Fiamma Nirenstein Blog

Quel mondo della pubblicità e della tv (purtroppo) non esiste più nella realtà

domenica 22 marzo 2020 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 22 marzo 2020

Quando guardiamo un film neo realista di Rossellini o di Lattuada, oppure una pellicola di Cappa e Spada, o quando ci identifichiamo sul grande schermo con un antico romano in toga bianca, tipo Marlon Brando in "Giulio Cesare" (film del 1953) non facciamo molto di diverso dall'operazione di inconscio sdoppiamento, di trasposizione del nostro ego in culture diverso che compiamo oggi di fronte allo schermo della tv.
Sono mondi che non esistono più: noi li osserviamo con simpatia, o sufficienza, o con ammirazione... Ma sappiamo che li guardiamo da una finestra da un mondo trasformato, diverso, in cui la testa, le mani, il cuore, funzionano secondo criteri che non sono quelli con cui, guardando, sentiamo all'unisono. Il fatto è che adesso invece viviamo una situazione di sdoppiamento inconscio, nell'illusione, nell'attesa, nella trepida speranza, che il mondo rappresentato per la maggior parte del tempo sui media (quando non si affronta il tema del coronavirus in varie forme) réclame, film, spettacoli col pubblico, palcoscenici su cui ci si avventa felicemente abbracciandovi o dandoci la mano, sia ancora il nostro.

Le réclame che ancora vediamo alla tv sono sintetiche, e quindi significative. Il mondo di ieri è con noi, siamo ancora là, vorremmo esserci. Ci aggiriamo, in quei film, nella strade deserte del mondo occidentale, a Milano, a Roma, a Parigi, qui dove mi trovo io a Gerusalemme, o ovunque si viva in solitudine e alla distanza, come se fossero ancora piene di auto fiammanti in cui coppie affettuose o gruppi di amici in gita si lanciano in viaggi senza confini, Fiorello esclama "ritroviamoci tutti insieme, dai facciamolo ci sarò", ed è dolce sentirlo, solo che non si può; le immagini delle schiere di giovani in palestra a tempo di musica; di feste di compleanno in cui stiamo vicini vicini perchè ci vogliamo bene, in cui spegniamo soffiando l'uno sull'altro le candeline; i pranzi e i divani affollati del Grande Fratello; le rimpatriate con gli amici e i familiari in cui tutti insieme si mangia la pasta o si beve il vino felici con l'attore Cesare Bocci, le folle sportive delle partite di calcio, le manifestazioni politiche di ogni genere... Non esiste niente di tutto questo nella nostra vita odierna. Guardiamo le reclame come le folle delle allegorie di Rubens, le folle francesi delle inaugurazioni di Francois Joseph Heim, la "Danza al Moulin del La Galette" di Renoir... Folle, usanze, concezioni che furono. Guardiamo sdoppiati. Siamo noi ma non siamo noi, speriamo che quel mondo torni da noi sulle ali del futuro, ma per ora abbiamo queste quattro mura, queste due persone, o nessuno, e lo sforzo di immaginare, di ridefinire un futuro duro, forse lontano, e non ne abbiamo nessuna voglia. Eravamo convinti che il cambiamento potesse seguire le linee del progresso dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Più o meno 8-500 anni prima di Cristo, quando si cominciarono a costruire stanziamenti permanenti destinati all'agricoltura, la spigolatrice di grano selvatico fu sostituita dalla contadina, Jerico fu uno dei primi insediamenti: il progresso portò con sé una grande crescita numerica e molti cereali, la mortalità infantile aumentò verticalmente, così un essere umano nell'8.500 viveva peggio che nel 9.500 o nel 13.500.
Vivere meglio era sembrato nelle cose, si facevano progetti, si costruiva, e poi la speranza si spezzò sulla crescita eccessiva rispetto alla produzione del grano.  Si rifiutò molto a lungo di capire cosa occorreva cambiare, le epidemie errano cosa comune, ma alla fine l'agricoltura stanziale portò allo sviluppo, alla fine, della storia umana.

Anche noi siamo inceppati su noi stessi del pre Corona Virus viziati e speranzosi: la famiglia, ormai defedata dall'idea di una inevitabile declino si ritrova invece rinchiusa in casa a misurare la sua affidabilità; la solitudine mostra i suoi costi; il sistema sanitario sociale base della società,richiede ai medici e agli infermieri di essere degli eroi individuali; le persone anziane, protagonisti delle società senza figli rischiano la pelle perchè è impossibile curarle tutte, la mancanza di movimento, di viaggi, di in una società dove il colore e il rumore sono una costante. Il lusso della vita di ieri era una necessità, è scritto nella nostra immagine: saremo costretti a ridisegnarla, prenderà tempo, lo sapremo fare. C'è coraggio nelle case dove si vive rinchiusi: tanti quando vedono il film ingiallito di com'eravamo, si stringono nelle spalle, cercano di storicizzare il passato-presente, voltano pagina.

 Lascia il tuo commento

Per offrirti un servizio migliore fiammanirenstein.com utilizza cookies. Continuando la navigazione nel sito autorizzi l'uso dei cookies.