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Prospettive europee dopo l'ok dei 27 al Trattato di Lisbona: discussione in Commissione

lunedì 16 novembre 2009 Attivita parlamentari 0 commenti

Cari amici,
vi segnalo questa interessante discussione "Comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 29-30 ottobre 2009", nella quale è intervenuto il Ministro degli Esteri Frattini davanti alle Commissioni Esteri e Unione Europea di Camera e Senato in seduta congiunta.
La discussione è molto interessante perché verte su tematiche cruciali per il futuro dell'Unione Europea: il 3 novembre scorso, con la ratifica da parte della Repubblica ceca del Trattato di Lisbona, si è chiuso un lungo processo di riforma delle istituzioni europee.
Trovate tutto il testo a questo link:
http://www.senato.it/documenti/repository/commissioni/stenografici/16/congiunte/3-14-III-XIV-20091111-AU%200583%20(BOZZA).pdf
Segue il mio intervento, durante il quale ho colto l'occasione per esporre la mia opinione sulla candidatura di D'Alema alla carica di Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell'Unione Europea.


NIRENSTEIN (PdL): Presidente, ringraziare il Ministro in questo caso non è solo una consuetudine, ma è veramente sentito, perché ha cercato di dare una cornice di razionalizzazione ottimista a problemi epocali e giganteschi che questa specie di zattera della Medusa che è l'Europa si trova ad affrontare nel mezzo di problemi mondiali spaventevoli, dopo che il Trattato di Lisbona è passato sul filo del rasoio, come ha detto qualcuno, riproponendo il tema degli egoismi delle Nazioni. Soprattutto, a me sembra che l'Europa abbia problemi fondamentali dal punto di vista della sua definizione identitaria, morale, etica, tant'è vero che ci troviamo tra il problema di un indispensabile rispetto della libertà religiosa e delle minoranze da una parte e quello della conservazione e del rispetto della nostra identità giudaico-cristiana dall'altra. Non è questione da poco e pone tutta una serie di problemi teorici e sociali di grandissimo livello.

Tanti sono i problemi che abbiamo difficoltà ad affrontare; per esempio, anche quello dei diritti umani, contrariamente a ciò che può sembrare. Siamo diventati degli specialisti nella minuzia dei diritti umani; studiamo dettagliatamente leggi che tolgono i crocifissi o che studiano come non mozzare le orecchie dei cani - cosa sacrosanta, per carità - e d'altra parte non riusciamo ad esprimere posizioni fondanti e sensate su questioni come quella dell'Iran, del Darfur o del Tibet; non abbiamo voce sulle grandi questioni dei diritti umani, mentre seguitiamo a muoverci su temi importanti. Per la verità, riguardo al terrorismo uno dei passi fondamentali fu fatto proprio dal ministro Frattini, quando inserì nell'elenco delle organizzazioni terroristiche Hamas, ragion per cui a tutt'oggi possiamo essergli grati non solo e non tanto a nome di chi si occupa di questi temi, ma dell'Europa intera.

Voglio venire al tema che tutti hanno trattato, perché non ne posso fare a meno. Credo, come ha detto qualcuno molto sensatamente, pensando ai ruoli da affidare alle persone, che prima ancora di domandarsi chi è la persona che deve ricoprire un ruolo bisogna che ci domandiamo in cosa consiste quel ruolo, che cos'è; e qui ancora manchiamo di una definizione.
Mi trovo molto d'accordo con quanto diceva poco fa la collega Boniver, quando ha citato di nuovo un grande assente nel dibattito attuale, come Tony Blair, sul quale c'è una discussione complessa, che riguarda anche la faccenda dell'Iraq e dei rapporti con gli Stati Uniti; questo non mi sfugge. Tuttavia, il personaggio ha tratti universali e particolari molto salienti: universali perché del tutto evidenti per il tipo di personaggio che rappresenta, per la sua educazione e per il modo in cui si colloca nella storia europea; particolari perché l'Inghilterra è stata un Paese troppo assente dalla costruzione dell'Europa e credo che con la presenza di Blair le cose cambierebbero e per noi sarebbe soltanto un immenso vantaggio portare la grande storia della democrazia britannica all'interno di questa vicenda.

MARINARO (PD). Viva l'Inghilterra!

NIRENSTEIN (PdL). Perché no? Viva l'Inghilterra, visto che è la fondatrice della democrazia. Siamo alla «perfida Albione»? Non riesco a capire l'obiezione sull'Inghilterra; non mi è chiara.
Ad ogni modo, vorrei fare un'osservazione impopolare. Non voglio assolutamente osteggiare l'idea che sia di estrema importanza avere un Alto rappresentante italiano e dal curriculum senz'altro straordinario, outstanding, come quello di Massimo D'Alema. Non ho alcun dubbio sul fatto che il suo sia un curriculum fuori dal normale e che sia un personaggio di primissimo piano, ma di nuovo penso che dobbiamo domandarci quali sono le caratteristiche del ruolo, oltre alla figura, che l'Alto rappresentante deve ricoprire. Penso, per esempio, all'importanza della definizione del ruolo stesso quando si parla del processo di pace in Medio Oriente. L'Europa ha sempre desiderato moltissimo questo ruolo; nell'ambito del Quartetto ha ambito a ricoprire una significazione alta della propria presenza, e non ce l'ha mai fatta, lasciando sempre le cose nelle mani degli Stati Uniti da una parte e di altre forze che si muovono sott'acqua dall'altra. Io, personalmente, che la politica mediorientale la osservo da tanti anni, non ho la sensazione che in questo campo l'Europa potrebbe avere un ruolo di mediazione.

L'ex primo ministro ed ex ministro degli esteri D'Alema nel campo dei processi di pace, nell'ambito del ruolo a cui tutti ambiamo per portare finalmente la pace in quella tormentata porzione di territorio, ha avuto un compito molto particolare e gli episodi sono noti a tutti. Mi permetto modestamente di apprezzare enormemente la cultura e la levatura del personaggio, di opinare con tutta me stessa una soluzione bipartisan e italiana insieme, ma mi permetto anche di dire che forse ci sarebbero personaggi - ne vedo persino in quest'Aula - che potrebbero ambire a quel ruolo in maniera più congrua rispetto agli obiettivi.

[Segue...]

11 Novembre 2009

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