Fiamma Nirenstein Blog

La guerra antisemita contro l'Occidente

7 ottobre 2023 Israele brucia

Jewish Lives Matter

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Museo del popolo ebraico

SAVE THE DATE The Abraham Accords: Peace, Liberal Economy, Development

mercoledì 24 marzo 2021 Generico 0 commenti
 

VIDEO Gli Accordi Abramo: Pace, Economia Liberale, Sviluppo

mercoledì 24 marzo 2021 Generico 0 commenti
  
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Il Medio Oriente visto da Gerusalemme - Speciale elezioni in Israele

lunedì 22 marzo 2021 Generico 0 commenti

Israele al voto: ancora tutti contro Netanyahu

domenica 21 marzo 2021 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 21 marzo 2021

Gerusalemme Tre giorni prima di andare alle urne, Israele vibra di incertezza, niente, nessuno sa prevedere come andrà a finire, se Bibi vincerà o perderà. I giornalisti non arrivano a frotte come al solito, è la quarta volta che si vota e la questione è sempre la stessa: Bibi. Non sarà breaking news se i suoi accaniti antagonisti non ce la faranno nemmeno stavolta. Ma il tempo martella anche i monumenti, e tutti sentono che al di là del risultato, martedì si gioca con la storia proprio per il personaggio in questione: è un'elezione che non ha niente di immediatamente politico, che non mette in discussione scelte pratiche, ma che mira all'essenza di un'epoca. Essa si incarna tutta in questo personaggio, di 71 anni, al governo da 12 consecutivi, 16 in totale da primo ministro. Benjamin Netanyahu intellettuale, figlio di Ben Zion, storico vicino a Jabotinsky, fratello di Yoni il comandante morto a Entebbe e lui stesso membro della Sayeret Matkal, unità militare eroica (come anche l'altro fratello Iddo), liberal conservatore, non religioso, senza propensione al post sionismo di moda oggi anche fra tanti ebrei. Sotto di lui non ci sono state guerre, ha portato a Israele il dono della vaccinazione anti Covid più riuscita del mondo, un'economia stabile, la pace di Abramo con quattro stati islamici, la sicurezza contro l'Iran. L'opposizione lo odia antropologicamente, un odio woke anti destra, una specie di grido anti oppressione come quello che si sente alle manifestazioni davanti a casa sua a Gerusalemme, anche ieri. Le accuse di corruzione volgono intorno al fatto che ha cercato di convincere un giornale a dargli una buona copertura, ma nessuno lo accusa di aver mai preso denaro. E allora? Allora la sinistra, i nemici che si è fatto in tutti questi anni, e sono tanti, parte dei religiosi e degli arabi che si sentono abbandonati e mal rappresentati sono furiosi, totalmente ipnotizzati: tutti fuorché Bibi, è lo slogan. [...]

Ma il folle guerrafondaio non era Trump?

giovedì 18 marzo 2021 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 18 marzo 2021

I casi sono due, o Biden ha deciso di calare la maschera da signorino azzimato che aveva indossato sin dall'inizio della campagna per inaugurare l'era del ruggito, o pensare a Putin e ai suoi sospetti tentativi di influenzare la campagna elettorale gli ha dato fuoco. Prevedibilmente, definire il suo collega russo «un killer» ha causato una reazione furiosa, una crisi internazionale come non si vedeva da decenni, molto al di là della politica perché direttamente infissa nel cuore della moralità personale del leader della maggiore potenza mondiale.

Già in passato, irritato dai rapporti con Trump e dai pasticci del figlio forse rivelati da fonti russe, Biden aveva dichiarato Putin «senz'anima». Rimandiamo l'esame geopolitico della vicenda. È chiaro che la reazione sarebbe stata dura: «Questo è un attacco a tutta la Russia». Ma, scusate, Biden, non voleva dare un segnale di equilibrio al mondo intero, di ricerca di dialogo comunque e sempre, tanto da cercare addirittura un nuovo accordo con gli Ayatollah komeinisti iraniani? La verità è che quando si dà a qualcuno del killer a sangue freddo, chiunque sia il colpito, e a torto o a ragione, si avalla un'attitudine aggressiva del linguaggio della politica.

Sulla scia del mansueto Biden adesso anche i peggiori lupi si sentiranno più autorizzati a urlare il proprio odio politico. Le parole peggiori sono spesso degli uomini peggiori, anche se certo non sarà il caso di Biden. Lo sono state nel caso di Kim Jong un: nel 2017 disse che l'azione era l'opzione migliore per trattare un rimbambito come Trump, con una minaccia identica a quella che Biden fa a Putin, cioè che «avrebbe pagato caro». [...]


Israele festeggia la sconfitta del virus

martedì 16 marzo 2021 Il Giornale 1 commento
 Il Giornale, 16 marzo 2021

Il miracolo della vaccinazione, come nella storia ha eliminato il vaiolo, la difterite, il tetano, la polio, porterà alla liberazione dal Covid. Questo succede oggi in Israele, e deve essere di grande incoraggiamento per il mondo. Israele ha perso 6mila persone; da un picco di 79 perdite al giorno a gennaio adesso siamo a 16 morti al giorno. Non è finita, ma cala ogni giorno. Da dicembre, accolti dal primo ministro letteralmente trepidante, gli aerei di Pfizer e Moderna hanno portato i flaconi gelati all'aereoporto Ben Gurion e subito una macchina determinata, inventiva, si è messa in moto fra errori e stalli (le celebrazioni dei religiosi, il sospetto dei villaggi arabi). Ma come durante la guerra dei Sei Giorni, Israele ha colpito per primo e ha vinto l'esercito composito del terribile nemico: «Trenta volte mi ha chiamato, sì, letteralmente. Mi ha travolto il suo atteggiamento ossessivo», sorride il ceo Pfizer Albert Bourla. «Una volta gli ho detto "Primo ministro sono le tre di notte".

Mi ha spiegato - dice Bourla - perché Israele era il Paese più adatto per la missione del vaccino: né grande né piccolo, 9 milioni di abitanti, servizi sanitari capillari, organizzazione ferrea, deciso alla sopravvivenza». Gliel'ha spiegato Benjamin Netanyahu stesso, mentre dalla tv mostrava come si indossa la maschera, come ci si lava le mani, implorando di rimanere a casa per tre lockdown. Israele è stata ossessiva negli ordini e nelle multe anche se le manifestazioni si sono moltiplicate, il personale incaricato ha agito come una madre italiana, l'esercito ha mobilitato le reclute. Nel distribuire le dosi, dopo la scala per età, si rispondeva sempre «sì». E così oggi Tel Aviv balla per le strade, va al ristorante e al teatro con la patente verde. Esagera, anche se la prudenza è ancora indispensabile. Già si progetta l'eliminazione delle maschere ed è permesso, all'aperto, riunire cento persone. Al ristorante e al teatro si progetta la verifica rapida per chi non ha patente.[...]

Stop al viaggio di Bibi negli Emirati Arabi. È la vendetta per il no alla Giordania

venerdì 12 marzo 2021 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 12 marzo 2021

Israele-Giordania, parte seconda, la vendetta. E naufragato il quarto tentativo di Benjamin Netanyahu di visitare gli Emirati dopo gli Accordi di Abramo. Cos'è accaduto? Mercoledì il principe Hussein, figlio di Abdullah, si preparava a visitare il Monte del Tempio, ovvero la Moschea di Al Aqsa, con tutti gli uomini e i mitra che sembravano consoni alla casa reale e lasciando le porte aperte alla folla: la dinastia Hashemita è l'affidataria della Moschea di Al Aqsa e del Monte del Tempio con i palestinesi, e il futuro monarca voleva visitarla nel giorno della ascesa al cielo di Mohammed (Maometto) con una schiera regale e la folla plaudente. Israele non ha accettato: dal Monte del Tempio può scaturire la più grande violenza, è già accaduto, è il luogo originario del Grande Tempio ebraico, ed è sotto la sua sovranità. Ma il re si adombra e sa che è molto importante per Bibi raggiungere Mohammed bin Zayed ad Abu Dhabi. Occhio per occhio, più qualche vecchio conto e calcolo politico. In più la moglie del primo ministro, Sarah, è stata ricoverata d'urgenza all'ospedale mercoledì, prima del viaggio, con l'appendicite. Bibi ha passato la notte all'ospedale. Mentre già si vacilla sulla possibilità di Netanyahu di partire per un viaggio che ha definito «di grande importanza nazionale e internazionale» arriva il messaggio giordano. «Israele voleva imporre cambiamenti...Avrebbe limitato l'ingresso di musulmani in visita...Il principe cancella per rispetto dei fedeli». [...]

Mediorientale

venerdì 12 marzo 2021 Generico 0 commenti
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Un altro sogno di pace nel nome di Abramo

lunedì 8 marzo 2021 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 08 marzo 2021

Nostro padre Abramo ha avuto molto da fare negli ultimi tempi, e sempre per il bene dell'umanità, come del resto è sua abitudine. «Lech lechà» gli comandò il Creatore, «alzati e vai», e da allora è iniziata l'avventura del monoteismo. Purtroppo, gli hanno dato da fare i due figli Isacco e Ismaele, la cui eterna disputa ci ha inseguito fin qui. Il Papa è andato coraggiosamente a Mosul, a Najaf e oltre per ricordare il messaggio di Abramo: Dio è invisibile, infinito, e vicinissimo, pieno di amore e di esigenze verso l'uomo, prima fra queste la pace. La pace è giusto un attribuito morale del monoteismo figlio dell'ebraismo, fondatore dello spirito umano in termini moderni che comprende il cristianesimo e l'islam.

Il Papa, incontrando Ali al Sistani dopo le atroci sofferenze cristiane per mano dell'Isis e dell'insieme dell'islam politico in questi anni, ha incontrato il più adatto fra gli interlocutori nel campo sciita, quello che ha sofferto tradizionalmente nel mondo islamico la sua condizione di minoranza povera, ma anche quello che oggi, a causa del regime iraniano, incarna le questioni attuali più spinose: l'imperialismo, l'arricchimento atomico, la persecuzione delle minoranze. Ma Sistani è una eccezione famosa. E un moderato, è cauto e potente coi politici, ha cercato di placare i suoi dopo il 2003 e di contenere gli attacchi agli americani, ha spinto con forza alla guerra all'Isis, mantiene un rapporto con l'Iran senza mostrargli devozione. Il Papa ha studiato bene la situazione: come si collegò al campo sunnita nel campo ad Abu Dhabi del 2012, così adesso ha il suo partner sciita per proteggere i cristiani nel nome di Abramo. Questo nome così riprende un opportuno accento politico, dopo che è diventato una stella splendente fra settembre 2020 e gennaio 2021 coi rivoluzionari patti Israele e diversi Paesi di religione islamica. Oggi il Papa si ispira di nuovo all'ecumenico padre delle tre religioni per disegnare un futuro di pace in cui siano inclusi i cristiani del Medioriente che hanno sofferto tanto. In Irak prima del 2003 i cristiani erano più di 1,5 milioni, oggi sono meno di 200mila; una situazione simile a quella della Siria, dove da 2 milioni sono calati a meno di 700mila. [...]

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein: "La Corte penale internazionale contro Israele"

domenica 7 marzo 2021 Generico 0 commenti
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oggi, il sito web Informazione Corretta pubblica in esclusiva un mio nuovo video  "La Corte penale internazionale contro Israele"
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