Fiamma Nirenstein Blog

La guerra antisemita contro l'Occidente

7 ottobre 2023 Israele brucia

Jewish Lives Matter

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Museo del popolo ebraico

«I silos di nitrato sono la nostra bomba atomica». Le (vecchie) minacce di Nasrallah mettono i brividi

giovedì 6 agosto 2020 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 06 agosto 2020


La ferita è gigantesca, le foto aeree mostrano un cratere di cui il pianeta stesso porterà la ferita per secoli; la scossa è stata udita fino a Cipro e in Israele. La struttura stessa del Libano come lo abbiamo conosciuto è in discussione, e il Paese già avvilito e impoverito dalla miseria e dalla morsa implacabile degli Hezbollah, in questo momento ha bisogno solo di solidarietà e di aiuto. Hezbollah, secondo molti giornali arabi, sembra abbia cercato di presidiare e gestire le rovine del porto di Beirut da subito dopo la scoppio. Ma limitiamoci alle cronache. Nasrallah nel passato ha minacciato di distruggere Israele con un'esplosione massiccia nel porto di Haifa, usando i grandi container di ammonio. Abbiamo una bomba atomica, ha detto con strano senso dell'ironia. Il nitrato di ammonio dal 2009 è stato acquistato attraverso la Siria, e Hezbollah  ha cercato di dominare il Ministero dell'Agricoltura, dato che si tratta di materiale agricolo, per gestire il materiale altamente esplosivo.

Ridendo il 16 febbraio 2016 Nasrallah disse "al porto di Haifa (in Israele ndr) ci sono 15mila tonnellate di gas che esplodendo provocherebbe la morte di decine di migliaia di persone e ne colpirebbe 800mila. Non è una esagerazione dire” -aggiunse- “che abbiamo una bomba atomica" . Ci sono molti altri esempi di come Hezbollah si sia figurato l'accumulo di gas e ammonio come arma di distruzione di massa. Inoltre è noto che le 2750 tonnellate di nitrato di ammonio del molo 12 hanno provocato lo scoppio, e che ormai da molto tempo le denunce internazionali e anche i vani tentativi locali di frenare le frenetiche attività bellicistiche degli Hezbollah avevano denunciato il fatto che gli Hezbollah e le Forze Quds iraniane avevano allungato le mani sul porto della capitale libanese, facendone un centro di traffico di armi e materiali bellici iraniani, e anche molte compagnie commerciali europee lo hanno usato per consegnare agli Hezbollah armi o materiali a doppio uso. [...]

La tesi dell'incidente e il dubbio dell'attentato. Ma queste esplosioni sono la fine di Hezbollah

mercoledì 5 agosto 2020 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 05 agosto 2020

Beirut è una bella città di mare, e i libanesi un popolo affascinante, che avrebbe potuto avere un destino diverso, come unico Paese arabo davvero pluralista, se gli Hezbollah non lo avessero stretto in una morsa di violenza e di conseguente penuria. E' difficile anche se ancora se ne sa poco, pensare a quello spaventoso fungo, nero, bianco, rosso che ha sparso distruzione e morte nella capitale libanese, senza che il pensiero corra all'egoismo bellicistico e carico di sottintesi degli Hezbollah di Hassan Nasrallah, figli legittimi e preferiti del regime iraniano degli ayatollah.

Un'esplosione, anche se non volontaria, fa pensare agli Hezbollah. In particolare, vedendo le lacrime in diretta dei poveri cittadini che hanno la casa distrutta e forse qualcuno sotto le rovine, si pensa, fra le molte altre esplosioni terroristiche, ai mille chili di dinamite usati per uccidere il loro nemico politico, Rafik Hariri, che lasciarono un cratere fra le ferraglie delle auto, ventuno morti, decine di feriti. Qui la storia è palesemente diversa, e anche molto più vasta dal punto di vista dei morti e dei feriti. Perché sia accaduto, non si sa,  la città è ferita. [...]

Mediorientale

venerdì 31 luglio 2020 Generico 0 commenti
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Hezbollah riaccende la miccia al confine tra Israele e Libano

martedì 28 luglio 2020 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 28 luglio 2020

Fumo e scoppi su Ar Dov, il monte Dov, sul confine fra il Libano e Israele: la bandiera gialla sventola in lontananza fra le pietre  e l'esercito israeliano, poche ore dopo uno scambio a fuoco che avrebbe potuto finire e ancora può finire in guerra, fa sapere ai cittadini che possono uscire dai rifugi. Le truppe cammellate di Hassan Nasrallah si lanciano in cortei di una pretesa inesistente vittoria. Netanyahu si sposta a Tel Aviv al ministero della Difesa per una riunione urgente con Benny Gantz, abbandonando per un momento gli affari urgenti del Covid19, che angosciano il Paese e lo spingono a continue manifestazioni. Ma Israele è sempre un piccolo Paese assediato, e se qualche volta può dimenticarlo per occuparsi di faccende urgenti, i suoi vicini invece non lo scordano mai. Nonostante il gruppo terrorista non sia riuscito a penetrare i confini, moto e jeep rombano nel paesaggio scabro del Golan, pugni levati, urla e spari. Le cittadine di là dal bordo sono abituate allo strapotere e alla violenza del "Partito di Dio" che non diminuiscono nemmeno in tempo di miseria e di virus che strazia il Libano. Il messaggio obbligatorio è anche stavolta "vittoria", siamo riusciti a entrare in territorio nemico e siamo tornati vivi dopo che avevamo annunciato una vendetta. E vendetta così è fatta.

Fragile, ma guai a chi non ci crede. La messa in scena è per la pretesa vendetta per la morte di Ali Kamel Mohsen, un comandante del gruppo terrorista che, stanziato in Siria per la guerra siro-iraniana di Assad, è stato ucciso da un raid israeliano vicino a Damasco. Un nodo dolente per Nasrallah, che manda là a morire tanta gioventù sciita. Erano due lunedì or sono, è là comincia la faida che ha portato il capo degli Hezbollah a promettere la vendetta. Ma il gruppo che doveva compierla, è stato bloccato prima. Ieri nel primo pomeriggio le unità speciali dell'esercito israeliano già all'erta, come in un film hanno individuato mentre si infiltrava fra i cespugli una squadra armata di tre quattro persone e l'hanno messa in fuga con spari evitando però di colpirne gli uomini in modo, si può pensare, da evitare l'escalation. [...]

VIDEO Appello al mantenimento dell'embargo di vendita armi all'Iran

martedì 28 luglio 2020 Generico 0 commenti
Il 18 ottobre 2020, scadrà l'embargo ONU sulla vendita di armi all'Iran, previsto dalla risoluzione 2231 del 2015.

E' fondamentale che quell'embargo venga rinnovato, al fine di evitare che sia libero vendere armamenti a Teheran.

A sostegno della richiesta di mantenimento dell'embargo e per illustrare le iniziative parlamentari a tal fine intraprese intervengono: Lucio Malan (senatore Forza Italia), Ambasciatore Giulio Maria Terzi (Presidente Global Committe Rule of Law-Marco Pannella), Antonio Zennaro (deputato Gruppo Misto), Fiamma Nirenstein (giornalista).

Introduce e modera (Elisabetta Zamparutti, Tesoriere di Nessuno tocchi Caino)

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La moschea di Santa Sofia arma di guerra per Erdogan

venerdì 24 luglio 2020 Il Giornale 1 commento
 
Il Giornale, 24 luglio 2020

Dunque oggi il disegno del sultano Erdogan diventerà realtà, nonostante il dispiacere del Papa e di tutto il mondo cristiano. L'Arcangelo Gabriele, il Cristo Pantocrator, e gli altri famosi mosaici e dipinti verranno coperti da tende scorrevoli perché secondo il dettato musulmano non vi siano  immagini nei luoghi sacri, mille fedeli si inchineranno sui piccoli tappeti distanziati secondo le regole della pandemia. Il mondo si deve contentare di una protesta che niente verrà rovinato. Ma non è un gesto innocuo, tutt'altro. E' una promessa di guerra. Quando il 10 luglio ha annunciato la volontà di convertire il museo, ex cattedrale, di  Santa Sofia in una moschea, Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato anche che egli "libererà" Gerusalemme dai suoi "invasori" (gli ebrei), e in particolare la moschea di Al Aqsa, inaugurandovi, come accade oggi, la preghiera islamica, "libererà" Santa Sofia. Si tratta sempre di Umma islamica, come la cattedrale-museo.

E' un'operazione politico religiosa di grande respiro, che proviene dal mondo sunnita, in parallelo e in concorrenza con la grinta sciita dell'Iran che da decenni proclama con determinazione dottrinale e grinta bellica l'inevitabilità di un immenso stato islamico, i cui nemici sono i cristiani e gli ebrei.  Gli ebrei, sia per l'Iran che per la Turchia d'oggi, vi hanno un ruolo particolare: essi sono lo stendardo di battaglia. Da qui l'odio per Gerusalemme. E il suo uso come tromba di guerra e richiamo al mondo arabo da parte di Erdogan, mentre per altro parla all'Europa con Hagia Sophia. [...]


Covid, Israele va in piazza. Il vero obiettivo è Netanyahu

lunedì 20 luglio 2020 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 20 luglio 2020


Gerusalemme Il virus è tornato, e la piazza ribolle contro Netanyahu: a Tel Aviv, e a Gerusalemme davanti alla casa del primo ministro, una piazza disperata per la disoccupazione e la parziale chiusura delle imprese che minaccia di diventare totale. È una folla di disoccupati, negozianti, assistenti sociali, genitori in crisi, giovani furiosi. Per il desiderio di tornare al lavoro, a scuola, a viaggiare, a fare sport, a vivere insomma; in altri casi, addobbati in magliette e bandiere nere, sono decisi a ottenere con la rabbia della piazza quello che le elezioni non gli hanno dato, ovvero che Bibi sparisca dalla scena. E lo chiedono con slogan e cartelli. Non importa loro, l'uno contro l'altro spesso senza maschere, di rischiare con l'affollamento incosciente di aumentare la possibilità di contagio. E lui è di nuovo il protagonista, Netanyahu, mentre il suo gradimento scende, accusato di rinchiudere la popolazione di Israele nella gabbia del coronavirus (il prossimo week-end il lockdown sarà totale), e dall'altra di essere lo sprecone, di distribuire soldi a pioggia a chiunque, non importa quale sia il reddito. [...]

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein "In Israele cresce il virus, manifestazioni contro Netanyahu"

lunedì 20 luglio 2020 Generico 1 commento
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oggi, il sito web Informazione Corretta pubblica in esclusiva un mio nuovo video: In Israele cresce il virus, manifestazioni contro Netanyahu

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Cortocircuito buonista. Gli ebrei vittime del razzismo diventano «oppressori bianchi»

sabato 18 luglio 2020 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 18 luglio 2020

La nuova feroce strada per essere ritenuti degni o indegni di simpatia, di pubblico apprezzamento, di fiducia è impervia: chi sgarra viene espulso da posti di lavoro, cenacoli culturali, ruoli istituzionali. Oggi è in America, ma arriva anche da noi in gran fretta. E la lista si allarga di giorno in giorno. L'ultimo Grande Fratello, con tutte le sue storiche e morali ragioni di rabbia, è il movimento "Black Lives Matter". Ma lasciatemi subito dire che non voglio trascurare proprio nessuno, nemmeno la santificata Unione Europea. Come dice a Julia Winston Smith il protagonista di "1984" nella seconda parte, è in corso un giuoco per cui il passato è stato abolito, ogni libro è stato riscritto, ogni pittura ridipinta e ogni statua e strada sono state ribattezzate.

E' interessante: Hitler, o Mussolini, o Stalin mentre stabilivano che la storia del loro Paese andava rifondata stabilivano che intanto era bene eliminare gli ebrei; così nel mondo pandemico e rabbioso dei nostri tempi c'è una rinnovata grandiosa spinta all'antisemitismo alla Corbyn, perbene, part-time come lo chiama Manfred Gerstenfeld, o alla Borrell che dice che "l'Iran si sa che vuole distruggere Israele, ok, dobbiamo conviverci": mentre da una parte sei l'indubbio difensore liberal dei diritti umani, della libertà di pensiero e di parola, dall'altra sei uno che lo Stato d'Israele non lo ama più, lo restringerebbe, lo condividerebbe coi palestinesi, non ne vede le ragioni, come il capo di J-Street Peter Beinart  che annuncia sul New York Times: "Non credo più nello Stato ebraico". Oh, è in buona compagnia. [...]


Mediorientale

venerdì 17 luglio 2020 Generico 0 commenti
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