Fiamma Nirenstein Blog

La guerra antisemita contro l'Occidente

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Teheran e Siria preparano la guerra contro Israele

lunedì 14 dicembre 2009 Il Giornale 5 commenti

Il Giornale, 14 dicembre 2009

Gerusalemme - Mentre i movimenti giovanili pacifisti pensano che il maggiore di tutti gli impegni sia quello di salvare la terra dai suoi guai ambientali, mentre tutti sollevano le sopracciglia perché Barack Obama ha pronunciato la parola «guerra» senza perdere i sensi, chi volesse occuparsi di salvare il mondo dovrebbe guardare al Medio Oriente. Perché qui si prepara un disastro per una vasta parte del mondo. L’Iran ha incrudelito ieri la linea dura in politica interna, mentre il miracolo delle piazze ancora formicolanti di desiderio di libertà si ripete. La proiezione è evidente nella politica egemonica di questo Paese che vuole dominare il mondo in nome dell’islam: l’Iran e la Siria hanno firmato un patto proprio ora che Teheran è investita da nuova pressione internazionale e cerca di ciurlare nel manico negando e accettando, accettando e negando, mentre tutti sanno che il suo scopo è solo quello di costruire la bomba atomica.
Questo patto firmato due giorni or sono dal ministro della Difesa iraniana Ahmad Vahidi e dalla sua controparte siriana Ali Habib Mahmud, è finalizzato ad affrontare «comuni nemici e sfide», ovvero, se non si capisse, Israele, che il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha già destinato allo sterminio più volte. [...]

Caro Sgarbi, c'è l'incubo terrorismo dietro a tutti quei controlli

domenica 13 dicembre 2009 Il Giornale 41 commenti
Caro Sgarbi, c'è l'incubo terrorismo dietro a tutti quei controlliCari amici, questa è la mia risposta a Vittorio Sgarbi, che sul Giornale di oggi scrive "Io trattato da nemico. A Gerusalemme non tornerò mai più":

Il Giornale, 13 dicembre 2009

Quei giovani che controllano i passeggeri negli aeroporti sanno che la morte spesso è arrivata dagli insospettabili


Caro Vittorio,

all’aeroporto, lo so, chi soffre di più è chi come te ascolta leragioni di Israele e cerca sempre di portare un raggio di luce nel buiodel pregiudizio che purtroppo prevale quando si parla dello Statoebraico. Proprio come me, ho sofferto anche io tante volte, squadrata,interrogata, bloccata per ore da ragazzotti a volte sordi e insistenti,a volte persino arroganti e aggressivi. Mi sono detta spesso chedovevano essere ignoranti, addestrati male a riconoscere il delinquenteterrorista, che c’era qualcosa di personale in quel farmi pagare,innocente e anzi amichevole, il rischio che loro e le loro famigliecorrono ogni giorno, le discriminazioni cui sono soggetti a partiredalle gare sportive fino alle Università europee. A volte, sappilo, io,con tutti i miei libri e i miei articoli, sono finita seduta al pianosuperiore, scrutata, fotografata con qualche signora provenientedall’Europa orientale che cercava di entrare per lavorare in settoridisparati. Avevano ragione? Beh, alla fine sì, e tu lo sai. [...]

Dear Sgarbi,  the nightmare of terrorism is behind all those checks

Vittorio Sgarbi is an important Italian art critic, former Member of Parliament and at present mayor of Salemi, a wonderful Sicilian town. He is also a sincere friend of Israel. Recently, invited for a Festival in Jerusalem, on his way back to Italy he was kept at length at Ben Gurion Airport by the security, as often happens. Yesterday he wrote an article on "Il Giornale" titled: "Treated like an enemy. I'll never come back to Jerusalem". I replied to this article with an open letter published on "Il Giornale" on the same day. Here it is:

Il Giornale, December 13, 2009

Dear Vittorio,

I know, the people who suffer the most are those who – like you – listen to the reasons of Israel and always try to bring a ray of light in the darkness of prejudice that prevails when talking about the Jewish state. Just like me. I too suffered many times when I was looked up and down, questioned, blocked for hours by young officials who sometimes were deaf and insistent and sometimes even arrogant and aggressive. I often said to myself that they were uneducated, ill trained to identify terrorists, that they had something against me, an innocent and even friendly individual who had to pay for the risk they and their families run every day, for the discriminations they have to endure, from sports activities to European Universities. You should know that sometimes I ended up sitting on the upper floor with all my books and articles, looked up and down, photographed together with some ladies coming from Eastern Europe who tried to enter the country to work in all sorts of fields. Were they right? Well in the end yes, they were, and you know that. [...]

Un’Europa così non può mediare con Israele

venerdì 11 dicembre 2009 Il Giornale 5 commenti

Il Giornale, 11 dicembre 2009

E così l’ha avuta la Svezia la sua risoluzione votata dai ministri degli Esteri europei che pomposamente prevede la divisione di Gerusalemme in due parti e l’istituzione di uno Stato palestinese per il quale, addirittura «non si riconosce nessun cambiamento rispetto ai confini del ’67» a meno che non sia riconosciuto dalle due parti. Peccato che fra le due parti quella palestinese seguiti a rifiutare di sedersi a un tavolo e parlare. Questo, mentre Netanyahu ha bloccato la costruzione in qualsiasi parte del West Bank di ogni costruzione, spaccando così il suo Paese appunto sull’altare di un ritorno al colloquio: infatti è una decisione assai difficile se si pensa, e nessuno ci pensa mai in Europa, che il West Bank per tutte le guerre contro Israele, da quella del ’48 in avanti è stato il retroterra strategico essenziale. [...]

A Europe with this stance cannot mediate with Israel

Il Giornale, December 11 2009
 
And so Sweden got its resolution passed by the European ForeignMinisters: a bombastic document that - out of the blue – envisagessplitting Jerusalem in two parts and creating a Palestinian State with«no change at all with respect to the 1967 borders” unless the twoparties recognize such change. Now, unfortunately, of the two parties,the Palestinians are those still opposing sitting around a table totalk. Therefore the basic condition does not exists and this, even fora child, would be a fundamental requirement before venturing tovaticinate about one of the thorniest issues in the world. This is happening while Netanyahu has stopped any settlement in anypart of the West Bank, thus splitting its Country on the altar of theresumption of talks: in fact, it is indeed a very difficult decision ifwe think – and nobody in Europe ever thinks about it  - that the WestBank has been the essential strategic background – the bunker, theshelter, the hideout – for all the wars waged by terrorists and armiesagainst Israel since the 1948. [...]

Ma la religione non c’entra: i minareti sono simboli politici

giovedì 3 dicembre 2009 Il Giornale 21 commenti

Il Giornale, 3 dicembre 2009

Per parlare della decisione svizzera di bandire i minareti, innanzitutto avvertirò che nei miei anni come corrispondente da Gerusalemme ogni notte, alle 4, ben prima del gallo, dalla valle sotto casa mia ho dovuto subire il canto del muezzin da una vicina moschea, e non lontano da lui, l’eco di molte altre voci simili. Mai, tuttavia, ho pensato che quel muezzin dovesse star zitto. Nel suo villaggio non canta per farsi sentire anche da me, ma per chiamare i suoi alla preghiera. Questa è libertà religiosa, e Gerusalemme la dà a tutti.
Pensare che laggiù cercasse di affermare un messaggio politico oltre che religioso significherebbe andare oltre ciò che è legittimo per una persona democratica, liberale, rispettosa della cultura, della religione altrui. Di fatto l’islamofobia, salvo per alcuni casi patologici, è un’invenzione dell’Onu quando nel 2004 il segretario Kofi Annan la definì ufficialmente causa della frustrazione di molti musulmani, senza dedicare una parola alla jihad che allora impazzava e ad altri immensi problemi. Infatti nella sua maggioranza l’Islam ufficiale, nei suoi luoghi d’origine e all’estero, non ha accettato la dichiarazione universale dei diritti umani, contrapponendovisi con altre come la Dichiarazione del Cairo che afferma «ognuno ha diritto a sostenere ciò che è giusto, e a mettere in guardia contro ciò che è sbagliato e malvagio in conformità con la Sharia islamica». [...]


But religion has nothing to do with it: minarets are political symbols

Il Giornale, December 3, 2009


As to the decision by Switzerland to ban minarets, I would like first of all to say that, in my years as a correspondent from Jerusalem, I had to bear the Muezzin’s call from a nearby mosque every night at 4 a.m., much before the cock crow. And nor far away from him came many other similar voices. However, I never thought that the Muezzin had to be silent. In his village, he does not sing to be heard also from me, but to call his followers to pray. This is religious freedom and Jerusalem gives it to everybody. Thinking that, down there, he was trying to convey a political message in addition to a religious one, would mean to go well beyond what is legitimate for a person who is democratic, liberal and respectful of other people’s culture and religion.
Actually, except for some pathological cases, Islamophobia is an invention of the U.N. Indeed, in 2004, the U.N. Secretary General Kofi Annan officially defined it as the cause of frustration for many Muslims, without mentioning the rampant jihad and other huge problems. In fact, in most countries of origin and abroad, the official Islam has not accepted the universal declaration of human rights. But it has responded with other initiatives such as the Cairo Declaration, which states that “anyone has the right to support what is right and to warn against what is wrong and evil in line with the Islamic Sharia”. [...]

Mediorientale

mercoledì 2 dicembre 2009 Generico 0 commenti


Sintesi degli argomenti della puntata di questa settimana:

Cambio della leadership all'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica. Ahmadinejad non demorde.
Internet & the Middle East:
Due attivisti iraniani arrestati il 18 novembre e condannati a 6 anni di carcere per attività di dissenso su internet contro il regime.
Istituita una nuova unità di polizia per combattere "gli insulti e il diffondersi di bugie su internet".
Ahmadinejad nella veste di blogger: "le memorie personali di Mahmoud Ahmadinejad" - 15 minuti alla settimana per avere un contatto personale con la popolazione.
Blog in inglese e in farsi: due lingue, due versioni.
L'esercito israeliano sta organizzando una nuova unità di media per rispondere agli attacchi su Youtube.
Sito DEBKA: attendibile o no? Buona fonte, ma da verificare...

Questione Gilad Shalit: nulla di nuovo sotto il sole, tutto in sospeso dalla settimana scorsa.
La vicenda è in stretto collegamento con le elezioni palestinesi, inizialmente indette da Abu Mazen e poi sospese. Sempre rifiutate da Hamas, ma ora sembra che ci stia ripensando. Ovvero: la liberazione di Shalit farebbe grande pubblicità a Hamas, e quindi eventuali elezioni giocherebbero a suo favore.

Netanyahu ha annunciato tre giorni fa un congelamento di tutti gli insediamenti per 10 mesi. L'esercito ha già iniziato a distribuire ordini di arresto dei lavori in tutti gli insediamenti.
Frattanto, i membri del Likud, il partito di Netanyahu, che vivono in insediamenti, hanno a loro volta annunciato un "congelamento", ma della loro appartenenza al partito, fino a che non si riprenderà la ricostruzione. Ma riprenderà mai la costruzione una volta accettato il principio?

L'apprezzamento degli Stati Uniti per il gesto israeliano e la posizione ostile dell'Unione Europea.
Un'Unione Europea fortemente condizionata dalla presidenza svedese di turno, in carica fino a fine dicembre. Dopo l'episodio della pubblicazione antisemita sul traffico di organi palestinesi da parte dell'Esercito israeliano sul giornale svedese Aftonbladet, e il rifiuto del Governo svedese di condannarla, i rapporti Svezia-Israele si sono incrinati.

Carl Bild, Ministro degli Esteri svedese, ha preparato un documento, che presenterà la settimana prossima all'Unione Europea, in cui sancisce la spartizione di Gerusalemme. Ovvero, pone come primo punto quasi scontato, il nodo principale, la questione più delicata in tutte le trattative israelo-palestinesi, come ci insegna Camp David 2000, le trattative tra Barak e Arafat, sotto gli auspici di Bill Clinton, che fallirono drammaticamente proprio su questo punto, perché Arafat disse che per lui era impossibile accettare la divisione di Gerusalemme.

Problemi: l'unilateralità. Impossibile pensare di non discutere di questo punto se non a un tavolo di trattative.
La libertà di culto, concessa a tutte le fedi solo dal 1967 (sotto il dominio giordano, agli ebrei è sempre stato negato l'accesso al Muro del Pianto).
La propaganda arafattiana per cui gli ebrei non avrebbero nessun legame con Gerusalemme.
Sari Nousseibeh, professore palestinese, è intervenuto a una recente presentazione all'Università Ebraica di Gerusalemme del libro "Dove il Cielo e la Terra si incontrano: la Sacra Spianata di Gerusalemme", alla cui stesura ha contribuito, sostenendo il legame esistente tra ebrei e Gerusalemme. Alla presentazione, tuttavia, non ha parlato, probabilmente per preservarsi.

L’Europa vuol dividere Gerusalemme in due per regalarla agli arabi

mercoledì 2 dicembre 2009 Il Giornale 9 commenti

Il Giornale, 2 dicembre 2009

La proposta della Svezia, presidente Ue: «Una città, due capitali». Ma così si riconosce lo Stato palestinese. E si scatena la guerra.
RISCHI - Difficile pensare a una gestione liberale di quei luoghi da parte di chi adotta la sharia.


Dato che la sua presidenza della Unione Europea durerà fino al primo di gennaio, la Svezia fa di tutto per portare a casa più in fretta possibile qualche risultato eclatante, spingendo l’Ue verso inusitate sponde di palestinismo. Carl Bildt ministro degli esteri svedese, lo stesso che si rifiutò di dissociarsi dall’articolo del quotidiano Aftonbladet per il quale i soldati israeliani uccidono i palestinesi per commerciare nei loro organi, adesso ha preparato un documento svelato ieri dal giornale israeliano Ha’aretz. Sarà presentato la prossima settimana all’incontro dei ministri degli esteri dei 27 paesi dell’Ue: l’Unione Europea vi si pronuncia perché Gerusalemme sia divisa in due, insieme capitale israeliana e capitale palestinese.
Ecco come si risolve all’Europea una delle questioni più delicate del mondo: un documento, una spina per Israele, un piacere ai palestinesi, e niente di fatto. Pare che la Germania, l’Italia, e la Spagna non vogliano starci, e invece la Francia e l’Inghilterra sì. Il solito stile che ha portato l’Europa fuori di ogni rilevanza politica in Medio Oriente. Qui, è solo l’avventata conclusione di una trattativa ancora non iniziata e mille volte abortita. [...]

Un rapito vale mille criminali?

giovedì 26 novembre 2009 Il Giornale 22 commenti

Il Giornale, 26 novembre 2009

Per assistere alla più espressiva parabola della condizione di Israele nel Medio Oriente, si può guardare in questi giorni al peggiore fra tutti gli affari possibili: lo scambio di un ragazzo innocente, un caporale dell’esercito israeliano che doveva aver sparato ben pochi colpi se non nel corso delle esercitazioni, tenuto in crudele segregazione dal giorno del rapimento nel giugno 2006, contro un branco gigantesco di delinquenti, 1400 prigionieri palestinesi condannati nei più rigorosi processi che sistema giudiziario possa garantire. Fra loro, almeno un centinaio di ergastolani, assassini seriali, killer volontari di donne e bambini.
Queste sono le ore in cui si decidono gli ultimi nomi, e Israele cerca di evitare che escano liberi i più fanatici assassini, quelli che probabilmente torneranno a uccidere. Ma Israele è soggetta a due forze straordinarie: la totale devozione alla vita che nasce dal dovere di sopravvivere e di salvare i ragazzi per i loro genitori; e dall’altra parte, il cinismo di un mondo che da sempre lo spinge a considerare naturale rinunciare, abbandonare, come se dovesse farsi perdonare. [...]

A kidnapped soldier worth a thousand criminals? 

Il Giornale, November 26, 2009

On these days, to exemplify the parable of Israel's condition  in the Middle East, you can look to the worst of all deals : the exchange of 1 innocent boy, an unexperienced Israeli army corporal, still held in cruel segregation from the day of the kidnapping in June 2006 by a gang of thugs, with 1400 Palestinian prisoners condemned by the most rigorous processes that can be ensured by justice. Among them, at least a hundred life convicts, murderers, serial killers of women and children.
Now is the time when definitive names are decided, while Israel is trying not to free the most fanatical murderers, those who probably will return to kill. But Israel is subject to two special extraordinary forces: total devotion to life and  will of survival, saving the children for their parents and on the other hand, the cynicism of a world that always pushes Israel to consider giving up, as if it needed to make amends... [...]

Mediorientale

martedì 24 novembre 2009 Generico 3 commenti


Sintesi degli argomenti di questa settimana:

Le trattative in corso per la liberazione del caporale israeliano Ghilad Shalit: l'incontro del Cairo, a cui hanno partecipano non solo le frange militari, ma anche quelle politiche di Hamas. Tra questi, nome chiave è Ahmed Jaabari, una sorta di capo di stato maggiore di Hamas, che sostiene di aver programmato il rapimento di Shalit e di starne preparando altre.
Sul fronte israelaino: accordo di massima tra destra e sinistra sull'andare avanti con le trattative. Tra quelli contrari: Benny Begin, figlio del premier storico.
Probabile comunque l'approvazione della trattativa da parte del gabinetto israeliano.
La mediazione tedesca.
Il succo della trattativa: 1400 prigionieri per avere indietro Ghilad Shalit. 450 sulla base di una lista stilata da Hamas; altri 550 come omaggio ad Abu Mazen e al presidente egiziano Mubarak; altri 400 tra donne e giovani. Ma il vero nodo è una lista di 120 persone, poi ridotte a 70 (anche se ora sembri che il prezzo sia stato rincarato di nuovo), di cui 4 nomi in particolare perché si tratta di terroristi responsabili di innumerevoli massacri: 1) Ibrahim Hamed, capo dell'ala militare di Hamas in Cisgiordania dal 2001 al 2005 (76 israeliani ammazzati); 2) Abdallah Barghouti, detto l'"Ingegnere" di Hamas (46 israeliani ammazzati); 3) Abbas Sayed - responsabile dell'attacco di Netanya del 2002, nel quale morirono 30 israeliani e in seguito al quale venne decisa l'operazione "Scudo di Difesa"; 4) Ahmad Saadat, leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che nel 2001 mandò ad ammazzare il ministro (appena dimessosi) israeliano Rehavam Zeevi.
La controversia sul nome di Marwan Barghouti (condannato a 5 ergastoli) e il suo impatto sugli equilibri interni dell'Autorità Nazionale Palestinese.
Barghouti è l'unico possibile antagonista di Abu Mazen, che recentemente ha invocato una Terza Intifada, forse per accreditarsi agli occhi di Hamas come possibile uomo della mediazione tra Hamas e Fatah. D'altro canto, questo è proprio il motivo per cui Hamas potrebbe non essere interessato alla sua liberazione, che farebbe accrescere la popolarità di Fatah, l'unico leader laico con cui forse sarebbe possibile per Israele avviare una trattativa.
Abu Mazen in viaggio in America Latina, rispondendo alle voci su una possibile Terza Intifada, ha escluso questa possibilità, dicendo che con la Seconda Intifada i palestinesi hanno già sofferto abbastanza.
Le statistiche dicono che circa il 35% dei terroristi liberati in trattative di questo genere, torna alle stesse attività. Nell'ambito di questo scambio viene avanzata anche l'ipotesi che alcuni tra questi possano essere esiliati. Pare che la Finlandia sia disponibile ad accoglierne qualcuno.

La visita di Ahmadinejad in Brasile - Ahmadinejad, accolto molto calorosamente dal Presidente Lula, ha detto che nessuno attaccherà l'Iran perché tutti avrebbero paura della reazione.
Come mai la Russia non ha ancora fornito all'Iran il sistema anti-missile S-300, come aveva promesso?
E' di pochi giorni fa la notizia che l'Iran, attraverso un centro di beneficenza, ha dato 100mila dollari alla Columbia University dopo che questa ospitò, nel 2007, Ahmadinejad per il famoso discorso.

Sul fronte siriano - Il comandante delle forze americane in Iraq, generale Ray Odierno, ha dichiarato alla Reuters che le indagini sulle esplosioni di Baghdad del 25 ottobre scorso, in cui morirono 150 persone, indicano che gli ordigni erano di provenienza siriana. L'idea è quella che Al Qaeda, che ha subito una pesante sconfitta con il surge attuato dal generale Petreus, abbia trovato dei nuovi alleati nei baathisti siriani.

Il viaggio del Ministro Ben Eliezer in Turchia, l'incontro con Erdogan. Il discorso su una possibile riapertura del dialogo con la Siria attraverso la Turchia.

Lo stato di allarme in Israele, la distribuzione delle nuove maschere a gas. La straordinaria partecipazioni alle esercitazioni di difesa civile a Gerusalemme anche di centinaia di ultraortodossi anti-sionisti.

Ecco perché la Casa Bianca sta sbagliando tutto

lunedì 23 novembre 2009 Il Giornale 3 commenti
Il Giornale, 23 novembre 2009

È abbastanza difficile immaginarsi una serie di mosse più sbagliate di quelle intraprese dall’amministrazione Obama per rimettere in moto il processo di pace: non perché ha spinto con tutte le sue forze Israele a fare concessioni. Questo è legittimo e potrebbe anche essere utile, se fatto in maniera intelligente, cercando una contropartita rassicurante. Ma prima di tutto ci vorrebbe un piano, e il piano, che tutti richiedono, non è mai saltato fuori. Non si conosce nessuna strategia di Obama per raggiungere lo scopo desiderato di due Stati per due popoli. Si sa solo che lo vuole fortemente.
Oltre a questo, si è visto che Obama ha avuto solo un’idea e che è sbagliata. Per la verità l’idea rovinosa l’ha avuta il suo delegato speciale per il Medio Oriente George Mitchell: è stata quella di inventarsi la «precondizione» cioè il «congelamento» di tutti gli insediamenti, considerando per tali anche alcuni quartieri di Gerusalemme che nessuno, né la destra né la sinistra, in Israele bloccherebbe senza trattare. Cioè, non si sa perché il congelamento è preventivo rispetto a ogni altro passo. In realtà la risoluzione Onu 242, che stabilisce il fine di due Stati per due popoli, dice anche che vi si deve arrivare con una trattativa e secondo criteri di sicurezza per Israele. Persino Yossi Beilin, ex ministro degli Esteri del governo laburista e leader di «Pace Adesso», ha dichiarato che Mitchell dovrebbe dimettersi, perché le trattative fra Netanyahu e Abu Mazen devono avvenire su un tavolo sgombro, animati solo dalla volontà di arrivare a un accordo. [...]

"Per i palestinesi anche Gerusalemme è un insediamento d'Israele"

venerdì 20 novembre 2009 Generico 0 commenti
L'Occidentale, 20 novembre 2009
Intervista a Fiamma Nirenstein di Andrea Holzer


Una pioggia di critiche sono piovute addosso al governo israeliano, dopo l’approvazione di un piano regolatore che prevede la realizzazione di 900 appartamenti nella zona di Ghilo, a sud-ovest della Città Santa, da parte dell’amministrazione municipale di Gerusalemme. L’Onu, gli Stati Uniti, l’Autorità Palestinese e altri governi occidentali, hanno gridato alla scandalo e profetizzato la fine prematura dei negoziati, benché l’approvazione del piano preveda comunque molti altri passaggi burocratici (le palazzine, infatti, vedranno la luce soltanto tra diversi anni).

Il fatto è che Ghilo non è "un insediamento", visto che fa parte della Città Santa, e le cosiddette “precondizioni” poste dall'amministrazione Obama, di cui tanto si è parlato, facevano riferimento allo stop degli insediamenti fuori dalla capitale israeliana. Ma gli arabi considerano sacra quella parte di Gerusalemme in cui sarebbe passato il Profeta, così come gli israeliani reclamano il diritto inalienabile di abitare quella che considerano da sempre la “loro” capitale. E' uno dei nodi della irrisolta questione israelo-palestinese. Abbiamo chiesto a Fiamma Nirenstein, Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati, di spiegarci meglio cos'è accaduto a Ghilo. [...]
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