Consigli di lettura: "Non smetteremo di danzare", di Giulio Meotti
lunedì 16 novembre 2009 Generico 5 commenti

ho qui vicino a me il libro di Giulio Meotti e sento il bisogno di comunicarvi la mia ammirazione per il suo lavoro.
Parlo e scrivo spesso dell’eccezionalità di Israele, del coraggio e della coesione della sua società, della determinazione dei giovani a godersi la vita nonostante tutto, dell’eroismo nel vivere contemporaneamente una vita di incredibili sacrifici e di gioiosa vitalità moderna e democratica. Una volta la mia amica Ruthie Bloom - una famosa giornalista con cui ho condiviso tutti i giorni dell’Intifada a Gerusalemme, quando tutto esplodeva e noi ostinatamente, come tutti i gerosolimitani, andavamo a sederci, a chiaccherare, a ridere nel prossimo caffè che sarebbe stato oggetto dell’attenzione dei terroristi - presentando un mio libro ha detto che quello che manca agli israeliani per spiegarsi al mondo è sapersi vedere come io li racconto. Bene, vorrei dire la stessa cosa del libro di Giulio Meotti “Non smetteremo di danzare - le storie mai raccontate dei martiri di Israele", edito da Lindau.
Un libro che già per come si presenta è compatto e ponderoso, un lavoro che fin dalla copertina in cui compare una famigliola di mitnahalim, i famigerati “coloni” come la stampa italiana chiama gli abitanti degli insediamenti, sfida il cuore e la mente del lettore a entrare in un mondo nuovo, a indossare occhiali completamente diversi per capire la storia di Israele. Meotti osa avventurarsi dove nessun giornalista, nessun critico, nessun osservatore politically correct guarda mai per paura di bruciarsi, ovvero nel martirio infinito tramite un continuo stillicidio omicida del popolo ebraico, anche oggi che è giunto nella sua terra, nello Stato ebraico.
Questa è la prima, davvero notevole, scoperta di Meotti: quella della prosecuzione anche fisica dell’omicidio sistematico antiebraico della Shoah nell’inverosimile mattanza cui è sottoposto giorno dopo giorno il popolo ebraico contemporaneo. Meotti si immerge nelle vite degli uccisi, uno a uno, senza paura, e ritrova con pazienza, riannodandoli caso per caso, i fili che legano alla Shoah ogni fanciulla israeliana fatta a pezzi da un’esplosione sull’autobus, ogni ragazzo ucciso con la chitarra in mano in un pub, ogni signora seduta al ristorante mentre un terrorista suicida si avvicinava per trascinarla nel vortice insanguinato della sua jihad. Spesso gli uccisi innocenti sono cittadini, genitori a loro volta o ragazzi, con una madre o un padre o un nonno sopravvissuti alla Shoah e giunti per miracolo a casa, in Israele; a volte è la persona stessa di cui si racconta la morte violenta e ingiusta che è approdata in Israele sperando di rinascere, a volte sono bambini, neonati, famiglie intere.
I tragici protagonisti del libro di Meotti sono sempre connessi per i rami gemmati del grande e speranzoso “kibbutz galuiot”, unione delle genti, che è Israele, alla tragica storia degli ebrei perseguitati nei decenni e nei secoli.
Meotti mostra quanto insistente e mostruoso sia la determinazione a uccidere gli ebrei, e quanto, di conseguenza, sia gioioso e generoso il loro desiderio di vivere, la determinazione verso la loro terra.
L’altra grande scoperta coraggiosa di Meotti è senza dubbio quella del carattere dei mitnahalim: nessuno li conosce, nessuno li interpella mai se non per una fugace conferma della falsa convinzione che siano loro i colpevoli del mancato processo di pace. Meotti si avventura nelle loro vite per scoprire persino nei tanto vilipesi coloni di Hebron la sostanziale ragione che si cela, mettendo da parte la ragioni della politica quotidiana, nel voler restare a presidiare, ormai in pochissimi, minacciati e uccisi, la Tomba dei Patriarchi e a mantenere la memoria della strage del 1929, una grande strage razzista antisemita nella città di David.
I settler sono del tutto diversi dall’idea che la stampa ha disegnato. Meotti con un lavoro capillare e sofferenziale finalmente li guarda stupito e ammirato per il loro umano coraggio, per la loro voglia di vivere.
Laici e religiosi, ragazzi e vecchi, di destra e di sinistra, nei pub di Tel Aviv o a Meah Shearim, in generale, Meotti regala al lettore un punto di vista chiaro e pulito sulla gente di Israele per quello che è: eroica nella sua quotidiana normalità democratica.
venerdì 27 aprile 2012 19:36:00
Grazie Fiamma. Ti voglio bene e ti assicuro che leggerò il libro. Sei grande che D.o ti benedica. Pensa, una mia cara amica, che non è ebrea, consiglia a tutti di leggere il libro, per capire Israele. Shalom. vera
Mara Marantonio Bernardini , Bologna
mercoledì 18 novembre 2009 23:37:06
Nel ricomporre ogni figura, raccogliendone con rispetto ciascun frammento, attraverso gli incontri con familiari e amici, ricostruendo, fino all'ultimo tragico istante, quelle presenze spezzate, Giulio Meotti narra una cinquantina di storie, tutte emblematiche per diversi aspetti, talora intrecciate l'una all'altra, per lo più legate da un filo di Arianna paradossale, che porta, in un tragico cammino a ritroso, alla Shoah, vissuta direttamente dagli uccisi o dai loro congiunti. Egli non si addentra in disquisizioni di carattere politico su un tema i cui aspetti di fondo non sono di carattere territoriale, bensì religioso e direi esistenziale; tuttavia compie una precisa scelta di campo, senza timore di apparire politicamente scorretto. E' un'opera di giustizia nei confronti di un attore della vicenda, il popolo israeliano, per lo più trascurato dagli organi di informazione. Il giornalista svolge il suo compito con la passione di chi non è parte per nascita di quel mondo al quale si è avvicinato per scrivere quest'opera, tra l'altro documentatissima e ricca di significative immagini, frutto di una ricerca durata cinque anni. Martiri perché testimoni del loro impegno nella quotidianità, quella vita normale che il nemico vorrebbe toglierti per sempre. Ma è proprio un certo spirito smitizzante israeliano -unito ad un ethos nazionale in grado di far sì che le tante tribù, sovente in contrasto tra loro, di cui è composto il Popolo di Israele riescano ad essere un tutt'uno- che consentirà loro di continuare a danzare, com'è scritto sul monumento commemorativo dei 21 adolescenti immigrati dalla Russia, uccisi, la sera dell'1 giugno 2001, davanti alla discoteca sul lungomare di Tel Aviv: "Scegli la vita, non smetteremo di danzare" "Lachaim, lo nafsik lirkode". »www.angolodimara.com
Daniele Coppin , Napoli/Italia
mercoledì 18 novembre 2009 14:08:17
Bellissima recensione per un bellissimo libro (senza nulla togliere a quelli da Lei scritti) che molti dovrebbero leggere.
Guido Guastalla , Livorno Italia
mercoledì 18 novembre 2009 11:35:42
Ti ringrazio per la bella recensione al libro di Meotti "Non smetterelo di danzare". Trovo che questo libro sia un gesto d'amoro straordinario per Israele in quanto Stato degli ebrei, e quindi per gli ebrei in quanto tali che sono le vittime, o come li chiama Meotti, i martiri del fanatisimo islamico e non solo.Il libro l'ho presentato nella mia Libreria (Salomone Belforte & C: di Livorno), facendo intervenire quel grande scrittore che è Alessandro Schwed. Il pubblico è stato numerosisimo e molto attento, direi commosso.Guido Guastalla
fabio cangiotti , italia
martedì 17 novembre 2009 11:04:22
Cara Fiamma, Meotti è ammirevole e il suo commovente libro è nel mio comodino.