In vista delle elezioni presidenziali palestinesi
venerdì 10 ottobre 2008 Panorama 1 commento
Grandi tempeste in vista nel mondo palestinese e quindi scossoni in tutto lo scenario Mediorientale con l’avvicinarsi del 9 di gennaio 2009, data di scadenza, in teoria, del mandato di Abu Mazen, che fu eletto alle elezioni presidenziali nel 2005 e poi subito dopo privato per metà della sua vittoria da quella di Hamas nelle elezioni parlamentari del 2006. Per trovare una giustificazione teorica del perché Abu Mazen, di fatto nella tradizione di Arafat, intenda prolungare il suo mandato almeno di un anno, Fatah afferma che stavolta Parlamento e Presidente devono essere eletti insieme quando scadono tutti i mandati. Ma sotto tanta attenzione formale, Fatah, secondo informazioni di fonte israeliana, starebbe preparando un attacco militare definitivo contro Hamas nel termine di due settimane: tutte le infrastrutture e le cellule terroriste del gruppo islamista nella West Bank verrebbero distrutte e con esse la determinazione di Hamas a impedire il prolungamento del termine di Abbas. La tregua con Israele ha dato tempo e spazio a Hamas di rafforzarsi a Gaza e nella West Bank, esso si è armato fino ai denti col consueto aiuto iraniano e prepara a sua volta un colpo di stato anti-Fatah. Hamas sa di essere molto forte anche nella West Bank, e non intende dare a Abu Mazen un giorno di più del 9 di gennaio come Presidente.E dopo stragi e violenze interne, Gaza diventa legalitaria almeno a parole. I portavoce di Hamas hanno dichiarato che nella data prevista, “le foto del Presidente saranno rimosse da tutti gli uffici” e che Hamas eleggerà un premier sostitutivo forse nella persona di Ahmed Bahr, il presidente del Consiglio Legislativo Palestinese, ovvero il Parlamento: “Così si fece con Rouhi Fatouh quando morì Arafat: è del tutto legale infatti che il presidente del Parlamento prenda il posto del leader finché si vota”. Hamas senza ricordarsi quanto sangue di Fatah ha già sparso (e viceversa) insiste: “Violando la legge, Abu Mazen consoliderà lo stato di scisma dei palestinesi”. E Fatah risponde, ultralegalitario anch’esso mentre prepara una guerra che secondo le informazioni correnti non sarà fatta di parole, che “Bahr non ricorda che egli è solo lo speaker sostitutivo di quello eletto, Abdel Azuz Dweik, il quale è attualmente in un carcere israeliano”. Israele naturalmente tiene per Abu Mazen: gli ha infatti permesso di inviare 150 soldati a Hebron, una fortezza di Hamas. La forza speciale si trova ora in Giordania dove viene addestrata da ufficiali americani e si prepara a tornare in dicembre.
Intanto, ben consapevole che l’ultima cosa che gli conviene è uno scontro mortale fra Hamas e Fatah, l’Egitto seguita, d’accordo con Abu Mazen, a promuovere colloqui al Cairo. Hosni Mubarak sostiene il piano di Abbas di restare in carica per un altro anno, e cerca l’assenso di tutta la Lega Araba. Gli egiziani vorrebbero che dentro Gaza fossero dispiegate truppe arabe per monitorare il formarsi di un nuovo governo palestinese dominato da indipendenti. Ambedue le idee sono state rifiutate da Hamas. E perché mai dovrebbe accettarle? E’ più forte, è sempre più bene armato, e ha Gilad Shalit nelle sue mani, ciò che impedisce ormai da due anni a Israele di attaccarlo.
mercoledì 15 ottobre 2008 13:58:56
Le prossime elezioni presidenziali palestinesi veranno in ogni caso vinte da un nemico d'Israele, poco importa realmente se l'esponente sarà di Fatah o di Hamas. Abu Mazen, leader di Al-Fatah, è tanto nemico d'Israele quanto non lo sia la leadership di Hamas. Il fatto che le schiere di Al-Fatah, fedeli ad Abu Mazen, si prestino più facilmente ad un negoziato con Israele, sta nel fatto che Fatah e Israele, al momento, hanno un avversario in comune- Hamas. Hamas minaccia Israele in modo aperto ed esplicito e, al contempo, non lascia dubbi su quello che farebbe alla leadership di Al-Fatah. Il governo israeliano e le schiere di Al-Fatah fedeli ad Abu Mazen (altre schiere di Al-Fatah non sono affatto fedeli ad Abu Mazen) sono "proxies"- nemici temporaneamente alleati nella lotta contro un nemico comune e basta. Anche Hamas, una volta, era un proxy d'Israele quando le bande di Al-Fatah sotto la guida di Yassir Arafat facevano il brutto e il cattivo tempo in Libano. Non ci piove nulla nel mio ragionamento quando dico che, se Abu Mazen riuscisse mai a sconfiggere "democraticamente" Hamas, egli riprenderà subito dove Arafat ha mollato perchè morto, istigando la sua popolazione all'intifada e al "martirio" non soltanto contro Israele, ma anche contro tutti gli ebrei del mondo. C'è soltanto da sperare che qui, in Italia, gran parte degli ex-comunisti si sia disintossicata a sufficienza da 50 anni di bombardamento ideologico da parte della fallimentare Unione Sovietica che ha sempre retto il moccolo terrorista palestinese di Arafat. C'è soltanto da sperare che la cultura politica giovanile italiana non caschi nuovamente nella stessa demenza cartoonistica nel confondere un cosidetto "martire", cioè un assassino di massa che s'uccide per uccidere il più grande numero di innocenti possibile, con "Tex Willer" o un'altra eroica cagatina del mondo fumettistico. Sono sempre di sinistra, ma non ho mai fatto nessuna distintinzione tra comunisti, fascisti, nazisti, monarchici e autocrati