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Un altro sogno di pace nel nome di Abramo

lunedì 8 marzo 2021 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 08 marzo 2021

Nostro padre Abramo ha avuto molto da fare negli ultimi tempi, e sempre per il bene dell'umanità, come del resto è sua abitudine. «Lech lechà» gli comandò il Creatore, «alzati e vai», e da allora è iniziata l'avventura del monoteismo. Purtroppo, gli hanno dato da fare i due figli Isacco e Ismaele, la cui eterna disputa ci ha inseguito fin qui. Il Papa è andato coraggiosamente a Mosul, a Najaf e oltre per ricordare il messaggio di Abramo: Dio è invisibile, infinito, e vicinissimo, pieno di amore e di esigenze verso l'uomo, prima fra queste la pace. La pace è giusto un attribuito morale del monoteismo figlio dell'ebraismo, fondatore dello spirito umano in termini moderni che comprende il cristianesimo e l'islam.

Il Papa, incontrando Ali al Sistani dopo le atroci sofferenze cristiane per mano dell'Isis e dell'insieme dell'islam politico in questi anni, ha incontrato il più adatto fra gli interlocutori nel campo sciita, quello che ha sofferto tradizionalmente nel mondo islamico la sua condizione di minoranza povera, ma anche quello che oggi, a causa del regime iraniano, incarna le questioni attuali più spinose: l'imperialismo, l'arricchimento atomico, la persecuzione delle minoranze. Ma Sistani è una eccezione famosa. E un moderato, è cauto e potente coi politici, ha cercato di placare i suoi dopo il 2003 e di contenere gli attacchi agli americani, ha spinto con forza alla guerra all'Isis, mantiene un rapporto con l'Iran senza mostrargli devozione. Il Papa ha studiato bene la situazione: come si collegò al campo sunnita nel campo ad Abu Dhabi del 2012, così adesso ha il suo partner sciita per proteggere i cristiani nel nome di Abramo. Questo nome così riprende un opportuno accento politico, dopo che è diventato una stella splendente fra settembre 2020 e gennaio 2021 coi rivoluzionari patti Israele e diversi Paesi di religione islamica. Oggi il Papa si ispira di nuovo all'ecumenico padre delle tre religioni per disegnare un futuro di pace in cui siano inclusi i cristiani del Medioriente che hanno sofferto tanto. In Irak prima del 2003 i cristiani erano più di 1,5 milioni, oggi sono meno di 200mila; una situazione simile a quella della Siria, dove da 2 milioni sono calati a meno di 700mila. [...]

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein: "La Corte penale internazionale contro Israele"

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Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein: Israele, i vaccini e la disinformazione

domenica 21 febbraio 2021 Generico 0 commenti
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La musica di Dio: dialogo tra Riccardo Muti e Massimo Cacciari

sabato 20 febbraio 2021 Il Giornale 0 commenti

Risultato immagini per Le sette parole di Cristo

Il Giornale, 20 febbraio 2021

Non so se Riccardo Muti e Massimo Cacciari volessero parlare di Dio dialogando sul rapporto tra musica e immagine, a partire da Masaccio e da Le sette ultime parole del nostro Redentore in croce di Haydn. Ma Le sette parole di Cristo (Il Mulino) va molto oltre, e la presenza di Muti conduce alla fine a una domanda molto impegnativa: che cosa è la musica? Le sette ultime parole pronunciate da Cristo in croce si rispecchiano nella meravigliosa Crocifissione di Masaccio, con il suo accecante sfondo dorato, che Muti racconta di aver visto per la prima volta a Capodimonte restandone fulminato. Muti e Cacciari mostrano l'incontro tra Masaccio e Haydn, inevitabile perché entrambi hanno intrapreso un dialogo «umano divino». Che cosa vuol dire? Semplicemente, Haydn ha disegnato in musica le sette frasi che definiscono Cristo nella sua dolcezza, disperazione, divinità: ha disegnato Dio nella sua umanità, illustrando il rapporto, appunto, tra umano e divino. Lo stesso fa Masaccio: la tragica umanità del corpo sofferente, insieme alla compostezza ferita a morte della madre, alla stupefatto e fatale dolore di Giovanni, e alla passione sensuale della Maddalena che, quasi per pudore, non vediamo in viso ma solo nel manto vermiglio teso dalle braccia disperate, lanciate verso l'alto ad abbracciare il corpo di Gesù... E' una «somma» di colori che pensano tutto l'insieme della vicenda di Cristo, e il suo messaggio umano-divino. Come la musica di Haydn. Cacciari spiega che l'icona e il suono sono, in sostanza, una sola cosa, che un quadro si ascolta, e una musica si vede, che è il pensiero stesso a suonare e dipingere dall'inizio dell'avventura umana. [...]

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venerdì 19 febbraio 2021 Generico 0 commenti
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Così zia Rirì ha raggiunto il suo Nedo

mercoledì 10 febbraio 2021 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 10 febbraio 2021

La Rirì ci ha lasciato. Rina Fiano, madre di Enzo,  Andrea, Emanuele, i nostri cugini; la zia Rirì, mia, della Susanna e della Simona, sorella della nostra mamma Wanda Lattes Nirenstein. Ci ha lasciato per volare via insieme a Nedo, dopo che lui ci se n'era andato da appena due mesi. Era logico, era necessario. Come poteva consentire che andasse tanto lontano senza di lei, dopo 70 anni in cui l' ha accompagnato e anche guidato per mano sulla strada in cui ha potuto conoscere di nuovo l'amore e la vita dopo Auschwitz?   Quando nel 1948 si sposarono, lui era tornato vivo per miracolo dopo che la sua famiglia era stata sterminata, il bicchiere rituale rotto sotto la chuppà nel Tempio di Firenze aveva un contenuto così carico di significati che chiunque ne sarebbe stato atterrito. Non la bellissima sposa bruna, diciottenne.

Io ero minuscola, bionda, con un vestitino celeste col nido di vespa, la nonna vicino. Lei mi chiamava, e così ha seguitato tutta la vita, palla d'oro. Mia madre era una gloriosa partigiana giornalista, la Rirì più femminile,  una "donna di valore","eshet chail" come la chiama la tradizione, più segreta, portata a scavare nei sentimenti, eppure grande. La sua dolcezza, il sorriso incantevole, i modi femminili ed eleganti non toglievano nulla alla sua autonomia di giudizio, al coraggio, alla determinazione che ha comunicato a Nedo, e che ha donato a chiunque l'abbia incontrata. Ho visto da vicino, tutta la sua vita, fino alle visite alla casa di riposo subito prima del Covid, o i soventi soggiorni a casa sua e di Nedo,  come la sua scelta, il suo ritmo quotidiano, contenesse tutto  ciò  che ha consentito al Popolo Ebraico di rialzarsi e vivere dopo la Shoah: l'orgoglio della sua cultura, la leadership nella comunità ebraica all'ADEI, l'Associazione delle donne ebree, l'impegno prioritario nell'aiutare Nedo a organizzare la sua missione, la sua compartecipazione alla trasmissione della memoria, la passione per Israele... E la casa, la cucina, la confidenza, il sorriso, l'eleganza, la partigianeria nei confronti dei propri cari, la pazienza infinita. Era coraggiosa nel pensare: non si tirava indietro da un consiglio spinoso, né da una critica, ma si inorgogliva di ogni successo di chi amava, pronta alla lode e all'incoraggiamento. Sono doti speciali.[...]

Steven Spielberg insignito del Premio Genesis per il 2021. Nirenstein: "Ho votato per lui anche perché è un eroe della Memoria"

mercoledì 10 febbraio 2021 Generico 0 commenti
 (ANSA) - TEL AVIV, 10 FEB - Il regista, produttore e
filantropo americano Steven Spielberg è stato insignito del
Premio Genesis per il 2021. Lo ha annunciato la Fondazione del
Premio - definito dai media il Nobel ebraico - sottolineando
nella motivazione "l'eminente impegno del regista per i valori
ebraici, il suo straordinario contributo al cinema e alla
filantropia e la sua dedizione nel preservare la memoria della
Shoah e impedire futuri genocidi".

   Per la prima volta nella sua storia, il Premio - del valore
di 1 milione di dollari, donati da tutti i precedenti vincitori
a cause filantropiche per le quali si sono impegnate - ha avuto
una doppia indicazione. Quella vincolante - ha spiegato la
Fondazione - espressa dalla giuria ufficiale e quella composta
dai voti di circa 200mila ebrei in sei continenti che hanno
votato il vincitore del 2021. Oltre a milioni di altri
intervenuti sui social network espressi: la maggior parte - ha
continuato - ha votato per il regista Usa.

   "Il Genesis - ha detto Stan Polovets, co-fondatore e
presidente della Fondazione - celebra il talento unico di
Spielberg, la sua dedizione nel rendere il mondo un posto
migliore e il suo ineguagliabile contributo nello spiegare gli
orrori dell'Olocausto alle generazioni del dopoguerra. Siamo
lieti di accoglierlo nella prestigiosa famiglia dei vincitori
del Genesis che include luminari come la giudice suprema Usa
Ruth Bader Ginsburg, Natan Sharansky e Michael Bloomberg".

La giornalista italiana Fiamma Nirenstein, che fa parte della
giuria del Premio, ha definito la designazione "un'ottima scelta
e particolarmente appropriata. Ho votato per lui anche perché è
un eroe della Memoria, specie in un momento, segnato da
un'ondata di antisemitismo risorgente, in cui molte ricerche
indicano che i giovani ignorano cosa sia stata la Shoah. La sua
Fondazione sull'Olocausto che, in larga parte a spese proprie,
ha intervistato e serbato i ricordi di gran parte dei
sopravvissuti è una cosa straordinaria. Un patrimonio
dell'umanità. E' - ha concluso - un personaggio universale che
unisce e non divide". (ANSA).


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