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8 MARZO: LE DICHIARAZIONI HAMMAMBERG SUL BURQA SONO UN INSULTO ALLA FESTA DELLA DONNA

lunedì 8 marzo 2010 Attivita parlamentari 1 commento

(ASCA) - Roma, 8 mar - ''E' insopportabile che il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg, proprio nella Giornata Internazionale della Donna, si sia espresso contro ogni eventuale divieto legislativo del burqa in quanto ''potrebbe costituire una palese violazione del diritto al rispetto della vita privata e del diritto al rispetto di manifestare liberamente la propria religione''. Lo afferma in una nota Fiamma Nirenstein (Pdl), Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati.

''L'interpretazione di Hammarberg, del tutto formalista, dei principi su cui si regge la nostra societa' democratica - prosegue - , e' lo specchio di una visione cieca che rendera' impossibile affrontare realisticamente le sfide dei nostri tempi, in primis quella dell'integrazione. Il burqa esprime vergogna e disprezzo per il corpo della donna, lo rinchiude in una prigione che rappresenta senza ombra di dubbio la negazione del corpo femminile. Permettere che delle donne - e non sapremo mai quanto per libera scelta o per imposizione familiare - possano circolare segregate dal resto del mondo, costituisce una palese violazione di quei diritti sanciti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo a cui Hammarberg si richiama.

Inoltre - aggiunge - il Commissario, sostenendo che il divieto del burqa impedisce la liberta' religiosa, sembra ignorare quello che viene ormai ripetuto anche dalle piu' alte cariche dell'Islam sunnita, come Mohammed Said Tantawi, grande Imam dell'Universita' al Ahzar, ovvero che il burqa non e' imposto dal Corano.

Durante le celebrazioni della Giornata Internazionale della Donna - conclude Nirenstein - e' ben piu' giusto riflettere su quanto hanno lottato e lottano le societa' democratiche per i diritti delle donne e su quanto ogni attacco alla liberta' delle donne, anima e corpo, sia un attacco alla democrazia''.

Apartheid week: la malafede dei professori anti-Israele

domenica 7 marzo 2010 Il Giornale 13 commenti

Il Giornale, 7 marzo 2010

La apartheid week contro Israele che si sta concludendo in troppi campus in giro per il mondo, comprese, che peccato, le università di Firenze, Pisa, Milano (mentre la Sapienza di Roma con un bel colpo di reni ha siglato un accordo con l’Università di Tel Aviv), è uno degli eventi più intellettualmente ripugnanti mai concepiti. È il sesto anno che professori e allievi estremisti mobilitano gli atenei sul tema «Israele stato di apartheid»: non sono tanti, ma l’impatto delle campagne di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele sono come il suono del campanello per il cane di Pavlov, e la risposta allo stimolo è la criminalizzazione e la delegittimazione dello Stato ebraico.
Così come il mondo distrusse l’indegno regime sudafricano di apartheid, suggerisce la settimana, altrettanto deve fare con Israele. Uno Stato accusato di discriminare per motivo etnico, razziale, religioso i suoi cittadini deve sparire, pensa il mondo attuale. E la «settimana» non ha nel mirino il razzismo nei suoi tanti aspetti e latitudini: è uno Stato nella sua specificità che è preso di mira, e il velenoso paragone con il Sudafrica dell’apartheid, sparito per la pressione internazionale, suggerisce l’indegnità di Israele a esistere. [...]

Mediorientale

venerdì 5 marzo 2010 Generico 0 commenti

Sintesi degli argomenti di questa settimana:

Si torna ai colloqui indiretti tra Israeliani e Palestinesi, con l'intermediazione americana. Non si sa ancora dove avranno luogo.

Sul fronte interno israeliano: si stanno ridistribuendo le maschere antigas. Corruzione: nuova inchiesta su Lieberman.

Previsto sabato l'arrivo dell'inviato americano in Medioriente, George Mitchell, insieme al Vicepresidente Joe Biden, che farà un discorso stile Obama al Cairo. Perché lui e non Obama stesso, ci si chiede in Israele?
Nei giorni scorsi al Cairo Abu Mazen è stato convinto dai paesi della lega Araba ad accettare queste trattative, nonostante il freezing parziale nella costruzione nei territori.
La reazione di Hamas: il ritorno a questi colloqui è una perdita di tempo e rappresenta una ulteriore rottura con Abu Mazen.

Damasco: la settimana scorsa summit tra Ahmadinejad, Bashar Assad, Hassan Nasrallah (il capo di Hezbollah che non si muove quasi mai dal suo bunker per la paura di attentati) e Khaled Meshal, il leader di Hamas residente appunto in Siria.
Ahmadinejad si è recato in visita in Siria a pochi giorni dall'insediamento del nuovo ambasciatore americano, che gli USA avevano deciso di ritirare nel 2005, a seguito dell'assassinio dell'allora premier libanese Rafik Hariri (per cui è indicato dagli inquirenti il coinvolgimento di vertici militari e politici siriani).

Nell'incontro forti attacchi non solo a Israele, ma anche agli USA stessi. La riunione poi è continuata a Teheran dopo due giorni e sembra che si siano portati in tavola intenti bellici non troppo velati, con la crazione di nuovi focolai di guerra tra Hezbollah e Israele per creare un diversivo all'attenzione mondiale sul nucleare iraniano.

Frattura interna a Hamas: uccisione di Mahbouh a Dubai. Il ruolo di Mossab Hassan Yousef, figlio di uno dei fondatori di Hamas, convertito al Cristianesimo e collaboratore per anni con i servizi segreti israeliani. Nonché il ruolo di due palestinesi di Gaza, dipendenti di una impresa edile di Dahlan, con precedenti nei servizi segreti di Fatah, arrestati dalla Giordania nei giorni scorsi.

Mahmoud Al-Zahar, ex ministro degli esteri di Hamas, ha dato le dimissioni dal gruppo che trattava lo scambio tra Ghilad Shalit e i prigionieri palestinesi. Anche il mediatore palestinese ha abbandonato. Sembra che Zahar e Hanyie non ne possano più della gestione di Khaled Meshal da Damasco.

Turchia:  La commissione esteri della Camera americana (con 23 voti vs 22) ha deliberato di denominare ufficialmente "genocidio" l'eccidio di un milione e mezzo di Armeni durante la prima guerra mondiale, facendo andare su tutte le furie la Turchia, che ha richiamato l'ambasciatore in patria.


Secondo gli studi della Freedom House, 15 su 18 paesi arabi sono migliorati sul fronte del suffragio e dell'alfabetizzazione delle donne. In particolare per quanto riguarda Kuwait, Algeria e Giordania. Ma a un certo miglioramento dei diritti civili, tuttavia ancora non corrisponde un'emancipazione della donna nell'ambito domestico e familiare. La Tunisia e la Giordania sono gli unici che offrono una legislazione contro la violenza domestica.

La settimana contro l'apartheid di Israele che si sta celebrando in questi giorni in molte università del mondo e in 4 italiane.

Il vertice dell’asse del male che mette paura al mondo

domenica 28 febbraio 2010 Il Giornale 12 commenti
Il Giornale, 28 febbraio 2010
 
Summit a Damasco tra Ahmadinejad, il siriano Assad e i capi di Hamas e Hezbollah. Tutti uniti per spingere l’assalto di Teheran contro l’Occidente. Minacce: il ministro siriano Moallem parla di «guerra definitiva». Obama sbeffeggiato.

Se si parla di guerra, si riuniscono i generali, si contano le armi, si sbatacchiano gli scudi e si sventolano gli stendardi, può darsi che ci sia una guerra in vista. L’esame delle ultime mosse strategiche iraniane ci fornisce un messaggio che riassumiamo prima di analizzare gli eventi: di fronte all’ipotesi di sanzioni serie che finalmente si prefigurano dopo i rifiuti del regime degli ayatollah di cessare l’arricchimento dell’uranio, l’Iran sta valutando l’opportunità di aprire un focolaio bellico che attiri tutta l’attenzione internazionale, e assegna i ruoli. L’obiettivo è Israele, e il grilletto che dovrebbe aprire il fuoco sarebbero gli Hezbollah, ormai in possesso di 40mila missili in grado di colpire la zona industriale di Israele nel nord, Tel Aviv e il Negev. [...]

Omicidio di Dubai: guerra senza divise

mercoledì 24 febbraio 2010 Il Giornale 20 commenti

Il Giornale, 24 febbraio 2010

La logica deve essere un’opinione al Quai d’Orsay, se il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner ha trovato consequenziale legare la morte di un terrorista come Mahmoud Al Mabhouh alla necessità assoluta della nascita di uno Stato palestinese, e in tempi brevi. In generale, è davvero debilitante, politicamente e intellettualmente, che dall’assassinio mirato di Dubai l’Europa abbia ricavato una nuova spinta pacifista, per cui il ministro degli Esteri spagnolo Miguel Ángel Moratinos e Kouchner, con un articolo comune, ma senza l’approvazione di Nicolas Sarkozy, che ha parlato di soluzioni negoziate, spingono a forza una soluzione tutta europea per uno Stato palestinese entro 18 mesi.
Non è certo un caso che in parallelo con questo giuramento di Pontida, l’Unione abbia formulato lunedì la sua condanna per «gli assassini del comandante a Dubai che... hanno usato falsi passaporti degli Stati europei». Senza specificare chi è stato. Ma una condanna a Israele dà forza a una nuova pressione a cedere ai palestinesi senza trattative e quindi senza che prendano le loro responsabilità. Il nuovo assassinio mirato non spinge affatto a chiedersi come mai Mabhouh facesse di mestiere il collettore di missili per Hamas, ma solo se lo Stato palestinese sia un’urgenza inderogabile. Se poi le sgridate provengono dall’Inghilterra (Gordon Brown avrà le elezioni alla fine dell’anno, con tre milioni di votanti musulmani), dalla Francia e dall’Irlanda dove gli episodi di antisemitismo hanno avuto un’impennata legata alla guerra di Gaza, allora è anche facile leggervi una ricerca di popolarità a casa propria. [...]

Mediorientale

lunedì 22 febbraio 2010 Generico 0 commenti



Sintesi degli argomenti di questa settimana:

Il 19 di gennaio, l'omicidio di Mahmoud al-Mabhouh, tra i leader di Hamas e uno dei fondatori delle Brigate Izz ad-Din al-Qassam. Responsabile di diverse azioni terroristiche contro Israele, ma soprattutto l'uomo chiave nel traffico di armi tra Iran, Hezbollah e Hamas a Gaza.
Questo episodio, la cui responsabilità è attribuita al Mossad, si inserisce in una catena di operazioni che sembrano avere un comun denominatore: a dicembre, un autobus sul quale viaggiavano ufficiali iraniani e membri di Hamas, è stato fatto esplodere a Damasco (i siriani, con grande imbarazzo, dissero che era scoppiata una gomma).
Il mese dopo, un gruppo di Hamas e Hezbollah è stato attaccato nel sud di Beirut. Poi l'omicidio di Mahbouh il 19 di gennaio (la notizia è stata diffusa dopo settimane).
Prima ancora c'è da collegare la morte del leader di Hezbollah Imad Mughniyeh (febbraio 2008). Nel mirino c'è chiaramente l'asse iraniano-siriano-libanese.

E' in corso uno scontro interno?

Il capo della polizia di Dubai, durante una conferenza stampa, ha dichiarato che molte delle informazioni sui movimenti di Mabhouh sono state fornite da membri di Hamas stessi. Pare anche che molte informazioni venissero fornite da palestinesi di Gaza legati a Dahlan.

Le reazioni nel mondo

L'indignazione dell'Inghilterra e dell'Irlanda (convocano gli ambasciatori israeliani). La Germania non l'ha fatto, nonostante fosse coinvolto anche un passaporto tedesco.
Non si è parlato di assassinio extragiudiziario. La preoccupazione è per l'uso improprio di passaporti.

Il ritorno di El Baradei in Egitto, dopo aver appena concluso il suo mandato come Direttore dell'Agenzia Internazionale Atomica. C'è un movimento popolare che lo vorrebbe presidente al posto di Mubarak.

Onu, che vergogna se l’Iran deciderà sui diritti dell’uomo

mercoledì 17 febbraio 2010 Il Giornale 17 commenti

Il Giornale, 17 febbraio 2010

Per capire cos’è diventato l’Onu basta pensare che forse a maggio l’Iran, con il suo carico di condanne a morte di dissidenti e omosessuali, con la sua persecuzione dei dissidenti, diventerà membro del Consiglio dell’Onu per i Diritti umani con il voto della maggioranza dei 192 membri dell’assemblea generale. Non c’è niente da ridere. Teheran ci sta lavorando parecchio, e le possibilità sono alte: i nuovi membri del Consiglio, composto di 47 Paesi, saranno eletti a scrutinio segreto. La durata del mandato è di tre anni. Il gruppo asiatico adesso ha a disposizione quattro posti e gioca su cinque candidati: la Malaysia, le Maldive, il Qatar, la Thailandia... e l’Iran. Un calibro da 90 rispetto agli altri, in grado di dire semplicemente «fatti più in là» a parecchi soggetti. E il gioco sarebbe fatto.
Dunque l’Iran potrebbe, magari mentre gli vengono comminate le famose sanzioni che tanto tardano nonostante la violenza fisica e la protervia atomica del regime, ricevere una legittimazione internazionale attraverso la maggioranza automatica dei Paesi non allineati e dei Paesi islamici, e acquisire così potere decisionale sulla moralità del mondo, su chi giudicare buono e chi cattivo, su chi spedire alla Corte penale internazionale, chi accusare di crimini di guerra. [...]

Intervento in Aula sull'Iran

lunedì 15 febbraio 2010 Attivita parlamentari 1 commento

Resoconto stenografico, seduta di giovedì 11 febbraio 2010

FIAMMA NIRENSTEIN Signor Presidente, onorevoli colleghi, grazie per avermi dato la parola, vorrei anch'io, dopo il collega intervenuto precedentemente, sottolineare la nostra attenzione, come Parlamento italiano, nei confronti di questa giornata, che può essere decisiva o fatale per quei coraggiosi che cercano di prendere le strade mentre il potere degli ayatollah dispiega tutta la sua forza per opprimerli, imprigionarli, ucciderli. Voglio ricordare anche che questa aggressività insopportabile nei confronti di coloro che ormai stanchi, dopo tanti anni di oppressione teocratica, cercano di scrollarsi di dosso un regime che ormai tormenta le donne, uccide gli omosessuali, perseguita i dissidenti, questa oppressione va di pari passo con l'arricchimento dell'uranio che avviene in maniera conclamata e ormai palese.
Dopo aver rifiutato le migliori proposte che l'Occidente aveva fatto ad Ahmadinejad, a partire dall'ottobre scorso quando gli aveva proposto di arricchire l'uranio - già arricchito al 3 per cento - al di fuori dei suoi confini e restituirglielo già arricchito e quindi pronto per un uso pacifico, soltanto due giorni or sono il potere centrale iraniano dopo essersi preso gioco di noi più volte - è ormai dal 2003 che lo sta facendo, ma in particolare in questi mesi a partire da ottobre, quando ha ricevuto la proposta della Nazioni Unite - ha rifiutato una volta per tutte questa proposta di mano tesa e sta procedendo a tutta velocità all'arricchimento dell'uranio, dimostrando così che i suoi fini sono sostanzialmente aggressivi.
L'Iran è l'unico Paese dell'ONU che minaccia quotidianamente di morte un Paese dell'ONU, e lo fa dentro l'Assemblea dell'ONU, inficiando così tutte le buone intenzioni nate nel consesso internazionale all'indomani del disastro della seconda guerra mondiale. Noi qui abbiamo tre elementi di cui il nostro Parlamento deve tenere gran conto: la crescita verticale ed esponenziale della preparazione di ordigni micidiali, che non sono solo la bomba atomica, ma anche i missili Shahab 2 e 3 ormai realizzati e un sistema antimissili S-300 sostitutivo di quello che persino i russi si sono ormai rifiutati di fornire all'Iran; l'oppressione complessiva e generalizzata sia delle minoranze dissidenti, sia di quelle che il regime crede contravvenire ai principi dell'islamismo per come lo interpreta; infine la minaccia di genocidio che l'altro giorno quaranta premi Nobel, con un articolo pubblicato a pagamento su The New York Times, hanno dichiarato passibile di processo da parte del Tribunale dell'Aja, come tentativo di genocidio. Io credo che il nostro tribunale... (il lapsus non è casuale), il nostro Parlamento si debba associare alla richiesta dei quaranta premi Nobel di processare Ahmadinejad per il tentativo di genocidio al Tribunale dell'Aja (Applausi).

Sconcertante e grottesca la candidatura dell'Iran al Consiglio diritti umani dell'ONU

lunedì 15 febbraio 2010 Attivita parlamentari 0 commenti
Roma, 15 FEB (Velino) - "Non si sa se ridere o piangere alla notiziadella candidatura dell'Iran a un seggio nel Consiglio per i DirittiUmani dell'Onu dal giugno prossimo, per tre anni: e' una candidaturasconcertante e grottesca, nonostante il paradosso continuo delledinamiche delle Nazioni Unite, che perlopiu' proteggono i violatori didiritti umani a causa di assurde maggioranze automatiche". Lo dichiarain una nota Fiamma Nirenstein, esponente del Pdl e vicepresidente dellacommissione Esteri della Camera.
"Proprio in questi giorni la violenta risposta del regime iraniano allerichieste di democrazia da parte della sua popolazione ha segnato unanuova quantita' di estreme violazioni di diritti umani, con uccisioni,imprigionamenti senza processo e persecuzione di dissidenti - prosegue-. Condivido e lodo le parole dell'ambasciatore Laura Mirachian, nostrorappresentante permanente presso le organizzazioni internazionali diGinevra, che oggi con estrema chiarezza ha espresso la contrarieta' delnostro Paese a questa candidatura. La partita resta tuttavia aperta dalmomento che
i posti a disposizione per il gruppo asiatico sono 4 e i candidati inlizza 5 (oltre all'Iran, il Qatar, la Malesia, le Maldive e laThailandia). Se, a causa di pressioni politiche, uno degli altri 4candidati dovesse rinunciare, l'Iran entrera' automaticamentenell'organismo che dovrebbe in teoria sorvegliare la morale del mondo.Giusto per completare il paradosso, la questione si pone proprio in
questi giorni in cui il Consiglio per i Diritti Umani stesso staesaminando le violazioni iraniane dalle elezioni del giugno scorso inavanti". [...]

E nell’ombra si nasconde la terza Intifada

domenica 14 febbraio 2010 Il Giornale 4 commenti

Il Giornale, 14 febbraio 2010

La teoria dei corsi e ricorsi è un po’ vecchiotta, ma quando mercoledì scorso un poliziotto palestinese al posto di blocco di Tapuah nell’West Bank ha pugnalato, uccidendolo, un soldato israeliano, tutta Israele non ha potuto fare a meno di ricordare quell’ottobre del 2000, quando la pace sembrava fatta, gli accordi di Oslo ancora non erano stati distrutti a Camp David, e tutt’a un tratto un poliziotto palestinese, in una di quelle speranzose ronde congiunte di forze armate palestinesi e israeliane insieme, sparò in testa a un soldato di Tzahal. Poco dopo, ci fu l’assalto alla tomba di Giuseppe, dove un soldato israeliano druso fu ferito a morte e morì dissanguato perché una torma jihadista non lasciò arrivare i soccorsi. Era l’anticamera dell’Intifada. Oggi, i segnali somigliano a quelli antichi: due mesi fa, è stato ucciso un padre di sette figli, Meir Chai, e fra i tre assassini, tutti di Fatah, uno era un membro dei servizi di controspionaggio; nel novembre del 2007 tre poliziotti palestinesi uccisero un abitante di Shaveui Shomron, negli insediamenti. Un mese dopo due membri del Servizio Generale di Intelligence uccisero due autostoppisti israeliani. E non è finita qui. [...]

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