Fiamma Nirenstein Blog

La guerra antisemita contro l'Occidente

7 ottobre 2023 Israele brucia

Jewish Lives Matter

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein

Museo del popolo ebraico

Blitz del giudici sul voto: Netanyahu incriminato a 40 giorni dalle elezioni

venerdì 1 marzo 2019 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 01 marzo 2019

Israele è scossa e ferita: ieri per l'Avvocatura dello Stato, il Pubblico Ministero Avichai Manderbilt con 57 pagine di accuse, dopo due anni e mezzo di indagini ha suggerito di incriminare il Primo Ministro Benjamin Netanyahu per corruzione e frode, mettendo così in discussione non solo un grande protagonista, perno della politica israeliana a casa e nel mondo, ma palesemente influenzando pesantemente anche il risultato delle prossime elezioni che si terranno il 9 di aprile. Ormai che la macchina giudiziaria è stata avviata, è del tutto realistico pensare che la preminenza del Likud subirà uno shock nelle prossime giornate: si prevede già un calo di quattro seggi, e quindi un pareggio con la forza antagonista "Blu e bianco": non sorprende che i tempi della scelta di Mandelbit facciano parlare di un putsch politico. Il brivido della situazione, l'imbarazzo di un Paese che per la seconda volta vede un suo Primo Ministro impolverato e ferito (anche se Ehud Olmert era accusato di ben altri crimini) è accompagnata anche da evidenti espressioni di soddisfazione, anzi, di gioia, di un largo schieramento di detrattori soprattutto nel mondo dell'informazione, quasi tutto ostile al PM: da anni ormai hanno fatto di Bibi il loro obiettivo designato. Nelle ore del pomeriggio di ieri la delizia dei canali tv è stata un evento in sé. [...]

Israele...

domenica 24 febbraio 2019 Generico 0 commenti
Ieri ho fatto una passeggiata nell'Emek haEla, una valle vicina a Gerusalemme dove fioriscono a mazzi su una piccola altura i Turmus, fiori azzurri con striature bianche. Poi, abbiamo proceduto verso altri prati e montagnole al sud, a vedere i papaveri. Per chi volesse imparare cos'è il sionismo, non c'è la scuola migliore: giovani e ragazze atletici e vecchi col bastone, donne di ogni età in blue jeans e bambini a frotte, tutti vanno apposta nell'Emek e al Sud a vedere la fioritura. E' la nostra fioritura, sono i nostri fiori, quelli della Terra da noi irrorata, seminata, pettinata, nutrita... Eretz Israel: non importa nulla se questa massa è di destra o di sinistra. Questi passi estatici fra i fiori che naturalmente è vietato cogliere, senza scendere dal sentiero, li fa insieme tanta gente, a migliaia, con poche parole e tanti ricordi di quando il popolo ebraico era buttato come polvere nella diaspora. E adesso, ha i suoi fiori e il suo razzo che sta correndo verso la luna.


Il giornalista e il militare: Israele e la strana coppia che spaventa Netanyahu

venerdì 22 febbraio 2019 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 22 febbraio 2019

(Gerusalemme) Qualcuno dice che la campagna elettorale è cominciata solo ieri sera, anche se il voto è vicino, il 6 di aprile. Infatti davanti a un profluvio di blu e bianco «Cahol lavan» come si chiama dai colori della bandiera israeliana la nuova formazione politica, i due protagonisti della guerra senza quartiere a Benjamin Netanyahu e al Likud hanno presentato il loro nuovo partito unitario. Ed ecco, davanti al pubblico israeliano, fieri e diritti, di bell'aspetto, colti e sicuri, Benny Gantz, 59 anni, ex capo di stato maggiore, e Yair Lapid, 55 anni, ex ministro e giornalista tv di successo. Due personalità molto diverse, costruite in mezzo ai soldati da una parte, e dall'altra fra gli intellettuali laici guidati dal padre, Tommy Lapid. La trattativa che li ha condotti a promettere l'uno all'altro la rotazione del ruolo di primo ministro è stata un corpo a corpo durato tutta la notte fra mercoledì e giovedì. La nuova lista, oltre a mettere insieme il generale che suona il piano e l'ex star tv scrittore di romanzi gialli e di libri per bambini, ha un'altra caratteristica: oltre a Gantz, ne fanno parte altri tre Capi di Stato Maggiore, tutti fra i primi della lista scritta al maschile: sono Moshe «Bogie Ya'alon (Capo di Stato maggiore dal 2002 al 2005, gli anni terribili della seconda Intifada), anche ex ministro della difesa di Bibi, e Gabi Ashkenazi, nel ruolo di capo dell'esercito dal 2007 al 2011. [...]

Per battere l'antisemitismo ci vuole...

mercoledì 20 febbraio 2019 Il Giornale 3 commenti
Per battere l'antisemitismo ci vuole: 1) una decisa individuazione delle sua geografia. Quindi: oltre alla destra neonazista, pochi idioti pericolosi, chiamate per nome gli islamisti, la sinistra nello stile di Corbyn, il mondo che dichiarandosi difensore dei diritti umani perseguita ingiustamente Israele 2) occorre usare le forze di sicurezza, la legge, la polizia dove si sa che l'antisemitismo si annida. Forza, sentiamo gli ordini, specie in Francia dove Macron giura di battersi e ci sono stati 13 morti ebrei ammazzati. Che non accada come con Ilan Halimi, quando il rifiuto politically correct di cercarlo nella banlieue islamista lo abbandonò nelle mani dei suoi carnefici; 3) smettere di gridare e scrivere sui cartelli che essere contro l' antisemitismo significa essere contro tutti i razzismi. L'antisemitismo è l'unico razzismo che si pratica comunemente con l'incitamento mortale (pensate all'Iran!) e il doppio standard contro lo Stato d'Israele, perchè è lo Stato degli Ebrei; 4) bisogna piantarla di pensare che studiando la storia della Shoah si diventa buoni. A molti piace l'idea di sterminare gli ebrei. Ad altri, non importa nulla. la maggior parte, si dimentica di cosa stavano leggendo un minuto fa; 5) tentate di prendere sul serio Martin Luther King che diceva che l'antisionismo è una chiara espressione di antisemitismo. Anzi, è l'antisemitismo odierno. Da qui occorre prendere le mosse. Altrimenti, restate a casa per favore. 

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein in esclusiva da Gerusalemme: Israele-Polonia dopo la Conferenza di Varsavia sul Medio Oriente

mercoledì 20 febbraio 2019 Generico 0 commenti
Cari amici,

oggi, 20/02/2019, IC pubblica in esclusiva un nuovo mio nuovo video dove parlo dei rapporti Israele Polonia dopo la Conferenza di Varsavia sul Medio Oriente. La Polonia rifiuta le responsabilità storiche - ampiamente accertate - di molti polacchi durante la Shoah. Come si muoverà la diplomazia israeliana per gestire questa crisi? Per capirlo, bisogna guardare a quello che è avvenuto alla conferenza di Varsavia di pochi giorni fa sul Medio Oriente.

Clicca qui per vedere il video

Il vertice non si fa più: Israele e Polonia litigano sull'Olocausto

martedì 19 febbraio 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 19 febbraio 2019

Forse tutto sommato non è una sfortuna che sulla politica talvolta sventoli la bandiera della verità storica, e con essa la forza dei sentimenti. E però, dopo l'alzabandiera, tutti dovrebbero tornare al buon senso e al presente. Invece qui non ha funzionato, e così il vertice di Visegrad che avrebbe dovuto tenersi a Gerusalemme da giovedì (ovvero la convergenza nella capitale d'Israele dei primi ministri di Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, e Ungheria) è stato annullato in seguito allo scontro fra Israele e Polonia sulla Shoah. E sì che l'atteggiamemnto di questi quattro Paesi è molto importante per Israele a fronte della critica incessante dell'Unione Europea. [...]

I padri movimentisti dell'antisemitismo

domenica 17 febbraio 2019 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 17 febbraio 2019

Finkielkraut è un filosofo liberale, la cui affezione per la sua ebraicità, per Israele e per il mondo della giustizia sociale sono sempre andati insieme. E' una bella sfida: il movimento dei gilet gialli  pretende di far parte del movimento in lotta contro la burocrazia, l'ingiustizia economica, l'elite ladra. E' un movimento di popolo quella banda di mostri antisemiti che gli si è rovesciata addosso urlando"sporco ebreo" e "sionista di m.." e berciando che la Francia non è degli ebrei ma dei francesi, e così Finkilekraut ha una faccia oltre che dispiaciuta anche piuttosto imbarazzata. Il movimento di popolo in Europa ha sempre attratto gli intellettuali e i politici, anche il più feroce, nazista, comunista, terrorista. [...]

"L'antisemitismo è una malattia mentale da cui non si guarisce", l'intervista di Fiamma Nirenstein a Iddo Netanyahu, scrittore e fratello del Premier di Israele Benjamin

venerdì 15 febbraio 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 15 febbraio 2019

Senza paura, anche Iddo Netanyahu prende la storia per il collo come i suoi due fratelli maggiori, Yoni, il comandante dell'impossibile impresa di Entebbe in cui furono salvate più di 100 persone sequestrate dai terroristi a migliaia di chilometri da casa, e lui ci si lasciò la vita; come Bibi, Benjamin, il primo ministro di Israele che lo ha portato fra i primi Paesi del mondo quanto a economia, scienza, difesa, incurante delle critiche. Ma Iddo affronta il rischio dal lato intellettuale. Medico e commediografo, 66 anni, alto e asciutto,marito e padre, sempre di più è divenuto, negli anni,uno scrittore schivo e concentrato in riflessioni che sfidano il comune pensare, le cui opere vengono rappresentate da Mosca a New York. I suoi personaggi occupano il palcoscenico e le sue pagine con ironia amare senza mezzi termini come nel romanzo "Itamar", o come nel dramma "Un lieto fine". Qui, in "Meaning" , significato, la sua ultima opera appena rappresentata a Baku, ha scelto di prendere per il collo da un angolo particolare il rifiuto di guardare in faccial'antisemitismo.

Certo da parte di Netanyahu non è inaspettato affrontare questo tema . Ma in "Meaning" Viktor E, Frankl è il protagonista, sopravvissuto ai campi di sterminio,una vacca sacra della psicanalisi, il creatore della logoterapia, una  celebrità che nella commedia viene invece spogliato e rivelato nella sua paura del vero " significato" di ciò che ha vissuto. Le sue memorie nel campo sono raccolte brevemente in un super bestseller mondiale"Man's search for meaning", uscito per la prima volta nel 1946, tradotto in 24 lingue, venduto in decine di milioni di copie. Frankl racconta e indica, parlando della propria esperienza e di quella dei suoi compagni, la strada per superare sofferenza e trauma, e in generale per vivere una vita degna che sciolga le nebbie dell'antisemitismo subito nella persecuzione nazista: ognuno deve trovare il suo "buon" significato, credendo nel valore positivo dell'esperienza umana, giusta in quanto tale se morale,  degna di essere vissuta anche nella sofferenza. Il buon significato salva l'uomo singolo e l'umanità; Frankl in mezzo agli orrori di Auschwitz identifica il suo "meaning" nella "logoterapia" il metodo psicanalitico da lui disegnato, che porterà in salvo oltre il male, nel bene della società post nazista, finalmente curata. Ed ecco, però, Iddo Netanyahu, che mette a confronto le illusioni di Frankl con la disillusione di Betty, una madre cristiana il cui compagno ebreo è morto ad Auschwitz e  il cui figlio è costretto a subire, ancora dopo la guerra, attacchi antisemiti dai compagni di scuola.

Se la società ha superato il male del nazismo, come mai il figlio deve soffrire? Perchè tanto malessere dentro di lei, tanta paura che il male ritorni?
Betty non crede affatto nel "meaning" di Frankl, anzi ne mostra la debolezza  chiedendo aiuto e svelando una realtà che lo psicanalista non può curare: la permanenza dell'antisemitismo in Europa dopo la Shoah. Betty va da lui in clinica per farsi aiutare: ma l'antisemitismo è ancora là, e si sta rovesciando sulla testa di suo figlio, perseguitato dai coetanei.

"Sì, e Frankl invece cerca di convincerla che la sua è una fantasia, che con la sconfitta del nazismo, il bene ha sconfitto il male. E rifiuta di affrontare la realtà: l'antisemitismo è sempre a Vienna, e ovunque... è una malattia inguaribile. Gli ottimisti che non capirono in tempo Hitler pagarono cara la loro cocciutaggine, e il rischio del rifiuto della realtà è sempre presente". [...]

Mediorientale

lunedì 11 febbraio 2019 Generico 0 commenti
Cari amici,
cliccando qui potrete riascoltare e leggere la trascrizione della rubrica di questa settimana Il Medio Oriente visto da Gerusalemme condotta da Massimo Bordin con il quale abbiamo discusso i seguenti argomenti: Bahrain, Cronaca, Donna, Elezioni, Esteri, Gerusalemme, Hezbollah, Iran, Israele, Libano, Medio Oriente, Missili, Politica, Siria.

La figlia del rabbino uccisa a 19 anni, i Ministri "pena di morte al terrorista"

lunedì 11 febbraio 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 11 febbraio 2019

A volte la persecuzione terrorista (solo l'anno scorso 13 morti, centinaia di feriti alle fermate degli autobus, bambini neonati uccisi, impiegati innocenti giustiziati da compagni di lavoro,341 missili da Gaza su case e scuole) cui è sottoposta Israele arriva all'estremo, e allora si sollevadi nuovo la richiesta della pena di morte. Così è stato anche questa volta: il viso sorridente di Ori Ansbacher, bella quanto lo si può essere a 19 anni, stringe il cuore a tutta Israele dopo che nel week end è stato ritrovato il suo corpo accoltellato e nudo in un parco di Gerusalemme. Immediatemente le ricerche della Shin Beth, i servizi di sicurezza interna,e della polizia hann condotto tramite l'incrocio sofisticato di informazioni a un ventinovenne di Hevron, Arafat al Rifaiyeh. IL giorno stesso aveva lasciato la sua casa con un coltello per raggiungere Beit Jalla, presso Betlemme. Da là e facile raggiungere Gerualemme evitando i check point, e l'uomo è andato a caccia. Dopo avere ucciso Ori, una volontaria della natura, nei boschi che hanno segnato il suo destino,  è stato rintracciato e catturato a Ramallah, dove aveva probabilmente sostegno e amici. Ogni giorno ne parte il messaggio ripetuto senza fine dalle Moschee, alla tv ufficiale,dai discorsi politici: parla della santità del terrorismo antiebraico, distribuisce stipendi ai terroristi e alle loro famiglie, premia i "martiri" cui vengono dedicate piazze e scuole.Lo Shin Beth fra pietre e spari dei difensori di Arafat ha catturato l'assassino, e mentre Netanyahu lodava l'efficienza dell'ordine pubblico e il Paese risuonava dei pianti per Ori, ieri alcuni chiedevano la pena di morte, altri  il taglio definitivo del premio in denaro che arriva, tramite l'Autorità Palestinese, nelle tasche dei terroristi, e in quelle di Rifaiye stesso.[...]

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