Fiamma Nirenstein Blog

Necessario un ripensamento della missione Unifil

venerdì 21 novembre 2008 Attivita parlamentari 1 commento
Intervento in Aula in fase di dichiarazioni di voto sulla discussione in merito al rifinanziamento delle missioni italiane all'estero e all'invio di osservatori in Georgia, nell'ambito della missione congiunta dell'Unione Europea

19 novembre 2006

Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi associo alle considerazioni generali svolte dall'onorevole Pianetta e non ritorno, quindi, sulla questione. Però, è per me un obbligo morale svolgere due osservazioni generali e una specifica.
Prima di tutto, ritengo sia giusto che le nostre missioni siano tali in quanto rivolte alla ricerca della pace e della stabilità mondiale. Tuttavia, voglio riaffermare qui che è anche in corso, in parecchi dei teatri di guerra in cui ci troviamo ad agire, un'autentica guerra contro la Jihad islamica. Si tratta di un fatto che non dobbiamo dimenticare, perché altrimenti, se le nostre intenzioni non vedono chiaro, al di là di questa volontà complessiva - che approvo - dell'intera comunità europea, rischiamo di non avere chiaro l'obiettivo delle nostre missioni.
In secondo luogo, sempre come considerazione di carattere generale, è molto importante per tutti noi evitare il sacrificio dei civili; anche questo è un compito morale di prima grandezza. Bisogna, però, ricordare che il sacrificio dei civili deriva, per la gran parte, dal fatto che ci troviamo in teatri in cui la guerra asimmetrica è di uso generale. Da parte di elementi della guerriglia e del terrorismo, l'uso dei civili come scudo umano (che è un crimine di guerra di prima grandezza, attribuito, secondo le Convenzioni di Ginevra, unicamente a chi lo mette in atto) è la pratica comune. Dobbiamo studiare questo argomento anche a partire da questa considerazione, altrimenti non possiamo venirne a capo.
Vengo ora alla considerazione di carattere specifico. Se il nostro scopo è quello di portare la pace e di far progredire la democrazia laddove ci troviamo ad operare, mi infastidisce particolarmente, a livello teorico e strategico, il fatto che, ogni volta che si parla della nostra passata missione in Iraq, la si debba coprire di contumelie, salvo poi rimpiangere la perdita dei nostri soldati. Non è giusto, in quanto anche in Iraq - e chiunque si occupi di politica estera lo sa - la democrazia è oggi in una fase in cui tutti gli osservatori internazionali, a qualsiasi parte politica appartengano, notano notevolissimi progressi e una sostanziale crescita di accordo tra le diverse parti etniche, politiche e religiose (ad esempio, tra sciiti e sunniti).
Vengo ad un altro punto specifico, in cui mi è compagno anche il Presidente dell'ONU Ban Ki-moon: vi sono tutte queste missioni che agiscono, per quanto possono, in situazioni di grandi difficoltà, compiendo sostanzialmente dei progressi. Ce n'è una soltanto che, nonostante la grande bravura dei nostri soldati e del generale Graziano, non può procedere, non per colpa sua, ma a causa delle regole che sono state assegnate quando è stata reistituita nel 2006, dopo una serie di anni anche quelli non di grandi successi, se era vero che gli Hezbollah erano già riusciti ad armarsi completamente di missili Kassam e a lunga gittata, che potevano arrivare fino a Tel Aviv (ora pare, stando alle affermazioni del capo degli Hezbollah, Hassan Nasrallah, possano arrivare fino a Dimona, dove c'è il reattore nucleare israeliano).
Ebbene, la missione UNIFIL si trova in una palude da cui non può trarsi da sola, perché le regole sono determinate dall'ONU, quindi se insistiamo a mantenere questa grossa missione, che ci costa assai di più di tutte quante le altre missioni messe insieme, dobbiamo studiare una strategia diplomatica e politica che la accompagni e che deve avere un carattere molto vasto. Perché vasto? Lo ha detto anche Shimon Peres ieri: finché ci sono gli iraniani sul nostro confine a nord, nessuno si sognerà mai di firmare trattati di pace né con la Siria né con il Libano; non sarà possibile, in quanto questa presenza iraniana sui confini di Israele lo impedirà.
Perché parlo di presenza iraniana? Perché nel corso di questi anni, dal 2006 ad oggi, è arrivata una grande quantità di missili (ora quantificati intorno ai quarantamila) agli Hezbollah e questo riarmarsi è stato accompagnato da una continua serie di rivendicazioni e di accuse nei confronti di Israele, che violano ogni accordo internazionale. Per esempio, sappiamo benissimo che nel 2000, quando Israele si ritirò dal Libano, i confini vennero stabiliti dall'ONU, che disse che Israele non aveva più nulla da dare al Libano. Oggi, di nuovo, torniamo a parlare delle fattorie di Sheba, della cittadina di Shuba e di un'altra piccola città, sempre nelle vicinanze, perché ciò serve a legittimare il teorema della resistenza, così viene chiamato con parola usurpata da parte degli Hezbollah, i quali rivendicano la possibilità di agire in nome del rispetto di questo diritto di resistenza, aprendo così un altro teatro di guerra.
Tutto questo è terribilmente pericoloso, perché, al contrario di quello che amiamo seguitare a ripeterci, l'accordo di Doha del maggio scorso ha dato agli Hezbollah sia il diritto di veto sia la possibilità di non essere disarmati. Il loro stesso esercito, che li dovrebbe controllare, di fatto non fa altro che avallare questa presenza di un grosso quantitativo di armi e la loro possibilità di agire liberamente sul territorio libanese.
Quindi, se il nostro contingente deve restare, dobbiamo pensare di accompagnare questa presenza con un'azione politica che intimi alla Siria di non continuare a passare le armi agli Hezbollah e che si prenda cura di questa intenzione iraniana, eccessiva, di presenza su questo territorio. È necessario da parte nostra eventualmente pensare (considerato che sembra vi sia bisogno in Afghanistan di ulteriori truppe, e su questo mi pare vi sia un accordo abbastanza largo, ma non abbiamo i fondi per poter praticare questa strada) alla necessità di una redistribuzione e di un ripensamento. Mi pare che questo sia una considerazione utile sulla quale dobbiamo concentrarci.

Clicca qui per l'intero resoconto stenografico della discussione

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Angelo D'Amore , napoli
 venerdì 21 novembre 2008  23:36:12

Ritengo che con la nuova Presidenza USA, il ruolo europeo andra' a mutare, nel senso che le truppe messe a disposizione saranno presumibilmente piu' consistenti.L'America non puo' sobbarcarsi da sola il mantenimento della democrazia nelle zone dove questa e' messa a repentaglio.Forse andrebbe ridiscusso anche il tipo di ingaggio che queste andranno a sostenere.



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