziata “a senso unico”, “schierato al 99,9 per cento dalla parte dei palestinesi”.

Perché sulla questione israelo-palestinese non riusciamo a condurre analisi e discussioni pacate e ragionate? Come si comporta il mondo dei media in un dramma che da 60 anni smuove visceralmente anche le nostre coscienze occidentali? Quanto si prestano i mezzi di informazione alla strumentalizzazione ideologica?

Ospiti di Giovanna Riva, in questa puntata dell’Osservatorio, Lucio Caracciolo, esperto di questioni mediorientali e direttore di “Limes”, la più importante rivista italiana di geopolitica, che dedica ai recenti sviluppi della situazione israelo-palestinese il suo ultimo numero, in edicola in questi giorni con il titolo “Il buio oltre Gaza”; e Fiamma Nirenstein, editorialista ed inviata dal Medio Oriente per “Il Giornale” e ora Vicepresidente della Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati italiana: fra i suoi libri ricordiamo “Israele siamo noi” uscito nel 2007 per Rizzoli. [...]

Netanyahu a lezione da Obama

giovedì 12 febbraio 2009 Panorama 0 commenti

Panorama, 12 febbraio 2009

Le elezioni in Israele, mentre la guerra di Gaza balugina ancora all’orizzonte, non sono tranquille. Gilad Shalit da quasi tre anni langue a Gaza, rapito da Hamas; i missili Grad cadono su Ashkelon mentre i bambini vanno a scuola; al Cairo si tratta una tregua in cui, fra l’altro, si deve decidere se consegnare centinaia di terroristi in cambio del soldato; a Teheran Khaled Meshaal e i grandi ayatollah, che lo incitano a proseguire nella guerra dei missili, gridano «morte a Israele» di fronte alle telecamere; nelle stesse ore si sperimenta un missile iraniano adatto a portare una testata nucleare.
L’Egitto cerca di mediare una tregua e tuttavia proibisce che una qualche forza neutrale possa controllare le vie d’ingresso legali e clandestine alle armi e alle forze che già riarmano Hamas. L’amministrazione Obama spingerà certo alla cessione di territori in cambio di pace, mentre quelli ceduti ai palestinesi nel 2006, ovvero Gaza intera, sono stati utilizzati come una base missilistica.
Israele deve preparare una risposta. L’economia langue, si prevedono 50 mila disoccupati in più. Ma Israele è un paese democratico e colto, vuole teatro, università, concerti, il cappuccino italiano, la scienza ai massimi livelli, i bambini impegnati in corsi di lingua e tuffi. E ha un esercito di popolo, dove militano figli nella leva e padri nella riserva. Insomma, il prossimo primo ministro deve salvare Israele dalla distruzione: è solo davanti all’atomica iraniana e al terrorismo di Hamas, Hezbollah, Siria, davanti alla pressione internazionale e all’antisemitismo. Nello stesso tempo deve garantire una vibrante democrazia e la sicurezza anche negli internet caffè, che solo quattro anni fa saltavano tutti per aria durante la seconda intifada. [...]

"Israel is us" launching in Jerusalem

giovedì 12 febbraio 2009 English 2 commenti


Amb. Dore Gold

President, Jerusalem Center for Public Affairs

 

Natan Sharansky

Chairman, Adelson Institute for Strategic Studies

 

Ruthie Bloom

Features Editor & Columnist, Jerusalem Post

 

on Sunday,  February 8, at 11:00 a.m.

 

at the Jerusalem Center Library

13 Tel-Hai Street, Jerusalem

 

"My premise is very simple: Israel, contrary to commonly accepted propaganda, is a positive model, a case study for anyone who finds himself living in a democratic society that must eventually confront a defensive war—one that encompasses the entire universe of Western democracy today."

 

Fiamma Nirenstein, after many years of journalism, television and essays, was elected in 2008 to the Italian Parliament, where she serves as Vice-president of the Committee on Foreign Affairs. She has written for Commentary, Moment, and the New York Sun. She continues to write books and contributes columns to Il Giornale daily, Panorama weekly and Shalom magazine. She gives an annual course in the Middle East at Luiss University in Rome. She is in on the board of the Magna Carta Foundation and is a Fellow of the Jerusalem Center for Public Affairs and the Hudson Institute in Washington 



The book could be purchased through the Jerusalem Center for Public Affairs (jcpa@netvision.net.il, +972-(0)2-5619281), or on Amazon.

Nel futuro una instabile coalizione

mercoledì 11 febbraio 2009 Il Giornale 6 commenti
Il Giornale, 11 febbraio 2009

Israele seguita a sognare la pace, ma con cautela, e teme alquanto i passi falsi. È questa la prima conclusione che possiamo trarre dalle proiezioni che danno la vittoria a Kadima, ma in un testa a testa tale con Netanyahu, che si potrebbe dire che ambedue hanno vinto le elezioni. Adesso Peres non ha davvero un compito facile nel conferire l’incarico di governo, che in Israele si dà a chi ha più possibilità di formare una coalizione. E una coalizione di destra oggi conterebbe 63 seggi contro 57.
Con un graffio finale da grande tigre, porta a porta, telefonata dopo telefonata, macinando chilometri e sforzandosi di spremere la sua scarsa giovialità, Tzipi Livni ha strappato per due punti la vittoria a Bibi Netanyahu. E Bibi, investito dalla sfortuna di trovarsi appiccicata addosso la destra fondamentalista di Feiglin e poi di vedersi contendere i voti da Lieberman, adesso deve inghiottire una sconfitta inaspettata, se si pensa che solo un mese fa aveva almeno cinque punti in più. Lieberman, il concorrente novità, considerato di estrema destra, prende 14 seggi, un numero che ne fa l’ago della bilancia, ma con minore forza del previsto. Barak con 13 seggi registra un insuccesso, ma riporta l’altalena in equilibrio, e così accade con Shas a destra, 9 seggi, e con i 5 del Meretz, di estrema sinistra. [...]

Perché la destra di Netanyahu non deve far paura

martedì 10 febbraio 2009 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 10 febbraio 2009

Oggi, nel solito clima febbricitante, Israele vota e già molti giornali nel mondo hanno pronto un coccodrillo per la pace, giudicando Netanyahu, il primo nei sondaggi, un pericolo pubblico. Un’idea primitiva e poco lungimirante, che è già diventata un ritornello. Le elezioni israeliane devono essere guardate senza spirito bigotto, perché la pace non sta, almeno in Medio Oriente, dove la si va a cercare, e i fatti lo hanno dimostrato senza equivoci. I fatti di oggi: Netanyahu col Likud e Tzipi Livni con Kadima sono testa a testa; tutti e due hanno chance di vincere. Ma i partiti di destra prenderanno la maggioranza, anche se non è detto che essa si trasformi in governo. Avigdor “Yvette” Lieberman, capo di Israel Beitenu, cavalcando in primis la minaccia arabo-israeliana, ha fatto a Bibi il pessimo scherzo di conquistare molto rapidamente una gran fetta di elettorato di destra portandogli via voti: ciò disegna all’orizzonte sia una consistente coalizione di destra, sia però, in caso di qualche voto in più di Livni su Netanyahu, la possibilità che “Yvette”, laico e assistenzialista oltre che favorevole a concessioni territoriali, accetti una coalizione con Kadima. [...]

Israele al voto, martedì si sceglie: destra favorita nel clima di tensione

domenica 8 febbraio 2009 Il Giornale 4 commenti

Il Giornale, 8 febbraio 2009

Gerusalemme - Ore di silenzio e di attesa: martedì Israele vota; il caldo, la siccità che succhia via il lago Kinneret e chiude i rubinetti, l’eco della guerra di Gaza, le notizie dal Cairo sulla possibile tregua e da Damasco su Gilad Shalit ricordano a ogni istante che in Medio Oriente un voto non è un voto, un Primo ministro non è un Primo ministro. Possono essere la chiave di volta della vita o della morte, la lampada di Aladino che funziona o si inceppa di fronte al pericolo genocida iraniano, al terrorismo di Hamas e degli hezbollah, alla disapprovazione del mondo quando Israele si difende. Per questo c’è tanta incertezza e trepidazione e tutto può accadere: affidare la propria vita è una scelta incerta soprattutto quando i programmi dei partiti, sovrastati dalla realtà circostante, promettono tutti un atteggiamento deciso, un piano per uscire dalla trappola dell’odio jihadista e della guerra. Il Likud di Bibi Netanyahu è dato fra i 26 e i 28 seggi; a ruota segue Kadima di Tzipi Livni, fra i 23 e i 26. Poi fra la sorpresa generale, invece del Partito laburista di Ehud Barak, che al quarto posto conta fino a 16 seggi, troviamo Avigdor Lieberman, detto Yvette, con il suo Israel Beitenu, fra i 17 e i 19. Poi vengono il partito religioso Shas con 10 seggi e la sinistra radicale del Meretz, con 10. Poi i pensionati, i partiti religiosi nazionalisti, i partiti arabi. Una coalizione di destra potrebbe arrivare a 65 seggi, e una di sinistra a 55, anche se Netanyahu ripete di volere un governo di unità nazionale. [...]

"Israele siamo noi" - ora anche in inglese

mercoledì 4 febbraio 2009 English 15 commenti

Cari amici,
ho il piacere di annunciarvi che il mio ultimo libro, "Israele siamo noi", è stato tradotto e pubblicato in inglese e verrà presentato questa domenica a Gerusalemme al Jerusalem Center for Public Affairs, con Dore Gold, Natan Sharansky eRuthie Bloom.Ecco l'invito.P.s.: non ci spero molto, ma per chi di voi dovesse trovarsi da quelle parti, sarò contenta diavervicon me!Perpartecipare è necessario prenotarsi al link: http://events.jcpa.org/viewevent.aspx?id=

Dear friends,
my last book was just translated into italian and published by JCPA. I'm glad to invite you to the presentation, which will be held in Jerusalem this Sunday, February 8,at JCPA, with Dore Gold, Natan Sharansky and Ruthie Bloom. Here is the invitation.

La svolta di Ankara e le sirene dell’Islam

domenica 1 febbraio 2009 Il Giornale 11 commenti

Il Giornale, 1 febbraio 2009

La Turchia è ancora un mediatore attendibile fra Israele e mondo islamico? L’unico Paese in grado di coniugare la sua storia di laicità con l’Islam, ciò che ne ha fatto addirittura un candidato all’Unione Europea? Nei giorni scorsi, Tayyp Erdogan si è lanciato contro Shimon Peres a compimento di alcune settimane in cui aveva detto che Israele deve essere cacciato dall’Onu; dopo aver presenziato al summit di Doha con Ahmadinejad e Assad accusando Israele di crimini di guerra; dopo aver affermato che «Allah punirà Israele per Gaza» e che «le azioni di Gerusalemme la porteranno alla distruzione». Il ministro degli esteri Ahmet Davutoglu ha offerto a nome del suo Paese una mediazione fra Hamas e Fatah, mentre nei giorni della guerra emissari turchi hanno viaggiato per tutte le capitali arabe, snobbando Gerusalemme. La Turchia si gioca così il ruolo di mediatore fra Israele e la Siria, 3,5 miliardi di dollari di volume d’affari con Israele, una amicizia strategica di grande rilievo che coinvolge anche gli Stati Uniti.
I motivi della scelta di Erdogan sono basilarmente tre: elezioni, religione, affari. Un insieme che conduce a un cambio di alleanze strategico, e che in generale ci mostra quanto sia importante e pericolosa oggi nel mondo la sirena islamista. Le elezioni si svolgeranno in marzo, e l’elettorato dell’Akp, il partito neo-islamista, è entusiasta della svolta filo Hamas; inoltre Erdogan è sempre impegnato in una battaglia molto dura contro le istituzioni eredi della secolarizzazione di Kemal Ataturk, l’esercito e la giustizia. [...]

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