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"L'antisemitismo è una malattia mentale da cui non si guarisce", l'intervista di Fiamma Nirenstein a Iddo Netanyahu, scrittore e fratello del Premier di Israele Benjamin

venerdì 15 febbraio 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 15 febbraio 2019

Senza paura, anche Iddo Netanyahu prende la storia per il collo come i suoi due fratelli maggiori, Yoni, il comandante dell'impossibile impresa di Entebbe in cui furono salvate più di 100 persone sequestrate dai terroristi a migliaia di chilometri da casa, e lui ci si lasciò la vita; come Bibi, Benjamin, il primo ministro di Israele che lo ha portato fra i primi Paesi del mondo quanto a economia, scienza, difesa, incurante delle critiche. Ma Iddo affronta il rischio dal lato intellettuale. Medico e commediografo, 66 anni, alto e asciutto,marito e padre, sempre di più è divenuto, negli anni,uno scrittore schivo e concentrato in riflessioni che sfidano il comune pensare, le cui opere vengono rappresentate da Mosca a New York. I suoi personaggi occupano il palcoscenico e le sue pagine con ironia amare senza mezzi termini come nel romanzo "Itamar", o come nel dramma "Un lieto fine". Qui, in "Meaning" , significato, la sua ultima opera appena rappresentata a Baku, ha scelto di prendere per il collo da un angolo particolare il rifiuto di guardare in faccial'antisemitismo.
Certoda parte di Netanyahu non è inaspettato affrontare questo tema . Ma in "Meaning" Viktor E, Frankl è il protagonista, sopravvissuto ai campi di sterminio,una vacca sacra della psicanalisi, il creatore della logoterapia, una  celebrità che nella commedia viene invece spogliato e rivelato nella sua paura del vero " significato" di ciò che ha vissuto. Le sue memorie nel campo sono raccolte brevemente in un super bestseller mondiale"Man's search for meaning", uscito per la prima volta nel 1946, tradotto in 24 lingue, venduto in decine di milioni di copie. Frankl racconta e indica, parlando della propria esperienza e di quella dei suoi compagni, la strada per superare sofferenza e trauma, e in generale per vivere una vita degna che sciolga le nebbie dell'antisemitismo subito nella persecuzione nazista: ognuno deve trovare il suo "buon" significato, credendo nel valore positivo dell'esperienza umana, giusta in quanto tale se morale,  degna di essere vissuta anche nella sofferenza. Il buon significato salva l'uomo singolo e l'umanità; Frankl in mezzo agli orrori di Auschwitz identifica il suo "meaning" nella "logoterapia" il metodo psicanalitico da lui disegnato, che porterà in salvo oltre il male, nel bene della società post nazista, finalmente curata. Ed ecco, però, Iddo Netanyahu, che mette a confronto le illusioni di Frankl con la disillusione di Betty, una madre cristiana il cui compagno ebreo è morto ad Auschwitz e  il cui figlio è costretto a subire, ancora dopo la guerra, attacchi antisemiti dai compagni di scuola.

Se la società ha superato il male del nazismo, come mai il figlio deve soffrire? Perchè tanto malessere dentro di lei, tanta paura che il male ritorni?
Betty non crede affatto nel "meaning" di Frankl, anzi ne mostra la debolezza  chiedendo aiuto e svelando una realtà che lo psicanalista non può curare: la permanenza dell'antisemitismo in Europa dopo la Shoah. Betty va da lui in clinica per farsi aiutare: ma l'antisemitismo è ancora là, e si sta rovesciando sulla testa di suo figlio, perseguitato dai coetanei.

"Sì, e Frankl invece cerca di convincerla che la sua è una fantasia, che con la sconfitta del nazismo, il bene ha sconfitto il male. E rifiuta di affrontare la realtà: l'antisemitismo è sempre a Vienna, e ovunque... è una malattia inguaribile. Gli ottimisti che non capirono in tempo Hitler pagarono cara la loro cocciutaggine, e il rischio del rifiuto della realtà è sempre presente".

Quindi la delusione, che è un protagonista di altre sue opere, è un elemento necessario della conoscenza?
"La delusione è necessaria, capire la realtà è un antidoto necessario al male. Ma il mondo è diviso in due: fra chi immagina che l'essere umano possa cambiare, che curandolo se ne può estrarre il nocciolo buono; e  chi capisce che esiste una dura realtà spesso immodificabile,  o che a volte si cambia un poco solo con paziente e costante lavoro. L'antisemititismo è con noi da migliaia di anni, il suo male è una persistente pietra ideologica inamovibile…"

Ma Frankl pensa di poterlo fronteggiare con la psicanalisi.
" Oltre che con la sconfitta storica inequivocabile di Hitler, che si è suicidato: per Frankl così il male è finito. Betty gli presenta una realtà che lui non vuole sapere. Il nazismo è stato un episodio, hanno vinto i buoni. E i cattivi.. diventeranno buoni se troveranno un buon meaning: del resto certi nazisti erano buonissimi con la loro famiglia, o col loro cane. Ma la verità è che è stata l'ideologia del nazismo a fornire il guscio per l'antisemitismo persistente in tempo di vittoria e di sconfitta: e Frankl rifiuta questo punto di vista, per lui Betty è fantastica.  Finché il figlio non tenta di suicidarsi".

Frankl eppure sopravvive al campo di sterminio, quando parla del meaning a un SS quello dice che il suo significato sta  nell'uccidere gli ebrei, e lo dimostra là per là.
"Sì: questa, si capisce, è farsa e testimonia il paradosso:  Frankl, benchè a Auschwitz, resta parte del gruppo umano ottimista e ne trae un punto di vista sbagliato. Consideri tuttavia che è un punto di vista molto attraente, ha allettato per esempio tutti quelli che si sono immaginati che il comunismo sia stata un'esperienza fallimentare perchè guidata da uomini cattivi. No: è la sua ideologia ad essere oppressiva e totalitaria. E così è per l'antisemitismo: esso vive come malattia ideologica capace di trasformarsi da millenni, dai tempi dell'antico Egitto…  Hitler che ha saputo sfruttare il bacino popolare dell'ideologia antisemita genocida che viene agitata periodicamente per scopi politici svariati, e sempre con intenzioni genocide".

D'accordo: Frankl non crede a Betty, e non capisce che il meaning non risolve l'ideologia antisemita. Ma cercare un "significato" l'ha aiutato a sopravvivere. Non è già tanto? Non è un bel risultato morale a fronte della Shoah?
"Certo. Io penso che sia commovente la sua insistenza nel perseguire il bene, che sia infantile il suo credere che l'uomo ha uno scopo morale. Non ce l'ho con lui".

Però disegna un temperamento molto egoista: per sopravvivere finge di ignorare che una copia dei suoi appunti sia in salvo a Vienna e trascina la moglie verso la morte per proteggerli con lui nel Campo; si salva alla fine perchè può usare, senza guardare per il sottile, le scarpe di un compagno morente.. non ci fa una bella figura.

"Ma fu anche generoso, raccontano le sue memorie. Le dirò che a Baku, dove ora la e è stata recitata con molto successo, molti si sono innamorati del suo ottimismo... Io ho letto il libro di Frankl per la prima volta da ragazzo, me lo regalò mia madre, amai, come tanti, l'idea che un  sopravvissuto parlasse di sè e insieme di come si possa migliorare l'anima umana. Poi mi sono reso conto, rileggendolo 40 anni dopo, che qualcosa non andava: la parola ebreo non veniva usata neppure una volta, e nemmeno tedesco... ci sono per Frankl solo anime universali, la gente cattiva e quella buona. Oggi del resto si fantastica sull'idea che i giovani militanti dell'Isis che fanno attentati e tagliano teste siano poveri sfruttati, disgregati socialmente, e che aiutati diventeranno buoni".

Lei stesso, con le sue scelte di vita insieme a quelle della sua intera famiglia, lei che ha militato nell'unità migliore dell'esercito come i suoi due fratelli, un eroe e un primo ministro, lei che fa del sionismo la sua bandiera... Come può pensare che l'idea di ricerca del significato sia un'idea sbagliata? La sua vita è piena di meaning.
"Sì, ma di un meaning realista, non ideologico. La ricerca di significato della vita è per me molto importante. La necessità del popolo ebraico di un suo Stato per la sua sopravvivenza e la sua identità è molto concreto, evidente. Frankl indica nel meaning buono una astratta appartenenza a un'umanità destinata ad essere redenta, come dall'altra parte ci sono i cattivi. Le cose non stanno così".

Per lei l'antisemitismo genocida può essere praticato da chiunque? Colti, ignoranti, cristiani, islamici, ad ogni latitudine?
"Certo,da chiunque aderisca al suo corpo ideologico: è una malattia della mente, la sua vita plurimillenaria l'ha resa una malattia viziosa... L'impero romano di oriente lo contagiò all'Europa Occidentale, l'Europa l'ha contagiata a tutte le altre culture..."

All'Islam?
“A parte dell'Islam. Importante perchè attecchisca e diventi pericoloso è che un leader abile nell'utilizzare l'antisemitismo sia già presente nel popolo.  Hitler quando decide di montare il cavallo antisemita, lo fa perchè sin dai tempi della sua scuola d'arte a Vienna sapeva quanto poteva contare sull'antisemitismo popolare".

Ha ragione chi teme il populismo odierno che può scatenare l'antisemitismo?
" Non direi, solo se ai leader conviene. E se sono abbastanza forti da poterlo fare. Ma oggi è molto difficile immaginare quale convenienza potrebbe avere per un leader europeo ad essere antisemita,soprattutto perchè in questo modo si inimicherebbe Israele. Questa è la grande novità: che adesso Israele esiste".

Però disegnare la fine dell'antisemitismo con la nascita di Israele fu un errore: anzi, ora c'è tutto un antisemitismo israelofobico.
"Non fu un errore: il fatto che gli ebrei non possano più essere oggetto di una guerra di sterminio è la cosa più importante. Possono essere odiati, ma non più sterminati L'antisemitismo è un'ideologia genocida: ora il genocidio non è più possibile. I padri fondatori hanno capito che il popolo ebraico doveva avere la sua casa e anche la sua forza fisica, che occorreva andarsene e potersi difendere. L'antisemitismo oggi è molto meno pericoloso. Oggi l'unico che minaccia direttamente il popolo ebraico è quello puntato contro lo Stato d'Israele con un obiettivo genocida, come quello dell'Iran. L'antisemitismo europeo è odioso e pericoloso per i singoli: può odiarci, ma non eliminarci".

E non ci si può far niente? E' un'ideologia, quindi si potrebbe batterlo con armi ideologiche, con le leggi.
"Sono contrario alle proibizioni, alle condanne penali, alla criminalizzazione: mettere l'antisemitismo nell'ambito della battaglia per la libertà d'opinione è un regalo inutile".

In uno dei dialoghi finali Frankl cerca di bloccare invano il desiderio di vendetta di uno dei suoi compagni di campo di sterminio... lei che ne pensa?
"Penso che il desiderio di vendetta verso chi ti ha ucciso i figli, o i genitori, o la moglie, fosse perfettamente naturale. Ma quando c'è un potere organizzato non si deve prendere la vendetta nelle proprie mani..."

Se lo Stato d'Israele fosse esistito al tempo della Shoah, avrebbe mandato l'esercito?
"E' evidente che se fosse esistito e avesse avuto forza, l' avremmo usata. Purtroppo siamo arrivati dieci anni dopo".

Sono rimasta in pena per il figlio di Betty. Mi dica, il ragazzo morirà?
"Se lo volevo fare morire, sarebbe morto… Invece è all'ospedale".

Allora Frankl forse potrà parlare di nuovo con Betty? Capire la realtà? Darle una speranza?
"Speriamo".

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