VIDEO The Migration Wave into Europe: An Existential Dilemma (Jerusalem Center for Public Affairs)
Presentation to an exclusive gathering of the Diplomatic Corps of the recently published study "The Migration Wave into Europe: An Existential Dilemma," edited by Fiamma Nirenstein a senior fellow of the Jerusalem Center for Public Affairs
Watch here To read the full study go to: Offerte e incognite tra Pasdaran e Hamas
Il Giornale, 24 giugno 2019
Tutto si muove a Gerusalemme. E' arrivato il consigliere strategico di Trump, John Bolton per l'inusitato summit USA-Russia-Israele che inizia oggi. I tre consiglieri strategici dei primi ministro parleranno di Siria, di Iraq, di Iran.. e che affrontino, loro tre, l'assetto del Medio Oriente di certo non fa stare allegri gli Ayatollah, e nemmeno i palestinesi. Trump ha graziato l'Iran all'ultimo minuto dopo l'abbattimento del drone richiamando i suoi aerei, e ha detto che spera non solo nella pace, ma in un futuro prospero e stabile per l'Iran stesso. Una visione che si va disegnando sempre di più, quella di un uomo d'affari che intende fornire al mondo non una leadership militare, ma delle ragioni cogenti per capire che la vita deve essere vissuta per quello che ha da offrire oggi, e non come un disegno divino di predominio. [...]
Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein in esclusiva da Gerusalemme: "Lampi sul Medio Oriente: verso una guerra per fermare l'Iran nucleare?"
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Teheran è il problema del mondo. Gli Usa e il dilemma della guerra
I capi politici palestinesi si aumentano gli stipendi e la gente muore di fame
(Gerusalemme) C'è modo e modo di essere corrotto. Ma quando lo si fa roteando una spada che annuncia l'avvento della giustizia per tua mano, la cosa diventa particolarmente penosa. È quello che accade all'Autonomia palestinese di Abu Mazen in questi giorni: in nome della resistenza contro il nemico sionista ha rifiutato le tasse che Israele era come al solito pronto a conferirgli anche se decurtate del budget previsto per i terroristi in carcere, e per questo ha tagliato gli stipendi dei dipendenti civili e militari dal 40 al 60 per cento, penalizzando soprattutto la gente di Gaza, che non gli è molto simpatica politicamente... Ma poi, il governo palestinese si è fatto scoprire con le mani nel sacco. Aveva infatti deciso nel 2017 un aumento degli stipendi dei suoi ministri del 67% e lo aveva addirittura reso retroattivo al 2014, un bell'accumulo di shekel. Il primo ministro Mohammed Shtayyeh guadagna sui 6mila dollari al mese e i ministri sono arrivati dai 3mila ai 5mila dollari. Più gli arretrati. Abu Mazen, che è presidente dal 2005 (secondo la legge avrebbe dovuto restarlo per quattro anni) ha approvato la decisione e non l'ha resa pubblica: ci hanno invece pensato, inferociti, i social media e il tamtam della gente impoverita, stanca, disoccupata. La crisi economica è un dato permanente nella vita palestinese, così come lo è l'infinita corruzione che alcuni coraggiosi, incuranti delle sicure rappresaglie, periodicamente denunciano. Chi scrive ha incontrato più volte persone di tutto rispetto perseguitate da minacce molto sostanziali, esasperate e inutilmente desiderose di comunicare la loro disperazione. I torti subiti, l'impunità nel fornirsi di pubblico denaro spesso donato da Paesi terzi delle classi dirigenti sono nelle mani dei boss locali: questi, su base di amicizia e di forza tengono soggiogati interi gruppi sociali, e sotto la cenere cova, insieme alla miseria che nasce dal rifiuto di occuparsi di qualcosa che non sia la diffamazione e la guerra continua contro Israele, una ribellione che a Gaza è anche scoppiata in piazza. [...]
Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein in esclusiva da Gerusalemme: "Amir Ohana, in Israele il primo ministro omosessuale con figli"
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Mediorientale
Di destra, sposato e con due figli Israele si divide sul ministro gay
Iran: la strategia di Trump
Via Lattes, per Wanda
Appello al sindaco Nardella di tante firme illustri per l’intitolazione di una strada. Le figlie: «L’Oltrarno era la sua passione». «Per lei Firenze era un miracolo, l’ha difesa dai nazisti»
Il Corriere Fiorentino, 3 giugno 2019
Guardiamo Firenze con gli occhi di Wanda Lattes: innanzitutto piazza Pitti. Durante la lotta di liberazione è lì che abitava Carlo Levi, mentre scriveva il suo capolavoro Cristo si è fermato a Eboli. Wanda aveva 20 anni quando si attaccò al suo campanello, a tarda sera. Aveva con sé la madre e la sorella bambina. I fascisti avevano appena arrestato suo padre e temendo che durante l’interrogatorio potessero estorcergli qualche informazione, le ragazze scapparono di gran furia. D’improvviso Wanda si ricorda di Levi, di quella casa dove era stata tempo prima. Bussa e chiede rifugio allo scrittore piemontese. Lui le fa salire, e le consegna la casa per alcuni giorni. Salvandole. È sempre in piazza Pitti che poco tempo prima Wanda Lattes, trafelata, era entrata in una sede segretissima dei partigiani. «Ci volle andare per trovare un modo di salvare il nonno — ricorda la figlia Fiamma Nirenstein — nonostante la paura di essere scoperta e di rivelare così il nascondiglio».
Poi, piazza del Carmine. Lì Wanda con la sua famiglia viene salvata
dai rastrellamenti, grazie al sarto Paoletti, conosciuto pochi anni
prima in vacanza a Pietrasanta. «Mio nonno scese giù da Bellosguardo col
carretto pieno di materassi» racconta un’altra delle tre figlie, Simona
Nirenstein. Da «una soffiata» erano venuti a sapere che «quella notte
sarebbero arrivati i tedeschi» a portare via tutte le famiglie ebraiche.
«Ogni volta che passavamo dal Carmine ci raccontava un aneddoto di quel
periodo — prosegue Simona — il cecchino che le sparò in via delle Terme
mentre correva in bicicletta, la gentilezza del sarto… Ogni angolo era
intriso di un amore enorme. L’Oltrarno era la sua passione. Come il
fiume, che voleva guardare da ogni punto di vista possibile». Simona si
commuove: «Tutto l’Oltrarno è punteggiato di questi ricordi commoventi».
E Susanna, la terza figlia, sospira: «Per lei Firenze era perfetta». [...]