Fiamma Nirenstein Blog

Ma la religione non c’entra: i minareti sono simboli politici

giovedì 3 dicembre 2009 Il Giornale 21 commenti

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Il Giornale, 3 dicembre 2009


Per parlare della decisione svizzera di bandire i minareti, innanzitutto avvertirò che nei miei anni come corrispondente da Gerusalemme ogni notte, alle 4, ben prima del gallo, dalla valle sotto casa mia ho dovuto subire il canto del muezzin da una vicina moschea, e non lontano da lui, l’eco di molte altre voci simili. Mai, tuttavia, ho pensato che quel muezzin dovesse star zitto. Nel suo villaggio non canta per farsi sentire anche da me, ma per chiamare i suoi alla preghiera. Questa è libertà religiosa, e Gerusalemme la dà a tutti.

Pensare che laggiù cercasse di affermare un messaggio politico oltre che religioso significherebbe andare oltre ciò che è legittimo per una persona democratica, liberale, rispettosa della cultura, della religione altrui. Di fatto l’islamofobia, salvo per alcuni casi patologici, è un’invenzione dell’Onu, quando nel 2004 il segretario Kofi Annan la definì ufficialmente causa della frustrazione di molti musulmani, senza dedicare una parola alla jihad che allora impazzava e ad altri immensi problemi. Infatti, nella sua maggioranza, l’Islam ufficiale, nei suoi luoghi d’origine e all’estero, non ha accettato la dichiarazione universale dei diritti umani, contrapponendovisi con altre come la Dichiarazione del Cairo che afferma «ognuno ha diritto a sostenere ciò che è giusto, e a mettere in guardia contro ciò che è sbagliato e malvagio in conformità con la Sharia islamica».

Al fondo della problematica che ha condotto gli svizzeri a rispondere di no a nuovi minareti non c’è una scarso rispetto della libertà religiosa. Non c’è nemmeno la perdita di identità che ora ci fa correre, sbagliando, a chiedere di mettere una croce sulla bandiera. Non c’entra nulla. C’è una quantità di semplici ragioni di diffidenza che impediscono di desiderare l’allargamento dell’Islam. Né si deve immaginare che la scelta inviti i musulmani all’estremismo: ben altre ragioni guidano lo jihadismo, che è nutrito solo da se stesso, dalla decisione indefettibile di convertire il mondo. Gli svizzeri vedono la TV e si preoccupano: la sharia porta alla pena di morte, all’impiccagione di omosessuali, alla lapidazione. In generale, nei paesi islamici, vige la dittatura, i dissidenti soffrono, muoiono. I cristiani sono perseguitati, gli ebrei poi non se ne parla nemmeno. I gruppi e i Paesi che più forte gridano la loro fede sono anche i più evidenti, e certo sia l’Iran di Ahmadinejad che gli Hezbollah o Hamas o Al Qaida rappresentano modelli negativi, terroristi.

Certo, non tutto l’Islam è così. Ma parliamone, esaminando i problemi senza censure con accuse di islamofobia; abbiamo un problema, che lo si risolva guardando negli occhi l’immigrazione islamica, o alla prima occasione la preoccupazione si trasformerà in rifiuto. E non vale a calmare la pubblica opinione l’idea che comunque il vero Islam è altrove rispetto alla jihad: sono pochi e minoritari gli episodi in cui una voce islamica valorosa si levi per garantirci il rispetto della democrazia, della sessualità altrui, dei convertiti, dei dissidenti. La negazione politically correct, quella sì che lascia fiorire la jihad: in Svizzera, dopo l’arresto di otto persone sospettate di aver collaborato in alcuni attentati suicidi in Arabia Saudita, la reazione del capo di un gruppo musulmano locale fu che «il problema non è l’aumento dell’integralismo islamico ma l’intensificarsi dell’islamofobia». Anche negli Usa si è ripetuto lo stesso per l’episodio di Fort Hood.

È proibito ridere di vignette che parlano dell’Islam, è proibito occuparsi della terrificante oppressione delle donne, è abbietto notare che fra Islam e regimi autoritari sussiste un’evidente identificazione, è orrido sollevare il tema del delitto d’onore, della poligamia e delle vetrioleggiate che ci trascinano decenni indietro (sì, molto deriva da usi tribali, non religiosi, ma andiamo per favore a vedere la dislocazione geografica e sociologica), e soprattutto è generico parlare della jihad... E allora, visto che tutto ciò che è concreto è vietato, la reazione si concentra sui simboli dell’islam.

Esistono milioni di moschee senza minareto nei paesi islamici. Ma se si costruiscono vicino alle chiese, sono generalmente più alti, orgogliosi, potenti. La costruzione del luogo di culto islamico ha in sé una serie di espliciti significati secolari che sempre ribadiscono la santa competizione dell’Islam per conquistare il mondo. Molte moschee sorgono su antichi templi ebraici e cristiani. Una rivolta contro il politically correct sull’Islam può avvenire ovunque, e la molla non sarà l’intolleranza religiosa: non è nostra, né Svizzera, né europea.

But religion has nothing to do with it: minarets are political symbols

Il Giornale, December 3, 2009


As to the decision by Switzerland to ban minarets, I would like first of all to say that, in my years as a correspondent from Jerusalem, I had to bear the Muezzin’s call from a nearby mosque every night at 4 a.m., much before the cock crow. And nor far away from him came many other similar voices. However, I never thought that the Muezzin had to be silent. In his village, he does not sing to be heard also from me, but to call his followers to pray. This is religious freedom and Jerusalem gives it to everybody. Thinking that, down there, he was trying to convey a political message in addition to a religious one, would mean to go well beyond what is legitimate for a person who is democratic, liberal and respectful of other people’s culture and religion.

Actually, except for some pathological cases, Islamophobia is an invention of the U.N. Indeed, in 2004, the U.N. Secretary General Kofi Annan officially defined it as the cause of frustration for many Muslims, without mentioning the rampant jihad and other huge problems. In fact, in most countries of origin and abroad, the official Islam has not accepted the universal declaration of human rights. But it has responded with other initiatives such as the Cairo Declaration, which states that “anyone has the right to support what is right and to warn against what is wrong and evil in line with the Islamic Sharia”.

The ultimate reason that led the Swiss to say no to new minarets, is not poor respect for religious freedom. It is not even the loss of identity that is driving us – erroneously – to ask for the cross on our flag. It has nothing to do with this. There are many simple reasons of diffidence that prevent from wishing for the expansion of Islam. Nor should we imagine that this choice invites the Muslim to embrace extremism. There are indeed other reasons behind jihadism – that is fed only by itself and by its unflinching decision to convert the world. The Swiss watch the TV and are concerned: the Sharia leads to death sentences, to the hanging of homosexuals, to stoning people to death. In general, Islamic countries are ruled by dictatorships, the dissidents suffer, they die. The Christians are persecuted, let alone the Jews. The groups and the countries that cry their faith louder are also the most evident ones: certainly both Ahmadinejad's Iran and the Hezbollah, or Hamas or Al Qaida, represent negative, terrorist models.

Of course, the Islam is not all like this. But, let us talk about it. Let us thoroughly examine the problems without being accused of Islamophobia; we have a problem, either we solve it by looking at the Islamic immigration in its eyes, or soon this concern will turn into rejection. And the idea that the true Islam is elsewhere with respect to jihad is not able to placate these fears within the public opinion: there are few and rare instances in which a brave Islamic voice speaks to guarantee the respect for democracy, sexuality, converted individuals, dissidents. It is the politically correct denial that makes jihad prosper: in Switzerland, after the arrest of eight people who allegedly collaborated to some suicide attacks in Saudi Arabia, the reaction of the head of a local Muslim group was that “the problem is not the growth of Islamic fundamentalism, but the intesification of Islamophobia”. In the USA, the same happened after the Fort Hood incident.

It is forbidden to laugh for some cartoons that talk about Islam. It is forbidden to deal with the terrifying oppression of women, it is disgraceful to stress that there is an evident identification between the Islam and totalitarian regimes. It is horrible to raise the issue of honor killing, polygamy and of disfiguring women with acid that push us back in time (yes, many of these episodes result from tribal and not by religious habits, but please let us look at the geographical and sociological distribution of these episodes) and especially it is generic to speak about jihad... And then, since whatever is concrete is forbidden, the reaction is against the symbols of the Islam.

There are millions of mosques without minarets in Islamic countries. But if they are built close to churches, they are taller, more proud and powerful. The construction of an Islamic place of worship has a series of explicit secular meanings that always reiterate the holy competition of the Islam to conquer the world. Many mosques have been built on ancient Jewish and Christian temples.

A revolt against the politically correct on the Islam may occur anywhere and the trigger will not be religious intolerance: it does not belong to us or to Switzerland or to Europe.

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luca , bologna
 venerdì 11 dicembre 2009  16:58:55

sono stato a vedere l'ultimo film di Moore - Capitalism. Non sono un sostenitore del regista, né dei suoi metodi documentaristici, però nel film si mettono in luce così tante truffe e ingiustizie frutto della nostra società capitalistica fino all'ossesso che non mi stupirò se non troveremo le forze di reagire all'avanzata islamica. Noi ci frantumiamo e sfiduciamo portando avanti politiche dell'ingiustizia sociale, loro si coagulano, si solidificano nella fede in Allah e nell'appartenenza isalmica. Se non rendiamo giuste e forti le democrazie non ce la faremo mai...MI PIACEREBBE UN BREVE COMMENTO DA PARTE DI FIAMMA SU QUESTE RIGHE...



Frank , Montréal
 mercoledì 9 dicembre 2009  20:04:52

Turkey's Prime minister, Recep Erdogan, clearly identifies minarets as a political symbol when he stated "mosques are our barracks, domes are our helmets, and minarets are our bayonnets". I think he got heavily reprimanded for saying that, still, it shows how Islam and politics can become inseperable even in supposedly democratic/secular countries like Turkey. The Swiss, 57% of them, are right.frank



Alramli Mervat , Italia- Pesaro
 martedì 8 dicembre 2009  15:03:00

Ma la religione non c'entra: I Minareti sono simboli politici. Fiamma Nirenstein. Non sarò ancora un Io, ma se permetti , penso ke tu abbia un velo sugli occhi che ti impedisce di vedere il resto della realtà. stesso velo che hanno avuto i Filosofi nella loro passata vita. Se il loro obbiettivo fu l'eternità, ammetto ...che l'hanno raggiunto, ma sono sicura che per raggiungerla hanno perso la verità...



bike , Lugano/CH
 martedì 8 dicembre 2009  11:03:03

Cara signora Ilaria del Piemonte, la libertà di culto è sancita nella costituzione federale svizzera da tempi immemori, ed è in nessun modo impedito ai mussulmani di riunirsi il preghiera nelle loro moschee (che sono numerose in Svizzera). Il minareto non c'entra nulla con la fede ma è un puro simbilo politico che potrà andar bene nei paesi mussulmani, ma è assolutamente fuori liogo nel paese di Heidi.La decisione dei cittadini svizzeri è il protto di un percorso democratico che i paesi che lo criticano (UE, nazioni arabe, USA, e purtroppo Israele, anche se non ufficialmente) farebbero bene ad introdurlo nei loro rispettivi paesi. Si chiama ....referendum, diritto di iniziativa popolare e votazione popolare, che sintetizzato in una sola parola significa.....libertà. "Cerea" cara signora Ilaria.



Ilenia , Italia
 lunedì 7 dicembre 2009  12:17:50

"In generale, nei paesi islamici, vige la dittatura, i dissidenti soffrono, muoiono. I cristiani sono perseguitati, gli ebrei poi non se ne parla nemmeno. I gruppi e i Paesi che più forte gridano la loro fede sono anche i più evidenti, e certo sia l’Iran di Ahmadinejad che gli Hezbollah o Hamas o Al Qaida rappresentano modelli negativi, terroristi."Se in generale nei paesi islamici vige una dittatura, affermazione opinabile, e gruppi politici radicali come Hamas o Hezbollah sono definiti terroristici, termine per alcuni adatto per me personalmente discutibile, quale termine riserva lei per le politiche israeliane riguardo la colonizzazione dei territori palestinesi? La politica del controllo della circolazione (sia chiaro non in territorio israeliano) nel territorio cisgiordano come la definirebbe? E il comportamento dei coloni di Hebron e dintorni nei confronti dei commercianti arabi, dei bambini palestinesi di At-Tawani e della popolazione islamica in generale, non è forse definibile con la parola terrorista?E' curioso leggere parole che vantano tanta ispirazione dai valori democratici, sapendo che chi le scrive è proprietaria di una casa in una colonia in Cisgiordania. Gilo, è corretto?



Roberto Riviello , Figline Valdarno
 domenica 6 dicembre 2009  17:46:43

La libertà religiosa è il principio da cui è nato il liberalismo, come ci ha spiegato Norberto Bobbio. Ed è quindi un'idea che non può neppure essere messa in discussione. Lo stop referendario al proliferare dei minareti, però, non lede la libertà religiosa degli islamici-svizzeri perché non vieta il culto della loro religione: indica ragionevolmente un limite, che è il segno del rispetto della cultura e della realtà ospitante (ovvero la Svizzera).Quando si perde il senso del limite, "la saggezza del limite", si corrono gravi rischi.E allora sia benvenuto il risultato del referendum degli Svizzeri che da sempre hanno onorato e rispettato la tradizione liberale.



Ester , Morbio Superiore
 domenica 6 dicembre 2009  13:11:05

Grazie Fiamma, come sempre, per illuminarci sui fatti... Shalom, shalom, Ester.



G. Sugarman , Israeli
 domenica 6 dicembre 2009  09:19:41

Fiamma motek, the beginning of this is written in bad English ! Not like you at all. Hope you are well, love Glenys



Ilaria Arri , Rivoli (To), Italy
 sabato 5 dicembre 2009  22:51:40

Gentile Fiamma, mi scusi per il tono molto semplice con cui mi esprimo.Vorrei dire che é il caso, come dice Lei, di difendere la libertà religiosa, e che é giusto che ognuno possa esprimere le proprie idee, a seconda di quello che pensa. Penso, perciò, sbagliato quello che hanno fatto in Svizzera, poi alcune usanze islamiche, come la poligamia, non le possiamo ancora accettare, questo é un altro paio di maniche.Un bacio, cara Fiamma.Ciao, grande paladina della Libertà.



Peter Rothberg , Israeli
 sabato 5 dicembre 2009  19:18:22

Dear Mrs Fiama Nirnstein- VERRA DONA di Valore and a real friend and supporter of Israel . I agree with your definition of the so called " Islamophobia .It is indeed an invention of the antisemitic and anti Western UN.The ideologists of Islam and their Western supporters managed to create a false immage of persecuted and abused Moslems while in reality the Islam is a leading force behind vilence , bloodshed , human rights violations, agressive expansionism and intolerance the world over.The Islamists learned how to exploit artfully western liberalism and devotion to democratic values only for using it against the very same Democratic World.The bolshevik leader V. lenin once wrote ,that the capitalists will supply the revolutionaries with the ropes on which tghey will hang the same capitalists.This is a real goal of the fundamentalist Islam towards the Democratic World .Yours Peter Rothberg.



Enrico Mairov , Italia
 venerdì 4 dicembre 2009  20:41:33

Giusto!!



bike , Lugano CH
 venerdì 4 dicembre 2009  18:49:28

>>> Simone. ;-)Se leggi attentamente le prime frasi del pensiero della signora Fiamma, capirai il perchè delle mie riserve.Poi è vero che sostanzialmente diciamo le stesse cose anche se è difficile "ragionare da svizzero" se non lo si è veramente.Riassumendo : il minareto c'entra come i cavoli a merenda con la pura fede mussulmana, ma al contrario rappresenta il simbolo politico mostrato a tutti per marcare una presenza importante sul territorio che sta ad indicare che i non islamici farebbero bene a prenderne coscenza. Questa è supponenza, violenza psicologica, intimidazione, e quant'altro serve ai mussulmani per imporci il loro credo. Israele e la Svizzera sono entrambe in questo momento assediate da questa europa stolta e persino dagli USA (che in fatto di politica estera non hanno mai capito nulla e combinato disastri immensi) che non sentono alleata e che in un certo senso la percepiscono persino nemica.



Ferruccio , Italia
 venerdì 4 dicembre 2009  12:54:56

mi permetto di consigliare la lettura del pacato ma fermo messaggio della Fédération Suisse des Communautés Israelite



Alessandra Raffael , Italia
 venerdì 4 dicembre 2009  12:26:34

Un semplicissimo: sono d'accordo con l'interpretazione di Fiamma sulla decisione svizzera e non sono d'accordo con la spesso ipocrita scandalizzata reazione dell'opinione pubblica che si mostra liberale quando un' iniziativa di questo genere viene bocciata ( tanto ormai i minareti non si faranno ...) per poi fare orecchie da mercante riguardo ai problemi reali dell' immigrazione e alla sofferenza che questa comporta



Silvia Baldi , San Miniato - Toscana
 venerdì 4 dicembre 2009  10:35:08

Ma quale problema? L'Ue si scandalizza e pure la Chiesa Cattolica.... Si scandalizzassero mai per cose sensate, 'sti due?Ma fateci il piacere! Era semmai l'ora che la neutrale Svizzara prendesse finalmente posizione chiara e netta. Gli Svizzeri non vogliono essere eurabizzati? Bene, neanche noi!Sempre un caro abbraccio a te Fiamma, apprezzo e stimo il tuo coraggio.



Loris , Bolzano
 venerdì 4 dicembre 2009  10:05:18

Come sempre ottimo articolo, ottima analisi. La Svizzera per fortuna ha avuto un sano sussulto di dignità, in difesa della propria libertà nazionale e soprattutto dei diritti fondamentali democratici costruiti nel corso di secoli di storia della confederazione elvetica. Non si può che rimanere esterefatti innanzi agli indegni ammonimenti, di rappresaglie economiche, rivolti dai paesi arabi alla piccola Svizzera;nulla di nuovo sotto il sole ,il solito "modus operandi" del mondo islamico "la minaccia!!!!" .



Simone per Bike , Roma
 venerdì 4 dicembre 2009  09:42:40

Sig. Bike,non capisco: nel suo commento solleva tutta una serie di argomenti che o sono riportati da Fiamma stessa nel suo articolo, o comunque sostengono la sua tesi, però poi lei dice di non essere d'accordo con lei?Non si capisce perché, invece interessa, visto che lei scrive da lì.Io personalmente sono d'accordo con Fiamma, specie sul fatto che non si tratta di violazione della libertà di culto, ma di un fatto del tutto politico.ANche perché i minareti non sono un elemento religioso stabilito né dal Corano, né dalla tradizione musulmana, la Sunna, ma sono venuti ben dopo come segno di "demarcazione" del territorio



ben , torino
 venerdì 4 dicembre 2009  09:37:07

un simbolismo maschile che deve sparire. parte del mondo musulmani va indietro e il resto del mondo gurada davanti.



bernd albrecht , la spezia
 giovedì 3 dicembre 2009  20:50:28

condivido in pieno il tuo ragionamento .shalom e saluti bernd



Michele Rinaldi , MILANO
 giovedì 3 dicembre 2009  18:55:28

Il poblema è stato centrato in pieno.E'divertente notare come i democratici della domenica condannano una libera e legittima espressione di democrazia come il referendum svizzero;come quelli che lottano per togliere di mezzo il crocifisso sgomitano perché si costruiscano moschee e minareti...ma c'è poco da ridere.



bike , Lugano - CH
 giovedì 3 dicembre 2009  14:39:33

In Svizzera il diritto di culto e sancito nella costituzione da sempre. Questo non c'entra nulla con la votazione di domenica scorsa sui minareti.Il voto espresso democraticamente dai cittadini svizzeri a seguito di una iniziativa popolare promossa dal maggior partito politico elvetico vuole semplicemente impedire la costruzione di un simbolo politico di una religione di stato che con il paesaggio e la cultura elvetica non c'entra nulla. Del resto il minareto è puramente un simbolo politico di una religione di Stato. Che "c'azzecca" il minareto con un paese democratico dove esiste la separazione dei poteri fra Stato e religione?Nel nostro paese i mussulmani rappresentano il 6% dell'intera popolazione. Una buona parte di loro sono perfettamente integrati (salvo regola) ed hanno persino la cittadinanza svizzera. Dal 2000 ad oggi sono aumentati in maniera esponenziale e questo sta generando delle incomprensioni forti a seguito delle difficoltà di ordine civico e religioso dovute ad una certa prepotenza dei loro imam nel rivendicare dei diritti neppure riconosciuti ai cittadini elvetici. In tutto il paese si sono costruite moschee senza nessuna difficoltà e in qualche città persino dei minareti.I cittadini svizzeri sono seriamente attenti a quanto capita nei paesi europei, segnatamente l'Italia dove la presenza mussulmana ha generato parecchi problemi di ordine pubblico per non parlare direttamente di basi per il terrorismo di matrice islamica. Il 57% dei cittadini svizzeri ha detto semplicemente che non vuole avere sul suo territorio questo tipo di problemi. Si alle moschee dove si professa la fede, no al minareto che rappresenta esattamente il simbolo politico di una religione di stato non proprio democratica e persino violenta, per giunta disumana nei confronti della donna, che viene trattata incivilmente.Per queste ragioni non condivido il ragionamento della signora Fiamma che per altro stimo moltissimo.



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