Il Giornale
Uno show nato per risvegliare l'odio anti Israele
Il meccanismo della trasmissione di Santoro è misterioso. Ancora è da capire come mai alcuni cittadini delle democrazie abbraccino entusiasticamente un gruppo radicale islamista dittatoriale, genofobico, omofobico, distruttore delle intelligenze dei bambini, che usa il terrorismo come arma preferita, che ha più volte dimostrato che considera la democrazia un nemico, che considera tutti «i crociati e gli ebrei» nemici da eliminare, che ha fatto strame della causa palestinese e ha eliminato fisicamente quanti più membri di Fatah, che ripete a ogni minuto che la cultura della morte è la sua, e che desidera sacrificare se stesso, i suoi figli, il suo popolo, per la gloria di Allah. Come può piacere tanto a Santoro, ai ragazzi palestinesi presenti ieri alla trasmissione di Rai 2 che non credo andrebbero ad abitare in uno Stato di Hamas. La trasmissione parlava di tutto fuorché dei fatti.
La miseria a Gaza è frutto della politica dissennata del gruppo che ha fatto strame degli aiuti da tutto il mondo dopo lo sgombero, e ridotto i suoi alla miseria pur di seguitare a tirare missili sui civili israeliani. I passaggi si chiudevano ogni volta che Hamas sparava, che c’è di strano? [...]
Le nostre piazze a lezione di democrazia da Israele

Il Giornale, 14 gennaio 2009
Perché scendere in Piazza per Israele? Perché la piazza italiana neisecoli, si è disegnata, dalla sua genesi nel suo sviluppo, sullacultura che ha portato alla democrazia. La nostra piazza, quella deiComuni, non può diventare proprietà privata del più volgare dissenso,dell’esaltazione totalitaria e minacciosa, quello che brucia lebandiere; che grida e perfino prega in onore di Hamas,un’organizzazione terrorista e antisemita; le nostre piazze non hannola funzione di intimidire, ma di incoraggiare. Devono aprire, nonchiudere. C’è, da noi, una parte che odia e minaccia, che disegnasvastiche sulla Stella di David, che si allea con chi promette diuccidere fino all’ultimo ebreo e mira con i razzi sui civili innocenti;c’è chi boicotta i negozi, i prodotti degli ebrei. Sarà interessantevedere se sono pronti a boicottare anche il vaccino di Salk,l’insulina, le vitamine, la streptomicina, le scoperte sul Dna deipremio Nobel israeliani Ciechanover e Hershko, o l’irrigazione agoccia, o persino Icq, la prima chat. In questi giorni le nostrepiazze sono servite a maledire l’unica democrazia del Mediorente, unPaese da cui neppure in questi giorni è uscita una sola parola d’odio,che ha attaccato solo quando Hamas ha rifiutato la tregua e sparato 100missili in una notte dopo sette anni di incredibile pazienza. Lacriminalizzazione ha preso toni selvaggi, le evidenti ragioni diautodifesa sono state seppellite sotto l’accusa, consueta per gliebrei, di una gratuita sete di sangue. La realtà di Hamas, antisemita,dittatoriale, assassina dei suoi, sfruttatrice di donne e bambini finoalla morte di massa, è stata avvolta in una nebbia grigia: sono rimastisolo gli ebrei, criminalizzati. Noi dunque andremo in piazza a favoredi Israele, manifesteremo oggi alle 18,30 nella piazza della democraziaper antonomasia, quella di Montecitorio, e lo faremo senza minacciare,senza offendere nessuno, senza urlare slogan assassini, senza bruciarela bandiera palestinese, che speriamo abbia migliori destini di quellariservatagli da Hamas che in realtà la brucia giorno dopo giornodistruggendo la causa palestinese. [...]
Our Public Sqaures to Democratic Lessons From Israel
Il Giornale, 14 January 2009
Why go to the public square for Israel? Because the Italian square throughout centuries has been designed from its genesis and development on a culture that has brought to democracy. Our public squares, that of our cities, cannot become the private property of the most vulgar dissent, of the totalitarian and threatening exaltation, for which people burn flags, yell and even pray in Hamas' honor, an anti-Semitic terrorist organization. The function of our public squares is not that of intimidating, but of encouraging. They must open; not close. There is, from us, a part that hates and threatens, that draws Swastikas on the Star of David, and which unites with those who promise to kill until the last Jew and aim rockets on innocent civilians. In addition, there are those who boycott not only Jewish stores, but also any products produced by Jews. It will be interesting to see if they are ready to also boycott the Salk vaccine, the insulin, the vitamins, the streptomycin, and the discoveries on the DNA of the Israeli Novel Prize-winners Ciechanover and Hershko, or the water irrigations or even the Icq, the first chat as well. In these days our public squares have served to curse the only democracy in the Middle East, a country from which not even in these days has exited one word of hate and that initiated a defensive war only when Hamas refused a ceasefire and fired 100 missiles in one night after eight years of patience. The criminalization of Israel, however, has taken savage tones. The evident reasons of Israel's self-defense have been buried under the accusation – familiar for the Jews - of a gratuitous thirst for blood. The reality of Hamas, which is anti-Semitic, dictatorial and assassinates its own people by exploiting its women and children to mass death, has been covered in a grey fog: only the Jews have remained criminalized. We, therefore, will go to the public square in Israel's favor, we will protest today at 6:30 in the public square of Montecitorio, which is a quintessential symbol of democracy and we will do so without threats, without offending anyone, without yelling murderous slogans and without burning the Palestinian flag, to which we wish a better destiny than that reserved for it by Hamas, which in reality, day after day, burns it destroying thus the Palestinian cause. [...]
All’Onu la sorpresa americana
Documenti, risoluzioni, progetti, incontri: la diplomazia internazionale sbatte la testa contro una realtà micidiale, quella della volontà di Hamas di proseguire nella sua guerra, nella sua ragione di vita «anche in condizioni di tregua». Israele, peraltro, non intende continuare come negli ultimi otto anni, e senza garanzie non accetterà chiacchiere. «Tzi Filadelfi», il corridoio di Filadelfia, da cui le armi iraniane arrivano dall’Egitto, è il nome del gioco, e intanto l’Onu fa il suo mestiere, ovvero: nulla.
Condi Rice venerdì notte stava per votare la risoluzione dell’Onu palesemente sgradita a Israele insieme agli altri membri del Consiglio di Sicurezza. Da tempo il Segretario di Stato americano aveva il desiderio di mostrarsi dalla parte degli «underdog», di cancellare il gelo con gli amici europei. Poi Bush con una telefonata, si dice, l’ha fermata: al massimo ci possiamo astenere, ha detto, e così è avvenuto. È stato triste per Israele. Gli Usa, per la prima volta da molti anni, non hanno posto il veto a una di quelle tipiche risoluzioni sostenute da un lavoro di lobby gigantesco degli Stati Arabi e islamici in genere e da vari Paesi europei, attualmente dalla Francia e dall’Inghilterra. La risoluzione non menziona il diritto all’autodifesa di Israele, chiede alle parti di fermarsi, mettendo sullo stesso piano la difesa di un Paese democratico e l’attacco quasi decennale di un’organizzazione terrorista. [...]
Razzi dal Libano, per Gerusalemme l’incubo del secondo fronte
David Berger, un sopravvissuto alla Shoah che per un miracolo non è stato colpito dal katiusha piombato sul suo ospizio a Naharia, dopo il botto ha indossato la giacca a vento arancione e blu, ha preso la porta e a suo figlio, che era corso a prenderlo, ha detto: «Io là dentro non ci torno più». Ma il problema non è l’ospizio colpito, i suoi due ospiti feriti e i tre altri ricoverati dopo che tre katiusha lanciati dal Libano erano atterrati nella loro casa: il fatto è che per Israele intento al combattimento al sud, nella Striscia di Gaza, l’apertura di un eventuale fronte nord, ovvero una eventuale terza guerra libanese, di un micidiale faccia a faccia con gli Hezbollah, i migliori amici degli iraniani e dei siriani, armati con 42mila missili, sarebbe una avventura strategica molto difficile. Quando, alle otto meno dieci di ieri sono piombati su Israele i razzi che per anni, fino alla guerra del 2006, hanno ossessionato le gente del nord, Israele ha fatto sapere che comunque era pronta a ogni evenienza, e che riteneva il governo libanese responsabile di qualsiasi attacco al suo Paese. [...]
Israele paga il prezzo di tutti i luoghi comuni dell’odio
Dà molto da pensare il fatto che l’odio contro Israele si sia esaltato da quando, sabato, l’esercito ha intrapreso l’azione di terra dentro Gaza. Criticare una guerra è normale, svisare la realtà e odiare, invece no. La critica in tempo di guerra è normale. Si criticano il Pakistan e l’India per il conflitto sul Kashmir, si critica la Spagna quando si parla di Baschi, la Russia dei Ceceni, l’Inghilterra ai tempi del conflitto acuto con l’Irlanda. Ma qualcuno di questi Paesi è mai stato sottoposto all’accusa permanente di essere un paese razzista, aggressivo, avido di sangue umano, nazista? Forse solo gli Usa sono perseguitati da uno stigma permanente. Ma nessun altro Paese, se non Israele, viene sottoposto a un odio costante per il conflitto in cui si trova: nessuno vede la sua stessa identità messa in discussione, nessuno viene messo in dubbio nella sua legittimità, i suoi leader vilipesi, i suoi soldati e i suoi cittadini trattati da assassini, i leader rappresentati coperti di sangue su giornali e tv di tutto il mondo. Questo non c’entra con la guerra, c’entra con la menzogna e con quell’antisionismo che il presidente Giorgio Napolitano denunciò come la forma palese di un occulto antisemitismo. [...]
Questa sinistra pavida che gioca coi terroristi
Il Giornale, 5 gennaio 2009
È strano come i toni della ragionevolezza, quelli della saggezza antica, confortevole e insipida come l’acqua calda, alle volte nascondano invece un abisso di confusione, un vuoto di idee che può diventare un pericolo per il mondo. Viene da chiedersi con quale senso della responsabilità la sinistra italiana, l’Europa, l’Onu, parte della stampa internazionale, fingano di non capire che limitare il proprio commento alla richiesta di fermare la guerra contro Hamas giochi la credibilità del mondo occidentale, li metta in ridicolo presso il mondo islamista, rovini i Paesi arabi moderati che tacciono cauti, distrugga la deterrenza di fronte alla jihad islamica, danneggi Abu Mazen e anche la prospettiva di «due Stati per due popoli». Quale richiamo della foresta conduce un raziocinante moderato come Walter Veltroni a chiedere con estrema urgenza un cessate il fuoco fra Israele e Hamas? Per un moderato in politica internazionale come Veltroni, che certamente non approva la linea di Massimo D’Alema che, non pago della lezione degli Hezbollah, ripropone una trattativa con Hamas, la richiesta di fermare subito tutto sembra una risposta automatica. Israele affronta con sofferenza e determinazione l’impresa di terra, uomini come Shimon Peres e Ehud Barak spiegano come proprio il bisogno di pace costringa a combattere Hamas fino a ottenere risultati tangibili. Intanto, anche gli occhi della nostra sinistra moderata scorgono che le manifestazioni anti-israeliane si infittiscono, diventano razziste e furiose, manifestazioni bruciabandiere. [...]
Gli ipocriti dell'uso sproporzionato della forza
Nessun paradigma fra quelli usati oggi per dimostrare che Israele deve affrettarsi verso una tregua è più ambiguo e moralmente dubbio di quello della “forza sproporzionata” usata a Gaza. Che la garanzia di pietas, per favore, non si creda proprietà di chi parla di sproporzione, che il senso di responsabilità non venga scambiato per insensibilità.
Sarà bene ricordare, in primo luogo, che Hamas dal 1994 ha fatto col terrorismo suicida, di cui è il maggiore responsabile, più di mille morti israeliani.
Israele protegge con sforzo enorme, non minore di quello bellico, la sua popolazione da parecchie decine di missili al giorno: Kassam, Katiusha e Grad. Un comando speciale (Pikud ha Oref), tutti i mezzi di comunicazione, l’esercito, migliaia di volontari si occupano solo dei rifugi, ne spiegano e favoriscono l’uso, li puliscono, li riforniscono per bambini e vecchi e, dove non esistono, insegnano varie tecniche per proteggersi quando suona la sirena. Non ci si riunisce in edifici esposti, le scuole, le sinagoghe vengono chiuse se c’è pericolo. Niente che non sia una struttura militare dichiarata viene usato per lo stoccaggio di armi o come caserme. I missili palestinesi cadono su strutture evacuate alla sirena: infatti molti sono gli edifici distrutti, comprese le scuole, ma pochi caduti. Hamas dice “noi amiamo la morte mentre Israele ama la vita”. Vero. Per questo la protegge. Invece Hamas piazza le strutture militari dentro quelle civili o in mezzo alle città, usa le famiglie come scudi umani: la società di Hamas è jihadista, la vita umana è uno strumento a fine di conquista e distruzione del nemico, e a questo scopo si serve parimenti di militari e civili. Tutti, per Hamas, qualunque sia l’età o il ruolo, sono possibili shahid. [...]
Osservatori Ue, ma con mandato armato
L’Europa può spesso permettersi, o almeno lo crede, di essereirresponsabile e di fare la morale. Di fronte allo scontro di Gaza,l’Europa con una proposta di tregua umanitaria coniata dal ministrofrancese degli Esteri Bernard Kouchner, ha subito optato per la piùfacile delle posizioni. Alla tregua, seguirebbe un accordo con alcentro i soliti osservatori internazionali fra i due contendenti.
L’Italia fa bene a promuovere iniziative di pace, ed è stata la piùpuntigliosa e chiara nel ribadire, come ha fatto il ministro Frattinimartedì, che comunque si deve partire dall’idea che Hamas èresponsabile della guerra col lancio di missili sulla popolazionecivile e il rifiuto, richiesto da Israele, della conferma della passatatregua. Hamas, dice Frattini, è un’organizzazione terrorista nellalista Ue, se ne tiene ben conto.
Kouchner e il responsabile della diplomazia britannica Millibandpuntano soprattutto sulla crisi umanitaria, glissando sulla natura delferoce gruppo islamista che ieri ha promesso, mentre faceval’occhiolino sulla tregua, la vittoria totale e ha ribadito per boccadi Ismail Haniyeh, il capo, che lo scopo è sempre quello promesso:distruggere Israele, che secondo la sua Carta «esisterà finché l’islamlo oblitererà». [...]
L'Europa capisca, è una guerra al terrorismo
Perché Israele ci mette tanto a decidere quale strada prendere? Per quale ragione i suoi uomini oliano i motori dei tank sul confine ma non li mettono in moto per cercare di tagliare la Striscia così da impedire ai Kassam e ai Grad di transitare? Perché Israele, salvo che per tre personaggi non di primissimo piano, non ha scelto subito la strada delle eliminazioni mirate dei leader di Hamas, come invece accadde dopo l’ondata terrorista dello Sceicco Yassin e di Abed el Aziz Rantisi?
Semplicemente perché è difficile guardare nel futuro di Gaza. Hamas ha giurato di distruggere Israele, e non ha nessun interesse a trattare. Ogni tregua è solo un regalo perché si riorganizzi. Occorre uscire da Gaza con risultati che non consentano a Hamas di proclamare,come fecero gli hezbollah nel 2006, una vittoria divina. Sarebbe un’incitazione sconsiderata per tutti i terroristi del mondo. Occorre una conclusione che abbia il carattere della chiusura di un’epoca ma anche che salvaguardi la possibilità per i Paesi Arabi moderati come l’Egitto di apparire salvatore dei palestinesi. [...]
Ma molti arabi fanno il tifo contro Hamas
Le immagini più significative della guerra in corso ieri si sono viste sul confine fra Gaza e l’Egitto, con tutta la tessitura degli arabeschi che il Medio Oriente è in grado di comporre. I soldati egiziani sorvegliano la frontiera col fucile impugnato da Rafiah lungo lo Tzir Philadelphi; dalle ore della tarda mattinata si svolge l’assedio dei palestinesi che vogliono passare di là dal confine mentre i soldati dall’altra parte hanno l’ordine di impedire comunque alla marea integralista di penetrare nel Paese di Mubarak, il moderato; poco più in là, la paradossale scena dei camion pieni di aiuti umanitari e le ambulanze, che sono i palestinesi a non lasciar passare mentre gridano agli egiziani: «Lasciate entrare i vivi invece di occuparvi dei morti».
Verso le cinque del pomeriggio, mentre il sole tramonta sul mare Mediterraneo, entrano in scena gli F16 che sfrecciano veloci e in quattro minuti distruggono 40 tunnel sotto il confine. Pare che fossero i più importanti tra i 600 scavati per trasportare dentro Gaza merci di qualsiasi genere dall’Egitto, quelli che hanno rimpinzato Gaza di missili. Ma ieri di missili, contro ogni previsione, non ne sono piovuti molti, e la popolazione del sud di Israele ha passato una giornata relativamente tranquilla: segno che gli obiettivi colpiti dall’aviazione sono stati scelti con una operazione di intelligence precisa, e che le strutture di Hamas stentano a riaversi da un’operazione paragonata qui in Israele a quella che nel 1967 colpì a terra i Mig egiziani. [...]