Un rapito vale mille criminali?
Il Giornale, 26 novembre 2009
Per assistere alla più espressiva parabola della condizione di Israele nel Medio Oriente, si può guardare in questi giorni al peggiore fra tutti gli affari possibili: lo scambio di un ragazzo innocente, un caporale dell’esercito israeliano che doveva aver sparato ben pochi colpi se non nel corso delle esercitazioni, tenuto in crudele segregazione dal giorno del rapimento nel giugno 2006, contro un branco gigantesco di delinquenti, 1400 prigionieri palestinesi condannati nei più rigorosi processi che sistema giudiziario possa garantire. Fra loro, almeno un centinaio di ergastolani, assassini seriali, killer volontari di donne e bambini.
Queste sono le ore in cui si decidono gli ultimi nomi, e Israele cerca di evitare che escano liberi i più fanatici assassini, quelli che probabilmente torneranno a uccidere. Ma Israele è soggetta a due forze straordinarie: la totale devozione alla vita che nasce dal dovere di sopravvivere e di salvare i ragazzi per i loro genitori; e dall’altra parte, il cinismo di un mondo che da sempre lo spinge a considerare naturale rinunciare, abbandonare, come se dovesse farsi perdonare. [...]
A kidnapped soldier worth a thousand criminals?
Il Giornale, November 26, 2009
On these days, to exemplify the parable of Israel's condition in the Middle East, you can look to the worst of all deals : the exchange of 1 innocent boy, an unexperienced Israeli army corporal, still held in cruel segregation from the day of the kidnapping in June 2006 by a gang of thugs, with 1400 Palestinian prisoners condemned by the most rigorous processes that can be ensured by justice. Among them, at least a hundred life convicts, murderers, serial killers of women and children.
Now is the time when definitive names are decided, while Israel is trying not to free the most fanatical murderers, those who probably will return to kill. But Israel is subject to two special extraordinary forces: total devotion to life and will of survival, saving the children for their parents and on the other hand, the cynicism of a world that always pushes Israel to consider giving up, as if it needed to make amends... [...]
Mediorientale
Sintesi degli argomenti di questa settimana:
Le trattative in corso per la liberazione del caporale israeliano Ghilad Shalit: l'incontro del Cairo, a cui hanno partecipano non solo le frange militari, ma anche quelle politiche di Hamas. Tra questi, nome chiave è Ahmed Jaabari, una sorta di capo di stato maggiore di Hamas, che sostiene di aver programmato il rapimento di Shalit e di starne preparando altre.
Sul fronte israelaino: accordo di massima tra destra e sinistra sull'andare avanti con le trattative. Tra quelli contrari: Benny Begin, figlio del premier storico.
Probabile comunque l'approvazione della trattativa da parte del gabinetto israeliano.
La mediazione tedesca.
Il succo della trattativa: 1400 prigionieri per avere indietro Ghilad Shalit. 450 sulla base di una lista stilata da Hamas; altri 550 come omaggio ad Abu Mazen e al presidente egiziano Mubarak; altri 400 tra donne e giovani. Ma il vero nodo è una lista di 120 persone, poi ridotte a 70 (anche se ora sembri che il prezzo sia stato rincarato di nuovo), di cui 4 nomi in particolare perché si tratta di terroristi responsabili di innumerevoli massacri: 1) Ibrahim Hamed, capo dell'ala militare di Hamas in Cisgiordania dal 2001 al 2005 (76 israeliani ammazzati); 2) Abdallah Barghouti, detto l'"Ingegnere" di Hamas (46 israeliani ammazzati); 3) Abbas Sayed - responsabile dell'attacco di Netanya del 2002, nel quale morirono 30 israeliani e in seguito al quale venne decisa l'operazione "Scudo di Difesa"; 4) Ahmad Saadat, leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che nel 2001 mandò ad ammazzare il ministro (appena dimessosi) israeliano Rehavam Zeevi.
La controversia sul nome di Marwan Barghouti (condannato a 5 ergastoli) e il suo impatto sugli equilibri interni dell'Autorità Nazionale Palestinese.
Barghouti è l'unico possibile antagonista di Abu Mazen, che recentemente ha invocato una Terza Intifada, forse per accreditarsi agli occhi di Hamas come possibile uomo della mediazione tra Hamas e Fatah. D'altro canto, questo è proprio il motivo per cui Hamas potrebbe non essere interessato alla sua liberazione, che farebbe accrescere la popolarità di Fatah, l'unico leader laico con cui forse sarebbe possibile per Israele avviare una trattativa.
Abu Mazen in viaggio in America Latina, rispondendo alle voci su una possibile Terza Intifada, ha escluso questa possibilità, dicendo che con la Seconda Intifada i palestinesi hanno già sofferto abbastanza.
Le statistiche dicono che circa il 35% dei terroristi liberati in trattative di questo genere, torna alle stesse attività. Nell'ambito di questo scambio viene avanzata anche l'ipotesi che alcuni tra questi possano essere esiliati. Pare che la Finlandia sia disponibile ad accoglierne qualcuno.
La visita di Ahmadinejad in Brasile - Ahmadinejad, accolto molto calorosamente dal Presidente Lula, ha detto che nessuno attaccherà l'Iran perché tutti avrebbero paura della reazione.
Come mai la Russia non ha ancora fornito all'Iran il sistema anti-missile S-300, come aveva promesso?
E' di pochi giorni fa la notizia che l'Iran, attraverso un centro di beneficenza, ha dato 100mila dollari alla Columbia University dopo che questa ospitò, nel 2007, Ahmadinejad per il famoso discorso.
Sul fronte siriano - Il comandante delle forze americane in Iraq, generale Ray Odierno, ha dichiarato alla Reuters che le indagini sulle esplosioni di Baghdad del 25 ottobre scorso, in cui morirono 150 persone, indicano che gli ordigni erano di provenienza siriana. L'idea è quella che Al Qaeda, che ha subito una pesante sconfitta con il surge attuato dal generale Petreus, abbia trovato dei nuovi alleati nei baathisti siriani.
Il viaggio del Ministro Ben Eliezer in Turchia, l'incontro con Erdogan. Il discorso su una possibile riapertura del dialogo con la Siria attraverso la Turchia.
Lo stato di allarme in Israele, la distribuzione delle nuove maschere a gas. La straordinaria partecipazioni alle esercitazioni di difesa civile a Gerusalemme anche di centinaia di ultraortodossi anti-sionisti.
Ecco perché la Casa Bianca sta sbagliando tutto
È abbastanza difficile immaginarsi una serie di mosse più sbagliate di quelle intraprese dall’amministrazione Obama per rimettere in moto il processo di pace: non perché ha spinto con tutte le sue forze Israele a fare concessioni. Questo è legittimo e potrebbe anche essere utile, se fatto in maniera intelligente, cercando una contropartita rassicurante. Ma prima di tutto ci vorrebbe un piano, e il piano, che tutti richiedono, non è mai saltato fuori. Non si conosce nessuna strategia di Obama per raggiungere lo scopo desiderato di due Stati per due popoli. Si sa solo che lo vuole fortemente.
Oltre a questo, si è visto che Obama ha avuto solo un’idea e che è sbagliata. Per la verità l’idea rovinosa l’ha avuta il suo delegato speciale per il Medio Oriente George Mitchell: è stata quella di inventarsi la «precondizione» cioè il «congelamento» di tutti gli insediamenti, considerando per tali anche alcuni quartieri di Gerusalemme che nessuno, né la destra né la sinistra, in Israele bloccherebbe senza trattare. Cioè, non si sa perché il congelamento è preventivo rispetto a ogni altro passo. In realtà la risoluzione Onu 242, che stabilisce il fine di due Stati per due popoli, dice anche che vi si deve arrivare con una trattativa e secondo criteri di sicurezza per Israele. Persino Yossi Beilin, ex ministro degli Esteri del governo laburista e leader di «Pace Adesso», ha dichiarato che Mitchell dovrebbe dimettersi, perché le trattative fra Netanyahu e Abu Mazen devono avvenire su un tavolo sgombro, animati solo dalla volontà di arrivare a un accordo. [...]
"Per i palestinesi anche Gerusalemme è un insediamento d'Israele"
Intervista a Fiamma Nirenstein di Andrea Holzer
Una pioggia di critiche sono piovute addosso al governo israeliano, dopo l’approvazione di un piano regolatore che prevede la realizzazione di 900 appartamenti nella zona di Ghilo, a sud-ovest della Città Santa, da parte dell’amministrazione municipale di Gerusalemme. L’Onu, gli Stati Uniti, l’Autorità Palestinese e altri governi occidentali, hanno gridato alla scandalo e profetizzato la fine prematura dei negoziati, benché l’approvazione del piano preveda comunque molti altri passaggi burocratici (le palazzine, infatti, vedranno la luce soltanto tra diversi anni).
Il fatto è che Ghilo non è "un insediamento", visto che fa parte della Città Santa, e le cosiddette “precondizioni” poste dall'amministrazione Obama, di cui tanto si è parlato, facevano riferimento allo stop degli insediamenti fuori dalla capitale israeliana. Ma gli arabi considerano sacra quella parte di Gerusalemme in cui sarebbe passato il Profeta, così come gli israeliani reclamano il diritto inalienabile di abitare quella che considerano da sempre la “loro” capitale. E' uno dei nodi della irrisolta questione israelo-palestinese. Abbiamo chiesto a Fiamma Nirenstein, Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati, di spiegarci meglio cos'è accaduto a Ghilo. [...]
Dopo l'intesa su "Mr. Europa" e "Madame Pesc"
"Il governo ha sostenuto con grande determinazione la nomina di D'Alema"
Intervista a Fiamma Nirenstein di Fabrizia B. Maggi
L'Occidentale, 20 novembre 2009
Sono tante le polemiche nate all’indomani della scelta delle persone che guideranno l’Europa nei prossimi mesi. Dopo la riunione di ieri tra i leader dei Ventisette per decidere il nome del presidente stabile dell’Ue e quello dell’Alto Rappresentante della Politica Estera, una cosa è certa: il nuovo primo ministro degli Affari Esteri europeo non sarà Massimo D’Alema. Nel pomeriggio, è arrivato infatti il colpo di scena. Nonostante tutti i bookmakers europei dessero quasi per sicura la nomina dell’ex premier italiano a “Mr. Pesc”, il gruppo dei socialisti europei ha deciso all’ultimo momento di ritirare la sua candidatura per dare preferenza alla baronessa britannica Catherine Ashton. Così, Londra ha finalmente dato il via libera alla nomina di Herman Van Rompuy come nuovo presidente europeo.
Se per alcuni la decisione è stata “una beffa” e “un affondo” da parte dei compagni europei di D’Alema, altri invece puntano il dito contro “lo scarso attivismo” del governo italiano e lo “scarso appoggio” del premier Silvio Berlusconi. La stessa persona che era scesa in campo (persino fino a poche ore prima della decisione finale) per appoggiare personalmente la candidatura di D’Alema, nonostante le ovvie divergenze politiche. Per capirne di più abbiamo parlato con Fiamma Nirenstein, Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati.
Onorevole Nirenstein, Martin Schultz (capogruppo dei socialisti a Strasburgo) ha dichiarato che a far saltare la candidatura di Massimo D’Alema a responsabile della PESC sia stato lo scarso appoggio ricevuto dal governo Berlusconi. Sono andate davvero così le cose?
Come vicepresidente della Commissione degli Affari Esteri al Parlamento, sono stata presente ad un paio di riunioni e ho sentito il ministro Frattini parlare della candidatura di D’Alema con grande determinazione. E poi, mi è sembrato capire che a ritirare la sua candidatura non sia stato il governo ma bensì il Partito socialista europeo, cioè i colleghi del suo stesso gruppo politico in Europa. [...]
Intervento nel corso del quinto Congresso Mondiale Parlamentare sul Tibet
Sala della Lupa, Montecitorio
Mediorientale
Sintesi degli argomenti di questa settimana:
Due soldati israeliani processati e condannati per aver rifiutato di sgomberare delle case di settlers.
L'aumento di soldati religiosi che si arruolano: il fenomeno del nazionalismo religioso e la crescente contestazione di destra all'interno dell'esercito.
La richiesta del "congelamento" degli insediamenti.
Le differenze tra Arafat e Abu Mazen che sono emerse anche durante il ricordo di Abu Mazen alle celebrazioni per l'anniversario dalla morte di Arafat alla Muqata nei giorni scorsi.
Abu Mazen è andato a sondare il terreno per verificare se andare avanti o meno sulla decisione di non ricandidarsi alle prossime lezioni presidenziali, indette da lui stesso per gennaio. In generale si pensa all'opportunità o meno di queste elezioni, dal momento che sembra quasi sicuro che Fatah le perderebbe.
Saeb Erekat, storico negoziatore palestinese, ha sollevato l'idea di dichiarare unilateralmente la nascita di uno stato palestinese. Come? Facendo rilasciare alle Nazioni Unite una risoluzione ad hoc. Anche se dovesse avere valore solo simbolico, non è detto che questa iniziativa all'ONU non passerebbe, soprattutto sulla scia della vicenda del Rapporto Goldstone.
Frattanto, Netanyahu ha ribadito la richiesta di sedersi al tavolo delle trattative senza precondizioni (come quella del "congelamento"), riaffermando la disponibilità a grandi concessioni. Plausibile, ricordandoci degli accordi di Wye Plantation, fatti proprio da Bibi nel 1998 e in generale dei grandi gesti di uomini di destra per cercare di raggiungere la pace.
Yaakov Katz, membro del governo Netanyahu, ha contestato la possibilità di dichiarazione unilaterale di uno Stato palestinese, facendo riferimento alla possibilità che allora anche Israele annetta unilateralmente zone della West Bank e richiamando piuttosto alla Risoluzione 242 che invita a sedersi al tavolo dei negoziati.
Il Times di Londra rivela oggi (17.11.09) che Muhammad El Baradei, il direttore dell'AIEA, avrebbe stilato da settembre un documento segreto, presentato dal Times come un documento di resa, che darebbe all'Iran la possibilità di arricchire il suo uranio, concedendo in cambio all'Agenzia per l'Energia Atomica di effettuare alcune ispezioni cicliche.
Mentre Obama dichiara "è il momento che l'Iran si comporti in maniera pacifica e trasparente", l'AIEA ha rilasciato due rapporti, questi pubblici: uno sulla visita al sito segreto di Qom, scoperto il mese scorso e un altro sulla Siria.
Nel primo rapporto si parla dell'eventualità che, essendo la centrale di Qom stata mantenuta in segreto molto bene per lungo tempo, esistano altre centrali non dichiarate.
Il secondo rapporto fa riferimento a 3 luoghi nelle vicinanze del sito bombardato in Siria nel settembre 2007 dove, con i resti del reattore nucleare bombardato allora, sembra si stia continuando un'attività di arricchimento di uranio e plutonio.
I sospetti sul rapimento da parte di forze che collaboravano con il Mossad di Ali Reza Askari, un ufficiale della difesa iraniano scomparso all'inizio del 2007 mentre si trovava in Turchia, forse ora detenuto in un carcere israeliano. Fonte: la radio militare israeliana (Galei Tzahal). Si suppone che sia Askari dietro al passaggio di informazioni sul reattore siriano succitato, bombardato nel settembre 2007 e sulla sorte di Ron Arad, il pilota israeliano scomparso dal 1986.
Fronte delle trattative israelo-siriane: il consiglio di Sarkozy a Netanyahu di concentrarsi su quel fronte dato lo stallo su quello palestinese. Il viaggio di questi giorni di Kouchner in Israele e Siria segue la visita della settimana scorsa di Bashar Assad a Parigi.
Nuovi revisionismi: un professore dell'Università di Gaza in un'intervista alla televisione Al Aqsa ha sostenuto che le lamentele degli ebrei che costruirono le Piramidi, per cui furono maltrattati e sfruttati, sono una mera bugia. I ritrovamenti archeologici hanno dimostrato che gli schiavi ebrei erano trattati benissimo.
Le mogli dei dittatori ci fanno lezione
Il Giornale, 17 novembre 2009
L’Unità esalta la conferenza contro la fame delle first lady del Terzo mondo. Dove a spiegare come sconfiggere il sottosviluppo erano la signora Ahmadinejad e la rappresentante del governo cubano.
È davvero corruttiva rispetto al ruolo della donna nella società, alla sua dignità, all’uso del corpo la prima pagina dell’Unità di ieri: una schiera colorata di foto di donne avrebbe dovuto testimoniare l’eccellenza della femminilità nel combattere la battaglia contro la fame nel mondo in occasione di un vertice di first ladies nell’ambito della Conferenza della Fao. Ma queste donne, che hanno come caratteristica predominante quella di essere mogli, se poi si va a guardare mogli di chi, si vede che il giornale fondato da Antonio Gramsci cade in una deprimente trappola propagandista. La patente di combattenti contro l’ingiustizia sociale che viene loro attribuita da un titolo «Donne contro la fame» infatti, certo non è quello più meritato da chi condivide e sostiene le politiche di paesi totalitari, discriminatori verso le donne, che perseguitano ogni opinione diversa e che sono poveri non per destino divino, ma perché la dittatura impoverisce la gente. [...]
Consigli di lettura: "Non smetteremo di danzare", di Giulio Meotti
Cari amici,ho qui vicino a me il libro di Giulio Meotti e sento il bisogno di comunicarvi la mia ammirazione per il suo lavoro.
Parlo e scrivo spesso dell’eccezionalità di Israele, del coraggio edella coesione della sua società, della determinazione dei giovani agodersi la vita nonostante tutto, dell’eroismo nel viverecontemporaneamente una vita di incredibili sacrifici e di gioiosavitalità moderna e democratica. Una volta la mia amica Ruthie Bloom -una famosa giornalista con cui ho condiviso tutti i giornidell’Intifada a Gerusalemme, quando tutto esplodeva e noiostinatamente, come tutti i gerosolimitani, andavamo a sederci, achiaccherare, a ridere nel prossimo caffè che sarebbe stato oggettodell’attenzione dei terroristi - presentando un mio libro ha detto chequello che manca agli israeliani per spiegarsi al mondo è sapersivedere come io li racconto. Bene, vorrei dire la stessa cosa del librodi Giulio Meotti “Non smetteremo di danzare - le storie mai raccontate dei martiri di Israele", edito da Lindau.
Un libro che già per come si presenta è compatto e ponderoso, un lavoro che fin dalla copertina in cui compare una famigliola di mitnahalim, i famigerati “coloni” come la stampa italiana chiama gli abitanti degli insediamenti, sfida il cuore e la mente del lettore a entrare in un mondo nuovo, a indossare occhiali completamente diversi per capire la storia di Israele. Meotti osa avventurarsi dove nessun giornalista, nessun critico, nessun osservatore politically correct guarda mai per paura di bruciarsi, ovvero nel martirio infinito tramite un continuo stillicidio omicida del popolo ebraico, anche oggi che è giunto nella sua terra, nello Stato ebraico. [...]
Prospettive europee dopo l'ok dei 27 al Trattato di Lisbona: discussione in Commissione
Cari amici,
vi segnalo questa interessante discussione "Comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 29-30 ottobre 2009", nella quale è intervenuto il Ministro degli Esteri Frattini davanti alle Commissioni Esteri e Unione Europea di Camera e Senato in seduta congiunta.
La discussione è molto interessante perché verte su tematiche cruciali per il futuro dell'Unione Europea: il 3 novembre scorso, con la ratifica da parte della Repubblica ceca del Trattato di Lisbona, si è chiuso un lungo processo di riforma delle istituzioni europee.
Trovate tutto il testo a questo link:
http://www.senato.it/documenti/repository/commissioni/stenografici/16/congiunte/3-14-III-XIV-20091111-AU%200583%20(BOZZA).pdf
Segue il mio intervento, durante il quale ho colto l'occasione per esporre la mia opinione sulla candidatura di D'Alema alla carica di Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell'Unione Europea.
NIRENSTEIN (PdL): Presidente, ringraziare il Ministro in questo caso non è solo una consuetudine, ma è veramente sentito, perché ha cercato di dare una cornice di razionalizzazione ottimista a problemi epocali e giganteschi che questa specie di zattera della Medusa che è l'Europa si trova ad affrontare nel mezzo di problemi mondiali spaventevoli, dopo che il Trattato di Lisbona è passato sul filo del rasoio, come ha detto qualcuno, riproponendo il tema degli egoismi delle Nazioni. Soprattutto, a me sembra che l'Europa abbia problemi fondamentali dal punto di vista della sua definizione identitaria, morale, etica, tant'è vero che ci troviamo tra il problema di un indispensabile rispetto della libertà religiosa e delle minoranze da una parte e quello della conservazione e del rispetto della nostra identità giudaico-cristiana dall'altra. Non è questione da poco e pone tutta una serie di problemi teorici e sociali di grandissimo livello. [...]





