Una campagna elettorale transitoria (e povera di contenuti) sotto attacchi terroristici permanenti
domenica 1 settembre 2019 Generico 0 commenti
Shalom.it, settembre 2019La campagna elettorale in Israele non è certo stata caratterizzata da uno scontro di idee. Non è stato un momento di confronto politico, in cui le forze in campo abbiano presentato al pubblico sofisticati piani di miglioramento, disegni strategici particolari, in cui si siano contrapposte l'una all'altra come usava nel passato. Il blocco di destra da una parte, quello di sinistra dall'altra, hanno puntato solo a guadagnare quel punto in più che consente di avere 61 seggi in un parlamento di 120 deputati.
Gli ultimi giorni sono stati, in Israele, una sequela di attacchi terroristi. Solo nel fine settimana appena trascorso lungo il confine con Gaza la notte ha consentito a svariati gruppi di terroristi di penetrare in Israele; da cielo un ordigno esplosivo ha colpito una jeep dei soldati israeliani di guardia sul con fine; cinque missili di Hamas sono piovuti su Sderot, due donne sono ricoverate all'ospedale in stato di shock; in Samaria un padre e figlio che si erano avventurati dal dentista nel villaggio di Azun sono stati accoltellati e il ragazzo diciassettenne è grave; al nord dalla Siria e dal Libano la minaccia incombe da quando gli hezbollah hanno intrapreso, agli ordini dell'Iran, i loro attacchi programmati. Israele risponde a una situazione di conflitto permanente che ondeggia, secondo un diagramma fisso di picchi e depressioni, e rischia ad ogni istante l'esplosione.
I prodromi di questa situazione nelle due ultime settimane hanno quasi portato all'esplosione di un conflitto totale, che il mondo ignora, o non percepisce, o non vuole conoscere. Anzi: l'Unione Europea giocherella, mentre Macron prende il posto di Obama, con l'Iran, l'epicentro del rischio mondiale contemporaneo: invece di analizzarlo per quello che è gli permette di giocare la carta di una diplomazia che vuole nascondere lo scopo della Repubblica degli Ayatollah: imporre l'Islam al mondo.
Israele nella notte del 24 agosto ha attaccato in Siria una cellula operata dalla Guardia Rivoluzionaria Iraniana che stava lanciando un drone carico di esplosivo; poi ha colpito Dahyyeh, la fortezza degli Hezbollah a Beirut in Libano, per mettere fuori giuoco la fabbrica dei nuovi missili di precisione destinati a Israele. Due operazioni indispensabili, come ormai se ne presentano molte nella Siria dove Assad basa il sui potere sull'aiuto iraniano e degli Hezbollah, e in Libano dove gli Hezbollah dominano. Si tratta di tutto il confine nord, e l'Iran ha la sua forza anche in Iraq e in Yemen. L'Iran ha messo le sue mani anche su Hamas e la Jihad Islamica a Gaza.
In una parola, le elezioni del 17 settembre, persino quando si sentono urla e offese mortali come tutto in Israele avvengono in un Paese eroico che di nuovo si presenta come la villa della democrazia in mezzo alla giungla.