E ora gli arabi fanno il tifo per la nuova guerra fredda
Nel mondo arabo l’opinione pubblica tiene per Putin e non per la Georgia. La nuova grande tensione internazionale, l’atteggiamento aggressivo della Russia fa sognare che si ristabilisca un chiaro potere russo in Medio Oriente, che, come quello sovietico di un tempo, si contrapponga agli Usa e a Israele: il mondo arabo vibra a questo pensiero. È la corda della memoria della Guerra Fredda quella che suona, nota da Washington il Delphi Global Analysis Group: ricordare il tempo in cui il Grande fratello era là con le sue armi, i suoi uomini, il suo denaro, suscita risposte piuttosto positive alle mire egemoniche di Mosca, anche se parliamo dell’opinione pubblica e del mondo degli intellettuali e dei giornalisti. Le vicende cecene sembrano non avere turbato il mondo musulmano: la Russia, come l’Urss di un tempo, fa scattare un riflesso filiale e insieme di rivincita. Intriga non poco quasi tutti i giornali arabi la speranza di un alleato forte che l’America non osi contrastare più di tanto. Lo sfondo di rapporti con l’Iran (dove l’Urss costruisce uno dei reattori nucleari), con la Siria (Assad è in arrivo a Mosca proprio in questi giorni) e il gran traffico d’armi russe che rende il Medio Oriente un puntaspilli di missili, fa da sfondo a una speranza di pieno impegno sul territorio della Umma musulmana. [...]
Una Biennale del dissenso islamico
Il modello è la Biennale del dissenso tenuta nel 1977. All' epoca Carlo Ripa di Meana aprì la tradizionale rassegna delle arti di Venezia alla cultura oppressa dai regimi comunisti, ospitando voci prestigiose come il polacco Gustaw Herling, il cubano Carlos Franqui, il futuro premio Nobel russo Iosif Brodskij. Per condurre in porto l' impresa, osteggiata violentemente da Mosca, fu necessario superare, con l' appoggio di Bettino Craxi, le resistenze degli intellettuali legati al Pci, che avanzarono numerose obiezioni. Dietro l' ostruzionismo, afferma Ripa di Meana in un' intervista apparsa ieri sul Foglio, c' era la mano di Aldo Tortorella, alto dirigente di Botteghe Oscure, «che guidò questa vicenda nel vasto mondo della cultura comunista del tempo». Adesso, continua, il filo andrebbe ripreso, promuovendo un' iniziativa analoga con i dissidenti del mondo islamico, a partire dal lavoro svolto da Magdi Allam: «Ma in materia i politici italiani sono capaci solo di cose rapsodiche e scadenti», aggiunge Ripa di Meana, riferendosi esplicitamente alla famosa maglietta del ministro Roberto Calderoli. Sull' importanza del tema non ci sono dubbi, però l' accusa può apparire eccessiva. Ad esempio Fiamma Nirenstein, oggi deputata del Pdl, ricorda la conferenza sulla lotta per la democrazia nel mondo islamico organizzata a Roma, nel dicembre scorso, da tre fondazioni vicine al centrodestra: Magna Carta, Farefuturo e Craxi. «Vennero intellettuali iraniani, siriani, egiziani, libanesi, sudanesi - dichiara la parlamentare al Corriere - esponendosi a seri rischi. [...]
Israele si prepara alla guerra
La guerra, per essere molto chiari, minaccia il Medio Oriente quanto e di più del luglio 2006 e, data la globalità della jihad e il fatto che Hezbollah sia pilotato, come del resto Hamas, da interessi iraniani oltre che siriani, un conflitto oggi può avere riflessi molto più larghi delle solite guerre: prima della proliferazione missilistica si assisteva solo a guerre di confine. Ora, non è così: i missili possono cadere molto lontano fra la gente, possono cambiare obiettivo, provocare scontri larghi, dalla conquista locale al sommovimento globale.
Scrive il giornale libanese al Akhbar, di simpatie sciite, che il nostro generale Claudio Graziano, capo dell’Unifil, ha comunicato alle truppe un piano di azione nel caso un aereo israeliano venga abbattuto nel cielo del Libano. Secondo il piano l’Unifil deve immediatamente occuparsi del pilota e in caso esso sia stato catturato da milizie, liberarlo. Se fosse nelle mani dell’esercito, l’Unifil non deve agire. L’Unifil ha smentito tutto, ma ha anche ribadito che secondo la risoluzione 1701 deve fare qualsiasi cosa in suo potere per salvare la vita di soldati stranieri dentro i confini libanesi. Se in questa forma o in un’altra l’Unifil ha inviato un messaggio agli Hezbollah invitandoli a evitare altri rapimenti, tantopiù in seguito ad abbattimento di aerei israeliani, non ha fatto altro che rispondere a concrete minacce. [...]
Hezbollah cerca la guerra
Panorama, 2 agosto 2008
Non è un momento del tutto trionfale per gli Hezbollah, neppure dopo lo
stupefacente omaggio di tutto il Libano per il ritorno del terrorista Samir
Kuntar. Hassan Nasrallah cerca di mostrarsi capo indiscusso e carismatico, ma a
Tripoli, il capoluogo del nord libanese, gli scontri fra i suoi amici alawiti e
le milizie sunnite di Saad Hariri, e di altri leader della maggioranza di
governo, hanno provocato nove morti e parecchi feriti. La calma è tornata solo
quando l’esercito è intervenuto dimostrando che i tempi sono cambiati: durante
l’attacco a Beirut di Nasrallah, che ha portato all’assetto governativo attuale,
aveva preferito guardare altrove. Nessuno dimentica che, allora, Nasrallah pur
uscendo vincitore aveva terrorizzato sunniti, cristiani, drusi.
Attenzione, però: il successo legato al rilascio di Kuntar gli ha fruttato
una più ampia presenza nei villaggi al confine meridionale. Sono in crisi le
milizie sunnite che dal 1997 occupano i villaggi nel sud del Libano, in
conflitto con gli hezbollah sciiti. Specie quelle che si trovano a Sheba, Kfar
Chuba e Hebbarye, vicine alla montagnola di sabbia chiamata pomposamente Sheba
Farms, il pretesto territoriale per avercela con Gerusalemme. [...]
Interrogazione sul ruolo di Hezbollah in Libano: la risposta del sottosegretario Craxi
Risposta del sottosegretario Craxi:
Il Libano ha vissuto negli ultimi mesi un periodo di forti tensioni politiche interne che hanno paralizzato il Paese, dividendolo fra una opposizione che contestava la legittimità politica e costituzionale del Governo in carica ed una maggioranza schierata a difesa della piena legittimità del Governo Siniora.
L'elezione del Generale Suleiman alla Presidenza della Repubblica e la formazione del Governo di Unità Nazionale hanno rappresentato una importante tappa verso il superamento - auspicato dall'Italia e da tutti gli amici del Libano - di questa difficile e rischiosa impasse.
L'auspicio del Governo è che il delicato equilibrio realizzatosi dopo mesi di negoziato, poi sfociato nell'accordo di Doha, consenta alle istituzioni libanesi di consolidarsi e di collocarsi su un piano di parità e reciprocità con i Paesi dell'area.
L'intesa conclusa con Israele per lo scambio dei prigionieri e delle salme dei soldati caduti è stato vissuto dal popolo libanese come un momento di coesione interna, dopo un lungo periodo di divisioni.
Il Governo resta fermamente convinto che il dialogo nazionale costituisca la premessa indispensabile per l'affermazione dell'indipendenza, della sovranità e dell'integrità territoriale del Libano entro confini internazionalmente riconosciuti. Il consolidamento progressivo del Governo di unità nazionale è uno snodo fondamentale verso il rilancio di questo dialogo, anche nella prospettiva di un progressivo disarmo delle milizie, da conseguire sulla base di un negoziato politico.
In questo quadro l'UNIFIL, in cui l'Italia mantiene un ruolo di primo piano e di cui sostiene il rinnovo del mandato, continua a garantire nel Libano meridionale condizioni di pace e di sicurezza che hanno favorito in maniera decisiva la stabilizzazione del Paese e che hanno offerto in questi due anni a Israele una sostanziale tranquillità sul suo confine settentrionale.
Anche per questo, in vista della scadenza del mandato di UNIFIL a fine agosto, il nostro Paese si appresta a lavorare, assieme ai nostri partner in Consiglio di Sicurezza, ad un nuovo testo di risoluzione che rinnovi il mandato della missione.
Replica dell'On. Nirenstein:
Fiamma NIRENSTEIN (PdL) si dichiara parzialmente soddisfatta dalla risposta fornita dal rappresentante del Governo che non è del tutto esaustiva circa il quesito sulle reazioni corali quanto inattese da parte dell'intera leadership libanese in occasione della liberazione dei terroristi in cambio dei corpi dei due soldati israeliani, soprattutto se si considerano i delitti efferati commessi da Samir Kuntar. [...]
Camera: insediato comitato permanente sui diritti umani
composto dai deputati Manuela Repetti, Margherita Boniver, Nunzia De Girolamo, Paolo Guzzanti, Riccardo Migliori, Fiamma Nirenstein, Enrico Pianetta, Alessandro Ruben, per il gruppo Pdl; Mario Barbi, Marco Fedi, Matteo Mecacci, Fabio Porta e Gianni Vernetti, per il gruppo Pd; Gianluca Pini, Roberto Cota e Gianpaolo Dozzo, per il gruppo Lnp; Ferdinando Adornato, per il gruppo Udc; Fabio Evangelisti, per il gruppo Idv, Ricardo Antonio Merlo per il gruppo misto.
Nella sua prima riunione il Comitato ha discusso e stabilito i punti di riferimento della propria azione di indagine, denuncia, intervento, presso la Commissione esteri e il governo in materia di rispetto dei diritti umani nel mondo e ha convenuto sui seguenti punti di orientamento: proporre all'attenzione del Parlamento e dell'opinione pubblica italiana e internazionale la violazione grave e continua della moratoria della pena di morte approvata a larga maggioranza dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e segnalare fatti di estrema gravita' come il rischio imminente di condanna a morte senza adeguato processo e difesa di Tariq Aziz in Iraq, riconoscendo l'importante iniziativa del partito radicale su questo grave rischio di esecuzione. Purtroppo, ha notato il Comitato, la moratoria e' ancora ampiamente violata, nel mondo, come dimostrano quasi ogni giorno la Cina e l'Iran, con molteplici esecuzioni. [...]
Quella guerra dei fondamentalisti contro l'Occidente
di Vasco Pirri Ardizzone
“Il problema vero è la guerra dei fondamentalisti contro l’occidente. Siamo a rischio di una guerra mondiale”. E’ netta nella sua analisi Fiamma Nirenstein. L’editorialista, esperta di Medio Oriente e da pochi mesi deputata del Pdl prova a dare una spiegazione alle recrudescenze terroristiche che attraversano Oriente e Medio Oriente.
Onorevole Nirenstein, assistiamo ad attentati in India e Turchia, attacchi kamikaze a Bagdad che riprendono. Che succede in Medio Oriente?
E’ il fronte di questa guerra complessiva che non si avvale di esercito, ma del terrorismo. Sono tutti focolai di ispirazioni diverse, talora guerre fratricide interne e con componenti etniche e religiose, ma la matrice comune è il fondamentalismo. Dove l’idea principale è l’attacco all’Occidente.
Ci spiega?
Vedo una dichiarazione di guerra dalla parte più integralista degli sciiti, capeggiati dall’Iran, con l’aiuto degli Hezbollah, ma anche dei sanniti con l’avanguardia di Al Qaeda.
Contro l’Occidente?
Sì. L’Islam dal 1998, dalla famosa dichiarazione di guerra di Bin Laden, si considera in guerra con l’Occidente.
Israele è minacciata ormai da tempo dell’Iran.
Una minaccia, purtroppo, molto concreta. Ajmadinejad, ha detto di avere 6000 centrifughe. [...]
Gerusalemme invasa dai topi dell’odio
Quanto all’unione fra Fatah e Hamas, si è allontanata sideralmente: la sabbia di Gaza da venerdì notte è coperta di sangue. Fatah e Hamas hanno messo in scena uno scontro selvaggio, con cinque morti più una bambina da parte di Hamas e poi una caccia agli uomini di Fatah che hanno passato ore nel terrore, cacciati, fermati, picchiati. Uomini di Fatah a Gaza hanno rivendicato la bomba della spiaggia che ha ucciso i militanti di Hamas, ma Abu Mazen ha rifiutato ogni responsabilità, riproponendo quel volto che risulta così rassicurante all’Occidente.
Di certo, Fatah si è presentato a tutti gli appuntamenti con il premier israeliano Ehud Olmert, ha accettato il rapporto amichevole con Washington.
Ma c’è anche un’altra realtà: la «realtà dei toponi» di cui Abu Mazen, anche se non direttamente responsabile, dovrebbe occuparsi subito. Prendiamo (su indicazione del Palestinian Media Watch, istituto che segue i mass media palestinesi) il giornale controllato dall’ufficio del presidente, Al Hayat al Jadida, e un altro, Al Ayyam: l’uno e l’altro scrivono che la parte araba di Gerusalemme sarebbe stata invasa da «supertopi» portati ad arte da perfidi settler per rendere la vita dei palestinesi impossibile. [...]
Convegno: "Lo stato di diritto è dalla parte di Eluana"
Libano - interrogazione in Commissione esteri
Premesso che:
in occasione della liberazione da parte di Israele del terrorista libanese Samir Kuntar e di altri quattro terroristi libanesi membri dell’organizzazione Hezbollah in cambio dei corpi dei due soldati israeliani Regev e Goldwasser, rapiti il 12 luglio 2006 e uccisi dagli stessi Hezbollah;
considerate le cerimonie di benvenuto, i messaggi e i festeggiamenti successivi a tale scambio, ai quali hanno preso parte le più alte cariche libanesi, quali il Primo Ministro Fouad Sinora, il Presidente Michel Suleiman, il leader druso Walid Jumblatt e Saad Hariri, figlio del premier libanese Rafik Hariri ucciso nel 2005 in un attentato terroristico le cui circostanze sono ancora oggetto di inchiesta in sede ONU, e considerato che tutti questi leader hanno espresso il loro plauso a Hezbollah e al suo comandante generale Hassan Nasrallah per aver riportato in Libano il terrorista infanticida Kuntar, il quale non ha mancato di annunciare la ripresa di azioni terroristiche contro Israele; [...]