Fiamma Nirenstein Blog

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Museo del popolo ebraico

L'islam terrorista con le spalle al muro. Il blitz costruito con la pace di Trump

domenica 15 novembre 2020 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 15 novembre 2020

I colpi esplosi in una calda notte d'estate, il 7 d'agosto, contro un Renault Bianca uccidendo quello che apparve all'inizio come un professore libanese di nome Habib Daoud e la sua figlia 27enne in un sobborgo di Teheran, quasi non si sentirono nella gran salva di botti che stava scuotendo tutto il Medio Oriente: le esplosioni frequenti nelle centrali nucleari in Iran, l'immensa, tragica esplosione nel porto di Beirut legata agli Hezbollah, gli amici più intimi del regime degli Ayatollah, e intanto la rumorosa discussione sull'estensione delle sanzioni all'Iran. I due motociclisti con la mitraglietta in realtà avevano fatto un colpo storico: l'uomo ucciso non era come sembrò nei primi giorni un militante degli Hezbollah ma il numero due di Al Qaeda, Abu Muhammad al Masri, cioè "l'Egiziano", il cervello degli attacchi alle ambasciate americane in Africa. Con lui era la figlia, moglie di Hamza, figlio di Bin Laden.

Un gruppetto tutto sunnita, la cui presenza a Teheran mostra il nesso fra l'organizzazione sunnita terrorista intrisa di sangue occidentale e specialmente americano, e il Paese sciita, in testa alla lista del terrorismo mondiale. Bin Laden, si sostiene, era a suo tempo stato nascosto a Teheran. L'ascia di guerra fra i due gruppi la cui violenta guerra religiosa è nota,  è stata sotterrata in nome del comune odio senza quartiere per il mondo occidentale, in testa l'America e Israele.

Non a caso a lungo il regime di Teheran ha negato che si trattasse di al Masri, prova lampante della sua collaborazione con un terrorista sunnita sulla cui testa gli USA avevano messo 10 milioni di dollari. Israele ha compiuto l'operazione d'accordo con gli USA, e chissà quante altre del genere hanno evitato stragi, punito terroristi internazionali, distrutto nuclei organizzativi sul piede di guerra anche da noi, in Europa. Oltre alla maestria consueta e al coraggio incredibile di uomini del Mossad di cui non si saprà il nome, si può solo lodare la fantastica capacità quando l'operazione riesce; probabilmente non conosceremo mai, invece, le perdite e le tragedie. [...]

Biden è presidente, ma comanda già Kamala

domenica 8 novembre 2020 Il Giornale 2 commenti
Il Giornale, 08 novembre 2020

Niente si sta veramente concludendo, nel bene e nel male, dell'era Trump, dopo che Biden ha preso 74 milioni e 900mila voti contro i 70 milioni e 700mila dei Repubblicani, sempre che i dati risultino esatti. L'America è spaccata in due, e l'impresa nazionale e internazionale di Trump è una pietra di paragone. Trump resiste perchè nessuno ama essere un "looser", un perdente, tantomeno nella società americana, ancor meno quando si è Trump. L'ex presidente, che ancora non è tecnicamente definibile tale, non accetta di uscire dalla Casa Bianca non solo perchè afferma che sono i brogli ad aver portato il suo rivale alla vittoria (e qui appaiono avventati i toni di disprezzo, anche in Italia, contro questa affermazione, con una pretesa di storica innocenza dei democratici) ma anche perchè Trump sa che gli USA siedono su un vulcano che erutta scontro culturale, sociale, etnico, senza fondo. Lo scontro non è politico, è molto di più.

La vittoria di Biden è'la festa di un modo di vedere il mondo, del multilateralismo, dell'internazionalismo in politica internazionale;e, all'interno, di un'estetica che esalta l'esibizione razziale e sessuale mentre spregia l'espressione della tradizione, che guarda con furore contemporaneo alla sofferenza imposta dall'oppressione del passato e sposta lo sguardo dai "deplorevoli" operai o dai poveri piccolo borghesi o contadini della zone rurali americane sospettandoli di essere dei fascisti. Non importa se il supporto per Trump fra gli afro-americani e gli ispanici è molto cresciuto: molti sostengono che è frutto del "privilegio bianco" . La vittoria di Biden, anche se l'uomo ha caratteristiche di medietà e di moderazione, è oggi di un mondo che ha anche larghi toni estremi, di criminalizzazione dell'avversario visto come una specie di delinquente patentato. I nuovi eletti e i movimenti correnti prosperano nel disprezzo per la cultura occidentale in termini di colpa; nelle strade festeggiano, oltre ai borghesi di New York e di Hollywood, anche chi può sventolare l'appartenenza a un gruppo che, in base al colore o alla appartenenza sessuale,vanta una supposta superiorità e magari bullizza altri gruppi, mentre a volte distrugge e saccheggia come a Filadelfia. Questi due mondi resteranno e non sarà facile placarli, Biden forse diventerà per i movimenti che lo hanno votato un suprematista bianco, e un fascista.[...]

Mediorientale

venerdì 6 novembre 2020 Generico 0 commenti
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ELEZIONI USA Nessuna "marea Dem" nell'America profonda

giovedì 5 novembre 2020 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 05 novembre 2020

"Sì, almeno metà degli elettori di Donald Trump si annovera in quello che chiamo il gruppo dei deplorevoli: i razzisti, omofobi, xenofobi,  islamofobi… Sfortunatamente è gente di  questo tipo… E lui li ha esaltati". Lui, poi fu eletto presidente degli Stati Uniti d’America. Lei, ovvero la persona che nel settembre del 2016 si lasciò andare a questa definizione poi rimasta nella storia era Hillary Clinton, la sua antagonista. Ma i "deplorevoli", abbiamo verificato ieri, seguitano a essere circa il cinquanta per cento dei cittadini americani.

Contro le previsioni della collettività entusiasta dei sondaggisti, ripresi con ancora maggiore entusiasmo dai media, fino a quest'ora si può dire che Donald Trump, lungi dall' essere lo storico sconfitto raso al suolo da queste elezioni, il "deplorevole" per eccellenza finalmente riconosciuto come tale dalla storia oltre che dal New York Times e da tanti tanti ironici giornalisti, ha ricevuto il consenso almeno della metà della più alta percentuale di votanti mai vista negli States, il 65 per cento, 154 milioni di persone. Chi seguiva i rally degli ultimi giorni, ha sentito che in quelli superaffollati di Trump vibrava una nota guascone, poco consona ai tempi di lutto da Covid,una vitalità difficileda individuare nelle folle peraltro esemplari di Biden, tutte con mascherina, poca gente virtuosa. Ma, ed è probabilmente fuori luogo temere l'incitamento di Trump a custodire a tutti i costi quella che lui ha dichiarato già, troppo presto, una vittoria elettorale, le folle del Presidente fin'ora non hanno dato segno di violenza.[...]

Il prossimo strappo sarà la Cina. O si ritornerà al multiculturalismo

martedì 3 novembre 2020 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 04 novembre 2020

Il voto americano è un voto sulla politica estera. La politica economica è travolta dal Covid, un argomento molto confuso: in politica estera, invece, il confronto è chiarissimo. Biden e Trump hanno due visioni completamente diverse del significato stesso di ciò che l'America, il Paese più importante del mondo, deve rappresentare. Quando Trump nel gennaio del 2017 nel discorso inaugurale pronunciò con voce tonante la famosa formula "America first" le raffinate orecchie europee e dei liberal americani ne furono rintronate. Uno dei tanti custodi dell'ordine costituito Peter Wittig, ex ambasciatore tedesco a Washington, sentì questo suono come una "abdicazione alla leadership americana dell'Alleanza transatlantica". Un abbandono del concetto stesso di multilateralismo, delle decisioni collegiali, magari inutili, talora insensate, a volte dannose... ma collegiali, e quindi utili dopo tanto autoritarismo nel passato. Trump in politica estera ha divorziato da quello che nel corso di un' intervista Wittig, come tanti altri, definisce valori di"decenza, decoro, buon senso, diritti umani...".

In realtà il disdoro esprime, per quanto Biden lo presenti come ripresa di una visione di sinistra, un punta di vista conservatore rispetto all'imprevedibilità di Trump. In una parola: Trump ha intrapreso strade inesplorate, e Biden vuole invece riprendere sentieri conosciuti al buon senso internazionale, alla cui base c'è l'idea che il multilateralismo abbia sempre ragione anche quando la storia gli da torto. Il clima, la Cina, il trattato con l'Iran, Israele, la Nato... Biden vuole semplicemente fare alla rovescia la strada, facendo tornare a sorridere Angela Merkel e Hollywood, che è tutta liberal.
Trump ha bruciato una quantità di trattati multilaterali badando più all'interesse americano che al buon senso conformista: nel 2017 si ritrae dall'accordo di Parigi sul Clima ormai universalmente ritenuto una religione molto carente e spuria, ma cui Obama aveva lavorato e che era stato firmato da 195 Stati. Biden ha giurato che lo riabbraccerà. Nel 2018 ha abbandonato il trattato nucleare con l'Iran, il bambino più disgraziato di Obama,  un evidente fallimento dimostrato dalle prove della perseverante politica nucleare e molto aggressiva degli ayatollah, ma Biden ha detto che lo recupererà anche se cercherà di garantirlo; poco dopo, Trump fa una scenata screanzata alla Nato, accusando gli Stati membri tuttavia di una realtà che tutti conoscono, cioè di non investire denaro nelle difesa collettiva e approfittando dell'impegno americano; anche qui Biden vuole restaurare i rapporti, o almeno le buone maniere. Ma anche Biden ha riconosciuto che Trump ha messo il dito su una piaga. Trump ha messo alla sbarra l'ONU; ha lasciato l'Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha rifiutato di osservare da vicino il comportamento della Cina; ha lasciato a sobbollire nel loro brodo diverse organizzazioni delle Nazioni Unite, come l'UNESCO; o l'UNRWA. Insomma, ha tolto i soldi a chi non se li meritava, magari Biden se dovesse essere eletto approfitterà di questa favorevole situazione, anche se ora tutti sperano che restituisca i finanziamenti. Con la Russia, è stato piuttosto duro, ma possibilista, con alterne vicende legate alle opportunità e alle convenienze. Putin è per lui un abile antagonista, pronto a tutto, e così anche Trump da segnali di esserlo. Biden non  farà paura come lui, che è un pò matto, e Putin non ci scherza. La Cina e il Medio Oriente, sono la vera prova del fuoco. [...]

Nirenstein Porro, "spaventosa aggressione su web contro di noi". Giornalisti, Fnsi intervenga in difesa libertà opinione

lunedì 2 novembre 2020 Generico 0 commenti
 
(ANSA) - ROMA, 02 NOV - "Una spaventosa aggressione alla
libertà di opinione". Così i giornalisti Fiamma Niresntein e
Nicola Porro hanno definito il contenuto di un recente articolo
del quotidiano in rete 'La Luce" in risposta a loro articoli
apparsi sul 'Giornale'.

"Di questi tempi - hanno sostenuto in un comunicato diffuso
da Nirenstein - un attacco del genere suona di indubbio,
indiscutibile incitamento a colpire con mezzi violenti e persino
violentissimi, come è già successo in Francia, chi non si
sottometta alla censura preventiva che vieta di dire la parola
Islam e islamismo". "E' stato scioccante - ha proseguito
Nirenstein - vedermi additata come 'islamofoba' insieme ai miei
bravi colleghi Nicola Porro, Vittorio Feltri, Giulia Belardelli.
Saremmo tutti  'alfieri', anzi, della propaganda islamofoba".[...]


Erdoğan uses incitement as an ideological weapon of war

domenica 1 novembre 2020 English 0 commenti

Erdogan sogna il nuovo impero ottomano

venerdì 30 ottobre 2020 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 30 ottobre 2020

E' una questione di forza: noi in Occidente siamo abituati a considerare che i rapporti politici debbano essere determinati da motivi dimorale e di opportunità, e anche dall'uso di prudenza quando il tema della violenza è coinvolto,  e il linguaggio dell'incitamento porta alla strage di innocenti. Ma per il mondo islamico estremo non è così, e per la Turchia di Erdogan è una grande opportunità storica usarne le armi ideologiche più oscure e micidiali per diventare il principe della rinascita dell'Impero ottomano. Il presidente Erdogan si pregia di entrare n ei libri di testo come l'uomo che ha rovesciato la magnifica funzione storica inventata da Kemal Ataturk per la Turchia: essere il ponte fra il vasto mondo islamico, un miliardo e ottocentomila persone, e quello ebraico- cristiano occidentale per un mondi migliore. L'uso come di un'ascia bipenne dell'ideologia più estrema, incarnata dalla sua organizzazione la Fratellanza Musulmana di cui è il capo, fa parte della dottrina che muove Erdogan e lo porta a essere, di fatto, il migliore punto di riferimento del mondo terrorista. La nuova strage di Nizza è una strage ideologico - religiosa, e un polo certo ne è l'incitamento di cui Erdogan ha bombardato la Francia e Macron,che non è casuale, ma strategico, anche se certo non possiamo accusarlo di terrorismo in modo diretto. Lungi da noi.

Tre spazi definiscono l'azione di Erdogan: quello interno,per cui la Turchia, in grave sofferenza economica e strutturale, soffre restrizioni dittatoriali sulla stampa, le idee, le donne, la libertà di religione (i cristiani sono scappati quasi tutti); quello internazionale, per cui Erdogan ormai fa una nuova guerra armata al mese in zone diverse,trasportando la sua furia egemonica sul terreno della Ummah, ovvero dei luoghi fisici che nella sua mente e in quella dell'Islam estremo, compreso l'ISIS e anche gli Ayatollah sciiti, devono alla fine essere di dominio islamico assoluto, con l'istituzione universale della Sharia; e infine quello del gioco più infido, quello del gioco che coinvolge i gruppi terroristi, dal Al Qaeda,all'Isis a Hamas agli Hezbollah, senza distinzioni, ma con incontri,spostamenti, finanziamenti, armi. [...]

Mediorientale

venerdì 30 ottobre 2020 Generico 0 commenti
Cari amici,

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Invito al VI Congresso dell'Unione delle Associazioni Italia Israele

domenica 25 ottobre 2020 Generico 0 commenti
 

Cari Amici,


vi inviamo di seguito il programma e tutti i dettagli del VI Congresso dell'Unione delle Associazioni Italia Israele, che quest'anno si svolgerà su Zoom. 

Ecco il link per accedere al Congresso e le credenziali di accesso:

 

https://us02web.zoom.us/j/3269507300?pwd=WnNEYmxFN2ZoR0pXVHNUbmpCejQ3dz09

 


Meeting ID: 326 950 7300
Passcode: 12345

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