Fiamma Nirenstein Blog

La gioia del mondo è un omaggio alla democrazia

martedì 3 maggio 2011 Il Giornale 8 commenti

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Il Giornale, 3 maggio 2011

Non è spirito di vendetta, non c’è ferocia né un insano senso di rivincita nella discesa in piazza da parte della folla americana giubilante per la morte di Bin Laden. C’è senso di realtà, buon senso, unità e soprattutto volontà di vivere senza sensi di colpa né pensieri tormentosi su un’ipotetica prepotenza occidentale. Tutto ciò che diventa nebbioso giorno dopo giorno in questa incerta società preda di un senso di espiazione, desiderosa di pagare un prezzo ai diseredati con un cupio dissolvi esteso fino a giustificare i terroristi, si è palesato a Capitol Hill o a Ground Zero invasi da una folla assertiva, festante.

Non è stato un risarcimento, è stata una restituzione. I giovani americani in piazza che si felicitano perché Bin Laden è stato eliminato siamo noi stessi, che si sia capaci di riconoscerlo o meno, che ci sentiamo attanagliati da remore ideologiche o religiose oppure no. Le famiglie orbate con la foto dei loro cari bruciati o volati da un 30esimo piano; i soldati in divisa, fieri infine di una guerra che il mondo mette loro in discussione da dieci anni; i pompieri accorsi fra la folla; tutti i newyorkesi cui in quella nuvola di polvere e morte toccò di vedere in faccia il demonio. Insieme hanno festeggiato una vittoria elementare e semplice, quella della sparizione dalla faccia della Terra di un pazzo criminale, un Hitler in versione islamista, che ne voleva fare un cratere di odio.
Un essere senza il quale il mondo è migliore. Le eliminazioni mirate, avvengono quando il terrorista sta di nuovo per colpire, dunque si agisce quando lo si può finalmente fare, senza perdere l’occasione. Per Bin Laden, queste due condizioni vanno calcolate esponenzialmente, ne valeva bene la pena dopo dodici anni di caccia e decine di migliaia di morti.

L’orrore del terrorismo è la negazione di tutti i diritti costruiti in secoli di controverso lavorio giudaico cristiano; è il divieto a riunirti, di entrare in un posto pubblico senza essere frugato, è l’ossessione del controllo negli aeroporti, il pericolo degli autobus, dei treni, delle metropolitane, dei bar, dei ristoranti, dei mercati, persino degli uffici e delle scuole che esplodono fra le braccia di uno shahid invasato... Lede la libertà. È il dolore di una perdita improvvisa e insensata, il restare paralizzati, è il mutamento psicologico globale che agghiaccia il nostro tempo e il nostro mondo, dallo Yemen a Londra a Parigi a Gerusalemme, a Mombasa a Bali a Mumbai e a New York.

La nostra società, imbambolata dal quieto vivere, non ha mai capito bene come questo potesse accadere, ci è sembrato un risultato scappato di mano, un impazzimento inusitato. Abbiamo persino prese per buone, a volte, le spiegazioni dei terroristi. Hamas, leale terrorista, ieri rimpiangendo Bin Laden, le ha oscenamente suggerite di nuovo in memoria del suo «santo guerriero arabo», come lo chiama: «La politica americana - dice - è basata sull’oppressione e lo spargimento di sangue arabo e musulmano».

La discesa in piazza degli americani mostra gli USA che amiamo, quelli democratici e forti che non si vergognano di aver ragione, da Roosevelt a Bush, di combattere per vincere, di non accettare la sopraffazione. Hanno scritto sui cartelli «Obama uno-Osama zero»; «Questo è il giorno del giudizio e noi vinciamo». La stravagante, a dir poco, fantasia di costruire una moschea a Ground Zero, ha sgomberato quello spazio solenne per lasciare che il tragico vuoto fosse riempito da "Amazing Grace". La gente sa benissimo che è stato schiacciato il male stesso, per questo è profondamente contenta.

Il terrorismo non l’ha inventato Bin Laden col suo mentore palestinese Abd Allah Yussef Al Azzam. Tuttavia la dimensione globale e di massa prescelta da Al Qaida è invenzione di Bin Laden, sua l’orrida facilità di individuare nemici a tutte le latitudini, di tutte le età, di tutte le religioni compresa la propria, suo il farne bersaglio di morte subdola e certa, pazientemente pianificata. E poi, spiegarla con voce atona, piana, con espressione neutra pallida, modesta, accoccolato sotto un ecologico cespuglio e una roccia primordiale. Bin Laden scriveva in arabo le sue teorie dell’odio, cariche di riferimenti Coranici che l’Islam moderato ha rifiutato. Nessuno se ne accorgeva, finché il grande storico Bernard Lewis lo lesse nel 1998, e avvertì: guardate che questo terrorista scrive sul giornale Al Quds Al Arabi una dichiarazione di guerra a tutti «i crociati e gli ebrei»: tutti coloro che non appartengono al suo Islam, devono essere uccisi.

Fino all’11 di settembre nessuno ha capito quanto Bin Laden fosse pericoloso. Nemmeno quando di fronte alle sue stragi nei Paesi arabi si scendeva per le strade saltando di gioia e distribuendo caramelle. Ci illudevamo che si trattasse di minoranze fanatiche. Quando Obama dice che non ha compiuto un gesto di guerra contro l’Islam ha ragione. Ma chi l’ha mai compiuto? È l’Islam che attacca l’Occidente, Bin Laden, Ahmadinejad, Hamas, gli Hezbollah e con loro gli eredi ben organizzati di Bin Laden stesso... È il terrorismo islamico, grande potente, agguerrito nemico da battere. A questo punto della vicenda, avendo raggiunto l’uno a zero gli Usa, l’Europa, devono guardarsi bene da consentire il pareggio. La gente è d’accordo.

Bin Laden's killing: the joy of the world is a tribute to democracy

Published in Il Giornale, 3rd May 2011

It is not spirit of revenge, neither is it savagery that took the jubilant American crowds to the streets for Bin Laden's death. There is sense of reality, common sense, unity, and in particular the will to live without guilt or nagging thoughts about an hypothetical Western arrogance. All this has been revealed in Capital Hill and Ground Zero, full of assertive and joyful crowds, against what becomes hazier within a society that day in, day out, is falling prey to a sense of atonement, prone to justify terrorists.

This is not about compensation, it's about restitution. We - Europeans ourselves - are those young Americans who rejoice in the streets for Bin Laden’s killing, whether we want to admit it or not, whether we are gnawed by ideological hesitations or not. Families holdind the portraits of their killed beloved, burnt or jumping out of the 30th floor; uniformed soldiers, ultimately proud of a war that the world has been questioning for ten years; the firefighters who rushed to aid the crowd; all the Newyorkers who saw the devil in that cloud of dust and death... They altogether have celebrated a basic and simple victory, which is the death of a criminal, an Islamist Hitler, who wanted to turn the earth into a crater of hatred. Without him the world is a better place.

Targeted killings occur when the terrorist can strike back when you are able to finally get him: that's why you act when you can finally do it, without losing the chance. As for Bin Laden, both the conditions were appropriate after 12 years of hunting and dozens of thousand of deaths.

The atrocious essence of terrorism is the denial of all rights that have been built in centuries of Jewish-Christian controversial thoughts; it is the impossibility to gather, to enter a public place without been searched, it is the necessity to be controlled in the airports, the danger to ride on buses, trains, subways; to hang out in bars, restaurants, markets, even offices and schools that blow up because of a obsessed shahid... Terrorism harms every liberty. It is the grief for an immediate and unbelivable loss; it's a thousand of crippled persons; it is the global psychological shift that scares our time and our world, from Yemen to London, from Paris to Jerusalem, and Mombasa, Bali, Mumbai and New York...

Our spoiled society has never understood how all this can happen; it's something beyond our own understanding. Many in the media, they even bought the terrorists' version for their reasons. Hamas, a committed terrorist organization, yesterday outrageously mourned Bin Laden as a "Arab holy warrior", as he is known, declaring: "The American policy is based on oppression and on shedding of Arab and Muslim blood".

The American crowds in the streets demonstrate that the US that we love, democratic and strong, from Roosevelt to Bush, is not ashamed of being right, of fighting to win. Placards reported "Obama one-Osama zero"; "This is the apocalypse, and we win". The perveted idea of building a mosque at Ground Zero left some empty space to the solemn "Amazing Grace" hymn. The American people know what takes to stand against evil and know that Bin Laden's killing is part of that struggle. That's the reason why they celebrated.

It was not Bin Laden who invented terrorism, with his Palestinian mentor Abd Allah Yussef Al Azzam. However, it was Bin Laden's strategy, to bring terrorism through Al-Qaeda to a global and mass dimension. It was Bin Laden who easily picked enemies everywhere around the world, of all ages, all religions including his own, to make them targets of a meticulously death plan. It was Bin Laden who explained those deaths in an atonic and flat voice, with a neutral and pale expression, down an ecologic bush or a primordial stone. Bin Laden used to write in Arabic his theories of hatred, imbued with Quranic references. No one realised that, until the great historian Bernard Lewis warned us all in 1998: beware that this terrorist writes even on the newspaper Al Quds Al Arabi a declaration of war against all "Crusaders and Jews", and this means that those who do not believe to his version of Islam must be killed in his war for the world's calliphate.

Until 9/11 no one understood how dangerous Bin Laden was. Not even when people in the Arab States, celebrating his massacres, used to take the streets dancing in joy and dishing out candies. We have been living in the illusion that fanatics are a tiny minority. When Obama says that he has not waged war against Islam, he is right. But whoever among us ever did it? It is Islam that attacked the West all the times: Bin Laden, Ahmadinejad, Hamas, Hezbollah and their well-funded heirs... It is the Islamic terrorism which represents the great, arrogant and fierce enemy that we all must fight. Now that the US gained 1-0, Europe must take good care not to draw this match.

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michele lascaro , matera
 mercoledì 4 maggio 2011  09:58:36

Sì, la Giustizia deve sempre prevalere, su ogni forma di vendetta. Ma in questo caso non deve essere escluso il sentimento della vendetta, perché il mondo deve imparare il rispetto per il prossimo. E poi questi signori "dell'altra sponda" non hanno mai prodotto afflati d'amore. La malvagità fa parte del loro credo.



Vincenzo , New York, NY
 martedì 3 maggio 2011  20:35:45

Esatto!



Vito Cartolano , Roma
 martedì 3 maggio 2011  19:41:54

Giusto ieri vedevo su History channel "10 modi x uccidere Bin Laden". I primi 6 tentativi sono precedenti all'11 settembre. Non si può dire che gli Usa prima lo sottovalutassero.Più che gioire sarei più sulla posizione del Vaticano: un problema è risolto, ma mai gioire della morte.Avrei preferito prenderlo vivo.Già nel 2001 se mi avessero chiesto: con chi preferiresti andare a cena: Bin Laden o Bush? avrei scelto senza esitazione Bin: più istruzione, più cervello, migliore capacità di comprendere il mondo. Con Bush però avrei avuto un tavolo migliore.



giovanni sabbatini , jesi italia
 martedì 3 maggio 2011  18:03:30

cara nirenstein, un giorno lei ed io dovremmo avere la venura di conoscerci per scambiare le nostre idee sul medio oriente; ero un 15enne nel '67 e l'improvviso voltafaccia dell'occidente verso israele lo ricordo benissimo. Per ora basti dire che la morte di bin laden è solo un tardivo risarcimento, con il quale non è certo finita la guerra in afghanistan come da alcuni ipotizzato in maniera improvvida e, secondo me, interessata. Non parliamo poi di quelli che dubitano della morte del terrorista, già elevato al rango di martire dai dietroogi deliranti in rete, dagli amici di arrigoni e da hamas, ma, la pregho si rivolga a me quando vuole



Roberto Riviello , Figline Valdarno
 martedì 3 maggio 2011  18:03:04

La morte di Osama ristabilisce l' ordine naturale e il principio di giustizia, come quando a Norimberga si decise di impiccare Eichman: il male, anche se talvolta si maschera di banalità, è sempre mostruoso. E va debellato con l' uso della ragione e, se occorre, della forza.



Percy D'Elia , Roma
 martedì 3 maggio 2011  17:37:17

Gentile On.le Nirenstein,si, la morte di Bin Laden è un grande passo avanti per debellare il terrorismo che hatenuto il mondo intero in ansia per diversi anni.Guai però ad abbassare la guardia, cercare in tutti i modi di scovare l'altro non meno feroce Al Zawahiri, e tutti gli altri pazzi componenti del suo entourage! Forse solo allora sarà possibile tirare un sospiro di sollievo. Chi lo sa!!!!Un cordiale salutoPercy D'Elia



alfonso margani , Firenze/Italia
 martedì 3 maggio 2011  17:30:03

Non mi piace gioire per la morte di chicchessia, non la augurerei nemmeno a Gheddagfi. ma Osama era un uomo che ha provocato la morte di migliaia di persone,perciò non sono affatto triste. Se la sua morte sia una vittoria della democrazia? mi sforzerò di crederlo...Shalom, sia pace su Israele:)



RICCARDO , VICENZA
 martedì 3 maggio 2011  17:01:17

NON HO LETTO L'ARTICOLO MA PENSO CHE LA RETE, ORMAI COSTITUITA, POSSA AVERE IL NUOVO MARTIRE !!?SALUTI A TUTTI



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