Fiamma Nirenstein Blog

La guerra antisemita contro l'Occidente

7 ottobre 2023 Israele brucia

Jewish Lives Matter

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein

Museo del popolo ebraico

Quei folli sogni di conquista e dominio del mondo

lunedì 1 giugno 2009 Diario di Shalom 0 commenti
Shalom, giugno 2009

Pur profondamente diverse, l’Iran e la Corea del Nord hanno una strategia in comune: sfidare l’Occidente creando insicurezza.
L’episodio più impressionante è la costruzione della centrale nucleare siriana di Kimbar, dove si sono trovate tracce di tecnologia e uomini di ambedue i Paesi dopo che grazie al cielo Israele l’ha distrutta

La storia di questi giorni ha una doppia lettura, e ognuno è libero di credere a quella che gli piace di più, salvo poi prendersi la responsabilità della propria inter- pretazione. Da una parte assistiamo a una delle situazioni più conflittuali mai rappresentate sulla scena mondiale. Dall’altra alla messa in scena di una encomiabile speranza di pace che fa acqua. Lasciamo da parte l’area Pakistana e Afghana di cui si è parlato tante volte. Basterà ricordare che la crescente aggressività talebana e di Al Qaeda non trova nessun contenimento adeguato, e che le “bombe islamiche” pakistane, nel numero di almeno 90 secondo gli esperti, sono custodite in una situazione mancante di qualsiasi garanzia di sicurezza politica o militare.
Ma se guardiamo agli avvenimenti più recenti, per capire che il livello dell’antagonismo antioccidentale è molto alto, basta pensare alla bomba atomica nord coreana, un evento per niente sorprendente per chi non si è abituato a farsi illusioni inutili; l’esperimento ha sviluppato un’esplosione di potenza terrificante, assai più significativa del precedente esperimento del 2006, pari come potenza a una magnitudine fra 4,5 e 5,3 pari all’esplosione che distrusse Nagasaki. [...]

La pressione di Obama per gli insediamenti: un inutile siparietto

domenica 31 maggio 2009 Il Giornale 9 commenti

Il Giornale, 31 maggio 2009

Sembra semplice e diretta, là per là, l’idea di puntare tutte le carte sul blocco degli insediamenti e lo sgombero degli outpost: Obama ha insistito nei suoi incontri con Netanyahu e Abu Mazen rovesciando l’impostazione americana. Prima lo sgombero, poi le trattative, poi semmai si riparla dell’Iran, del suo assedio a Israele tramite Hamas e Hezbollah. «Gli Usa chiedono di smantellare gli insediamenti», e poi «Doccia fredda di Israele sulle richieste americane» e poi «Abu Mazen si appoggia a Obama e crea un nesso fra il piano arabo e la pace israelo-palestinese». Questo sarebbe lo stato dell’arte, nell’opinione pubblica. Ma è vero? Solo in parte. E che cosa significa? Con la guerra degli insediamenti Obama innanzitutto vuole, prima di andare al Cairo per il suo discorso al mondo islamico del 4 giugno, dare un forte segnale che il vento è cambiato, che gli Usa pressano gli israeliani senza tanti complimenti e non ritengono indispensabile un impegno prioritario palestinese per la democrazia e contro il terrorismo. Se si ricorda cos’è stato lo sgombero di Gaza sotto Ariel Sharon, l’uso dell’esercito nell’estrarre donne, bambini, vecchi, dalla Striscia; se, parlando di outpost, ovvero di ciò che deve essere subito smantellato, si pensa a Amona, nel West Bank, in cui la cronista ha visto 300 feriti fatti dai soldati a cavallo in un paio d’ore, si capisce cos’è uno sgombero. [...]

Piano Obama: la buona volontà non basta

venerdì 29 maggio 2009 Panorama 4 commenti

Panorama, 29 maggio 2009, pag. 110

Democratico, contiguo, demilitarizzato: con queste tre parole magiche, il giornale londinese in lingua araba AlQuds al-Arabi ha presentato il piano di Barack Obama per il futuro stato palestinese. Lo ha fatto a dispetto dei santi: il premier israeliano Benjamin Netanyahu si era appena incontrato con il presidente Usa e, per quel che se ne sa, non aveva avuto alcuna rivelazione diretta. Abu Mazen, il presidente dell'Autonomia palestinese, stava dirigendosi a Washington e i palestinesi si sono detti stupiti per il piano. Obama il 4 di giugno al Cairo dovrebbe rendere ben chiaro che le piramidi non faranno da sfondo al piano di pace. E che il suo discorso sarà tutto una mano tesa dall'Occidente all'Islam. Ma la sensazione è che anche il piano uscito su Al-Quds al-Arabi sia in rodaggio, perché Obama comprende che i sogni non sempre si possono avverare e compie verifiche. Che se ne farà Obama della buona volontà se, come previsto, gli Hezbollah, longa manus dell'Iran, il 7 giugno otterranno un grande successo elettorale in Libano e il confine con Israele sarà sotto il controllo a distanza di Teheran? E che ne sarà del tanto pubblicizzato dialogo con l'Iran? [...]

Le istituzioni internazionali ostaggio della cultura dell'odio: no a Farouk Hosni alla guida dell'UNESCO

venerdì 22 maggio 2009 Generico 22 commenti

E' con grande senso di partecipazione che facciamo nostro l'appello lanciato su Le Monde e sul Corriere della Sera dal premio Nobel Elie Wiesel, dal filosofo Bernard Henri Levy e dallo scrittore Claude Lanzmann. I tre firmatari dell'appello si rivolgono all'intero consesso internazionale perché impedisca che l'attuale Ministro della cultura egiziano, Faruk Hosni, ottenga il ruolo di direttore generale dell'Unesco.
Wiesel, Levy e Lanzmann descrivono la basilare importanza che, nella storia di Hosni, ha avuto l'incitamento all'odio verso lo Stato ebraico.
E' impensabile che L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza, la Cultura e la Comunicazione possa essere guidata da un personaggio che ha fatto della cultura dell'odio nei confronti di Israele - uno stato con il quale l'Egitto è in pace da 30 anni - la propria bandiera politica.
Che contributo può portare alla promozione della pace e dei diritti umani attraverso il canale della cultura, come si prefigge l'UNESCO, un candidato che invita a bruciare i libri israeliani e che enuncia teorie chiaramente antisemite parlando di "infiltrazione degli ebrei nei mass media internazionali" e imputando alla cultura israeliana di "rubare quello che non le appartiene per poi pretendere di impadronirsene"? [...]

Viaggio del Papa: quei temi politici distorti dai media

sabato 16 maggio 2009 Il Giornale 10 commenti

Il Giornale, 16 maggio 2009

Il Papa si era posto l’obiettivo durante il suo viaggio in Terra Santa di volare alto sopra i conflitti regionali: Gerusalemme è sempre accompagnata nei Salmi da invocazioni di pace e il Papa sperava che il suo viaggio aiutasse la concordia; il vento del luogo, metà arso dal deserto, metà fresco di pini, ha, nei secoli, soffiato sul viso di Cristo e dei profeti; la sua dimensione terrestre sconfina in quella celeste; là è nato il monoteismo che le tre religioni si contendono e a Benedetto XVI interessava un messaggio per lo spirito di tutti: unità, pace, lotta contro la violenza e la sofferenza dei poveri. Ma proprio il cercare di evitare gli spigoli politici ha fatto sì che essi diventassero il coro quotidiano di tutti i media, tv, radio, giornali, compresi i nostri. Così il viaggio papale ne è uscito stropicciato. Molti dei suoi temi sono poi risultati sui media parte del più abusato schema di colpevolizzazione di Israele. Il tema Shoah non c’entra: ha avuto un impatto un po’ controverso, ma a noi sembra che là il Papa non abbia dato adito a veri equivoci sul negazionismo. L’obbrobrio è stato condannato. [...]

Benedetto XVI: dopo un inizio positivo la verità purtroppo non ha trionfato

giovedì 14 maggio 2009 Generico 1 commento

Intervista a L'Occidentale
di Fabrizia B. Maggi
14 maggio 2009

La visita in Medio Oriente di Papa Benedetto XVI sta per concludersi dopo un viaggio di otto giorni che ha toccato i principali luoghi sacri delle tre religioni monoteiste. Dopo i viaggi di Paolo VI nel 1964 e Giovanni Paolo II nel 2000, il viaggio di Ratzinger rappresenta la terza visita di un capo della Chiesa cattolica in Terrasanta. Nonostante l’apprezzamento da parte della maggioranza dei media internazionali, non sono mancate le critiche, specialmente da parte della stampa israeliana che ha parlato di “occasioni perse”. Ne parliamo con Fiamma Nirenstein, deputata del Pdl e vicepresidente della Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera dei Deputati, che definisce quelle usate dal Pontefice come “parole che hanno rafforzato ancora di più il rapporto che unisce il popolo ebraico e quello cristiano”.

Onorevole, che opinione si è fatta quindi del viaggio di Benedetto XVI in Medio Oriente fino a ora?

L’impressione è quella di un viaggio all’insegna della buona volontà perché impregnato dal sogno del dialogo fra le tre religioni. Ho apprezzato le sue buone intenzioni, soprattutto quando ha invitato i giovani palestinesi a non farsi affascinare dall’incitamento all’odio e alla violenza o quando ha chiesto ai politici di esplorare ogni possibile via per la pace. Ho giudicato molto positivamente che, durante la visita allo Yad Vashem, il Papa abbia invitato a non dimenticare il passato, affermando che non bisogna permettere che l’orrore della Shoah possa ripetersi. A differenza dei media israeliani, a me non interessava avere delle scuse ufficiali da Ratzinger per l’atteggiamento di Pio XII e della Chiesa cattolica durante l’Olocausto. Devo ammettere però che da un Papa così saggio, così carico di sapienza teologica, mi aspettavo una testimonianza sulla gravità delle minacce di morte che gli ebrei devono ancora sopportare, prima tra tutte quella che proviene dall’Iran. [...]

Il Papa in Israele - Consigli: il momento è pessimo ma è un'occasione da non perdere

sabato 9 maggio 2009 Il Giornale 1 commento

Il Giornale, 9 maggio 2009

Il Papa in Israele e a casa dei palestinesi è una grande occasione, proprio perché il momento di questo viaggio è pessimo. Mai il nodo dei problemi è stato così gordiano, e dunque mai tanto opportuno cercare di dire davvero qualcosa che, come nei progetti della Santa Sede, promuova la pace nei cuori e fra le parti. Israele e i palestinesi hanno interessi contrapposti e ciascuno parlerà al Papa così da convincerlo alla sua causa. Ma, se ci possiamo permettere un consiglio, il Papa potrebbe utilmente attenersi ai temi della verità e della libertà religiosa.
La verità: il Papa andrà a Yad Vashem, il museo della Shoah, la cui eccezionale rappresentazione di certo gli solleverà emozioni e pensieri, specie a lui tedesco (un aspetto, questo, di cui Israele discute in tesa sospensione). Oggi, mentre è in atto un attacco senza precedenti alla memoria dell’Olocausto capeggiato dal presidente iraniano Ahmadinejad, la negazione della Shoah è diventata l’aggancio politico, ormai istituzionalizzato, per una narrativa antisemita diffusa che si conclude con la distruzione dello Stato d’Israele. Se il Papa chiarirà fino in fondo il senso malefico del negazionismo compirà giustizia anche rispetto all’episodio del vescovo Williamson, ma soprattutto se indicherà il negazionismo come un peccato dello spirito, più che come un errore storico, questo sarà un gesto da ricordare nella storia della pace. E allora un suo ritornare sulla storia di Pio XII non sarà visto come una prepotenza, ma come una proposta di discussione. [...]

Leggi razziali? Il Pd non infanghi la Shoah

venerdì 8 maggio 2009 Il Giornale 21 commenti

Il Giornale, 8 maggio 2009

È umiliante che Franceschini abbia usato l’argomento delle leggi razziali riferendosi al ddl sulla sicurezza sul quale verrà richiesta la fiducia martedì mattina. Non fa piacere che il leader dell’opposizione in Italia diseduchi i giovani italiani circa la storia del proprio Paese, usandone titoli senza contenuto come specchi per le allodole. Il segretario del Pd ha reso una fra le nostre peggiori tragedie moneta corrente di una disputa politica che oltretutto è impropria e superata, perché sia sulla questione detta dei “medici spia” sia su quella dei “presidi spia” il governo ha promesso di correggere il provvedimento. Impossibile non essersene accorti. Quindi, tanto più l’osservazione di Franceschini è pretestuosa. Scrivo di questo argomento avendo firmato la cosiddetta "lettera dei 101", che semmai ha dimostrato che obiezioni sollevate con chiarezza possono essere ascoltate e possono cambiare le cose. Non così i gorghi concettuali di Franceschini.
Le leggi razziali dell’autunno 1938 furono in Italia la premessa necessaria alla delegittimazione degli ebrei in quanto cittadini italiani, e quindi li resero profughi pronti per le fauci della Shoah. I fascisti espulsero alcuni membri della mia famiglia dalla scuola, altri dal lavoro, mio nonno fu cacciato dalla banca in cui lavorava in posizione onorata. Fu vietato il matrimonio fra italiani ed ebrei; proibito avere alle proprie dipendenze domestici; vietato alle pubbliche amministrazioni, alle banche, alle assicurazioni e altre società private di avere dipendenti ebrei; furono chiuse la professione di giornalista e di notaio e altre libere professioni, ai ragazzi l’iscrizione alle scuole pubbliche, alle scuole fu proibito adottare libri di testo di autori ebrei. [...]

«Io, colono di Cisgiordania, cederei casa per una pace vera»

martedì 5 maggio 2009 Il Giornale 5 commenti

Il Giornale, 5 maggio 2009

È senz’altro molto assertivo, ma statelo a sentire, perché sa molto bene quel che si dice, e il messaggio che ha portato all’Italia è fiduciosamente innovativo, ma non alieno dalla pace. Solo che lui vuole farla con la certezza che il nemico non userà il processo di pace o lo sgombero di terra come un’arma. Lo dice chiaro, a costo di apparire un falco, come lo descrivono quasi tutti.
«Io, che sono un colono di un piccolo insediamento del West Bank...»: il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman, detto “Yvette”, ama mostrare sovente questa sua inusitata carta d’identità, gli piace far balenare all’interlocutore italiano (che sovente fa una faccia di circostanza alla notizia) la sua casa di Nokdim, con la moglie e i tre figli che lo aspettano nel cuore della Giudea ogni notte. Bene, sembra dire il ministro mentre spiega che lui e i palestinesi sono vicini di casa e che anzi il suo villaggio è la migliore risorsa economica per loro: un colono ha due gambe e due braccia, vedete, può anche essere ministro, può dire cose ragionevoli e innovative. Per esempio Lieberman dice che benché stia a Nokdim dall’88 lo lascerebbe subito ai palestinesi se questo potesse aiutare la pace. Ma, ha spiegato varie volte, del mio insediamento, dei «territori» come del resto del West Bank, non se ne farebbero niente, come non se ne sono fatti niente di Gaza, se non per le rampe di lancio. E poi i Territori sono stati offerti tante volte, i palestinesi hanno rifiutato ogni accordo. E inoltre, insiste, sono in guerra con noi da ben prima che esistessero i «Territori». [...]

L'esecuzione della Darabi oggi è l'ennesima dimostrazione dell'inaffidabilità dell'Iran

venerdì 1 maggio 2009 Generico 1 commento

PENA MORTE: NIRENSTEIN (PDL), IRAN TOTALMENTE INAFFIDABILE 
(ANSA) - ROMA, 1 MAG - 'La notizia dell'avvenuta esecuzione oggi della giovane pittrice iraniana Delara Darabi, condannata per l'omicidio di un parente con un processo di dubbia attendibilita', e' un'ennesima dimostrazione della totale inaffidabilita' dell'Iran'. Lo dichiara in una nota Fiamma Nirenstein, deputata del Pdl e vicepresidente della commissione Esteri della Camera.
'Il 19 aprile scorso, anche grazie alla mobilitazione di Amnesty International, che oggi ha reso nota la notizia dell'esecuzione - ricorda Nirenstein -, era stata garantita all'imputata, minorenne all'epoca del reato, una sospensione di due mesi della pena. L'improvvisa esecuzione della giovane, per altro avvenuta senza darne comunicazione neppure al suo avvocato, e' una chiara mossa di aggiramento della mobilitazione internazionale che si era fatta sentire in questi giorni e che aveva contribuito ad ottenere la sospensione'.
'Dall'inizio del 2009 - conclude - la Darabi e' il secondo minorenne al tempo del reato giustiziato in Iran. Cio' porta il bilancio generale delle esecuzioni nel solo 2009 a 140: l'Iran si guadagna cosi' il record mondiale, secondo solo alla Cina'.(ANSA).
COM-KVI 01-MAG-09 19:36 NNNN 

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