Fiamma Nirenstein Blog

La guerra antisemita contro l'Occidente

7 ottobre 2023 Israele brucia

Jewish Lives Matter

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein

Museo del popolo ebraico

Un terrorista resta un terrorista

martedì 15 gennaio 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 15 gennaio 2019

Cesare Battisti se l'è cavata per tanto tempo grazie al fatto che la cosa più orribilmente evidente che ci sia, il terrorismo, non viene capito per quello che è. Un crimine. Talvolta, per strano che possa apparire, il terrorismo mostra un volto così vano e trito rispetto al comune sentire, alla cultura corrente, al disastro in sangue e dolore che comporta, che si riesce per un istante a capire perché non esiste una sua definizione. Per l'Onu non esiste altro che una «Convenzione comprensiva» ma una definizione comune non è mai stata raggiunta. È dal 1937, con la Lega delle Nazioni, che quando diversi popoli si siedono insieme a discutere non riescono a trovarsi d'accordo. E così persino adesso, l'estradizione di Battisti ad alcuni appare, oltre che tardiva, anche un po' inutile, di contenuto incerto e fragile, un'acquisizione politica ma non morale. In fondo, chi è questo sedicente scrittore, spesso fotografato mentre sorride e non c'è niente da ridere, coccolato da un mondo nel tempo diventato perdente e inutile? La risposta è semplice: è un terrorista, e quindi deve scontare la sua pena. E questa sarà una pietra fra le tante (qui in Israele si combatte questa lotta ogni giorno) della lotta al terrorismo che costruiscono una comune coscienza: un terrorista non è un «Freedom fighter», un combattente per la libertà, ma un delinquente anche se è un cretino o uno squilibrato, anche se è un disgraziato, un emarginato, un mitomane, anche se è, soprattutto, motivato ideologicamente in modo assoluto a fare ciò che ha fatto. E Battisti ha ammazzato quattro innocenti, direttamente o per interposta persona. Fra i tentativi di definizione quelli che più convincono parlano di persone che usano indiscriminatamente la violenza come mezzo per creare terrore fra la gente in modo da raggiungere uno scopo politico e religioso.[...]

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein in esclusiva da Gerusalemme: Israele e Europa: Mission Impossible?

lunedì 14 gennaio 2019 Generico 0 commenti
Cari amici,

oggi, 14/01/2019, IC pubblica in esclusiva un mio nuovo video sul difficile rapporto dell'Europa verso Israele: le prese di posizione di Bruxelles contro lo Stato ebraico per la gestione dei territori contesi. Tra Bds e doppio standard di giudizio.

Clicca qui per vedere il video

ANSAMED Le relazioni tra Europa e Israele spiegate da Fiamma Nirenstein

lunedì 14 gennaio 2019 Generico 0 commenti
 

TEL AVIV - Quello dell'Europa con Israele è un "rapporto misterioso" che deve essere rinnovato sulla base di una migliore comprensione storica e politica dello stato ebraico. Ne è convinta la giornalista Fiamma Nirenstein che ha anticipato all'ANSAi contenuti del libro 'Mission impossible. Repairing the ties between Israel and Europe' (pubblicato dal 'Jerusalem Center for Pubblic Affair'), che sarà presentato domani a Gerusalemme. Indagine a più voci - e tra gli italiani, oltre Nirenstein anche l'ex ambasciatore Giulio Maria Terzi e Marco Carrai - il cui senso "è un'accurata e appassionata ricerca dei motivi per cui la Ue non va d'accordo con Israele mentre, in realtà, l'uno ha bisogno dell'altro". Se i rapporti bilaterali di ogni paese con Israele sono"ottimi", non è altrettanto vero per quelli politici e morali tra l'istituzione Ue e Israele che peraltro hanno un solido scambio economico. "Un paese - ha spiegato Nirenstein - che appare come 'perseguitato' dall'Europa, oggetto di un persistente rifiuto e di una critica che parte dalla fantasia che se non c'è la pace con i palestinesi la colpa sia di Israele. E la ragione è individuata nell'occupazione dei Territori dimenticando - ha proseguito - che quei Territori Israele ha accettato di restituirli e che sono stati i Palestinesi a non volerli". [...]

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Mediorientale

lunedì 14 gennaio 2019 Generico 0 commenti
 
Cari amici,
 
cliccando qui potrete riascoltare e leggere la trascrizione della rubrica di questa settimana Il Medio Oriente visto da Gerusalemme condotta da Massimo Bordin con il quale abbiamo discusso i seguenti argomenti: Bolton, Curdi, Elezioni, Erdogan, Esteri, Geopolitica, Guerra, Hezbollah, Iran, Islam, Israele, Libano, Mass Media, Medio Oriente, Netanyahu, Nucleare, Palestina, Partiti, Politica, Pompeo, Siria, Trump, Turchia, Usa.

"'Proteggere i curdi? Mai'. Erdogan strappa con gli Usa"

mercoledì 9 gennaio 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 09 gennaio 2019



Potrebbe non essere stata un'ottima idea quella di Erdogan, che, nella sua stessa capitale, ha lasciato il Consigliere per la sicurezza americana John Bolton nella sala d'aspetto rifiutando di incontrarlo e costringendolo a ripartire senza avergli nemmeno detto buongiorno. Non è bello per due Paesi che da poco hanno rinnovato alcune cordialità telefoniche fra i premier Trump e Erdogan, che siedono ambedue nella grande alleanza della NATO mentre in Medio Oriente si attraversa una fase che più che di porte sbattute in faccia ha bisogno di chiarezza. Invece Erdogan non ha potuto sopportare sostanzialmente tre cose: la prima, pura e semplice, che poche ore prima Bolton in rappresentanza di Trump avesse svolto una visita estremamente amichevole e produttiva in Israele che lui odia, dicendo a Netanyahu che il suo paese sarà sempre fiero di garantire la sicurezza dello Stato Ebraico. In secondo luogo, che durante quel viaggio, dopo che Trump il 19 dicembre aveva annunciato che se ne sarebbe andato dalla Siria, Bolton avesse ribadito, come del resto Pompeo nei giorni scorsi, che gli americani non hanno fretta di andarsene, che il ritiro si svolgerà secondo i tempi ritenuti più opportuni e, dulcis in fundo, e qui Erdogan ha avuto la sua crisi, che gli USA vogliono veder garantiti i diritti dei Curdi, e anzi, che Erdogan aveva promesso a Trump di proteggerli. […]

Israele in pressing sugli Usa. In dubbio il ritiro dalla Siria

lunedì 7 gennaio 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 07 gennaio 2019

Fino a Venerdì si parlava di una sola condizione sufficiente per Trump ad abbandonare il campo siriano ribollente: la sconfitta dell'Isis. Un obiettivo ormai grosso modo raggiunto secondo una valutazione dell'amministrazione americana giudicata da molti affrettata, e tuttavia data per acquisita. Via gli USA, i topi ballano? Non ancora: da ieri possono interrompere le celebrazioni:  le condizioni sono di nuovo diventate plurime e complesse, secondo quanto ha affermato a il Consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton durante la visita di ieri a Gerusalemme. Il ritiro non è più ovvio, non ha più una scadenza definita, è di nuovo esplicitamente condizionata sia alla sconfitta dell'ISIS (di nuovo menzionata, e quindi evidentemente non data più per scontata) che anche alla salvaguardia dei combattenti Curdi, alleati degli Stati Uniti. Bolton ha anche ribadito la primaria fedeltà americana alla sicurezza dello Stato d'Israele. Un ufficiale che non vuole essere  identificato ha anche aggiunto che non tutti gli americani se ne andranno, e resterà un presidio. Si dice anche che gli USA stiano preparando una base in Iraq che sorveglierà l'intera area e che potrebbe  contenere un aeroporto militare. "Il programma scaturirà dalle decisioni politiche che abbiamo bisogno di realizzare"ha aggiunto l'ex ambasciatore degli Stati Uniti all'ONU; antico neoconservatore fra i più intellettuali e anche fra i più espliciti nel suo entusiasmo per Israele,  ha voltato pagina rispetto all'incubo che la Siria rimanga preda di un Assad sostenuto dalle forze più ostili che Israele possa figurarsi: gli iraniani, gli Hezbollah, i turchi di Erdogan. E sullo sfondo il sostegno russo. […]

Mediorientale

venerdì 4 gennaio 2019 Generico 0 commenti
Cari amici,
 
cliccando qui potrete riascoltare e leggere la trascrizione della rubrica di questa settimana Il Medio Oriente visto da Gerusalemme condotta da Massimo Bordin con il quale abbiamo discusso i seguenti argomenti: Abu Mazen, Elezioni, Erdogan, Esteri, Forze Armate, Gerusalemme, Israele, Letteratura, Medio Oriente, Netanyahu, Palestina, Politica, Siria, Trump, Turchia, Usa.

Addio Oz, cantava l'amore oltre le tenebre della guerra

sabato 29 dicembre 2018 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 29 dicembre 2018

Sì, il Premio Nobel l'avrebbe dovuto ricevere, perchè i suoi libri sono meravigliosi quali che siano le idee di chi le legge, la sua lingua originale è radicata nella Bibbia con un piglio polemico di pensatore laico (come Agnon scriveva in piedi sul leggio)i suoi pensieri d'amore sono intricati e spietati come quelli di Shakespeare, la sua grinta conoscitiva è stata quella di un Faust, il suo odio per la guerra appassionato ma consapevole della furia inevitabile dei nemici. E' stata una spina per lui non averlo ricevuto, ma era troppo israeliano perchè Oslo lo potesse premiare. Amos Oz lascia il mondo a 79 anni dopo una lunga malattia, per gli italiani era lo scrittore di sinistra che insieme a Aleph Beth Yeoshua e a David Grossman era degno di occupare gli scaffali nonostante fosse israeliano, perchè era pacifista e critico del suo Paese. Ma Oz era ben più di questo. Il pacifismo è stato davvero una parte piccola di Amos Klausner nato a Gerusalemme nel 1939, cresciuto al numero 18 di Rehov Amos da Fania, la madre polacca colta e raffinata, e da Yehuda Arieh Klausner nato in Lithuania. Amos che ho avuto la ventura di incontrare varie volte, era troppo persino alla vista, era la bellezza e la profondità impersonificata, quello che il sionismo ha voluto rappresentare al suo meglio: la risposta del Popolo ebraico alle persecuzioni millenarie, alla shoah, alla morte. In una vitaconclusa nel deserto del Negev la personalità così perfetta da farsi talora altezzosa di Amos Oz ha prodotto 40 libri tradotti in tutte le lingue, 450 articoli e  saggi, ha ricevuto 64 fra premi letterari e lauree e riconoscimenti ad honorem.[…]

Israele, ultima sfida di Netanyahu, sconfiggere i giudici alle elezioni

venerdì 28 dicembre 2018 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 28 dicembre 2018

Manca poco: il 9 aprile Israele andrà alle elezioni. Molti, com'è naturale  parlando di un Primo ministro come Bibi che ha servito per tre volte a partire dal 1996 (poi nel 2009 e nel 2013) e 16 volte nei più svariati ministeri, descrivono l'evento come l'occasione del grande spettacolo della fine del potere del grande capo. Ma cosa succederà davvero a Gerusalemme dopo le prossime elezioni?
Nei prossimi giorni la magistratura deciderà se accusare Netanyahu di corruzione in base alle indagini compiute nella tempesta di una campagna di stampa furiosa. Si dice che Bibi abbia voluto sciogliere la Knesset per alzare una cortina fumogena, e adesso alcuni dei suoi lasciano trapelare che comunque lui non se ne andrebbe fino a eventuale condanna. Ma l'accusa è di aver offerto favori a Walla, un giornale on line di appartenenza di Bezeq, la rete telefonica nazionale, in cambio di una copertura favorevole non è di carattere infamante specie perchè Walla non è mai stata carina con Netanyahu che, per altro sarebbe il corruttore e non il corrotto. Inoltre, come il famoso avvocato Alan Dershowitz ha detto dopo aver studiato le carte, le prove non sembrano sufficienti. [….]

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma in esclusiva da Gerusalemme: "I tunnel della morte di Hezbollah"

sabato 8 dicembre 2018 Generico 1 commento
Cari amici,

oggi, 08/12/2018, IC pubblica un mio nuovo video titolato "I tunnel della morte di Hezbollah"

Clicca qui per vedere il video  
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