Fiamma Nirenstein Blog

La guerra antisemita contro l'Occidente

7 ottobre 2023 Israele brucia

Jewish Lives Matter

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein

Museo del popolo ebraico

La conversione al capitalismo - 1989 L’ultima frontiera del libero mercato

lunedì 9 novembre 2009 Generico 0 commenti

Lezioni di suicidio politico: il caso Abu Mazen

domenica 8 novembre 2009 Il Giornale 3 commenti
Il Giornale, 8 novembre 2009

Il presidente dell’Anp, rinunciando a candidarsi alle prossime elezioni, si è messo da solo in una via senza uscita


Fine settimana piuttosto luttuosa per le politiche di conciliazione internazionale, di cui il patrono è Barack Obama. Da una parte, il rifiuto ormai chiaro dell’Iran a seguire il piano occidentale che doveva portare a un rallentamento della costruzione del suo nucleare, con immediata e ossequiosa sostituzione del piano da parte di El Baradei e entrata in scena della Turchia; dall’altra parte lo sconcerto occidentale di fronte al ritiro di Abu Mazen dalla competizione elettorale da lui stesso fissata per il 24 gennaio. Bernard Kouchner, ministro degli Esteri francesi è il più disperato e chiede a Abbas di ripensarci: il suo abbandono è una minaccia non solo per la pace, dice, ma «per tutti noi». Anche Hillary Clinton spera di continuare con Mahmoud Abbas «qualsiasi sarà la sua posizione».
Tutti, anche gli israeliani, fra cui Ehud Barak, sperano di recuperare le vecchie abitudini, e quindi che Abu Mazen scenda dall’albero sui cui si è arrampicato. Ma la verità è che la decisione di Abu Mazen riguarda l’onda nera che si eleva e si arrotola all’orizzonte, e il modo in cui egli stesso e il resto del mondo stanno cercando di affrontarla, ovvero, debolmente, amatorialmente. L’unica maniera che forse avrebbe Abu Mazen di tornare sulla scena sarebbe di rimandare quelle elezioni che ha appena convocato e mettersi a nuotare contro corrente, e non è detto che alla fine non lo faccia. [...]

Bene Italia su rapporto Goldstone all'ONU: così si aiuta la pace

venerdì 6 novembre 2009 Attivita parlamentari 1 commento

Dichiarazione dell’On. Fiamma Nirenstein, Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera

“Purtroppo, come era prevedibile, dopo il Consiglio per i Diritti Umani, ieri anche  l’Assemblea Generale dell’ONU ha votato, grazie alla solita maggioranza automatica data dal connubio tra Paesi Islamici e del Movimento dei Non Allineati, una risoluzione di sostegno al rapporto Goldstone sul conflitto del gennaio scorso tra Israele e Hamas.

Tale rapporto, l’abbiamo ribadito più volte, fornisce una visione unilaterale e ingiusta di un conflitto che Israele ha cercato a lungo di evitare e che ha dovuto affrontare infine perché Hamas da Gaza bombardava incessantemente, da quasi dieci anni, i suoi civili, sconvolgendo la vita del sud del paese.

44 paesi si sono astenuti, 18 hanno votato contro e l’Italia è tra questi ultimi. Mi congratulo quindi con la delegazione italiana all’ONU che ha saputo capire come aiutare veramente il processo di pace. Infatti, se si preclude a Israele il diritto all’autodifesa, le si impedisce di affrontare con le dovute garanzie di sicurezza il percorso delle concessioni territoriali che, come nel caso di Gaza nelle mani di Hamas da quando Israele si è ritirata nel 2005 o come il Sud del Libano in ostaggio di Hezbollah, la mettono di fatto in pericolo di vita”.

Mediorientale

venerdì 6 novembre 2009 Generico 0 commenti


Gli argomenti di questa settimana:

L'adozione del Rapporto Goldstone anche da parte dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con le maggioranze automatiche date dai paesi arabi e dal blocco dei cosiddetti Non Allineati.
Israele ha avviato numerose inchieste su singoli episodi di presunte violazioni.
L'annuncio di Abu Mazen che non si ricandidera' alle prossime elezioni palestinesi, previste per gennaio e da lui stesso convocatie. La delusione americana. Il poco consenso popolare di Abu Mazen rispetto a Hamas.
Le ennesime trattative fallite per una riconciliazione nazionale palestinese tra Hamas e Abu Mazen, anche per via delle dichiarazioni di Obama secondo cui nel caso si formasse un governo palestinese di unita' nazionale, l'America si troverebbe costretta a smettere di finanziarlo perche' non si puo' dialogare con i terroristi.
La Clinton in visita negli Emirati, tesse le lodi di Netanyahu e parla di "moratoria" degli insediamenti e non di "congelamento", suscitando l'ira di Abu Mazen.
Un uomo vicino a Abu Mazen ha tuttavia riferito che non e' escluso che il presidente possa ritornare sui propri passi.
Il Capo dell'Intelligence militare Amos Yadlin ha fatto una relazione riportando che, nei giorni passati, Israele ha rilevato il lancio verso il mare di missili Fajar da Gaza, in grado di arrivare anche a Tel Aviv (piu' di 60 km di gittata).
La nave carica di tonnellate di armi iraniane fermata dalla marina israeliana presso le coste di Cipro. Partita dallo stretto di Hormuz, passata dallo Yemen, dallo Stretto di Suez, diretta verso la costa libano-siriana.La task force NATO, di stanza a Napoli e di cui fanno parte anche gli Israeliani, copre proprio il traffico di armi sul Mediterraneo.
Le allusioni del siriano Bashar Assad a una possibile emulazione dell'atteggiamento libico, con la rinuncia al nucleare.
La rabbia iraniana e nord-coreana su queste dichiarazioni.Nuovo rapporto su aumento antisemitismo in Europa, presentato da Moshe' Kantor (European Jewish Congress).
Sondaggio svedese: tra i giovani, uno su cinque crede che gli Stati Uniti si siano fatti da soli gli attacchi dell'11 settembre.

Mozione sulla situazione dei diritti umani in Iran

giovedì 5 novembre 2009 Attivita parlamentari 4 commenti

Cari amici,
dopo che ieri si sono rinnovati gli scontri violenti in Iran tra l’“Onda verde” e il regime degli Ayatollah, è più che mai necessario discutere anche da noi sulle continue violazioni di diritti umani in corso in quel paese.
Avrete di certo visto su internet in questi giorni la toccante ripresa dell’intervento dello studente Mahmoud Vahidnia che ha osato sfidare pubblicamente, con il solo uso della parola, la Guida Suprema Ali Khamenei. “Perché nessuno può permettersi di criticarla in questo Paese?”, ha chiesto lo studente tra le altre cose. In seguito a questo intervento la sorte di Vahidnia risulta misteriosa, come quella di numerose altre persone scomparse negli ultimi mesi in Iran. Per questo oggi ho proposto una mozione ai colleghi deputati, che depositerò non appena raggiunte le dieci firme necessarie nella speranza venga calendarizzata al più presto per la discussione in Aula. Segue il testo.


Quell’amicizia con Hezbollah pesa come un macigno

domenica 1 novembre 2009 Il Giornale 11 commenti

Il Giornale, 1 novembre 2009

Massimo D’Alema commentando ieri l’ipotesi che egli, ex ministro degli esteri italiano diventi ministro degli esteri europeo, secondo Repubblica ha detto una delle sue frasi classiche, quelle in cui da del cretino a un po’ di gente: «Una nomina italiana a ministro degli Esteri d’Europa è una questione di grande interesse nazionale, non un pastrocchio da piccolo interesse di bottega. Se qualche imbecille non lo capisce, peggio per lui». Ha ragione. E io sono, mi sembra, fra questi imbecilli. Una scelta per D’Alema implica una quantità di piani politico-ideologici: parla di scelte che riguardano la politica italiana; di Weltanschauung, la sua visione del mondo; delle attuali scelte degli italiani per l’Europa. Non c’è dunque solo la questione che è stata maggiormente messa in rilievo, il segnale di buona volontà fra le parti politiche, la buona novella che quando si tratta dell’interesse nazionale si deve e si può sotterrare un’ascia di guerra ormai insanguinata. Da questo punto di vista sarebbe una buona cosa che tutti concordassero su una candidatura italiana quale che ne sia la parte politica. Ma c’è di mezzo l’Europa e il messaggio che l’Italia le vuole lanciare in un momento che non è delicato solo per noi, ma per il Vecchio Continente alla ricerca di ruolo, di spazi, di significato. [...]

L’odio contro Israele, questo è il risultato della politica della mano tesa di Obama

domenica 1 novembre 2009 Diario di Shalom 0 commenti

Shalom, 1 novembre 2009

Con l’approvazione del rapporto Goldstone si impedisce ad un paese democratico di difendersi dagli attacchi terroristi.
Israele ha sempre dovuto difendere il suo diritto a sopravvivere come se fosse un lusso, come se le tante guerre, gli attacchi
terroristi, le migliaia di morti di civili, e poi il bombardamento incessante portato da Hamas a Sderot, Ashkelon, Ashdod e ai kibbutz circostanti non comportassero abbastanza sofferenza.
Mi piacerebbe sapere se c’è qualcosa che vada bene nella politica della mano tesa di Barak Obama. Al momento, sembra che le sue speranze, sempre così luminose sugli schermi tv e sulla carta, di fatto si riferiscano a un mondo che non vuole saperne.
Dell’Iran, primo fra gli obiettivi del pacifismo obamiano, sappiamo che ancora non sono avvenute le promesse ispezioni alla struttura atomica di Qom; quand’anche avvenissero, sarebbero operate dall’AEIA di El Baradei, ovvero consterebbero di qualche evanescente, cauta notizia destinata a essere subito smentita da fatti ben più crudi, per esempio da altri siti nascosti, oppure sarebbero la foto di un teatrino destinato a cambiare lo scenario poco dopo l’uscita dei tecnici dell’Agenzia Atomica. [...]

Iran, ennesimo rinvio. E l’Occidente si stanca

mercoledì 28 ottobre 2009 Il Giornale 2 commenti

Il Giornale, 28 ottobre 2009

Chi ancora aveva voglia di credere che la politica della mano tesa verso l’Iran avrebbe dato qualche risultato e che la proposta di El Baradei, così vantaggiosa per l’Iran, sarebbe stata accettata, ieri, in Europa, ha sofferto particolarmente sulle ore del pranzo. Invece Obama si è svegliato con la notizia che al Alam, il satellite in lingua araba dell’Iran, ha annunciato che gli Ayatollah daranno la risposta sulla proposta occidentale fra 48 ore; nel frattempo fa sapere che, mentre intende accettare il principio del trasferimento all’estero dell’uranio da arricchire, intende richiedere “cambiamenti”, senza specificare quali. Lo schema di accordo chiede all’Iran di trasferire entro l’anno alla Russia l’80 per cento della quantità di uranio che si pensa l’Iran possieda, una tonnellata e mezzo, e dopo l’arricchimento di passarlo alla Francia per l’ulteriore lavorazione che poi dovrebbe portare alla restituzione a Teheran dell’uranio trasformato in carburante per un reattore che produce radio isotopi. Una favola bella che sembra ormai praticabile solo a El Baradei. Comunque, adesso Alaeddin Borujerdi, capo della commissione parlamentare per la sicurezza e la politica estera, dice che l’accordo non prevede di trasferire all’estero tutta insieme la quantità proposta, ma di spedirla in piccole quantità e di sostituirla una volta arricchita al 20 per cento. La spiegazione è logica. L’80 per cento tutto insieme, proprio per la sua consistenza, può causare un rallentamento delle operazioni che portano alla bomba atomica. E, poi, sembra dire l’Iran, meglio non fidarsi e tenersi a casa il tesoro. [...]

Serata in memoria di mio padre, Alberto Nirenstein

lunedì 26 ottobre 2009 Generico 9 commenti
Serata in memoria di mio padre, Alberto Nirenstein



















CARI AMICI,
SPERO DI VEDERVI GIOVEDì.
FIAMMA

Abu Mazen si gioca tutto con le elezioni

domenica 25 ottobre 2009 Il Giornale 3 commenti
Il Giornale, 25 ottobre 2009

Se sullo sfondo non si udisse risuonare a Ramallah lo squillo del telefono proveniente direttamente da Obama, il gesto di Abu Mazen, al secolo Mahmud Abbas, il presidente palestinese, di indire le elezioni presidenziali e parlamentari per il 24 di gennaio potrebbe avere un che di seriamente masochista. Ma due giorni fa il presidente americano ha telefonato per rassicurare Abbas sul suo sostegno per un futuro Stato palestinese, e, in sostanza, per dargli il suo appoggio. Gli americani sono stati messi a parte per tempo, e forse lo hanno anche ispirato, del giuoco durissimo in cui Abbas aveva intenzione di mettersi con la mossa annunciata venerdì: il presidente palestinese deve aver detto al suo amico «se non tento di riportare Hamas a un atteggiamento meno strafottente la spaccatura crescerà a dismisura insieme alla sua forza. Tanto vale tentare di piegarlo prima che gonfi fino a sommergermi, richiamandolo al fatto che esistono le elezioni e che io sono il presidente».
Abbas ha dunque detto al pubblico che le elezioni sono un obbligo costituzionale, che la legge lo mette in condizioni di non potersi esimere dal rimettere di nuovo il futuro della sua gente alle urne. Un punto molto dignitoso per ribadire la sua legittimazione democratica. Ha anche aggiunto che il fatto che Hamas sia contraria ad andare alle elezioni adesso dopo il fallimento dei colloqui di riconciliazione sponsorizzati da Mubarak (conclusisi pochi giorni fa con un sì di Abu Mazen, addirittura inviato al Cairo per fax, ma con un altro successivo no di Hamas) non esclude che l’Egitto da qui a poco riesca a stilare una carta di accordo buona per tutti. Abu Mazen lascia capire che in quel caso sarà malleabile. [...]
Per offrirti un servizio migliore fiammanirenstein.com utilizza cookies. Continuando la navigazione nel sito autorizzi l'uso dei cookies.