L'Europa capisca, è una guerra al terrorismo
mercoledì 31 dicembre 2008 Il Giornale 7 commenti
Il Giornale, 31 dicembre 2008Perché Israele ci mette tanto a decidere quale strada prendere? Per quale ragione i suoi uomini oliano i motori dei tank sul confine ma non li mettono in moto per cercare di tagliare la Striscia così da impedire ai Kassam e ai Grad di transitare? Perché Israele, salvo che per tre personaggi non di primissimo piano, non ha scelto subito la strada delle eliminazioni mirate dei leader di Hamas, come invece accadde dopo l’ondata terrorista dello Sceicco Yassin e di Abed el Aziz Rantisi?
Semplicemente perché è difficile guardare nel futuro di Gaza. Hamas ha giurato di distruggere Israele, e non ha nessun interesse a trattare. Ogni tregua è solo un regalo perché si riorganizzi. Occorre uscire da Gaza con risultati che non consentano a Hamas di proclamare,come fecero gli hezbollah nel 2006, una vittoria divina. Sarebbe un’incitazione sconsiderata per tutti i terroristi del mondo. Occorre una conclusione che abbia il carattere della chiusura di un’epoca ma anche che salvaguardi la possibilità per i Paesi Arabi moderati come l’Egitto di apparire salvatore dei palestinesi.
Si spera che Abu Mazen possa prendere Gaza, ma si deve lasciare che appaia un patriota non sospetto di collusioni con Israele… E soprattutto, occorre concludere le cose in modo che Hamas non possa più sparare 100 missili in un giorno su Sderot, come ha fatto mercoledì. In genere, prima una tregua e poi un accordo certificano la sconfitta di uno dei due contendenti, e la speranza di pace del vincitore. Così è andata fino ad ora: Israele è stato sempre il vincitore che cede terra contro pace.
Dalla prima Intifada uscì col riconoscimento dell’esistenza e dei diritti dei palestinesi e poi venne l’accordo di Oslo. Dalle guerre, sempre vittoriose, uscivano prima tregue e poi accordi che restituivano terra all’Egitto e alla Giordania in cambio di pace. Interlocutori razionali, con cui è andata abbastanza bene. Con i palestinesi come anche con gli hezbollah in Libano la cedevolezza di Israele ha avuto cattivi risultati: con Oslo, fino all’ultimo soldato uscì dalle cittadine palestinesi, lasciando il 98% dei palestinesi sotto Arafat. Ma a Camp David Arafat, ormai preda dell’islamismo dilagante, fece scoppiare l’accordo. Con il Libano, Israele seguì la strada dello sgombero unilaterale ritrovandosi poi con gli hezbollah che sparavano sul nord del Paese.
Dalla seconda Intifada, dopo avere sconfitto il terrorismo, decise di sgomberare Gaza. E Hamas ne ha fatto una macelleria per Fatah e una rampa dimissili contro Israele. Che ora pondera come differenziare il suo comportamento odierno da quello, evidentemente errato, del passato.Mubarak ha avvertito più volte: Hamas vuole consegnare il Medio Oriente arabo nelle mani degli iraniani. L’Egitto ne è consapevole, così come Abdullah di Giordania. Israele ha il difficile compito di affrontare Hamas per quello che è, ovvero lo spigolo irriducibile della minaccia iraniana. D’altra parte la sua sostituzione è difficile: è chiaro che il candidato ideale è Abu Mazen che, in ogni caso, non puòfarvi ritorno sul vento di guerra israeliano.
Che fare dunque? Procedere all’eliminazione del gruppo dirigente? Tutto è sospeso in una guerra amille sfaccettature di cui però si può dire che è diversa dal vecchio conflitto israelo-palestinese, quello in cui Israele poteva puntare alla pace, ai trattati. Sarebbe bene che l’Europa imparasse dunque, la nuova lingua di questoc onflitto che è quellodell’Occidente che si difende dal terrorismo con coraggio, e abbandonasse l’idea sbagliata, dopo sette anni di missili su Sderot, di un conflitto «sbilanciato».
Sbilanciati siamo noi che per il nostro terzomondismo non sappiamo distinguere l’aggressore da colui che si difende. E un buon risultato da una mera tregua. Il buon risultato è quello in cui Hamas perde; in cui il fronte arabo moderato non si vergogna di proclamare la sua moderazione anche a costo di dare ragione a Israele. Questo è un nuovo gioco, quello della guerra contro il terrorismo internazionale in cui i cittadini sono usati come scudi umani.
sabato 3 gennaio 2009 14:17:41
sono d'accordo guerra senza appello al terrorismo palestinese ma ricordo che la pace tra israeliani e palestinesi è tenuta sotto scacco anche dai religiosi ultraortodossi israeliani, mi auguro che nelle prossime elezioni il partito ultraortodosso sia relegato a un'angolino all'estrema destra e che il prossimo presidente segua le orme di Rabin.
Lorenzo , Genova
venerdì 2 gennaio 2009 17:55:50
Gennaro, il Suo contorto ragionamento non è che un affannoso arrampicarsi sugli specchi pur di giustificare un orrore oggettivamente ingiustificabile. 1) Nessuno, a sinistra, sta appoggiando delle "sottoculture del pensiero unico"; nessuno fa il tifo per Hamas. La coerenza di chi si ritiene di sinistra si ritrova nell'opposizione alle guerre coloniali e capitaliste, ma ciò non implica automaticamente il sostegno ai movimenti terroristici locali: si può essere semplicemente solidali con una popolazione allo stremo, e rispettarne le scelte (l'elezione di Hamas), dettate sicuramente anche dalla situazione drammatica, senza essere per forza etichettati come supporter dei terroristi? 2) Che cosa è terrorismo e cosa no? Lei è più onesto di altri, perfino della stessa Nirenstein, che racconta bugie pure a se stessa: infatti non esita a definire quello di Israele o degli USA "terrorismo con fini virtuosi"...insomma, pur giustificandolo, ammette che si tratta di terrorismo. E' già qualcosa. Tale bella definizione mette infatti in mostra tutta l'ipocrisia di chi si ostina a giustificare l'ingiustificabile. Non può difatti esistere un terrorismo 'buono', e tantomeno può essere giudicata tale una guerra che produce più morti e danni del terrorismo che si propone di debellare; oltre tutto, a chi spetterebbe la valutazione della bontà di tale strategia politica? La soluzione dell'enigma è semplice: il terrorismo è 'buono' perchè a farlo sono i 'buoni', e a giudicarlo pure. Insomma, una giustificazione 'democratica' della legge del più forte. Tutto il suo forzato ragionamento è peraltro smentito in due parole dal filosofo tedesco Theodor Adorno il quale riteneva, a ragione, che “il perdurare del fascismo nella democrazia è potenzialmente più pericoloso del perdurare di tendenze fasciste contro la democrazia”. Ah già, ma lui era comunista.
antonello , cagliari
venerdì 2 gennaio 2009 13:08:37
spero che stavolta Israele non tentenni come in Libano e mantenga fermezza e decisione nel proseguire le operazioni militari fino ad una vittoria senza appello contro le bestie assassine di hamas e soprattutto alla maggioranza silenziosa degli Italiani che amano Israele e non i suoi nemici un po' più di coraggio che si dica apertamente che se non vi è uno stato palestinese se la guerra è la normalità in palestina la colpa è del fanatismo palestinese dei tanti cattivi maestri come arafat e di quei genitori abbietti che invocano il martirio per i propri figli e festeggiano come eroi degli assassini
gennaro , italia
venerdì 2 gennaio 2009 13:05:38
Annosa questione e finta, come quella del “razzismo”, quale tanto facile quanto impropria accusa ad uso e consumo di chi guarda ai fatti attraverso gli occhiali distorcenti dell’ideologia che, tra l’altro, vorrebbe essere nientepopodimenoche “di sinistra”, ma che sceglie di appoggiare sottoculture del pensiero unico quando queste collidono con quelle democratiche. Strano modo di interpretare il pensiero di sinistra, che dovrebbe essere per sua natura emancipativo e non contro tutti i “più forti” tout-court, quanto semmai decisamente contro il meno democratico. Quindi se è vero che tutte le azioni violente contro un determinato sistema si possono definire “terroristiche”, in realtà quelle ad opera di sistemi democratici ai danni di quelli che non lo sono rappresentano atti di lotta per l’emancipazione e, quindi, si configurano agli occhi della storia come terrorismo con fini virtuosi, mentre nel caso inverso è vero terrorismo perché al servizio di sistemi non emancipativi …A meno di voler negare tutto intero il corso della storia e la sua direzione, dagli albori dell’umanità ai giorni nostri.
Angelo , napoli
giovedì 1 gennaio 2009 21:19:58
il fatto che la guerra possa essere interpretata come guerra al terrorismo non e' una tesi non percepita.si e' capito pero', che il terrorismo va affrontato in maniera globale.per tale motivo, un notevole segnale puo' giungere dopo il definitivo insediamento di obama.penso che dopo quella data avremo degli importanti ed inequivocabili segnali anche in merito alle vicende di gaza.
Maurizio , Sanremo
giovedì 1 gennaio 2009 16:33:12
Mi chiedo se qualcuno abbia mai letto lo statuto di Hamas del 1998, lo si trova facilmente su Internet tradotto in italiano. Leggendolo ci si accorge ben presto che non esiste alcuna possibilità di pace né di tregua vera con Hamas, semplicemente perché queste due possibilità non fanno parte in nessun modo della visione del mondo che caratterizza ogni fondamentalista-integralista, non solo musulmano, ma di qualsiasi religione egli possa essere adepto. Accade anche qui, in larga parte del nel mondo arabo, ciò che è già accaduto in passato in altre parti del mondo, cioé che l'errore non si trova nella religione in se stessa o nella fede dei credenti, ma nella sua interpretazione utilitaristica e assolutistica, con un contemporaneo viraggio politico capace di coinvolgere la realtà dei singoli ogni giorno.Questa visione del mondo può resistere nella realtà quotidiana soltanto a patto che esistano alcune condizioni: che ci sia costantemente un nemico da demonizzare e da distruggere, e che la popolazione di adepti sia mantenuta nella assoluta ignoranza e nella totale inconsapevolezza della realtà, obnubilandone ogni possibilità di apprendimento o crescita culturale e di informazione, attraverso una perenne occupazione delle menti e degli spazi didattici fin dalla più tenera età, sotto pena di ostracismo o di uccisione se qualcuno non fosse anche solo minimamente d'accordo.Chi può trarre vantaggi da una situazione di questo tipo ? Dove si concentrano i benefici di un tale potere?Una Società fondata su questi principi è realmente una società oppure si tratta solo di barbarie e oppressione ?Solo il cenno a concetti come Democrazia, Welfare, Giustizia sociale sembrano qui derivare da mondi sconosiuti o da un altra galassia: ma si tratta pur sempre di concetti che hanno a che fare con i grandi errori del mondo occidentale quando avrebbe potuto fare della "Civilisation" un concreto obiettivo anziché usare quelle terre come vere e proprie dispense.
Lorenzo , Genova
giovedì 1 gennaio 2009 15:58:34
Terrorismo? "Il terrorismo è un termine che normalmente si usa per descrivere ciò che 'altri' fanno, non ciò che facciamo 'noi'.Nazioni potenti come Israele, gli USA, la Russia o la Cina descriveranno sempre la lotta delle loro vittime come terrorismo.Però, esse non riconoscono quali atti di terrorismo la distruzione della Cecenia, il lento massacro dei Palestinesi rimasti, la repressione dei Tibetani, e l'occupazione americana dell'Iraq e dell'Afghanistan.Le regole normative e ciò che è legale e permesso sono determinate dai potenti. Essi formulano il concetto di terrorismo in termini normativi facendolo apparire come se tali definizioni derivassero da un tribunale neutrale invece che dagli oppressori.Per i deboli, resistere diventa illegale per definizione." (Nir Rosen, da aljazeera.net)Morale: il semplice fatto di sostenere le ragioni delle nazioni potenti soltanto, e non dei popoli da esse oppressi, mostra tutto il Suo servilismo e la Sua malafede, oltre ovviamente alla Sua già palese mancanza di umanità. Mentre Lei gioca abilmente con le parole, altri crepano nei fatti sotto le bombe. Ma siccome si tratta dei deboli, a Lei la cosa non interessa: atteggiamento, questo, che di democratico ha davvero poco.