"La privacy? Meglio restare vivi"
venerdì 20 marzo 2020 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 20 marzo 2020
E' molto difficile misurare sulla maledetta bilancia del coronavirus i due pesi del pericolo di vita e del pericolo per il sistema di vita che abbiamo costruito nei secoli e che si chiama democrazia. Un sistema che ha mostrato sovente limiti importanti, ma che adesso si presenta ai minimi termini, tant'è vero (peccato, ma siamo contenti per i cinesi) che l'unico Paese in cui il morbo dà tregua è la Cina, una dittatura spietata.
Adesso diamo evidenti segnali di ammirazione per la sua abilità, come all'inizio e nel mezzo dell'espansione del morbo si è resa evidente la nostra soggezione. Sarebbe ora inutile negare che la segregazione e la violazione di tutti i diritti, fra cui quello della privacy, abbiano contribuito alla ripresa cinese.
In Israele si va meno per il sottile e l'opposizione a Netanyahu suggerisce che egli abbia come scopo di imporre una dittatura e che la democrazia non sarà mai più restaurata. A ognuno le sue teorie della cospirazione. La verità è che l'intero sistema globale è stato sfidato da scelte affannose, tardive, a seconda delle politiche del luogo. Una crisi così enorme, che avrebbe dovuto essere il banco di prova del sistema globale su cui in tanti hanno strologato e fantasticato, ha messo in crisi le fondamenta di tutte le nostre teorie: non è forse una crisi verticale della democrazia quella per cui i cittadini non si possono più incontrare, non possono deliberare riunendosi, non è la fine dell'agorà originaria, delle mille invenzioni per cui le categorie, i gruppi, le manifestazioni, possono, oltre alla votazione on-line in stile Cinque Stelle, ai comunicati, anche scambiare opinioni, confidenze, congiurare, svelare...
La democrazia è questo. E non si pensi che i social media sono un mezzo sostitutivo: non possiedono le qualità di mediazione e di umanità necessarie. La privacy in tutto questo è uno degli elementi di riflessione fra i più facili. E' talmente evidente che sapere dove sono i malati o i sospetti salva la vita, che, certo, occorrono moderazione e limiti temporali per usare i potenti strumenti usati dai servizi segreti contro il terrorismo… Ma che importanza ha questo di fronte a un uomo a centomila uomini che muoiono per uno stupido virus? Non si tratta dello scontro con un dittatore, non per una terra o un ideale.
Non si deve morire di Corona, meglio sapere dove sono i malati. I limiti della misura nel tempo e nell'uso devono essere dichiarati, certo, ma di queste banalità dovute, mentre dobbiamo ridefinire i limiti e i pregi delle nostre democrazie che hanno fallito nel proteggerci la vita, non si sa che farsene. Nell'ebraismo c'è una ragione riconosciuta per violare lo Shabbat, ed è il Pikuach Nefesh, il pericolo di vita. Anche chi non è religioso ne riconosce la saggezza. La risposta più logica oggi è: sì, violiamo la privacy e salviamo la vita. Violiamo la complessità barocca dei sistemi di regolazione, la complessità su cui lo Stato moderno nella sua complessità si basa.