La Svezia si piega all’islam e guida il coro contro Israele
Israele è furiosa con la Svezia al punto che il suo primo ministro Benjamin Netanyahu e il suo ministro degli Esteri Avigdor Lieberman insistono duramente perché il governo di quel Paese si dissoci dal contenuto dell’articolo che descrive i soldati del loro esercito come interessati macellai. Perché non lasciano il giornale, come i critici suggeriscono, a cuocersi nel suo brodo di menzogne? Perché Israele è satura, con la bomba atomica iraniana dietro l’angolo e la jihad in tutto il mondo, sente che oltre a Gerusalemme, anche gli ebrei in Europa sono in pericolo, e dopo anni in cui ha sollevato innanzitutto dubbi su se stessa, ha capito che se non cambia registro l’incitamento e l’odio possono soffocarla.
Se chiedi in giro com’è Israele e buona parte degli europei, nelle università, alle cene, ti descriveranno un vulcano di violenza contro i poveri palestinesi innocenti, una sentina di crudeltà, in cui i soldati sparano ai bambini e il governo solleva muri razzisti di apartheid o fa guerre inutili per il gusto di uccidere. [...]
I terroristi diventano ministri e l'Occidente rimane a guardare
E’ il tempo dell’istituzionalizzazione del terrorismo: potrà capitare sempre più spesso a un politico occidentale in visita in mezzo mondo di stringere la mano a un ricercato dall’Interpol in veste ufficiale, o almeno a qualche leader che ha lodato pubblicamente qualche noto assassino plurimo di donne, bambini, turisti, facendone la sua bandiera dopo averlo probabilmente finanziato. E’ preciso il messaggio di tutto il regime iraniano quando decide, alla faccia di tutte le diplomazie, di nominare Ministro della Difesa Ahmad Vahidi, il comandante dell’unità “Forza Quds” della Guardia Rivoluzionaria, che ha perpetrato nel 1994 l’attacco dell’AMIA, un’associazione ebraica di Buenos Aires, facendo 85 morti e 200 feriti, ricercato dall’Interpol: qualcuno ricorderà lo sventramento enorme causato dalla bomba, l’inferno di morte e dolore visto, e poi le immagini in replica in talmente tante città, a New York, a Londra, a Parigi, a Mumbai, a Gerusalemme, a Mombasa... Con la nomina di Vahidi, Ahmadinejad dice che non solo uccidere innocenti è buono e giusto, ma anche, attenti a noi, che un attentato diventa un esempio da premio quando ha luogo in un grande centro a sorpresa, lontano dal Medio Oriente. La scelta del regime iraniano ha a che fare con il suo coinvolgimento palese nel terrorismo internazionale, e ce lo butta in faccia come una promessa. [...]
Terrorists become ministers, and the West looks on
Il Giornale, August 23, 2009
It's time for terror institutionalization: it might happen more and more often to Western politicians that they will be shaking the hands of people on Interpol's "wanted" list, or at least to some leaders who have been publicly praising - and probably also financing - certain notorious multiple-killers of women, children, tourists. The Iranian regime is sending a very precise messag, in spite of all the diplomatic norms, by appointing Ahmad Vahidi as Iran's Minister of Defense. Vahidi is on Interpol's "wanted" list because he is a former commander of the "Quds Force" of the Revolutionary Guards, the unit in charge of Iran's overseas operations that on 1994 carried out the bomb attack on the Israeli-Argentine Mutual Association (AMIA) building in Buenos Aires that killed 85 people and injured some 200: people still remember the huge destruction and devistation caused by the bomb, the hell of death and pain; the same images then replied in so many cities: Jerusalem, New York, Mombasa, Madrid, London, Mumbai. [...]
OBAMA, NIRENSTEIN: INCOMPRENSIBILE RICONOSCIMENTO USA "CAMPIONI DELLA LIBERTA'" A MARY ROBINSON
"E' soprendente che Mary Robinson, il più carente tra gli Alti Commissari Onu per i Diritti Umani (1997-2002), che promosse e difese la scandalosa conferenza di Durban nel 2001, abbia ricevuto ieri dal Presidente Obama la Medaglia Presidenziale per la Libertà, il più alto riconoscimento americano per l'impegno civile.
Vogliamo credere che il Presidente Obama non sia informato fino in fondo dell'atteggiamento anti-israeliano che ha caratterizzato l'operato della Robinson durante il suo mandato all'Onu, che ha consentito, tra l'altro, di tenere una riunione preliminare per la conferenza di Durban a Teheran, dalla quale furono ostracizzati i delegati ebrei. Mary Robonson non ha mai rivisto le sue posizioni fortemente anti-israeliane e anche anti-americane. Il fallimento di Durban 1, con il ritiro progressivo di alcune delegazioni (tra le quali quella americana) e di Durban 2, svoltasi nell'aprile scorso a Ginevra, alla quale non hanno partecipato sin dall'inizio dieci paesi (tra cui sempre gli USA), perché era evidente che avrebbe proseguito sulla stessa linea antisemita del 2001, indicano il fallimento del lavoro della diplomatica irlandese. E' quindi molto difficile capire il senso di questo importante riconoscimento alla Robinson per chi crede nella battaglia universale per il rispetto dei diritti umani e per l'affermazione della libertà".
Ulteriori arresti in vista in Iran. Come deve agire l'Occidente?
The Death of the Islamic Republic
di Michael Ledeen, 9 Agosto 2009
The show trials now on display in Tehran have several purposes. First, to purge the regime’s ranks of those who have shown tolerance or enthusiasm for the dissidents who are now calling for “death to the dictator.” Second, to intimidate anyone contemplating action against the regime. Third, to gauge the attitude and resolve of the West, in order to calculate just how far the regime can go without a potentially damaging reaction. That is why Saturday’s procession of “spies and traitors” included French and British citizens or employees. The reaction must have been encouraging to Supreme Leader Ali Khamenei, his son, and his band of loyalists: thus far, the Brits and the French have limited themselves to diplomatic tongue clicking, with nary a whisper of serious sanctions, and no sign of active support for the millions of Iranians who pray, and fight, for freedom. As the distinguished scholar and analyst Afshin Ellian tells us nearby, the regime has already prepared arrest warrants for the leaders of the national uprising, and an elite unit of the Revolutionary Guards has been charged with carrying out the arrests. Such a move is fraught with peril for the regime. The arrest of the dissident leader, Mir Hossein Mousavi, would surely throw the country into convulsion, and, if it lasted long enough, might convince some Western leaders to finally defend its own ideals, and thus the Iranian people. There is no doubt, as Professor Ellian stresses, that Khamenei’s people desperately want to crush the opposition. [...]
Adesso Al Fatah vuole tutta Gerusalemme
Betlemme è tutt’altro che quel luogo di pace che tanti cristiani sognano e, in questi giorni, meno che mai. Proprio da qui, da quella che è stata (e che continuerà, per cercare di sedare gli scontri, ancora fino a martedì prossimo) la prima convenzione di Fatah in venti anni, oltre alla rielezione bulgara di Abu Mazen avvenuta ieri, potrebbe scaturire una terza intifada. Non è mancato nessuno dei classici segnali del regresso e di un totale rifiuto del dialogo: il documento di ieri invita a sacrificarsi, ovvero a perpetrare atti di terrorismo, fin che Gerusalemme non sarà interamente, anche nella sua parte ovest, anche dentro la Linea Verde, consegnata ai palestinesi: fino ad allora Fatah, la parte moderata rispetto a Hamas, non si siederà a parlare con gli israeliani. Una linea inusitata, che dichiara guerra fino a che vivrà non solo l’ultimo israeliano, ma anche l’ultimo ebreo: Gerusalemme è nelle sue preghiere tre volte al giorno da che mondo è mondo, citata 622 volte nella Bibbia e migliaia di altre volte con altri nomi. [...]
'Israel should drop apologetic tactics, admit it is at war'
by Cnaan Liphshiz
Israel should drop its apologetic advocacy and admit it's fighting a war.
This is the message that Italian legislator Fiamma Nirenstein impressed upon members of the new Knesset lobby that she recently helped create, which aims to "strengthen ties between Israel and European parliaments."
Nirenstein, a staunch supporter of Israel and a legislator for the party of Italian President Silvio Berlusconi, was the driving force behind the formation last month of Israel's European Forum of the Knesset (EFK).
The new body - whose dozen-odd members include Tzipi Livni, Shaul Mofaz, Daniel Ben-Simon and other notable lawmakers from across the political spectrum - is meant to serve as a counterpart for the European Friends of Israel, an umbrella organization for some 1,000 pro-Israel legislators from all over the continent.
But while the European body - in which Nirenstein plays a central role - aims to better Israel's image in Europe, the Jewish Italian journalist and lawmaker has a different vision for the new Israeli counterpart. [...]
"MKs launch new alliance with European parliaments"
Jerusalem Post, August 3, 2009
by Carrie Sheffield
Seeking to combat a perceived growing anti-Israel trend in Europe, Knesset leaders have joined a new alliance intended to strengthen ties with European parliaments.
Funded by wealthy patrons within European Jewish circles, the alliance is seeking to lower the rhetorical temperature on the Palestinian issue and heighten awareness of a potential Iranian nuclear threat, which has been downplayed by many European leaders.
Last week, the lobbying group European Friends of Israel (EFI) launched the European Forum of the Knesset, a coalition spearheaded by MK Yohanan Plesner (Kadima) with the blessing of Knesset Speaker Reuven Rivlin (Likud).
"I welcome you from the bottom of my heart," Rivlin told European diplomats and ambassadors gathered at the Knesset for the inaugural meeting of the alliance. Rivlin acknowledged Israel's somewhat troublesome relationship with Europe, but asserted, "The right not to agree between two friends is very important, so long as everyone understands the opinion." [...]
Fatah a congresso, ma i «falchi» hanno già vinto
Se il mondo si era affacciato alla finestra per guardare meglio la conferenza di Fatah che da oggi raccoglie 2265 delegati a Betlemme per tre giorni, meglio torni a dormire. Non ci sarà un cambio della guardia, i più che settantenni resteranno al potere; non ci sarà un cambiamento di linea che porti il Mediorente verso la pace; non ci sarà la base per un accordo fra Fatah e Hamas. Il fatto che si tratti della sesta convenzione in venti anni è una grande occasione di incontro fra personaggi sparsi ai quattro angoli del Mediorente in cui il West Bank è contro Gaza, i vecchi contro i giovani, i moderati, pochi, contro i moltissimi rivoluzionari permanenti. Hamas, che ha tentato di impedire ai 200 delegati di Fatah provenienti dalla sua zona di arrivare, è di fatto, per Fatah, il nemico da battere ma anche il remoto ispiratore di una linea sempre più tragicamente dura: la leadership di Abu Mazen, ormai 74enne, così come quella dei cinquantenni come Mahmud Dahlan o il carcerato Marwan Barguti, in dura competizione fra di loro, hanno in comune la determinazione a reggere la competizione di Hamas sfoderando toni durissimi. [...]
Obama fa il duro con Israele, non con i palestinesi
Va bene, adesso è quasi sicuro, Bibi Netayahu ha intenzione di dichiarare un “congelamento” temporaneo degli insediamenti, proprio come gli hanno chiesto tutti gli inviati, dal segretario della difesa Robert Gates, all’incaricato per il Medio Oriente George Mitchell, al Consigliere per la Sicurezza James Jones, giunti in processione dagli Stati Uniti. Ma questo aiuterà a fare la pace? Sembra quasi che la linea Obama, di cui le concessioni israeliane sono il perno, stia creando una specie di scivolamento inerziale verso una strana, pericolosa neghittosità palestinese, e un altrettanto automatico riflesso antisraeliano da parte dell’Europa. Insomma: come se Israele dovesse far tutto e i palestinesi, e anche il mondo arabo, richiesto invano di un gesto di buona volontà, solo quel che gli pare. Obama, al contrario di quello che si sapeva, non ha più voglia di presentare un piano di pace per il Medio Oriente. Gli USA ora tenderebbero semplicemente a puntare su ciò che sembra a portata di mano, ovvero un accordo con Israele per lo sgombero di alcuni “out post” illegali e per il “congelamento” temporaneo degli insediamenti , in attesa che Abu Mazen batta un colpo. Per spingere il mondo arabo a un gesto di buona volontà, Mitchell ha visitato gli Emirati, la Siria, l’Egitto: cerca una pace onnicomprensiva, ma per ora Obama dovrà approfittare della sola buona volontà israeliana. E così, tutti spingono su Bibi che vuole buoni rapporti con Obama a causa della minacciosità dell’Iran. [...]
La Knesset guarda all'Europa
Questo martedì sono stata invitata a parlare come key-note speaker al Parlamento Israeliano in occasione dell'inaugurazione del Forum Europeo della Knesset, un'istituzione volta a rafforzare i legami e la cooperazione tra i parlamentari israeliani ed europei (sia a livello delle singole assemble ligislative nazionali, sia a livello di Parlamento Europeo).
All’evento, coordinato dall’On. Yohanan Plesner (Kadima), promotore del Forum, ha partecipato anche Presidente della Knesset, Rubi Rivlin, e vi hanno preso parte numerosi parlamentari dei diversi schieramenti nonché oltre una quindicina di Ambasciatori di Paesi Europei (per l’Italia era presente il Vice Capo Missione Davide La Cecilia), un rappresentante della Commissione Europea in Israele, alcuni esponenti del mondo accademico israeliano e coordinatori di organizzazioni non governative.
Dopo il Presidente della Knesset è intevenuto l’On. Plesner che ha moderato la tavola rotonda. Dopo il mio intevento, che trovate per ora in inglese più sotto, sono intervenuti alcuni parlamentari israeliani, tra cui Tzipi Livni, Capo dell’Opposizione e leader del partito Kadima e Majalli Whbee, già Vice Ministro degli Esteri nel precedente Governo Olmert. Erano presenti anche Shaul Mofaz, già Ministro della Difesa, Rony Bar-On, già Ministro del Tesoro, l’On. Daniel Ben-Simon. [...]
Appello all'UNESCO contro la candidatura di Farouk Hosny
Senza l’intervento attivo delle istituzioni e del mondo della cultura, la direzione dell’UNESCO potrebbe essere prossimamente assegnata a Farouk Hosny, attuale Ministro della Cultura egiziano, che, nel corso della sua carriera, si è qualificato per le sue spudorate campagne antisemite e contro lo Stato d’Israele, che è per altro in pace con l’Egitto da 30 anni a questa parte.
L’Italia fa parte dei 58 Paesi del Consiglio Esecutivo che a settembre dovrà scegliere, tra gli aspiranti alla Direzione, il candidato che ad ottobre sarà sottoposto al voto di ratifica della Conferenza Generale dei 193 stati membri dell’UNESCO.
Per questo ho proposto l'appello che segue tra i parlamentari e stiamo raccogliendo le firme, in vista della elezione preliminare di settembre.
Leggi anche:
"Salvare l'UNESCO da Farouk Hosni", di Giulio Meotti
"Ecco la lista nera dei libri banditi al Cairo dal ministro egiziano che 'per l’Italia è il favorito'", di Giulio Meotti
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"Noi parlamentari della Repubblica Italiana ci rivolgiamo ai 58 Paesi che siedono nel Consiglio Esecutivo dell’UNESCO per evitare che le istituzioni delle Nazioni Unite subiscano l’ennesimo oltraggio.
Il prestigioso incarico della Direzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza, la Cultura e la Comunicazione (UNESCO) potrebbe essere affidato a Farouk Hosny, attuale Ministro della Cultura egiziano, che, nel corso della sua carriera, si è qualificato per le sue spudorate campagne antisemite e contro lo Stato d’Israele, che è per altro in pace con l’Egitto da 30 anni a questa parte. [...]