Dopo la 'primavera araba', Israele prevede l'autunno caldo
ENGLISH FOLLOWS
Il Giornale, 30 maggio 2011
Sotto la guida di Obama che ha fatto da amplificatore all’ansia dell’Europa, il dialogo fra Occidente e Islam ha acquistato toni surreali e il G8 dei giorni scorsi li ha resi evidenti. A Deuville si è di nuovo e di nuovo esaltato la promessa della Primavera Araba e il contenuto democratico del grande cambiamento. Secondo il nostro “piano Marshall”, a Tunisia ed Egitto andranno ora in dono dai 20 ai 40 milioni di dollari. Non è detto che qualcosa di buono non ne venga fuori prima o poi, ma non ci stiamo cautelando e non cauteliamo, come è nostro dovere, quei popoli di fronte a segnali di profondo antagonismo contro di noi e di estremismo interno che minacciano di travolgere, in una frana bellica, primavera, estate, autunno e inverno.
Per decenni le autocrazie mediorentali hanno fatto pagare alla loro gente la dittatura e noi, in cambio di una parvenza di stabilità, lo abbiamo consentito. Ora potremmo essere noi, l’Occidente, l’Europa, Israele, coloro che l’indottrinamento dei nostri protegé al loro popolo ha designato a pagare il prezzo ultimo.
Lo scenario mostra qualcosa che non vogliamo nominare: si chiama guerra. In Libano l’assalto ai nostri soldati è un chiaro segnale di Bashar Assad per spiegare che in Siria ucciderà tutti i dissidenti che vuole e che è vietato occuparsene; ma è anche un invito allo sgombero per l’UNIFIL, la forza di interposizione dell’ONU fra Israele e Libano. L’UNIFIL non è servita a molto a causa delle sue regole di ingaggio: sotto il suo naso il riarmo degli Hezbollah, la milizia sciita armata mossa dalla Siria e dall’Iran, è stato enorme, ora è pronto a colpire con migliaia di missili anche Tel Aviv. Ma è servita a evitare le incursioni e lo stillicidio di missili sulle cittadine israeliane. Cacciare UNIFIL significa che gli italiani, o gli spagnoli, non stiano nel mezzo a intralciare il fuoco contro Israele. E non c’è gruppo locale che attaccherebbe senza il permesso di Hezbollah. Che Hezbollah pensi alla guerra, lo si deduce da tutti i movimenti dell’area.
I Paesi arabi in questi ultimi due giorni, mentre prepariamo i nostri regali, hanno fatto due mosse: la prima, combattere la risoluzione europea che, su proposta inglese, francese e tedesca, condanna gli eccidi di Assad in Siria. L’Organizzazione della Conferenza Islamica (57 stati) ha mandato una lettera all’ambasciatore francese all’ONU, Gerard Araud, chiamando la bozza “un’interferenza negli affari interni siriani”. I cinesi e i russi a loro volta sono convinti che si tratti, come dice il vice ministro degli esteri Sergei Ryabkov, “fuori tempo e inutile”.
Nel frattempo la Lega Araba ha approvato la richiesta di Abu Mazen, contro la presa di posizione americana sancita dallo stesso Obama qualche giorno fa, di schierarsi per la richiesta di riconoscimento unilaterale di settembre di uno Stato Palestinese all’ONU. Una posizione molto estremista specie dopo l’unificazione fra Fatah e Hamas: Abu Mazen a Doha ha aggiunto che in nessun caso intende sedersi di nuovo con Israele e ha anche esclamato che uno Stato Palestinese sarà “purgato da ogni presenza ebraica”, Judenrein insomma. Tutta la Lega e in particolare il Qatar hanno incitato a “congelare il processo di pace”. Il Qatar è particolarmente vicino all’Iran e questo ci porta all’Egitto, che, con un clamoroso gesto di apertura nei confronti di Hamas, ha aperto il valico di Rafah: adesso è libero il passaggio, l’importazione, l’esportazione, di uomini e oggetti, certo non solo caramelle, per lo staterello dell’organizzazione terrorista. Mubarak combatteva Hamas che importava terrore non solo in Israele ma anche a casa sua, dove era sodale della Fratellanza Musulmana. L’Egitto ha lasciato fiorire in questi mesi post Mubarak una Fratellanza che si dimostra la più organizzata fra le forze politiche, ma soprattutto ha creato un’autostrada di rapporti privilegiati con l’Iran: trattati, scambio di ambasciatori, passaggio dal Canale di Suez. Un’alleanza sunnita-sciita collaudata fin’ora da chi è partner nella guerra di jihad (Hamas-Iran, Bin Laden-Iran).
Non sta fermo ad aspettare l’altro grande protagonista sunnita, l’Arabia Saudita, che per supplire all’assenza degli USA come ago della bilancia e difensore ultimo, sta mettendo insieme una larga alleanza che comprende anche il Pakistan, la Malesia, l’Indonesia, gli Stati dell’Asia Centrale. Ha proposto persino un’allargamento del Consiglio del Golfo al Marocco e alla Giordania. Tutto questo, per essere pronti a ciò che veramente promette la Primavera Araba, ovvero una ripresa a settembre su cui potrebbe lanciarsi l’Iran con Hamas, Hezbollah, Siria. Il riconoscimento di uno Stato Palestinese da parte dell’ONU può creare la reazione eccitata di chi immagina di far fuori Israele per vie burocratiche prima, e poi seguire con le vie di fatto; e, in caso di rifiuto dell’ONU, è all’orizzonte una ben probabile jihad di ira. In ambedue i casi l’Iran, più ancora dei palestinesi, prepara un settembre movimentato in combutta con tutti i nemici di Israele. Occhio prima di distribuire aiuti.
After the "Arab spring", Israel waits for the hot autumn
Originally published in Il Giornale, May 30, 2011
The dialogue between the West and Islam has reached surrealistic tones, which have become clear during the recent G8 under the supervision of President Obama, who boosted Europe's concerns. The leaders at the meeting in Deuville annonunced their support for the Arab Spring and its consequent democratic change. According to our "Marshall Plan", Tunisia and Egypt will receive between 20 and 40 million dollars. It does not mean that nothing good will come out of all this, but we are not taking precautionary measures to protect ourselves and those peoples which are faced with indications of internal extremism as well as antagonism against ourselves. These antagonism and extremism risk tearing the spring apart and, with it, summer, autumn and winter in a wave of war.
For decades, Middle-Eastern auocracies made people pay the price of their dictatorship and we permitted that, hoping for stability. Now it may be our turn, the West, Europe, Israel, to pay the price of the indoctrination carried out by our protégés on their own citizens.
The political scene suggests something we do not want to hear: war. In Lebanon, theassault on our soldiers is a clear indication that in Syria Bashar Assad is going to kill all dissidents and that it is forbidden to intrude into his internal affairs. It also represents a call for UNIFIL's evacuation, the UN peace-keeping force in Southern Lebanon. UNFIL has not served its purpose because of its limited mandate: the massive rearmament of Hezbollah, the Shiite militia backed by Syria and Iran, happened under the eyes of the UN mission, and now it is ready to strike even Tel Aviv with thousands of missiles. However, UNIFIL was necessary to prevent infiltration and missiles dripping over Israeli towns. To expel the UN contingent would mean to removing Italians and Spanish soldiers from the sights, exposing Israel directly to the enemy fire. Moreover, there is no local armed group that would attack without Hezbollah's permission, and it is clear from the movements in the area that Hezbollah is getting ready for war.
During the last two days, the Arab countries have made two moves: first, opposing the European resolution, advanced by English, French and Germans, which condemns Assad's slaughters in Syria. The Organisation of the Islamic Conference (57 States) sent a letter to Gerard Araud, French Ambassador at UN, defining the European proposal as "interference with internal Syrian affairs". Chinese and Russians argued that it is, as vice-Minister of Foreign Affairs Sergei Ryabkov says, "beyond time limits and useless".
Meanwhile, the Arab League approved Abu Mazen's request to back the unilateral declaration of Independence of Palestine in September, an extremist position consequent to Fatah and Hamas unification. At Doha, Abu Mazen also said that he does not intend to negotiate directly with Israel and declared that a Palestinian State will be "purged of Jews", i.e. Judenrein. The whole League and Qatar in particular, encouraged the freeze of the peace process. Qatar is also very close to Iran. Meanwhile Egypt opened the Rafah Border Crossing in a generous concession to Hamas. Now people are free to move, import and export any kind of goods and not only candies. Mubarak used to fight against Hamas, which spread terror not only in Israel but also in Egypt, where it was supported by the Muslim Brotherhood, now the most organised political force. The Muslim Brotherhood has tightened special relations with Iran: agreements, diplomatic recognition, transit in Suez Canal. What seals this alliance is jihad, as in other alliances such as Hamas-Iran and Bin Laden-Iran.
The other major Sunni player, Saudi Arabia, is not standing still: it is trying to set up a large alliance, including Pakistan, Malaysia, Indonesia and Central Asian States, to compensate the lack of US leadership. For this purpose, Saudi Arabia has advanced a proposal of enlargement of Gulf Council's members to include Morocco and Jordan. All these moves aim at reacting to the renewed Arab Spring in September, which Iran, Hamas, Hezbollah and Syria may play a fundamental role. The recognition of a Palestinian State by the UN could excite those who want to get rid of Israel, bureaucratically first and then factually. If UN does not approve this measure a jihad of rage would be on the way. In both cases, Iran more than the Palestinians is preparing for an animated September in cahoots with all Israel's enemies. Beware before dishing off aids.
Attualmente Hamas, complice il primaverile Egitto del dopo Mubarak, può tenere sotto scacco il sud di Israele, con missili e proiettili da mortaio da 120mm, per 66 giorni. Certo che se da Rafiah si bloccano le persone e non si riesce a fermare lo smugglig, tutto diventa difficile. A nord si prevedono manifestazioni violente da parte di persone provenienti da Libano e Siria. Di più. Meir Degan avverte che Israele non potrà fermare il progetto atomico iraniano. Potrà solo rallentarlo. Anche bombardando Busher e i siti collegati.Bene. Di una cosa, però, sono certo. Quelli, quando l'atomica ce l'avranno ce la tirano addosso. E, io, sto ancora qui a firmare appelli contro il progetto di Obama di riportare i confini di Eretz a quelli del '67. La sensazione è sempre la stessa: essere circondati da persone che ci odiano o quando non lo fanno si interessano al problema poco o male. Lunedì ho sentito al tuo meeting una signora palestinese che diceva:..."l'Islam non possiede in se il concetto stesso di democrazia e quello di libertà." Ecco, appunto. Ciao Fiamma, buon lavoro. E, tieni duro.
Ilaria Arri , Rivoli (To)
Carissima Fiamma Nirenstein,quando seppi della Primavera islamica, non sospettai di una così tragica realtà.Purtuttavia, io penso che si dovrebbero mandare aiuti mirati alle popolazioni, senza tralasciare il fatto che sono anch'essi esseri umani, stando però attenti che non si passi dagli aiuti umani agli interessi privati.Un saluto e un abbraccio, Ilaria