La guerra antisemita contro l'Occidente
7 ottobre 2023 Israele brucia
Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein
Il Giornale, 23 gennaio 2020
Come in una
favola, i principi giungono a Gerusalemme uno a uno da ieri portando un
dono importante come l'oro l'incenso e la mirra: la memoria. Cosa c'è di
più volatile e insieme di più indispensabile quando si parla del Popolo
Ebraico, e quindi di Israele: non è un caso che tanto sforzo, tanti
soldi, tanta perversa tenacia si stata messa dai nemici di Israele nel
cancellare col cosiddetto "negazionismo" la memoria di ciò che è
indimenticabile, ovvero il tentativo di omicidio di un Popolo intero e
la sua strage, con i bambini, e che questo sia andato in parallelo alla
violenza antisemita. Adesso, nel 75esimo anniversario della liberazione
di Auschwitz sono atterrati in Israele 46 delegazioni per partecipare al
Quinto Forum Mondiale sulla Shoah: è un omaggio indubitabile alla Stato
di Israele e anche, per converso, un grido di allarme collettivo
rispetto all'incredibile, inaspettata crescita di parole, gesti, delitti
antisemiti negli ultimi anni. Ieri sera con una cena a casa del
presidente della Repubblica Reuven Rivlin è iniziata la Conferenza che
continua oggi a Yad Va Shem, il bellissimo Museo della Shoah.[...]
martedì 21 gennaio 2020
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Cari amici,
cliccando qui potrete rivedere la puntata completa della trasmissione tv dello scorso 18 dicembre Fatti e Misfatti del TgCom24 dove sono stata ospite del direttore Paolo Liguori con il quale abbiamo discusso del convegno intitolato Nuove forme dell’antisemitismo svoltosi il 16 gennaio scorso presso la sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, Senato della Repubblica.
Il Giornale, 20 gennaio 2020
Chi
ha il diritto, il privilegio, di poter combattere l'antisemitismo che è
riapparso, repugnante, in tutto il mondo? Nei giorni prossimi a
Gerusalemme si apre una conferenza mai vista prima, in cui da Netanyahu a
Putin a Mattarella, a Macron tutti si consulteranno su come battere
questo fenomeno. Sembra ovvio, logico: la memoria della Shoah, lo
stupore indignato di chi settant'anni dopo assiste a una crescita
verticale di odio contro il Popolo Ebraico, l'aggressione contro le
persone, i simboli, i luoghi di culto, contro la sua legittimità ad
esistere, unisce. In realtà l'unità su come combattere questa battaglia è
un serissimo problema. Ogni guerra richiede un'analisi e quindi una
strategia accurata, e qui invece esse sono tante e spesso
inconciliabili. [...]
Il Giornale, 12 gennaio 2020
Ops, un errore. Un errore di valutazione, «umano», certo, come hanno detto gli iraniani, e di chi? Certo non degli extraterrestri. Ma si tratta del regime iraniano, lo stesso che in queste ore i soliti ragazzi coraggiosi contestano in piazza, sfidando in città e all'università Amir Kabir, mentre fioccano i lacrimogeni e le Guardie rivoluzionarie aspettano il solito ordine di sparare. Qui non ci saranno errori: la Guardia rivoluzionaria è fatta così, prima spara, poi ci ripensa, a volte non ci ripensa nemmeno. [...]
Il Giornale, 10 gennaio 2020
Il
grande spettacolo della vendetta iraniana ha preso ieri l'aspetto di
una rappresentazione grottesca, col tragico backstage dei 176 uccisi
sull'aereo ucraino caduto, o abbattuto… Su questo disastro ognuno
fantastichi ciò che crede, non si saprà mai perché gli iraniani non
consegneranno la scatola nera. Quello che si sa è che l'attacco sulle
basi americane in Iraq, ovvero la rappresaglia per l'eliminazione di
Qassem Soleimani, è stato prima annunciata e poi pubblicizzata con molta
maggiore forza di quella dell'attacco stesso. Esso ha certo danneggiato
con 6 missili le basi di al Asad e con un razzo quella di Erbil, ma
senza uccidere i soldati di stanza. Le forze irachene e forse, si dice,
anche quelle americane, sono state avvisate prima. Una bella quantità di
22 missili è stata comunque lanciata in meno di un'ora ma fra le forze
NATO non risultano vittime, comprese fra le forze del contingente
italiano. In parole povere, è stata una grossa operazione
propagandistica, e curiosamente lo ha spiegato twittando il ministro
degli Esteri iraniano stesso Javad Zarif rivendicando la sua risposta
"proporzionata", con la quale quindi, lo scontro potrebbe concludersi. [...]
Il Giornale, 06 gennaio 2020
Chi si immagina che sia adesso il momento in cui il Medio Oriente rischia il caos è davvero distratto. Qualcuno ha detto che Israele è una villa nella giungla. Lasciando da parte la villa, la giungla è veramente tale. Ed è difficile che possa essere più intricata e selvaggia, da molti anni. L'esplosione è sempre a portata di mano. E' vero che ieri il Parlamento iracheno ha chiesto al governo di escludere la presenza militare americana in seguito all'eliminazione di Suleimani. E questa non sarà l'unica conseguenza immediata del gesto di Trump. E tuttavia, come una volta mi disse Arafat, le onde del deserto cambiano per posizione, altezza, colore: ma la sabbia resta sempre la stessa. Gli USA si possono aspettare adesso chele milizie sciite in Iraq attacchino i militari, i diplomatici, i civili. L'Iraq appare il più logico teatro per una risposta immediata, là è stato eliminato, oltre al generale Suleimani, anche Abu Mahdi al Muhandis, il capo delle milizie filo-iraniane irachene. Ma anche se gli americani sono stati estromessi politicamente, questo non stabilizza il potere filo-iraniano. Molti iracheni non hanno nessuna simpatia né per gli americani né, tantomeno, per gli iraniani. Nelle case irachene si è distribuito dolci quando Suleimani è stato ucciso, ripensando ai più di duecento morti che nelle settimane scorse le milizie hanno fatto nelle piazze di Baghdad che protestavano contro l'establishment filo-iraniano. I molteplici, aggressivi interessi internazionali che sconvolgono il Medio Oriente sono uno dei motivi delle infinite sanguinose rivoluzioni che hanno sconvolto questa larga porzione del globo terracqueo: l'America, la Russia, l'Iran, il potere sunnita, la Turchia, la Cina, tutti fomentano scontri fratricidi, causati alla base da autoritarismo, corruzione, violazione dei diritti umani, povertà, terrorismo, che a partire dalla prima Primavera Araba hanno portato a milioni di morti e alla biblica emigrazione dell'ultimo decennio. La maggiore delle guerre è ancora in corso in Siria, e oltre a Russia, Iran, Hezbollah, si è presentata un'altra forza armata contro i Curdi, quella di Erdogan, il presidente Turco. Anche lui sia in Siria che in Libia sfodera il suo imperialismo ottomano che si presenta come contraffaccia di quello Iraniano sciita. Ma i due hanno anche interessi comuni. [...]
Il Giornale, 05 gennaio 2020
Che
cosa può succedere adesso? Naturalmente nessuno lo sa, ma leggere la
politica di Donald Trump, se non si indossano occhiali ideologici e non
si comincia a sproloquiare sulla sua erraticità, la sua incompetenza, la
sua imprevedibilità.. il suo comportamento strategico appare chiaro. La
sua scelta di campo è trasparente, ed è sincero quando dice che non
vuole la guerra, come lo è Pompeo quando ripete che l'esecuzione di
Qassem Suleimani non punta a questo. Si capisce anche che, tuttavia, se
gli iraniani dovessero reagire furiosamente, ci si può aspettare
un'escalation. Il piano non è certo una Terza Guerra Mondiale, Theodoro
Roosvelt prima di farsi coinvolgere nella Seconda ci mise un bel po’...
In democrazia la guerra non è mai popolare, specie a fronte delle
elezioni. Semmai il problema è che l'Iran non è una democrazia ed è
guidato da una visione messianica che si conclude nello scontro finale
di Gog e Magog per il trionfo del Mahdi, il messia sciita; pure la
leadership è calcolatrice e abile, e adesso sa che Trump non è un
chiacchierone. Dal maggio del 2019 l'Iran ha inaugurato una nuova
escalation antiamericana in mare minando le navi nel Golfo, in cielo
tirando giù un drone, poi in settembre prendendo di mira le "facilities"
militari, poi uccidendo un contractor; e poi portando i suoi adepti
iracheni a assediare l'ambasciata, gesto sbagliato, dati i precedenti
dell'ambasciata a Teheran ai tempo di Carter, e di quella di Bengasi ai
tempi di Obama. Trump non sopporta che l'Iran bruci la sua bandiera
mentre cerca l'egemonia sul Medio Oriente , e ha reagito uccidendo il
generale al comando di quella battaglia. Ha avuto ragione? Si, anche
legalmente: l'ha detto il famoso avvocato Alan Dershowitz,
democratico,Trump ha più ragione di Obama quando ha fatto giustiziare
Bin Laden. Infatti Suleimani era un combattente in divisa, Bin Laden
uno sconfitto in fuga.[...]
Il Giornale, 04 gennaio 2020
E'
stupefacente che l'eliminazione di Qassem Suleimani venga quasi ovunque
in queste ore valutata per i pericoli per la pace che potrebbe
comportare senza considerare i reali disastri di guerra che la sua vita
ha causato. E di conseguenza, è assurdo non considerare che, nel lungo
termine, è certamente portatrice di pace la scomparsa dalla scena
politica del capo iraniano delle milizie Quds che ha affermato durante
un'intervista del 2009 che "il vero paradiso perduto dell'uomo è il
fronte di guerra".
Qassem Suleimani è stata la
causa basilare del volgersi dell'Iran, che certo già lo possedeva nel
suo dna, verso il terrorismo, verso una scelta persian-imperialistica e
soprattutto verso il messianismo dello Stato Islamico. Abbiamo
conosciuto quello sunnita dell'ISIS; terrificante e orrido, ma piccolo e
alla fine sconfitto. Quello di Qassem Suleimani, era già padrone del
Medio Oriente e volto a conquistare il mondo: lui si vantò che era già
grande cinquecentomila chilometri quadrati, e aveva ragione. Iraq,
Libano, Siria, Gaza, Yemen e non solo, oltre naturalmente all'Iran
stesso, lui li aveva soggiogati con mezzi diversi, al cui centro però
troviamo sempre le armi e l'odio ideologico. Di centinaia di migliaia di
missili aveva riempito gli Hezbollah, diventando amicissimo di
Nasrallah; con le armi aveva difeso, insieme a loro e sotto gli auspici
russi, Bashar Assad, che senza il suo aiuto non sarebbe sopravvissuto.[...]
venerdì 3 gennaio 2020
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L’Iran senza il generale Soleimani? Si chiude,
grazie alla mossa di Donald Trump, una fase caratterizzata dal disegno
legato all’ascesa del terrorismo, riflette con Formiche.net la
giornalista e scrittrice Fiamma Nirenstein, tra le altre cose membro del Jerusalem Center for Public Affairs (Jcpa).
E osserva: “È la risposta, non solo a Teheran ma anche ad Ankara, a chi
dice che Trump chiacchiera molto e non agisce. Il generale? Sono certa
che sarebbe voluto diventare il prossimo Presidente dell’Iran”.
Quanto si rafforza Netanyahu con l’uscita di scena del generale Soleimani?
Certamente Israele è implicato in questo nuovo schema, viste le
reazioni in Iran relative al pericoloso pensiero di Teheran che, come di
consueto, minaccia reazioni tanto contro gli Usa quanto contro Israele.
Diciamo che si chiude una fase caratterizzata dal disegno del generale
di procedere all’ascesa del terrorismo. Ma Soleimani era minaccioso per
una grande parte del Medio Oriente e non solo per Israele.
Chi era Soleimani?
Figlio di contadini è cresciuto tra gli stenti. Suo padre lavorava
alle dipendenze dello Scià e la sua famiglia era stata costretta ad uno
spostamento che gli aveva provocato molte sofferenze. Sin da
giovanissimo iniziato a far parte delle milizie soldatesche, nutrendo
dentro di sé un odio fortisismo nei confronti della monarchia e
tramutandolo in seguito in attaccamento alle milizie stesse, create dal
’79 in avanti per difendere il nuovo potere rivoluzionario degli ayatollah.
Ha dimostrato il suo valore sul campo, restando ferito nella battaglia
contro l’Iraq: insomma, un personaggio dotato di una capacità strategica
pari al suo eroismo militare. Al contempo amato e molto odiato nello
stesso Iran. [...]
venerdì 3 gennaio 2020
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"Iraq: gli Usa uccidono il generale iraniano Soleimani. Intervista a
Fiamma Nirenstein" realizzata da Giovanna Reanda con Fiamma Nirenstein.
Nel
corso dell'intervista sono stati discussi i seguenti temi: Geopolitica,
Golfo Persico, Guerra, Iran, Iraq, Islam, Israele, Medio Oriente,
Palestina, Soleimani, Terrorismo Internazionale, Trump, Usa.
La registrazione audio ha una durata di 30 minuti.