Manifestazione “con Israele, per la libertà, contro il terrorismo”, mercoledì 14 a Montecitorio
parlamentari.italia.israele@gmail.com
Per il prossimo 14 gennaio l'Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele ha convocato una manifestazione che si terrà dinanzi a Montecitorio nella forma di una maratona oratoria, a partire dalle ore 18:30.
Per la prima volta, dall’interno del Parlamento – e da una organizzazione costituita da componenti di tutti i gruppi parlamentari – prende le mosse una manifestazione di piazza, alla quale invitiamo caldamente i cittadini, sulla parola d’ordine: “Con Israele, per la libertà, contro il terrorismo”.
Infatti, lungo il confine di Israele passa una frontiera che è anche la nostra: quella che separa la democrazia dalla violenza, la libertà dall’intolleranza.
Intervenite numerosi e confermate la vostra presenza all’email: parlamentari.italia.israele@gmail.com
Questo è l’appello lanciato dall'Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele:
“Dopo 8 anni di attacchi missilistici e il rifiuto da parte di Hamas di rinnovare la tregua, Israele ha deciso di fare ciò che qualsiasi altro stato avrebbe fatto da tempo: difendere i propri cittadini, cercare di fermare il continuo attacco proveniente da Gaza, cambiare la situazione sul terreno così da garantire il proprio diritto alla sicurezza. Il conflitto è sempre doloroso: auspichiamo la fine delle sofferenze dei civili innocenti da ambo le parti e sosteniamo l’Italia nel suo sforzo umanitario. Ma non possiamo fare a meno di notare come questo scontro sia reso particolarmente duro a causa dell’uso di civili come scudi umani da parte di Hamas. Resta in noi la speranza che da questo conflitto possa uscire un Medio Oriente meno tormentato dall’odio integralista e meglio predisposto alla pace.
Hamas è un gruppo terroristico particolarmente distruttivo, come riconosciuto dalla stessa Unione Europea. Esso non rappresenta solo se stesso: i suoi stretti rapporti con l’Iran, la Siria e gli Hezbollah e la presenza a Gaza di Al Qaeda, rendono questo confronto un episodio decisivo nella guerra delle democrazie contro il terrorismo. Tutti noi speriamo che presto si ritorni a una situazione di quiete, ma, proprio per questo, pensiamo che sia indispensabile evitare che Hamas torni a bombardare i cittadini israeliani e che cessi la sua politica di esportazione dell’odio e dell’intolleranza.”
http://www.facebook.com/home.php#/event.php?eid=43892271892&ref=mf
http://www.facebook.com/home.php#/event.php?eid=44650913769&ref=mf
Hanno aderito e in gran parte annunciato la propria presenza:
On. Enrico Pianetta, Presidente Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele
On. Gianni Vernetti, Vicepresidente Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele
Sen. Rossana Boldi, Presidente Commissione Politiche dell'UE, Vicepresidente Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele
On. Fiamma Nirenstein, Vicepresidente Commissione Esteri, Portavoce Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele
Presidente Sen. Francesco Cossiga
On. Renato Brunetta, Ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione
On. Fabrizio Cicchitto, Capogruppo Pdl alla Camera. "Aderisco a titolo personale e a nome del Gruppo Pdl alla Camera e sarò presente"
Sen. Maurizio Gasparri, Presidente Gruppo Pdl al Senato
Sen. Gaetano Quagliariello, Vicepresidente Vicario Gruppo Pdl al Senato
On. Edmondo Cirielli, Presidente Commissione Difesa
On. Benedetto Della Vedova, Presidente Riformatori Liberali
Sen. Riccardo Villari
On. Emanuele Fiano
On. Marco Pannella (Parlamento Europeo)
On. Riccardo Migliori, Presidente Delegazione Italiana all'OSCE
On. Catia Polidori
On. Marco Marsilio
On. Paolo Guzzanti. "Ovviamente io sarò alla manifestazione e cercherò di portare tutti gli amici che militano per la verità e per Israele e con cui sono in contatto via Internet".
On. Margherita Boniver, Presidente Comitato Schengen
On. Furio Colombo, Presidente Comitato permanente sui Diritti Umani, Commissione Esteri
Sen. Marcello Pera
Sen. Mario Baldassarri
On. Anna Paola Concia
On. Alessandro Maran
On. Ferdinando Adornato
On. Eugenio Minasso
On. Beatrice Lorenzin
On. Anna Maria Bernini Bovicelli
On. Giuseppe Calderisi
On. Giorgio Stracquadanio
On. Andrea Orsini, Vicepresidente Giunta delle Elezioni
On. Massimo Polledri
On. Giorgio Lainati, Vicepresidente Commissione di Vigilanza RAI
On. Maurizio Bianconi
On. Alessandro Ruben
On. Guglielmo Picchi
On. Riccardo Mazzoni
On. Giorgio La Malfa
On. Marco Zacchera
On. Pierluigi Mantini
On. Giacomo Portas
Sen. Maurizio Fistarol
Sen. Maria Leddi
On. Aldo Di Biagio
On. Roberto Giachetti
Sen. Paolo Amato
On. Isabella Bertolini
On. Riccardo De Corato
On. Giuliano Cazzola
On. Benedetto Fucci
On. Osvaldo Napoli
On. Luca Barbareschi
On.
Gabriella Carlucci. "Intendo manifestare pubblicamente la mia
solidarietà al popolo e allo Stato d'Israele, vittime, ancora una
volta, di
una campagna mediatica di odio e disinformazione"
On. Francesco Colucci
On. Aldo Di Biagio
Sen. Lucio Malan
On. Emerenzio Barbieri
On. Alessandro Pagano
Sen. Luigi Luisi
Bruno Mellano, Presidente di Radicali Italiani
Antonio Polito, Direttore Il Riformista
Giancarlo Loquenzi, Direttore L'Occidentale
Massimo Bordin, Direttore Radio Radicale
Gianfranco Polillo, Ircocervo
Mariano Giustino, Direttore Diritto e Libertà
Giacomo Kahn, Direttore mensile Shalom
Marco Taradash
Umberto Ranieri
Giorgio Israel
Massimo Teodori
Magdi Allam
Ernesto Galli Della Loggia
Pierluigi Battista. "Domani sono dei vostri, anche se non posso essere lì fisicamente"
Giuseppe Caldarola
Daniele Capezzone, Portavoce FI. "Aderisco convintamente all'iniziativa del 14 gennaio. Ci sarò".
Ernesto Somma, Dipartimento per gli Affari Regionali, Presidenza del Consiglio dei Ministri: "Aderisco con convinzione alla manifestazione alla quale prenderò parte"
Manfredi Palmeri, Presidente Consiglio Comunale Milano
Renzo Foa
Daniele Scalise
Carlo Panella
Sergio Rovasio
Emilia Rossi
Sergio Corbello, Direttore Generale Fondazione Magna Carta. "Plaudo iniziativa e confermo partecipazione"
Leonardo Tirabassi, Circolo dei Liberi di Firenze
Anselmo Gusperti, Segretario Provinciale PRI (Cremona)
Renato Lelli, Comitato Nazionale PRI (Cesana)
Alfredo Silvestrini - Consigliere Comunale di Portogruaro VENEZIA
Nicolino Corrado - Direttivo Provinciale di Imperia del Partito Socialista
Angela Ronchino, Comitato delle Donne, Pdl Ladispoli
Galgano Palaferri, Coordinatore Nazionale UpL Liberali nel PdL
Marco Carrai, Consigliere Comunale PD Firenze
Renzo Gattegna, Presidente Unione Comunità Ebraiche d'Italia
Riccardo Pacifici, Presidente Comunità Ebraica di Roma
Daniele Nahum, Presidente Giovani Ebrei d'Italia
Victor Magiar, Assessore alla Cultura, Unione Comunità Ebraiche Italiane
Walter
Scognamiglio - Vice Presidente Vicario del Consiglio del Municipio Roma
IV. "Sono onorato di partecipare alla giornata del 14 gennaio 2009
ringraziando anticipatamente gli organizzatori di questa magnifica ed
importante iniziativa!"
Alessandro Antichi, Consigliere regionale Toscana (FI-PDL)
Giacomo Korn
Benè Berith Giovani
Keren Hayesod Italia
Raffaele Sassun, Presidente Keren Kayemeth LeIsrael Italia
Dimitri Buffa
Vito Kahlun, PRI, vicepresidente Or Yehuda onlus
Francesco Pasquali, Coordinatore Nazionale Forza Italia giovani
Davood Karimi, Presidente Associazione Rifugiati Politici Iraniani residenti in Italia
Abdul Hadi Palazzi, Direttore Istituto Culturale della Comunità Islamica Italiana
Associazione "Una Via per Oriana"
Associazione Amici di Israele
Aida Foà, Vicepresidente Federazione delle Associazioni Italia Israele
Nicole Touati- Presidente Logan's Centro Studi sul Terrorismo
Alessandra Sermoneta, Presidente provinciale di Roma Federazione italiana settore moda (Fismo) Confesercenti
Carla Di Veroli, Assessore alle Politiche Culturali del Municipio Roma XI
Leonora Ferrotti, Consigliere provinciale FI-PdL Arezzo
Ermanno Ventura, Consigliere provinciale di Terni, gruppo PD
Franco Annunziata, Consigliere Provinciale Salerno, gruppo PDLLisa Palmieri-Billig, Representative in Italy and Liaison to the Holy See, American Jewish Committee
All’Onu la sorpresa americana
Documenti, risoluzioni, progetti, incontri: la diplomazia internazionale sbatte la testa contro una realtà micidiale, quella della volontà di Hamas di proseguire nella sua guerra, nella sua ragione di vita «anche in condizioni di tregua». Israele, peraltro, non intende continuare come negli ultimi otto anni, e senza garanzie non accetterà chiacchiere. «Tzi Filadelfi», il corridoio di Filadelfia, da cui le armi iraniane arrivano dall’Egitto, è il nome del gioco, e intanto l’Onu fa il suo mestiere, ovvero: nulla.
Condi Rice venerdì notte stava per votare la risoluzione dell’Onu palesemente sgradita a Israele insieme agli altri membri del Consiglio di Sicurezza. Da tempo il Segretario di Stato americano aveva il desiderio di mostrarsi dalla parte degli «underdog», di cancellare il gelo con gli amici europei. Poi Bush con una telefonata, si dice, l’ha fermata: al massimo ci possiamo astenere, ha detto, e così è avvenuto. È stato triste per Israele. Gli Usa, per la prima volta da molti anni, non hanno posto il veto a una di quelle tipiche risoluzioni sostenute da un lavoro di lobby gigantesco degli Stati Arabi e islamici in genere e da vari Paesi europei, attualmente dalla Francia e dall’Inghilterra. La risoluzione non menziona il diritto all’autodifesa di Israele, chiede alle parti di fermarsi, mettendo sullo stesso piano la difesa di un Paese democratico e l’attacco quasi decennale di un’organizzazione terrorista. [...]
Razzi dal Libano, per Gerusalemme l’incubo del secondo fronte
David Berger, un sopravvissuto alla Shoah che per un miracolo non è stato colpito dal katiusha piombato sul suo ospizio a Naharia, dopo il botto ha indossato la giacca a vento arancione e blu, ha preso la porta e a suo figlio, che era corso a prenderlo, ha detto: «Io là dentro non ci torno più». Ma il problema non è l’ospizio colpito, i suoi due ospiti feriti e i tre altri ricoverati dopo che tre katiusha lanciati dal Libano erano atterrati nella loro casa: il fatto è che per Israele intento al combattimento al sud, nella Striscia di Gaza, l’apertura di un eventuale fronte nord, ovvero una eventuale terza guerra libanese, di un micidiale faccia a faccia con gli Hezbollah, i migliori amici degli iraniani e dei siriani, armati con 42mila missili, sarebbe una avventura strategica molto difficile. Quando, alle otto meno dieci di ieri sono piombati su Israele i razzi che per anni, fino alla guerra del 2006, hanno ossessionato le gente del nord, Israele ha fatto sapere che comunque era pronta a ogni evenienza, e che riteneva il governo libanese responsabile di qualsiasi attacco al suo Paese. [...]
Israele paga il prezzo di tutti i luoghi comuni dell’odio
Dà molto da pensare il fatto che l’odio contro Israele si sia esaltato da quando, sabato, l’esercito ha intrapreso l’azione di terra dentro Gaza. Criticare una guerra è normale, svisare la realtà e odiare, invece no. La critica in tempo di guerra è normale. Si criticano il Pakistan e l’India per il conflitto sul Kashmir, si critica la Spagna quando si parla di Baschi, la Russia dei Ceceni, l’Inghilterra ai tempi del conflitto acuto con l’Irlanda. Ma qualcuno di questi Paesi è mai stato sottoposto all’accusa permanente di essere un paese razzista, aggressivo, avido di sangue umano, nazista? Forse solo gli Usa sono perseguitati da uno stigma permanente. Ma nessun altro Paese, se non Israele, viene sottoposto a un odio costante per il conflitto in cui si trova: nessuno vede la sua stessa identità messa in discussione, nessuno viene messo in dubbio nella sua legittimità, i suoi leader vilipesi, i suoi soldati e i suoi cittadini trattati da assassini, i leader rappresentati coperti di sangue su giornali e tv di tutto il mondo. Questo non c’entra con la guerra, c’entra con la menzogna e con quell’antisionismo che il presidente Giorgio Napolitano denunciò come la forma palese di un occulto antisemitismo. [...]
Che ne direste?
mi sento molto confortata, in queste ore di guerra, dalla vostra chiarezza mentale e morale, dal vostro desiderio di difendere attivamente Israele. Ciascuno di noi, mi sembra, vorrebbe almeno far sentire all’opinione pubblica italiana ed europea che non esiste solo un punto di vista vaneggiante ed estremista come nella manifestazione di Milano, o saccente e ripetitivo, come sui giornali benpensanti, che gli italiani non sanno parlare solo quando non tengono in alcun conto le ragioni della vita e della democrazia, o ripetono con riflesso pavloviano le vecchie e disgustose maledizioni antisraeliane, le orride comparazioni col nazismo, gli slogan sull’apartheid, gli stereotipi antisemiti della sete di sangue degli ebrei. E' un'onda che cresce in questi giorni, e crescerà ancora.
La pena per i morti e feriti anche da parte palestinese è in ogni uomo di buona volontà, si capisce, ma non deve fare velo alla verità. Chi sarà pietoso col crudele, finirà per essere crudele col pietoso. Se mai, al giorno d'oggi, c'è stato uno scontro chiaro e definito fra il bene e il male, fra il diritto alla difesa e l’attacco, fra la democrazia e la dittatura, fra la cultura della libertà e quella dell’odio, fra un mondo che fa capo all’Iran e agli Hezbollah, quello del terrore internazionale, e il mondo liberaldemocratico... se è rimasto nella nostra cultura il sogno di battersi contro ciò che odia la democrazia, i diritti umani, il buon senso e infine anche la pace... se ci spinge il desiderio di contrapporsi ai luoghi comuni che dilagano in Europa nel consueto segno dell’odio contro Israele, questo è il momento. [...]
Questa sinistra pavida che gioca coi terroristi
Il Giornale, 5 gennaio 2009
È strano come i toni della ragionevolezza, quelli della saggezza antica, confortevole e insipida come l’acqua calda, alle volte nascondano invece un abisso di confusione, un vuoto di idee che può diventare un pericolo per il mondo. Viene da chiedersi con quale senso della responsabilità la sinistra italiana, l’Europa, l’Onu, parte della stampa internazionale, fingano di non capire che limitare il proprio commento alla richiesta di fermare la guerra contro Hamas giochi la credibilità del mondo occidentale, li metta in ridicolo presso il mondo islamista, rovini i Paesi arabi moderati che tacciono cauti, distrugga la deterrenza di fronte alla jihad islamica, danneggi Abu Mazen e anche la prospettiva di «due Stati per due popoli». Quale richiamo della foresta conduce un raziocinante moderato come Walter Veltroni a chiedere con estrema urgenza un cessate il fuoco fra Israele e Hamas? Per un moderato in politica internazionale come Veltroni, che certamente non approva la linea di Massimo D’Alema che, non pago della lezione degli Hezbollah, ripropone una trattativa con Hamas, la richiesta di fermare subito tutto sembra una risposta automatica. Israele affronta con sofferenza e determinazione l’impresa di terra, uomini come Shimon Peres e Ehud Barak spiegano come proprio il bisogno di pace costringa a combattere Hamas fino a ottenere risultati tangibili. Intanto, anche gli occhi della nostra sinistra moderata scorgono che le manifestazioni anti-israeliane si infittiscono, diventano razziste e furiose, manifestazioni bruciabandiere. [...]
Gli ipocriti dell'uso sproporzionato della forza
Nessun paradigma fra quelli usati oggi per dimostrare che Israele deve affrettarsi verso una tregua è più ambiguo e moralmente dubbio di quello della “forza sproporzionata” usata a Gaza. Che la garanzia di pietas, per favore, non si creda proprietà di chi parla di sproporzione, che il senso di responsabilità non venga scambiato per insensibilità.
Sarà bene ricordare, in primo luogo, che Hamas dal 1994 ha fatto col terrorismo suicida, di cui è il maggiore responsabile, più di mille morti israeliani.
Israele protegge con sforzo enorme, non minore di quello bellico, la sua popolazione da parecchie decine di missili al giorno: Kassam, Katiusha e Grad. Un comando speciale (Pikud ha Oref), tutti i mezzi di comunicazione, l’esercito, migliaia di volontari si occupano solo dei rifugi, ne spiegano e favoriscono l’uso, li puliscono, li riforniscono per bambini e vecchi e, dove non esistono, insegnano varie tecniche per proteggersi quando suona la sirena. Non ci si riunisce in edifici esposti, le scuole, le sinagoghe vengono chiuse se c’è pericolo. Niente che non sia una struttura militare dichiarata viene usato per lo stoccaggio di armi o come caserme. I missili palestinesi cadono su strutture evacuate alla sirena: infatti molti sono gli edifici distrutti, comprese le scuole, ma pochi caduti. Hamas dice “noi amiamo la morte mentre Israele ama la vita”. Vero. Per questo la protegge. Invece Hamas piazza le strutture militari dentro quelle civili o in mezzo alle città, usa le famiglie come scudi umani: la società di Hamas è jihadista, la vita umana è uno strumento a fine di conquista e distruzione del nemico, e a questo scopo si serve parimenti di militari e civili. Tutti, per Hamas, qualunque sia l’età o il ruolo, sono possibili shahid. [...]
Osservatori Ue, ma con mandato armato
L’Europa può spesso permettersi, o almeno lo crede, di essereirresponsabile e di fare la morale. Di fronte allo scontro di Gaza,l’Europa con una proposta di tregua umanitaria coniata dal ministrofrancese degli Esteri Bernard Kouchner, ha subito optato per la piùfacile delle posizioni. Alla tregua, seguirebbe un accordo con alcentro i soliti osservatori internazionali fra i due contendenti.
L’Italia fa bene a promuovere iniziative di pace, ed è stata la piùpuntigliosa e chiara nel ribadire, come ha fatto il ministro Frattinimartedì, che comunque si deve partire dall’idea che Hamas èresponsabile della guerra col lancio di missili sulla popolazionecivile e il rifiuto, richiesto da Israele, della conferma della passatatregua. Hamas, dice Frattini, è un’organizzazione terrorista nellalista Ue, se ne tiene ben conto.
Kouchner e il responsabile della diplomazia britannica Millibandpuntano soprattutto sulla crisi umanitaria, glissando sulla natura delferoce gruppo islamista che ieri ha promesso, mentre faceval’occhiolino sulla tregua, la vittoria totale e ha ribadito per boccadi Ismail Haniyeh, il capo, che lo scopo è sempre quello promesso:distruggere Israele, che secondo la sua Carta «esisterà finché l’islamlo oblitererà». [...]
L'Europa capisca, è una guerra al terrorismo
Perché Israele ci mette tanto a decidere quale strada prendere? Per quale ragione i suoi uomini oliano i motori dei tank sul confine ma non li mettono in moto per cercare di tagliare la Striscia così da impedire ai Kassam e ai Grad di transitare? Perché Israele, salvo che per tre personaggi non di primissimo piano, non ha scelto subito la strada delle eliminazioni mirate dei leader di Hamas, come invece accadde dopo l’ondata terrorista dello Sceicco Yassin e di Abed el Aziz Rantisi?
Semplicemente perché è difficile guardare nel futuro di Gaza. Hamas ha giurato di distruggere Israele, e non ha nessun interesse a trattare. Ogni tregua è solo un regalo perché si riorganizzi. Occorre uscire da Gaza con risultati che non consentano a Hamas di proclamare,come fecero gli hezbollah nel 2006, una vittoria divina. Sarebbe un’incitazione sconsiderata per tutti i terroristi del mondo. Occorre una conclusione che abbia il carattere della chiusura di un’epoca ma anche che salvaguardi la possibilità per i Paesi Arabi moderati come l’Egitto di apparire salvatore dei palestinesi. [...]
But many Arabs are rooting against Hamas
The most significant images of the war underway yesterday are seen on the border between Gaza and Egypt with all the Arabesque plotting that the Middle East is able of composing. The Egyptian soldiers watch the border with grasped rifles from Rafiah along Tzir Philadephi; from the hours of the late morning unwinds the siege of the Palestinians who want to pass there beyond the border while the soldiers from the other part have ordered to hinder any fundamentalist tide of penetrating into the country of Mubarak, the moderate. Further along, there is the paradoxical scene of trucks full of humanitarian aid and ambulances, which the Palestinians won’t let pass as they yell at the Egyptians: “Let us enter alive instead of dealing with the dead”.
Around five in the afternoon, while the sun sets on the Mediterranean Sea, F16s enter the scene fast and in four minutes destroy 40 tunnels under the border. It seems that they are the most important among the 600 dug for transporting inside Gaza goods of all kinds from Egypt, those that have filled Gaza with missiles. [...]