Perché Olmert non molla
L’incubo di Israele, dopo che si è ritrovato, stupefatto e indignato, un primo ministro ritenuto dalla polizia imbroglione e corrotto, è di seguitare a vedere Ehud Olmert per mesi nella stessa posizione. Mentre i giornali scrivono che dovrebbe nascondersi in casa per la vergogna, lui sorride alle cerimonie, prende decisioni importanti per il paese, tratta con gli arabi situazioni territoriali delicate, riceve giovani idealisti all’aeroporto parlando loro della terra dei miracoli. È già accaduto. Ci sono voluti solo 4 mesi e mezzo di indagini perché la polizia israeliana arrivasse alla più drammatica delle raccomandazioni al giudice Mennachem Mazuz, avvocato dello stato: «Incrimini il primo ministro». Il brillante premier, che ha creduto di avere la forza di Ariel Sharon nel reclamare la sua appartenenza alla destra storica per compiere operazioni di sinistra (Sharon lo fece sgomberando Gaza, Olmert ha avviato audaci trattative territoriali con i palestinesi e i siriani), il maratoneta sessantenne che corre nelle strade del centro di Gerusalemme, non ha alcuna voglia di lasciare. [...]
Sarkozy a Damasco fa flop: da Assad soltanto promesse
Dobbiamo abituarci all’idea che la storia si sta svolgendo su un doppio palcoscenico. Su uno, in questo caso quello di Damasco, si sono svolti episodi incoraggianti, scene di speranza, forse esorcismi rispetto a ciò che sta accadendo sull’altro palcoscenico. Il secondo teatro produce senza sosta scene di guerra, con i medesimi protagonisti. Cosa abbiamo visto a Damasco? Quattro Paesi leader che si incontrano per promuovere Bashar Assad e riabilitarlo: la Francia, che oggi guida la Comunità europea, la Siria stessa, che presiede il Summit arabo, il Qatar, attuale presidente del Consiglio di cooperazione del golfo, e la Turchia, il cui governo tenta di giocare oggi un complesso ruolo di mallevadore fra Islam e occidente.
Sarkozy in termini immediati si aspetta la prosecuzione dei colloqui, cui Assad e lo stesso Sarkozy hanno fatto continuo riferimento, fra Siria e Israele, e la quiete in Libano. Peccato che questi colloqui siano stati sospesi con varie scuse al loro quinto round proprio nelle ore in cui Sarkozy era a Damasco, e che comunque si siano svolti mettendo Israele nel ruolo consueto per la Siria, dell’intoccabile: i siriani, decisissimi a ottenere in anticipo sui colloqui diretti una garanzia che la restituzione del Golan è l’oggetto principe, non hanno mai voluto rischiare di sfiorare i loro interlocutori, lasciando nel mistero il contraccambio eventuale. La Siria seguita ad apparire un interlocutore molto abile nell’ottenere senza concedere contraccambi: alla base paradossalmente ciò che le consegna la chiave di questo ruolo privilegiato è la sua disinvoltura nel cavalcare l’amicizia iraniana e la paura che essa suscita, il rapporto largo e antico con i terroristi, e la possibilità quindi di ridurne la fornitura di armi e le possibilità organizzative. [...]
La toccante vicenda del signor Vorchheimer: pronti ad aiutare
"E' la prima volta che vengo a conoscenza, tramite il Corriere della Sera, della toccante storia del signor Umberto Vorchhmeir e persino del suo nome. La mia collega Alessandra Farkas riporta che Vorchheimer sisarebbe appellato a me cercando aiuto. Per quello che sono le mie possibilità, mi interesserò con tutto il cuore alla sua vicenda e avicende analoghe non appena il signor Vorchheimer si farà vivo, cosa mai avvenuta fino ad ora. Lo prego anzi di farlo al più presto.
Con cordialità,
Fiamma Nirenstein, vice presidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati"
Corriere della Sera, 24 agosto 2008, pagina 23
di Alessandra Farkas
La storia Vittima delle leggi razziali, lasciò Milano per Filadelfia
L' ex bimbo espulso dal duce non riesce a tornare italiano
Nel ' 39 gli fu tolta la cittadinanza, lo Stato non gliela rende. Il viceconsole a Filadelfia: «La aspetta da 4 anni ma è più facile ottenerla la prima volta che riaverla» Il ministero: «Non è vero» [...]
La santa alleanza degli integralisti
Gli attentati che si sono susseguiti nelle ultime ore segnalano un’escalation del terrorismo che in questa fase di riassestamento mondiale segnala la volontà dell’estremismo islamico di essere un attore centrale del nuovo gioco. E non si tratta solo dell’evidente revival di Al Qaida che ritiene sia tempo per l’organizzazione di mostrarsi di nuovo, dopo un periodo di eclisse. Tutta la costellazione terrorista approfitta, salafiti e sciiti, della confusione che regna sotto il sole, fa progetti, si prepara e vede, in quella che per comodità chiameremo «nuova guerra fredda» senza che ci sfuggano le grandi differenze con quella antica, una grande opportunità per rendere decisiva la terza forza in campo.
Esistere, mostrarsi, è oggi più del solito la prima regola del terrorismo; la seconda è che quando l’America e la Russia sono fissamente impegnate l’una con l’altra, il terrorismo è oggetto di minore attenzione. L’Europa è vista dallo jihadismo come sfondo inerte, talora compiacente, talora più reattivo, ma soprattutto come teatro di rappresentazione per i più importanti giocatori: a meno che i governi europei non si piazzino in una posizione che scoraggi con determinazione questo atteggiamento. Le organizzazioni ostili alla cultura occidentale e agli Stati Uniti cercano (e non è detto che la trovino) una sola sponda, quella russa, e sperano che si configuri una qualche alleanza, anche se non esplicita, con Putin. [...]
Attacco all'Iran più vicino
La nuova crisi internazionale in cui Vladimir Putin mostra che l’impronta egemonica di stampo sovietico è un tratto dominante del suo governo non è buon segno per il conflitto mediorientale. Il comportamento della Russia, incurante degli interessi occidentali, potrebbe avvicinare l’eventuale attacco israeliano alle strutture atomiche iraniane. La possibilità per i russi di porre il veto a nuove sanzioni contro Mahmoud Ahmadinejad attribuisce loro uno spazio di manovra, diciamo pure di ricatto, enorme.
Dopo la crisi georgiana possiamo essere ancor più certi che Putin non rinuncerà facilmente a usare la carta iraniana per dimostrare la sua forza nel pilotare il mondo, e probabilmente non consentirà di colpire con nuove decisive sanzioni Ahmadinejad. Egli potrà così proseguire nella costruzione della bomba atomica, con l’aiuto della Russia. L’ambasciatore russo all’Onu Vitaly Churkin ha appena detto chiaramente che «non ci sono accordi per prossime sanzioni» e, negando l’ovvio, che «l’Iran non ha ricevuto un ultimatum per le risposte e i negoziati sono aperti». Se la Russia impedisce al mondo di agire pacificamente, poiché ogni ipotesi per Israele è migliore di un Iran in grado di distruggerla completamente, questo potrebbe avere serie conseguenze. [...]
MO: Nirenstein, non è linea governo promuovere Hezbollah
A sostenerlo e' il vicepresidente della Commissione esteri della camera Fiamma Nirenstein (Pdl) che interviene sul confronto tra Israele e il comandante della forza Onu in Libano (Unifil) Claudio Graziano. 'Il generale - ha osservato Nirenstein - puo' dire che si tratta di un'osservazione tecnica, ma non puo' dimenticare il quadro complessivo di Hezbollah che e' un'organizzazione terroristica, finanziata dall'Iran, che mina la liberta' del Libano'.
'Diciamo che questa promozione degli Hezbollah, a fronte di una colpevolizzazione cosi netta di Israele non mi sembra - ha aggiunto - nella linea del governo. Graziano sfugge ad un dibattito su Hezbollah che ha bisogno di risposte molto piu' sostanziali di quelle da lui date'. Dopo aver espresso 'ampio apprezzamento per le forze Unifil che hanno fatto del loro meglio nell'ambito di una missione quasi impossibile', Nirenstein ha ricordato che 'Hezbollah si e' riarmata in misura maggiore e piu' pericolosa rispetto alla guerra del 2006, nonostante le risoluzioni dell'Onu 1519 e 1701. Si parla di 40 mila razzi e missili forniti dall'Iran e passati dalla Siria.
Ne' si puo' dimenticare le reiterate intenzioni di Hezbollah di distruggere Israele'. 'Sono certa - ha continuato - che l'Unifil abbia fatto il suo meglio, ma Hezbollah e' un'organizzazione bellicosa, integralista islamica e ben armata e che ha un diritto di veto sul governo nazionale. Con il risultato che l'Unifil e' stata impossibilitata a compiere la sua missione, ovvero disarmare le milizie armate'.
'Quando Graziano sottolinea che Israele ha violato lo spazio aereo libanese, dice una cosa giusta. Ma c'e' una bella differenza - ha osservato - tra il violare lo spazio aereo per raccogliere informazioni ed accumulare missile al confine con Israele come fa Hezbollah'. Per Nirenstein, il fatto che Graziano abbia citato il villaggio di Ghajar come prova dell' occupazione permanente di territorio libanese da parte di Israele 'contraddice la presa di posizione dell'Onu che nel 2000 stabiliva che Israele si era ritirata da tutti i territori libanesi'. 'E' un dare ragione ad un'organizzazione che vuole la guerra, come ripetuto piu' volte dal Nasrallah. Di sicuro il generale lo fa per mantenere equidistanza, ma non puo' ignorare - ha concluso - la sostanza degli eventi in corso'. (ANSA)
E ora gli arabi fanno il tifo per la nuova guerra fredda
Nel mondo arabo l’opinione pubblica tiene per Putin e non per la Georgia. La nuova grande tensione internazionale, l’atteggiamento aggressivo della Russia fa sognare che si ristabilisca un chiaro potere russo in Medio Oriente, che, come quello sovietico di un tempo, si contrapponga agli Usa e a Israele: il mondo arabo vibra a questo pensiero. È la corda della memoria della Guerra Fredda quella che suona, nota da Washington il Delphi Global Analysis Group: ricordare il tempo in cui il Grande fratello era là con le sue armi, i suoi uomini, il suo denaro, suscita risposte piuttosto positive alle mire egemoniche di Mosca, anche se parliamo dell’opinione pubblica e del mondo degli intellettuali e dei giornalisti. Le vicende cecene sembrano non avere turbato il mondo musulmano: la Russia, come l’Urss di un tempo, fa scattare un riflesso filiale e insieme di rivincita. Intriga non poco quasi tutti i giornali arabi la speranza di un alleato forte che l’America non osi contrastare più di tanto. Lo sfondo di rapporti con l’Iran (dove l’Urss costruisce uno dei reattori nucleari), con la Siria (Assad è in arrivo a Mosca proprio in questi giorni) e il gran traffico d’armi russe che rende il Medio Oriente un puntaspilli di missili, fa da sfondo a una speranza di pieno impegno sul territorio della Umma musulmana. [...]
Una Biennale del dissenso islamico
Il modello è la Biennale del dissenso tenuta nel 1977. All' epoca Carlo Ripa di Meana aprì la tradizionale rassegna delle arti di Venezia alla cultura oppressa dai regimi comunisti, ospitando voci prestigiose come il polacco Gustaw Herling, il cubano Carlos Franqui, il futuro premio Nobel russo Iosif Brodskij. Per condurre in porto l' impresa, osteggiata violentemente da Mosca, fu necessario superare, con l' appoggio di Bettino Craxi, le resistenze degli intellettuali legati al Pci, che avanzarono numerose obiezioni. Dietro l' ostruzionismo, afferma Ripa di Meana in un' intervista apparsa ieri sul Foglio, c' era la mano di Aldo Tortorella, alto dirigente di Botteghe Oscure, «che guidò questa vicenda nel vasto mondo della cultura comunista del tempo». Adesso, continua, il filo andrebbe ripreso, promuovendo un' iniziativa analoga con i dissidenti del mondo islamico, a partire dal lavoro svolto da Magdi Allam: «Ma in materia i politici italiani sono capaci solo di cose rapsodiche e scadenti», aggiunge Ripa di Meana, riferendosi esplicitamente alla famosa maglietta del ministro Roberto Calderoli. Sull' importanza del tema non ci sono dubbi, però l' accusa può apparire eccessiva. Ad esempio Fiamma Nirenstein, oggi deputata del Pdl, ricorda la conferenza sulla lotta per la democrazia nel mondo islamico organizzata a Roma, nel dicembre scorso, da tre fondazioni vicine al centrodestra: Magna Carta, Farefuturo e Craxi. «Vennero intellettuali iraniani, siriani, egiziani, libanesi, sudanesi - dichiara la parlamentare al Corriere - esponendosi a seri rischi. [...]
Israele si prepara alla guerra
La guerra, per essere molto chiari, minaccia il Medio Oriente quanto e di più del luglio 2006 e, data la globalità della jihad e il fatto che Hezbollah sia pilotato, come del resto Hamas, da interessi iraniani oltre che siriani, un conflitto oggi può avere riflessi molto più larghi delle solite guerre: prima della proliferazione missilistica si assisteva solo a guerre di confine. Ora, non è così: i missili possono cadere molto lontano fra la gente, possono cambiare obiettivo, provocare scontri larghi, dalla conquista locale al sommovimento globale.
Scrive il giornale libanese al Akhbar, di simpatie sciite, che il nostro generale Claudio Graziano, capo dell’Unifil, ha comunicato alle truppe un piano di azione nel caso un aereo israeliano venga abbattuto nel cielo del Libano. Secondo il piano l’Unifil deve immediatamente occuparsi del pilota e in caso esso sia stato catturato da milizie, liberarlo. Se fosse nelle mani dell’esercito, l’Unifil non deve agire. L’Unifil ha smentito tutto, ma ha anche ribadito che secondo la risoluzione 1701 deve fare qualsiasi cosa in suo potere per salvare la vita di soldati stranieri dentro i confini libanesi. Se in questa forma o in un’altra l’Unifil ha inviato un messaggio agli Hezbollah invitandoli a evitare altri rapimenti, tantopiù in seguito ad abbattimento di aerei israeliani, non ha fatto altro che rispondere a concrete minacce. [...]
Hezbollah cerca la guerra
Panorama, 2 agosto 2008
Non è un momento del tutto trionfale per gli Hezbollah, neppure dopo lo
stupefacente omaggio di tutto il Libano per il ritorno del terrorista Samir
Kuntar. Hassan Nasrallah cerca di mostrarsi capo indiscusso e carismatico, ma a
Tripoli, il capoluogo del nord libanese, gli scontri fra i suoi amici alawiti e
le milizie sunnite di Saad Hariri, e di altri leader della maggioranza di
governo, hanno provocato nove morti e parecchi feriti. La calma è tornata solo
quando l’esercito è intervenuto dimostrando che i tempi sono cambiati: durante
l’attacco a Beirut di Nasrallah, che ha portato all’assetto governativo attuale,
aveva preferito guardare altrove. Nessuno dimentica che, allora, Nasrallah pur
uscendo vincitore aveva terrorizzato sunniti, cristiani, drusi.
Attenzione, però: il successo legato al rilascio di Kuntar gli ha fruttato
una più ampia presenza nei villaggi al confine meridionale. Sono in crisi le
milizie sunnite che dal 1997 occupano i villaggi nel sud del Libano, in
conflitto con gli hezbollah sciiti. Specie quelle che si trovano a Sheba, Kfar
Chuba e Hebbarye, vicine alla montagnola di sabbia chiamata pomposamente Sheba
Farms, il pretesto territoriale per avercela con Gerusalemme. [...]