Fiamma Nirenstein Blog

La guerra antisemita contro l'Occidente

7 ottobre 2023 Israele brucia

Jewish Lives Matter

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein

Museo del popolo ebraico

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein in esclusiva da Gerusalemme: Hezbollah, armato dall'Iran, ai confini di Israele

venerdì 1 febbraio 2019 Generico 0 commenti
Cari amici,

oggi, 01/02/2019, IC pubblica in esclusiva un mio nuovo video sull'Iran degli ayatollah che si espande aggressivamente in Medio Oriente ed è una minaccia non solo per Israele e per i Paesi arabi sunniti pragmatici, come Egitto Giordania e Arabia Saudita, ma anche per tutto il mondo libero. La Siria è il nuovo campo di battaglia scelto da Teheran per colpire Israele. Il grande pericolo per Israele arriva da Nord.

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Confine Israele Libano: davanti al villaggio degli Hezbollah da cui escono i tunnel usati per compiere attacchi all’interno del territorio israeliano



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Confine Israele Libano: l'ingresso a uno dei tunnel costruiti da Hezbollah per compiere attacchi all’interno del territorio israeliano

Strappo Israele-Onu, soldati via da Hebron compresi gli italiani

giovedì 31 gennaio 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 31 gennaio 2019

C'era una volta una forza dell'Onu che doveva tenere a bada la situazione di Hebron, uno dei punti più delicati del conflitto israelo-palestinese. Il suo none: Tiph, Temporary international presence in Hebron, ma era temporanea per modo di dire dato che esisteva dal 1979. Ovvero, ancora esiste, ma un paio di giorni fa Netanyahu stesso ha annunciato che non rinnoverà questa presenza, che deve essere confermata ogni sei mesi: andranno a casa norvegesi, svedesi, svizzeri, turchi e anche italiani, nel dispiacere del ministro degli Esteri italiano Moavero che ha espresso «rammarico» durante una sua visita di tre giorni a Gerusalemme e poi nell'Autonomia Palestinese. Ma perché rammaricarsi? In realtà, non c'è di che, certo la Tiph non ha promosso simpatia né dialogo. Dall'inizio questa forza ha avuto una posizione fortemente protettiva e amichevole nei confronti dei palestinesi, che per altro a Hebron hanno una forte roccaforte di Hamas e una base terrorista, ma a quel tempo ce n'era una buona ragione: la Tiph fu istituita quando un assassino ebreo, il famigerato Baruch Goldstein, un residente del sobborgo di Kiriat Arba, compì una strage di 29 musulmani in preghiera nella moschea sita nella sinagoga costruita sulla Tomba di Abramo, Isacco e Giacobbe. [...]

Mediorientale

martedì 29 gennaio 2019 Generico 0 commenti
Cari amici,
cliccando qui potrete riascoltare e leggere la trascrizione della rubrica di questa settimana Il Medio Oriente visto da Gerusalemme condotta da Massimo Bordin con il quale abbiamo discusso i seguenti argomenti: accordi Internazionali, Aiuti Umanitari, Armi, Barak, Danimarca, Democrazia, Destra, Digitale, Discriminazione, Ebraismo, Ebrei, Economia, Elezioni, Esercito, Esteri, Forze Armate, Francia, Gerusalemme, Giustizia, Guerra, Hamas, Hariri, Hezbollah, Informazione, Integralismo, Iran, Irlanda, Islam, Israele, Istituzioni, Libano, Lieberman, Malattia, Mass Media, Medicina, Medio Oriente, Missili, Netanyahu, Nucleare, Omosessualita', Onu, Pace, Pacifismo, Palestina, Palestinesi, Partiti, Pena Di Morte, Pil, Politica, Putin, Qatar, Ricerca, Russia, Sanzioni, Scienza, Sicurezza, Singapore, Sinistra, Sionismo, Siria, Societa', Sviluppo, Tecnologia, Territorio, Terrorismo Internazionale, Usa, Violenza.

L'antisemitismo torna nella sua patria: l'Europa

sabato 26 gennaio 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 26 gennaio 2019

La mancanza di memoria è una malattia: nei casi migliori riguarda alcuni particolari dell'evento che si cerca di ripensare, nei casi peggiori è uno svisamento totale, come quello dell'Alzheimer. Possiamo dire per esempio che la negazione della Shoah è un caso di Alzheimer culturale e morale, ed è peggiore della terribile malattia perché è volontaria. Chi la pratica molto spesso sa bene di mentire, ma lo fa in nome di una profonda avversione agli ebrei: è la sua propensione antisemita che, per paura che gli ebrei possano avvantaggiarsi (pensiero idiota) della memoria di ciò che è accaduto, preferiscono negare l'evidenza storica. D'altra parte, quando l'UNESCO nega che Gerusalemme sia legata al popolo ebraico, pratica l'Alzheimer antisemita. Non c'è scandalo in questa comparazione. Il nesso fra l'oblio della Shoah o del rapporto fra la Terra di Israele e il suo Popolo sono due forme di negazionismo finalizzate a obliterare il popolo ebraico. Quindi è molto importante e positivo che domani il Giorno della Memoria sarà celebrato in Italia con tanto impegno, con l'appassionata partecipazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con l'apporto dei ragazzi delle scuole, con l'orgogliosa rivendicazione di tutto quello che si fa quanto a programmi di educazione, viaggi ad Auschwitz, discorsi pubblici, e soprattutto, cosa che forse resta la migliore e la più importante, incontri con i sopravvissuti che ancora ci beneficano con i ricordi e la forza della loro presenza vicino a noi. La memoria in sé è meravigliosa, e quella della Shoah in particolare, perché contiene un carico sovrastante di insegnamenti universali sul limite estremo cui possono arrivare la malvagità umana e, per converso, l'amore della vita e dell'eroismo degli uomini e persino dei bambini di osteggiare la belluinità umana con la sopravvivenza. Penso ai miei meravigliosi parenti divorati dal fuoco di Sobibor e di Auschwitz, i polacchi e gli italiani, ai piccoli fratelli del mio babbo che ha scampato per un soffio la deportazione e l'eccidio, e il mio cuore oltre che di pena si riempie di insopportabile dolore. Ma la memoria della Shoah è anche politica, ovvero dovrebbe servire a evitare che accada di nuovo. Never again: dovrebbe, cioè, battere l'antisemitismo. Invece non funziona. La sua paradossale crescita è sotto gli occhi di tutti, e ciò che fa più specie è la dimensione ciclopica che ha preso in Europa, la madre dell'antisemitismo genocida, proprio dove lo sforzo della Memoria e delle sue varie «giornate» si è prodigato. Non indugerò sui dati: gli episodi di violenza, di disprezzo, di omicidio odi solidarietà con l'omicidio variano dai giubbotti gialli, a Corbyn, alle aggressione musulmane e neonaziste. I serial killer jihadisti in Francia hanno già ammazzato bambini ebrei e donne sopravvissute alla Shoah, giovani parigini e passanti con la kippà.[...]

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein in esclusiva da Gerusalemme: "L'Iran si avvicina a Israele"

venerdì 25 gennaio 2019 Generico 0 commenti
Cari amici, 

oggi, 14/01/2019, IC pubblica in esclusiva un mio nuovo video sul l'Iran degli ayatollah che si espande aggressivamente in Medio Oriente ed è una minaccia non solo per Israele e per i Paesi arabi sunniti pragmatici, come Egitto Giordania e Arabia Saudita, ma anche per tutto il mondo libero. La Siria è il nuovo campo di battaglia scelto da Teheran per colpire Israele.


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Siria, Israele non si nasconde «Nostri gli attacchi all'Iran»

martedì 22 gennaio 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 22 gennaio 2019

"Siamo veramente impazienti di eliminare il regime sionista. I nostri giovani piloti non vedono l'ora di scontrarsi col regime sionista e di eliminarlo dalla faccia della terra". Così ieri Aziz Nasirzadeh, uno dei generali delle Forze di Quds, la sezione estera delle Guardie della Rivoluzione, poche ore dopo che i caccia israeliani hanno lanciato all'alba un attacco massiccio contro obiettivi iraniani all'aeroporto di Damasco in cui sono rimasti uccisi 11 soldati secondo le fonti siriane, 4 secondo quelle russe. Niente di nuovo nelle dichiarazioni di antisemitismo genocida dell'Iran, ormai una autentica antologia di ottusa ferocia. E nemmeno negli attacchi di Israele alle strutture iraniane (depositi di armi, strutture di intelligence...) in Siria, che secondo il capo di Stato maggiore uscente Gadi Eisenkot sono migliaia. Ma di cose nuove invece ce ne sono parecchie in ciò che è accaduto nelle ultime ore, e nessuna promette bene.

La prima: qualche ora prima dell'ultima tornata di scontri che è in corso da tre giorni prima il Capo di Stato maggiore e poi il Primo ministro Benjamin Netanyahu stesso hanno rivendicato pubblicamente a Israele la paternità degli attacchi. Un gesto che contraddice decenni di ambiguità, che invita il nemico a confrontarsi direttamente con una richiesta che da parte di Israele è sempre la stessa ma è sempre più dura: vattene dal mio confine, non consentiremo che sia stabilito qui uno Stato siriano vassallo delle Guardie della Rivoluzione.  In particolare, chi doveva ascoltare l'invito stavolta era il grande generale cui è affidata l'espansione dell'Iran impegnato nella rivoluzione islamica mondiale, Qasem Suleimani. Dopo che Israele aveva causato il ritorno in Iran di un aereo carico di suoi colleghi della Guardia di Quds diretto a Damasco, piccato dall'atteggiamento israeliano diretto e minaccioso e preoccupato forse che Khamenei lo giudicasse indeciso rispetto alla tenuta sciita in Siria, ha deciso per il lancio di un missile terra-terra di grandi dimensioni, capace di una gittata di 300 chilometri, lanciato non su obiettivi militari ma sui campi di sci (gli unici di Israele, molto frequentati in questi giorni di neve) del Monte Hermon.  Per fortuna "Iron Dome" il sistema israeliano di difesa antimissile ha bloccato l'attacco. Suleimani, pare, aveva preparato quel missile speciale: un analista famoso, Ron Ben Yshai, ritiene che ne abbia curato il lancio personalmente. [...]

Mediorientale

lunedì 21 gennaio 2019 Generico 0 commenti
Cari amici,
 
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I 40 anni dalla cacciata dello Scià di Persia

venerdì 18 gennaio 2019 Il Giornale 0 commenti
 
Il Giornale, 18 gennaio 2019

(Gerusalemme) La rivoluzione di 40 anni fa fu una marea che travolse le piazze: la gente infuriata dopo il fortissimo contraccolpo provocato dalla contrazione dei consumi dopo il boom della rivoluzione del petrolio del '73 e del conseguente disagio sociale, si vendicò sulle aspirazioni moderniste dello Scià Reza Pahlavi, facendone il nemico pubblico numero uno. Con le sue giacche bianche e oro, con le sue bellissime mogli (prima Soraya, poi Farah Dhiba), le feste in cui parlava in varie lingue con i diplomatici del mondo, l'atteggiamento filoamericano, Pahlavi suscitò un'ira che ne fece un obiettivo da distruggere per la folla esaltata dai discorsi infiammati che Khomeini spediva su nastro dall'esilio parigino. Khomeini appariva forse a Pahlavi come un vecchio pazzo che bastava esorcizzare con la lontananza e comunicò forse la stessa sensazione a Jimmy Carter che non se ne curò, anzi lo favorì con un atteggiamento simile a quello degli Usa con la Primavera araba.

«Lo Scià era un personaggio complicato - dice la giornalista Ruthie Blum autrice di To hell in a handbasket: Carter, Obama and the Arab Spring - che a lato della repressione coltivava un'aspirazione che fu colpevolmente ignorata dal mondo democratico: l'occidentalizzazione del suo Paese». Per attuarla Pahlavi non risparmiò vessazioni ai suoi oppositori, prigioni e torture: «E tuttavia cercò di aprire la strada all'emancipazione femminile - insiste la Blum -, su cui poi gli Ayatollah si sono presi la peggiore vendetta. Ma più di tutto cercò di aprire la porta al mondo, cosa che gli americani non hanno capito sbagliando tutto fino all'occupazione dell'ambasciata del 4 novembre 1979, quando si apre un'era di conflitto per le aspirazioni imperialistiche di Khomeini». Khomeini ha già spiegato nei suoi testi che tipo di società intende istituire e quanto per lui sia importante fare dell'Iran la base della conquista del mondo: l'unico a capirlo leggendolo in farsi è il grande storico Bernard Lewis, che non viene ascoltato. Ma i moti di piazza non sono sempre forieri di giustizia e libertà come ama pensare il mondo progressista del tempo: i corrispondenti di quasi tutti i giornali si entusiasmano, si lanciano in condanne dello Scià mentre lodano la rivoluzione. Manca del tutto una coscienza mediorientalista per spiegare quello che sta succedendo e che sarà poi destinato ad azzannare il mondo occidentale fino a oggi. Ma è difficile capire: gli iraniani non sono arabi, e quindi per loro, a differenza dei sunniti, la Jihiliyya, o «epoca dell'ignoranza» preislamica, non è fonte di vergogna: per gli sciiti iraniani gli arabi sono «bevitori di latte di cammella e mangiatori di lucertole che osano aspirare al trono divino». L'ambizione sciita si organizza oltre che sulla religione, anche sulla memoria dell'impero persiano: eredi di un passato imperiale col culto del martirio e anche della Taqiyya, la dissimulazione. Questo, li ha poi resi abilissimi negoziatori sulla questione atomica. Nel 1979 Khomeini che si prepara a tornare a Teheran istituisce la Repubblica Islamica e con essa una Costituzione che chiama alla «continuazione della rivoluzione in casa e fuori». E spiega: «Non è per patriottismo che agiamo, patriottismo è un altro nome del paganesimo.[...]

Gaza, 3 carabinieri assediati da Hamas

mercoledì 16 gennaio 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 16 gennaio 2019

(Gerusalemme) Tre carabinieri italiani si sono rifugiati a Gaza nella sede dell'Unrwa, l'agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, dopo un drammatico inseguimento da parte degli uomini armati di Hamas che ancora ieri sera, da lunedì, li tenevano sotto assedio. Sembra che la pattuglia italiana fosse entrata a Gaza per una missione Onu, che la loro auto in movimento abbia suscitato i sospetti delle forze di Hamas, e che esse abbiano intimato l'alt. Da questo rifiuto è nato un inseguimento accompagnato da uno scontro a fuoco, e fra gli spari i nostri connazionali sono riusciti a trovare rifugio nell' edificio dell'Onu. Hamas non si è tirato indietro di fronte alle mura della istituzione internazionale e ha chiesto la consegna dei tre militari, riuscendo nel corso della trattativa a verificarne l'identità coi documenti, a interrogarli, a esaminarne le armi. I tre ora sono nella pericolosa condizione di assediati e di sospettati: perché la polizia di Hamas, secondo Arab21, nonostante l'Onu abbia ripetuto che «si tratta di tre cittadini con passaporto italiano in missione autorizzata a Gaza» sospetta un'operazione coperta di forze israeliane, e dice che «i tre potrebbero essere membri delle forze speciali israeliane».[...]

Un terrorista resta un terrorista

martedì 15 gennaio 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 15 gennaio 2019

Cesare Battisti se l'è cavata per tanto tempo grazie al fatto che la cosa più orribilmente evidente che ci sia, il terrorismo, non viene capito per quello che è. Un crimine. Talvolta, per strano che possa apparire, il terrorismo mostra un volto così vano e trito rispetto al comune sentire, alla cultura corrente, al disastro in sangue e dolore che comporta, che si riesce per un istante a capire perché non esiste una sua definizione. Per l'Onu non esiste altro che una «Convenzione comprensiva» ma una definizione comune non è mai stata raggiunta. È dal 1937, con la Lega delle Nazioni, che quando diversi popoli si siedono insieme a discutere non riescono a trovarsi d'accordo. E così persino adesso, l'estradizione di Battisti ad alcuni appare, oltre che tardiva, anche un po' inutile, di contenuto incerto e fragile, un'acquisizione politica ma non morale. In fondo, chi è questo sedicente scrittore, spesso fotografato mentre sorride e non c'è niente da ridere, coccolato da un mondo nel tempo diventato perdente e inutile? La risposta è semplice: è un terrorista, e quindi deve scontare la sua pena. E questa sarà una pietra fra le tante (qui in Israele si combatte questa lotta ogni giorno) della lotta al terrorismo che costruiscono una comune coscienza: un terrorista non è un «Freedom fighter», un combattente per la libertà, ma un delinquente anche se è un cretino o uno squilibrato, anche se è un disgraziato, un emarginato, un mitomane, anche se è, soprattutto, motivato ideologicamente in modo assoluto a fare ciò che ha fatto. E Battisti ha ammazzato quattro innocenti, direttamente o per interposta persona. Fra i tentativi di definizione quelli che più convincono parlano di persone che usano indiscriminatamente la violenza come mezzo per creare terrore fra la gente in modo da raggiungere uno scopo politico e religioso.[...]
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