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Iran's loses Security Council seat bid

venerdì 17 ottobre 2008 Generico 0 commenti
Jerusalem Post, 17 ottobre 2008
by Allison Hoffman

Iran lost its bid to become a temporary member of the UN Security Council on Friday. As expected, the Asian seat went to Japan, which received 158 votes compared to the Islamic Republic's 32.
Austria, Turkey, Uganda and Mexico also won nonpermanent seats on the council.
Austria and Turkey beat Iceland Friday in the battle for two European seats on the council. Mexico ran unopposed for the Latin American seat as did Uganda for the African seat. The five new members of the council will serve two-year terms.
Iran may be under three sets of sanctions from the UN Security Council over its nuclear program, but that did not stopped it from campaigning for the temporary membership.
The chances of Iran winning the Asian regional seat against rival Japan in Friday's voting were widely viewed as slim-to-none: Victory would have required support from two-thirds of all General Assembly member countries that turn up for the secret ballot.
Yet experts said just being in the race at all may be prize enough for Teheran, which announced its candidacy in September 2007.
"As with many governments, the Iranian government sometimes finds it advantageous to portray itself as an outsider that's challenging the status quo," said Ian Hurd, a political scientist at Northwestern University in Chicago who has written about legitimacy and power on the Security Council. "They may want to run and lose to keep that outsider status," he said.
Iran, which last sat on the Security Council in 1956, may be the only country to vie for one of the body's 10 rotating seats while under active sanctions. [...]

«L’Italia s’è desta contro l’Iran all’Onu»

venerdì 17 ottobre 2008 Generico 1 commento
Il Foglio, 17 ottobre 2008, pag. 3

Smarcandosi dalla diplomazia pigra e collusa con la politica egemonica dell’Iran, l’Italia ha segnato un punto a vantaggio della solidarietà occidentale. In commissione Esteri è stata approvata all’unanimità, fatto che genera speranza, una risoluzione proposta da Fiamma Nirenstein (Pdl) che impegna il governo a ricercare in sede europea un’effettiva unità d’intenti per impedire all’Iran di entrare nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. Teheran ha avanzato la candidatura per uno dei dieci seggi non permanenti del Consiglio, per statuto spetta all’Asia e attualmente è occupato dall’Indonesia (da gennaio tornerà vacante). Con il voto l’Italia implicitamente sancisce e rinnova il ruolo di difesa del mondo dalla minaccia atomica e terroristica proprio dell’Onu, organo garante della sicurezza internazionale che l’Iran ha cercato di trasformare in cassa di risonanza del suo messaggio genocida. L’Iran fomenta la distruzione d’Israele, unico stato nato in seguito a un voto delle stesse Nazioni Unite, incendia l’Iraq armando ciò che resta del mahdismo sciita e irrora di soldi, armi e ideologia totalitaria la mezzaluna islamica di Libano e Palestina. “L’Iran all’Onu significherebbe permettere che un delinquente divenga il proprio stesso giudice”, ha detto Tzipi Livni, fresca di leadership del partito centrista Kadima. Romano Prodi non ha battuto ciglio a Teheran, di fronte a un Mahmoud Ahmadinejad e all’ayatollah Khamenei che hanno paragonato Israele alla Germania nazista e ribadito le loro consuete accuse e minacce di una sua distruzione. Poi c’è la notizia del diplomatico tedesco che osservava i missili iraniani alzarsi in cielo e in grado di abbattersi su Tel Aviv. [...]

Risoluzione in Commissione Esteri sulla candidatura dell'Iran al Consiglio di Sicurezza ONU

mercoledì 15 ottobre 2008 Attivita parlamentari 18 commenti
Dichiarazione dell’On. Fiamma Nirenstein (Pdl), Vicepresidente della Commissione Affari Esteri e Comunitari:

«Oggi si è registrato un successo in Commissione Esteri con la votazione e conseguente approvazione all’unanimità di una Risoluzione che di fatto impegna il Governo italiano a ricercare in sede europea un’effettiva unità d’intenti per impedire all’Iran di entrare nel Consiglio di Sicurezza, come sta tentando di fare. Infatti il documento impegna il Governo a prevenire l’ingresso di Paesi sotto sanzioni all’interno del Consiglio di Sicurezza. E’ di un'arroganza inaudita il fatto che l’Iran, già sanzionata per tre volte dal Consiglio di Sicurezza, tenti di entrare nell’organo garante della sicurezza internazionale, che dovrebbe difendere il mondo dalla minaccia sia atomica che terrorista che l’Iran oggi rappresenta».
«Il voto dell’Assemblea Generale Onu» aggiunge l’On Nirenstein «è previsto per questo venerdì 17 ottobre e 5 membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza saranno eletti per i prossimi due anni a partire dal gennaio 2009. L’Iran, candidato contro il Giappone per il blocco regionale asiatico, non è solo nella sua pretesa: è già sostenuto dai 57 Stati membri dell’Organizzazione della Conferenza Islamica e potrebbe riscuotere ulteriori consensi nel largo blocco dei Paesi Non Allineati». [...]

ENGLISH VERSION:

Statement by Fiamma Nirenstein, member of the Italian Parliament and Vice President of the Committee on Foreign Affairs, on Iran’s candidacy at the United Nation Security Council

«Today the Committee on Foreign Affairs of the Italian Chamber of Deputies has achieved a great outcome. We succeeded to approve by unanimous vote a Resolution binding de facto the Italian Government to act within the European context to prevent Iran’s admission into the United Nation Security Council (UNSC). In fact, the document binds the Government to prevent the admission into that body, of Countries under UN sanctions».
«Iran’s insolent attitude must be stopped» continues Nirenstein. «It is incredible that a Country which has already been sanctioned three times by the UNSC, is trying to enter the organ that is supposed to guarantee the international security and therefore to defend the world by the nuclear and terrorist threat which the Islamic Republic of Iran today represents». [Continues...]

Iran can't seat in UN Security Council

mercoledì 15 ottobre 2008 English 0 commenti

Una terra piena d'amore

martedì 14 ottobre 2008 Generico 1 commento
Intervista a Fiamma Nirenstein pubblicata sul numero di ottobre della rivista "Vie del gusto"

di Sara Delonghi

Una delle molte particolarità di Israele è che mentre nella maggiorparte dei paesi è sufficiente una tensione politica per limitare, o farcrollare, la risorsa turistica, questo non accade qui. Perché?
È vero, se non nelle situazioni estreme come con l’Intifada durante la quale eravamo rimasti veramente in pochi.
Prima di tutto è una terra meravigliosa che ha tutti i climi, i mari, imonti, il deserto, la cultura, le tre grandi religioni che attraggonotutti. Tutto è pieno di memorie e straordinari particolari.Gerusalemme, che si pensi è a 1000 metri ed è la cupola del mondo, hada una parte il deserto dall’altra la foresta. Si è accumulata lapresenza multietnica coltivata dagli ebrei. C’è musica, cibo, come ilCholent piatto tipico del sabato, uno stufato di carne con patate efagioli che viene cotto lentamente tutta la notte in forno e mangiatocon del sugo perché non sia troppo asciutto o le Falafel le polpettinedi verdure servite con l’Hummus una salsa di ceci. La varietà, labellezza, il richiamo delle culture, la facilità di muoversi, dannotutte le motivazioni per un viaggio in Israele dove in una piccolaregione si può sciare sul Monte Hermon o andare al mare ad Eilat sulMar Rosso che è uno dei più bei mari al mondo.

La forma di turismo che caratterizza Israele agli occhi degli stranieri è quella religiosa, è la più diffusa? Quali le altre?
Gli ebrei, di tutto il mondo, non vengono qui per motivi religiosi, maperché la considerano la loro casa. Hanno lo stesso sentimento di casache ha un italiano quando torna in Italia. Solo il mondo Cristianoviene in pellegrinaggio. E se mi è possibile un’osservazione un po’polemica tante volte si dimentica che Gesù era ebreo. [...]

Israele ha paura di una nuova Intifada

martedì 14 ottobre 2008 Il Giornale 3 commenti
Il Giornale, 14 ottobre 2008

Quello che i palestinesi «si devono preparare ad affrontare è né più né meno che una battaglia strategica conclusiva con Israele. Non devono sentirsi scoraggiati dal passato ma guardare con fiducia al futuro...». Queste sono per ora solo parole contenute in un documento di 60 pagine intitolato «Riconquistare l’iniziativa» pubblicato in agosto dopo una serie di incontri di intellettuali e politici palestinesi (sostenuti da un’iniziativa dell’Oxford research group finanziato dall’Unione Europea), fra cui molti di Fatah, inclusi anche ex ministri dell’Autorità Palestinese.
Il documento, ultimato in agosto, in sostanza suggerisce di abbandonare la vecchia strada del negoziato, ritenuto ormai fallito con Annapolis, per avviare «una resistenza intelligente» e un’Intifada che si basi su un necessario ritrovato accordo fra Hamas e Fatah. Di fatto la parola «resistenza» ricalca l’impostazione bellicista degli Hezbollah, usarla vuol dire solo scontro senza remissione, come poi chiarisce il seguito. Ma le parole non desterebbero preoccupazione se non fossero parte di una situazione sull’orlo del baratro che può portare al rapido deteriorarsi della situazione di relativa calma fra Israele e i palestinesi: Fatah ha perseguito un accordo mai realizzato sulla spinta di Bush tramite il rapporto fra Abu Mazen e Olmert, ormai fuori gioco, e dall’altra parte la tregua con Hamas ha molto diminuito i missili Kassam su Sderot. [...]

In vista delle elezioni presidenziali palestinesi

venerdì 10 ottobre 2008 Panorama 1 commento
Panorama, 10 ottobre 2008

Grandi tempeste in vista nel mondo palestinese e quindi scossoni in tutto lo scenario Mediorientale con l’avvicinarsi del 9 di gennaio 2009, data di scadenza, in teoria, del mandato di Abu Mazen, che fu eletto alle elezioni presidenziali nel 2005 e poi subito dopo privato per metà della sua vittoria da quella di Hamas nelle elezioni parlamentari del 2006. Per trovare una giustificazione teorica del perché Abu Mazen, di fatto nella tradizione di Arafat, intenda prolungare il suo mandato almeno di un anno, Fatah afferma che stavolta Parlamento e Presidente devono essere eletti insieme quando scadono tutti i mandati. Ma sotto tanta attenzione formale, Fatah, secondo informazioni di fonte israeliana, starebbe preparando un attacco militare definitivo contro Hamas nel termine di due settimane: tutte le infrastrutture e le cellule terroriste del gruppo islamista nella West Bank verrebbero distrutte e con esse la determinazione di Hamas a impedire il prolungamento del termine di Abbas. La tregua con Israele ha dato tempo e spazio a Hamas di rafforzarsi a Gaza e nella West Bank, esso si è armato fino ai denti col consueto aiuto iraniano e prepara a sua volta un colpo di stato anti-Fatah. Hamas sa di essere molto forte anche nella West Bank, e non  intende dare a Abu Mazen un giorno di più del 9 di gennaio come Presidente.
E dopo stragi e violenze interne, Gaza diventa legalitaria almeno a parole. I portavoce di Hamas hanno dichiarato che nella data prevista, “le foto del Presidente saranno rimosse da tutti gli uffici” e che Hamas eleggerà un premier sostitutivo forse nella persona di Ahmed Bahr, il presidente del Consiglio Legislativo Palestinese, ovvero il Parlamento: “Così si fece con Rouhi Fatouh quando morì Arafat: è del tutto legale infatti che il presidente del Parlamento prenda il posto del leader finché si vota”. Hamas senza ricordarsi quanto sangue di Fatah ha già sparso (e viceversa) insiste: “Violando la legge, Abu Mazen consoliderà lo stato di scisma dei palestinesi”. [...]

Io, razzista democratica nel nome dell’identità

domenica 5 ottobre 2008 Il Giornale 14 commenti
Il Giornale, 5 ottobre 2008

Non può esserci niente di più ingenuo o forse di più malizioso dellamaniera in cui su alcuni giornali di sinistra viene gestito il problemadegli episodi di intolleranza etnica sfociate nelle ignobiliaggressioni di questi giorni. Ciò che si legge persino nel pezzo di unanalista come Luigi Manconi o di un giornalista come Gad Lerner, pernon menzionare gli editorialisti dell’Unità e del Manifesto, è infattiche in fondo è tutta colpa della temperie che circonda il governoBerlusconi. Le aggressioni sarebbero frutto di oscuri disegni tesi apenalizzare il flusso di nuovi immigrati (lo dice Manconi). A riprovadi questo si continua a citare la stessa orrida frase, quella sui«calci in c… », dimenticando le scuse di Roma portate dal sindacoAlemanno e le posizioni espresse da Fini.
In questa destra (qui è Lerner) ignorantona e volgare c’è proprioun’incapacità ontologica (genetica?) di capire il temadell’immigrazione e anche una tendenza alla repressione e quindiall’autoritarismo. Non sarà il contrario? Sono semmai posizioni comequeste, pensiamo, che semplificando il tema lo svuotano di significatoin sé, come se l’immigrazione non fosse un problema, e gli sottraggonoogni possibilità di soluzione, togliendo all’interlocutore un’identitàdecente e all’immigrato una responsabilità personale. [... ]

Faccia a faccia su Israele, la guerra e la pace. Da Rabin a Olmert, la maledizione del premier

giovedì 2 ottobre 2008 Generico 1 commento
di Fiamma Nirenstein e Renzo Foa
a cura di Luisa Arezzo

Liberal, 2 ottobre 2008

I Primi ministri di Israele (e la sua stessa storia) sono preda di unagrande aspirazione democratica e morale: la pace. Ma questa tensione èspesso andata di pari passo a molti fallimenti, tanto da far ipotizzareuna sorta di “maledizione” che da oltre 15 anni sembra colpire i capidi governo israeliani, da Rabin a Sharon a Barak, e che in questiultimi mesi è stata caratterizzata dalla sconfitta di Olmert in Libanoe dalle sue dimissioni. Dov’è l’errore? E se c’è, come prevenirlo percontrastare l’ascesa del fondamentalimo islamico - sempre piùprepotente di Hezbollah e Hamas - e la minaccia nucleare iraniana chesi  avvia a superare la soglia tecnologica necessaria per costruire unordigno in un paio d’anni e non di più? In questa conversazioneserrata, Renzo Foa ha voluto girare a Fiamma Nirenstein, che oggi èvicepresidente Pdl della Commissione Esteri della Camera, alcunedomande a cui non aveva saputo rispondere in maniera compiuta. E cheriguardano, nel sessantesimo anniversario della nascita di Israele, ilsuo destino e la sua lotta per difendere i valori di un Occidente chestenta a riconoscere le sue priorità. Perché la pace delle volte vamisurata su tempi più lunghi e con un impegno che passa per stradediverse. «E gli ebrei non si faranno ammazzare un’altra volta».

Renzo Foa. Dopo che Ehud Olmert si è dimesso, viene da chiedersise non ci sia una maledizione che ormai da un quindicennio colpisce chiin Israele ricopre la carica di primo ministro: Itzaak Rabin, che daministro della Difesa aveva invitato a «spezzare le braccia» aipalestinesi della prima intifada e che fu il protagonista degli accordidi Oslo, venne ucciso da un estremista di destra. Il suo successore,Shimon Peres, non resse alla prima prova elettorale e fu sconfitto peruna manciata di voti da Benjamin Netanyahu che rassicurò l’opinionepubblica sull’argomento della sicurezza. Ma lo stesso Netanyahu futravolto abbastanza rapidamente e le elezioni anticipate portarono alvertice il laburista Ehud Barak, che si ritirò dal Libano meridionale,ma che venne travolto da Ariel Sharon. Nessuno può dire quale sarebbestata la storia politica di Sharon se non fosse stato tolto dalla scenapolitica da un ictus devastante. Sappiamo però che il suo successore,appunto Olmert, su cui erano state caricate tante attese, è riuscito anon vincere la guerra in Libano nell’estate del 2006 ed è statoallontanato dalla politica da una vicenda di piccola corruzione. Ce n’èa sufficienza per chiedersi cosa non funzioni, in Israele, nel rapportotra l’opinione pubblica e i vertici politici. È una domanda a cui nonriesco a dare una risposta convincente. [...]

Ahmadinejad minaccia e l’Occidente applaude

venerdì 26 settembre 2008 Il Giornale 13 commenti
Il Giornale, 26 settembre 2008

Chi ricorda «La resistibile ascesa di Arturo Ui», di Bertolt Brecht,che parafrasava in commedia la paura e l’idiozia che avevano circondatola presa di potere di Hitler? Qui, la presa del potere da parte di unfanatico religioso che odia l’Occidente è avvenuta quattro anni fa,quando Mahmoud Ahmadinejad da pasdaran, sospetto agente-sicario, si ètrasformato in presidente dell’Iran. Ora assistiamo all’allargarsi delsuo controllo sul terrorismo internazionale - da Hamas a Hezbollah -,ai suoi legami con Al Qaida e alla resistibile preparazione della bombaatomica intesa a distruggere l’Occidente. E applaudiamo. Come ha giàdetto il leader dell’Iran khomeinista: quel giorno felice, laredenzione finale, verrà quando l’ultimo ebreo sparirà.
Adesso la guerra al potere immorale e imperialista degli Stati Uniti eall’esistenza d’Israele si è trasformata in un dettagliato messaggionazista che ha al centro gli ebrei e per riflesso la necessità pertutti di eliminarli. «La dignità, l’integrità e i diritti del popoloeuropeo e americano sono lo zimbello di pochi sionisti... minuscolaminoranza che domina i mercati finanziari e i centri politici... Europae America ubbidiscono a un piccolo gruppo avido e invadente e hannoperso ogni dignità, prigionieri dei delitti, delle minacce e delletrame dei sionisti», ha detto Ahmadinejad a New York. Roba vecchia. Lanovità è l’applauso dell’Assemblea Generale, l’abbraccio del presidenteMiguel D’Escoto, la candidatura incredibile e ben sostenuta (118 Paesinon allineati e 57 nazioni della Conferenza islamica) per entrare nelConsiglio di Sicurezza, il crescere del gradimento sociale di undittatore nazista che impicca a casa omosessuali e adultere: lovogliono nei salotti, lo vellica Larry King nel suo Show, i programmitv se lo contendono. [...]
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