Fiamma Nirenstein Blog

Il Giornale

Obama ottiene il suo vertice. Ma nessuno crede a una svolta

lunedì 21 settembre 2009 Il Giornale 10 commenti
Il Giornale, 21 settembre 2009

Il leader americano convoca il premier israeliano Netanyahu e il palestinese Abu Mazen. Ma l’incontro di domani sarà più di immagine che di sostanza.

Dunque, Obama avrà il suo vertice. Benjamin Netanyahu, primo ministro d’Israele, e il presidente palestinese Abu Mazen partono oggi per New York dove, domani, prima dell’Assemblea Generale dell’Onu di mercoledì, si terrà un incontro con il Presidente degli Stati Uniti. Obama vedrà prima un leader alla volta e poi tutti e due insieme. Una bella fotografia senza molta sostanza. Abu Mazen è stato il più recalcitrante, e ha riempito la settimana scorsa di accuse contro Netanyahu; d’altra parte il premier israeliano, che ha ripetuto che le costruzioni negli insediamenti subiranno solo un blocco parziale, insiste per riprendere i colloqui che furono interrotti da un ennesimo rifiuto palestinese nel 2008.
Abu Mazen accusa Bibi di restare attaccato alla politica degli insediamenti, e dopo l’incontro di sabato con Mubarak al Cairo e con Abdullah ad Aqaba, si è rafforzato nell’idea che la palla debba essere giocata in campo israeliano; la strada l’ha già tracciata Obama, quella di un completo «congelamento» degli insediamenti, fra cui Abu Mazen considera anche Gerusalemme, come precondizione. [...]

L'impunità dell'Iran aumenta il rischio terrorismo

venerdì 18 settembre 2009 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 18 settembre 2009

Il devastante attacco suicida dei talebani a Kabul è l’ennesima tessera di un mosaico che disegna sull’intero orbe terracqueo il mostro del terrorismo. La dimensione strategica degli attacchi che punteggiano tutta la carta geografica risponde a svariati disegni, sia di origine sunnita sia sciita, e tutti mirano a stabilire un califfato mondiale.
Per tutti i combattenti dell’islam estremo, sia sunniti sia sciiti, il punto di riferimento, il modello ideale, l’incoraggiamento costante verso quella che considerano una sicura vittoria, è il regime degli ayatollah, l’Iran, la bandiera strategica, la fonte primaria della strategia mondiale e del finanziamento del terrorismo mondiale. Fra gli insurgent afghani e l’Iran c’è un rapporto strategico essenziale. Teheran è il modello e la fonte di approvvigionamento del terrorismo islamista di tutti i tipi, molte volte se ne è parlato addirittura come di uno dei rifugi di Bin Laden.
Proprio in questi giorni, scade per questo Paese un appuntamento che avrebbe dovuto essere cruciale, e non lo sarà. [...]

È il «palestinismo» la vera malattia dell’Onu

giovedì 17 settembre 2009 Il Giornale 9 commenti
Il Giornale, 17 settembre 2009

La relazione della commissione Goldstone non mostra alcun interesse perla verità, ma solo per l’ennesima criminalizzazione di Israele. Estabilisce un principio: bisogna arrendersi ai terroristi checolpiscono i civili
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La relazione della commissione Goldstone sull’operazione “Piombo fuso”è un pericolo per tutti noi. È, nero su bianco, il proclama chestabilisce che bisogna arrendersi di fronte al terrorismo sistematicoche colpisce e usa i civili. Se si dà una rapida occhiata alle 575pagine prodotte per stabilire che cosa è accaduto a Gaza nella guerradel 2008-2009, si vede che la commissione istituita dall’Onu non haavuto alcun interesse alla verità, ma solo alla ennesimacriminalizzazione di Israele: l’Onu incarna qui, ancora una volta, unesempio del palestinismo moralista che sfrutta, in funzione delladelegittimazione antioccidentale, i sensi di colpa del mondocontemporaneo e cerca, nella pratica immediata, la morte civile efisica dello Stato ebraico.L’Onu dedica ogni anno due terzi delle sue risoluzioni sui dirittiumani alla condanna di Israele; la sua assemblea, dove sono giàrisuonati i discorsi antisemiti del presidente Ahmadinejad, adessoprocede con una versione flautata, quella del giudice Goldstone, unebreo con tanto di figlia che vive in Israele. [...]


"Palestinism", the real UN disease

Il Giornale, 17 september 2009

The report by the Goldstone Commission sponsored by the U.N. is a danger for all of us; it is a written document stating that it is necessary to give up the fight against systematic terrorism that hits and uses civilians. A quick look at the 575 pages of the report designed to establish what happened in Gaza in the 2008-2009 war: it is clear that the Commission set up by the United Nations during the ninth special session of the Human Rights Council in January 2009 has is not at all interested in truth, but only in still another criminalization of Israel: the U.N. embodies once again an example of moralistic Palestinism that exploits the guilty feelings of the contemporary world to delegitimize the West. And it practically aims to the physical and institutional death of the Jewish State. Every year, the U.N. devotes two thirds of its resolutions on human rights to condemn Israel; its Assembly has already echoed the anti-semitic speeches by President Ahmadinejad, and now it is going on with a whipping version by Judge Goldstone, indeed a Jew with a daughter who lives in Israel.  [...]

La maledizione dell'eroe dei cieli: Assaf Ramon muore come il papà astronauta

lunedì 14 settembre 2009 Il Giornale 6 commenti
Il Giornale, 14 settembre 2009

Vicino a Har Hevron, nel primo pomeriggio, in tutto quel giallo accecante del deserto della Giudea, fra i villaggi arabi e quelli ebraici, il destino si è esercitato di nuovo in una di quelle crudeli giravolte che in Israele gli riescono particolarmente bene.
Non è usuale che un F16 A, il più vecchio aereo da guerra che calza come un guanto sui suoi piloti, precipiti durante un’esercitazione: invece ieri, in un fungo di fumo nero che hanno raccontato stupefatti sia i palestinesi che gli ebrei che vivono fra quelle pietre, uno di quegli aerei imbattibili è precipitato. Non si perde mai più di un pilota l’anno nelle esercitazioni, le statistiche assicurano che è un evento molto inconsueto. Quei ragazzi sono troppo preziosi, dopo ben sette anni di studi pratici e teorici di qualità unica, in cui hanno stretto i denti e dato l’anima. Invece stavolta decine di soldati e di guardie di confine hanno cercato fra le pietre i resti di un pilota la cui identità era troppo incredibile per essere proprio lui. [...]

La Svezia si piega all’islam e guida il coro contro Israele

martedì 25 agosto 2009 Il Giornale 2 commenti
Il Giornale, 25 agosto 2009

Israele è furiosa con la Svezia al punto che il suo primo ministro Benjamin Netanyahu e il suo ministro degli Esteri Avigdor Lieberman insistono duramente perché il governo di quel Paese si dissoci dal contenuto dell’articolo che descrive i soldati del loro esercito come interessati macellai. Perché non lasciano il giornale, come i critici suggeriscono, a cuocersi nel suo brodo di menzogne? Perché Israele è satura, con la bomba atomica iraniana dietro l’angolo e la jihad in tutto il mondo, sente che oltre a Gerusalemme, anche gli ebrei in Europa sono in pericolo, e dopo anni in cui ha sollevato innanzitutto dubbi su se stessa, ha capito che se non cambia registro l’incitamento e l’odio possono soffocarla.
Se chiedi in giro com’è Israele e buona parte degli europei, nelle università, alle cene, ti descriveranno un vulcano di violenza contro i poveri palestinesi innocenti, una sentina di crudeltà, in cui i soldati sparano ai bambini e il governo solleva muri razzisti di apartheid o fa guerre inutili per il gusto di uccidere. [...]

I terroristi diventano ministri e l'Occidente rimane a guardare

domenica 23 agosto 2009 Il Giornale 12 commenti
Il Giornale, 23 agosto 2009

E’ il tempo dell’istituzionalizzazione del terrorismo: potrà capitare sempre più spesso a un politico occidentale in visita in mezzo mondo di stringere la mano a un ricercato dall’Interpol in veste ufficiale, o almeno a qualche leader che ha lodato pubblicamente qualche noto assassino plurimo di donne, bambini, turisti, facendone la sua bandiera dopo averlo probabilmente finanziato. E’ preciso il messaggio di tutto il regime iraniano quando decide, alla faccia di tutte le diplomazie, di nominare Ministro della Difesa Ahmad Vahidi, il comandante dell’unità “Forza Quds” della Guardia Rivoluzionaria, che ha perpetrato nel 1994 l’attacco dell’AMIA, un’associazione ebraica di Buenos Aires, facendo 85 morti e 200 feriti, ricercato dall’Interpol: qualcuno ricorderà lo sventramento enorme causato dalla bomba, l’inferno di morte e dolore visto, e poi le immagini in replica in talmente tante città, a New York, a Londra, a Parigi, a Mumbai, a Gerusalemme, a Mombasa... Con la nomina di Vahidi, Ahmadinejad dice che non solo uccidere innocenti è buono e giusto, ma anche, attenti a noi, che un attentato diventa un esempio da premio quando ha luogo in un grande centro a sorpresa, lontano dal Medio Oriente. La scelta del regime iraniano ha a che fare con il suo coinvolgimento palese nel terrorismo internazionale, e ce lo butta in faccia come una promessa. [...]


Terrorists become ministers, and the West looks on

Il Giornale, August 23, 2009

It's time for terror institutionalization: it might happen more and more often to Western politicians that they will be shaking the hands of people on Interpol's "wanted" list, or at least to some leaders who have been publicly praising - and probably also financing - certain notorious multiple-killers of women, children, tourists. The Iranian regime is sending a very precise messag, in spite of all the diplomatic norms, by appointing Ahmad Vahidi as Iran's Minister of Defense. Vahidi is on Interpol's "wanted" list because he is a former commander of the "Quds Force" of the Revolutionary Guards, the unit in charge of Iran's overseas operations that on 1994 carried out the bomb attack on the Israeli-Argentine Mutual Association (AMIA) building in Buenos Aires that killed 85 people and injured some 200: people still remember the huge destruction and devistation caused by the bomb, the hell of death and pain; the same images then replied in so many cities: Jerusalem, New York, Mombasa, Madrid, London, Mumbai. [...]

Adesso Al Fatah vuole tutta Gerusalemme

domenica 9 agosto 2009 Il Giornale 14 commenti
Il Giornale, 9 agosto 2009

Betlemme è tutt’altro che quel luogo di pace che tanti cristiani sognano e, in questi giorni, meno che mai. Proprio da qui, da quella che è stata (e che continuerà, per cercare di sedare gli scontri, ancora fino a martedì prossimo) la prima convenzione di Fatah in venti anni, oltre alla rielezione bulgara di Abu Mazen avvenuta ieri, potrebbe scaturire una terza intifada. Non è mancato nessuno dei classici segnali del regresso e di un totale rifiuto del dialogo: il documento di ieri invita a sacrificarsi, ovvero a perpetrare atti di terrorismo, fin che Gerusalemme non sarà interamente, anche nella sua parte ovest, anche dentro la Linea Verde, consegnata ai palestinesi: fino ad allora Fatah, la parte moderata rispetto a Hamas, non si siederà a parlare con gli israeliani. Una linea inusitata, che dichiara guerra fino a che vivrà non solo l’ultimo israeliano, ma anche l’ultimo ebreo: Gerusalemme è nelle sue preghiere tre volte al giorno da che mondo è mondo, citata 622 volte nella Bibbia e migliaia di altre volte con altri nomi. [...]

Fatah a congresso, ma i «falchi» hanno già vinto

martedì 4 agosto 2009 Il Giornale 5 commenti
Il Giornale, 4 agosto 2009

Se il mondo si era affacciato alla finestra per guardare meglio la conferenza di Fatah che da oggi raccoglie 2265 delegati a Betlemme per tre giorni, meglio torni a dormire. Non ci sarà un cambio della guardia, i più che settantenni resteranno al potere; non ci sarà un cambiamento di linea che porti il Mediorente verso la pace; non ci sarà la base per un accordo fra Fatah e Hamas. Il fatto che si tratti della sesta convenzione in venti anni è una grande occasione di incontro fra personaggi sparsi ai quattro angoli del Mediorente in cui il West Bank è contro Gaza, i vecchi contro i giovani, i moderati, pochi, contro i moltissimi rivoluzionari permanenti. Hamas, che ha tentato di impedire ai 200 delegati di Fatah provenienti dalla sua zona di arrivare, è di fatto, per Fatah, il nemico da battere ma anche il remoto ispiratore di una linea sempre più tragicamente dura: la leadership di Abu Mazen, ormai 74enne, così come quella dei cinquantenni come Mahmud Dahlan o il carcerato Marwan Barguti, in dura competizione fra di loro, hanno in comune la determinazione a reggere la competizione di Hamas sfoderando toni durissimi. [...]

Obama fa il duro con Israele, non con i palestinesi

domenica 2 agosto 2009 Il Giornale 3 commenti
Il Giornale, 2 agosto 2009

Va bene, adesso è quasi sicuro, Bibi Netayahu ha intenzione di dichiarare un “congelamento” temporaneo degli insediamenti, proprio come gli hanno chiesto tutti gli inviati, dal segretario della difesa Robert Gates, all’incaricato per il Medio Oriente George Mitchell, al Consigliere per la Sicurezza James Jones, giunti in processione dagli Stati Uniti. Ma questo aiuterà a fare la pace? Sembra quasi che la linea Obama, di cui le concessioni israeliane sono il perno, stia creando una specie di scivolamento inerziale verso una strana, pericolosa neghittosità palestinese, e un altrettanto automatico riflesso antisraeliano da parte dell’Europa. Insomma: come se Israele dovesse far tutto e i palestinesi, e anche il mondo arabo, richiesto invano di un gesto di buona volontà, solo quel che gli pare. Obama, al contrario di quello che si sapeva, non ha più voglia di presentare un piano di pace per il Medio Oriente. Gli USA ora tenderebbero semplicemente a puntare su ciò che sembra a portata di mano, ovvero un accordo con Israele per lo sgombero di alcuni “out post” illegali e per il “congelamento” temporaneo degli insediamenti , in attesa che Abu Mazen batta un colpo. Per spingere il mondo arabo a un gesto di buona volontà, Mitchell ha visitato gli Emirati, la Siria, l’Egitto: cerca una pace onnicomprensiva, ma per ora Obama dovrà approfittare della sola buona volontà israeliana. E così, tutti spingono su Bibi che vuole buoni rapporti con Obama a causa della minacciosità dell’Iran. [...]

I muscoli di Hezbollah fanno paura

lunedì 20 luglio 2009 Il Giornale 4 commenti
Il Giornale, 20 luglio 2009

L’attacco subito nel sud del Libano dalle truppe dell’Unifil mentre tentavano di verificare in che cosa consistesse il deposito d’armi degli hezbollah saltato per aria qualche giorno prima con morti e feriti, è un pessimo segnale per la pace in Medio Oriente. Quel centinaio di abitanti di Kirbat a Silm, che alla fine si sono persino messi a sparare contro le forze internazionali, sono il segno della solida presenza degli hezbollah al sud del fiume Litani, dove hanno comprato, costruito, arruolato; è un segnale della determinazione della milizia sciita a proteggere le armi e le loro infrastrutture nonostante la risoluzione dell’Onu che ne stabilisce lo smantellamento.

La chiave dell’aggressività delle ultime azioni degli hezbollah, che hanno taciuto per lungo tempo e che sembravano determinati a conquistare il potere in Libano tramite un percorso di legittimazione democratica, deve essere letta alla luce dei risultati delle ultime elezioni, anche se è lo scontro con Israele la stella polare intorno a cui costruiscono l’azione e il consenso. [...]
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