Intervista a Yossi Kuperwasser - «Hamas ha ingaggiato lo scontro per ottenere la leadership islamista»
giovedì 13 maggio 2021 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 13 maggio 2021
Gerusalemme No, lo scontro di queste ore fra Israele e Hamas non è una resa dei conti definitiva: “È soltanto un round, anche se molto importante”. Lo dice il Generale Yossi Kuperwasser, uno degli esperti più importanti del Jerusalem Center for Public Affairs, famoso esperto di strategia, di sicurezza e di mondo arabo. Dall'esercito dove ha diretto il settore ricerca, è passato ad essere Direttore generale del Ministero degli Affari Strategici occupandosi con taglio nuovo di antisemitismo. Adesso fra un incontro e l'altro ci affida i suoi pensieri, molto diretti e privi di illusioni o ideologie.
Netanyahu e il ministro della Difesa Gantz con le loro dichiarazioni sembrano promettere alla popolazione bombardata, tormentata da Hamas, uno smantellamento definitivo dell'organizzazione.
"Io penso che stavolta chi non ha proprio un pregiudizio incancrenito e pesante contro Israele capisce che sotto un attacco di migliaia di missili, Israele ha il dovere di fermare l'attacco e di proteggere la popolazione. Israele deve attaccare gli edifici in cui si nascondono i capi di Hamas, e tuttavia noi avvertiamo uno a uno gli abitanti degli edifici presi di mira prima di colpire; quanto ai bambini che cerchiamo in tutti i modi di non colpire, secondo Defense for Children Palestine, alcuni sono stati uccisi da missili palestinesi mal costruiti e mal sparati (cfr DCIP). Detto questo, l'escalation messa in piedi da Hamas deve fermarsi…”
"Perché presto? Dal 2014 per esempio, dopo l'ultima guerra abbiamo avuto relativamente poche aggressioni. Si tratta di garantire la messa fuori giuoco delle armi e dei leader terroristi per un bel pezzo, ed è quello che stiamo facendo".
Ma perché Israele non si decide a cercare di smantellare Hamas? [...]
Guerra Hamas-Israele. Su Tel Aviv pioggia di razzi. Iran e Turchia soffiano sul fuoco
mercoledì 12 maggio 2021 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 12 maggio 2021
Gerusalemme L'Egitto spinge Israele per un cessate il fuoco, il Qatar si dà da fare con Hamas. Ma ancora non ci siamo. Israele deve ricostituire la deterrenza per cui Hamas capisca che non può dominare la popolazione israeliana rinchiudendola in casa nel terrore dei missili. E Hamas, si sente troppo grande per smettere, e dei morti gli è sempre importato poco: è evidente dall'andamento degli scontri in Medio Oriente che uno spirito messianico, un'eccitazione simile a quella dell'Intifada possiede in queste ore Hamas, il grande difensore, oggi, della Moschea di Al Aqsa nel giorno di īd al-fiṭr e che essa ha definitivamente spodestato Abu Mazen nella leadership del mondo palestinese.
Più di 400 missili sono stati lanciati da Gaza contro Israele, gli obiettivi colpiti sono decine e il sistema antimissile ne ha fermati solo alcuni, vari edifici sono stati centrati e due donne sono state uccise nelle macerie a Ashkelon, i feriti sono decine, una famiglia con cinque figli ha il padre in condizioni drammatiche e i bambini in ospedale, le sirene suonano di continuo senza tregua al sud e la gente è costretta a restare chiusa in casa e a breve distanza dai rifugi, mentre lunedì anche Gerusalemme, la capitale, ha subito la stessa sorte.
Gerusalemme, pioggia di razzi di Hamas
martedì 11 maggio 2021 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 11 maggio 2021
Gerusalemme Chissà se adesso le intenzioni dei palestinesi sono chiare: terrorizzare, dominare, far fuggire gli ebrei da Gerusalemme, mettere in ginocchio Israele umiliandone la capitale coi missili, la violenza. L'escalation è uscita di proporzione rispetto agli scontri di questi giorni, e adesso Israele non potrà farsi mettere in ginocchio. Un intero Paese, adesso, non intende farsi ricattare. In un'ora da Gaza sono stati lanciati 30 missili che hanno irrorato il sud d'Israele, hanno bruciato un'auto in sosta, hanno terrorizzato Sderot e Ashkelon, e di cui sette, soprattutto, hanno spedito Gerusalemme, tutta quanta, dal centro della Città Vecchia alla periferia, nei rifugi e hanno almeno un edificio sulle colline. Una intera famiglia era in casa, e ha fatto in tempo a entrare nel rifugio prima del bum.
La maledizione di Gerusalemme
lunedì 10 maggio 2021 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 10 maggio 2021
Gerusalemme Oggi, dopo questi ultimi giorni di scoppi sempre sull'orlo di un'esplosione, la micidiale miscela della fine del Ramadan, festa musulmana fondamentale, insieme al Giorno di Gerusalemme, festa cantata, amata, danzata per le strade dal popolo ebraico finalmente tornato a casa, richiede molto buon senso da ogni parte perché non finisca nel sangue. Ci sono già stati troppi feriti fra i palestinesi e fra le Forze dell'ordine d'Israele. Adesso, le domande sono tante per calmare le acque, e Israele intanto piazza tremila poliziotti nei punti strategici, con strettissimi ordini di tenere la quiete e evitare gli scontri.
Ieri è stato un giorno relativamente calmo, ma domani? Si deve consentire di salire alla Spianata del Tempio su cui oggi sorgono le Moschee agli ebrei che vogliono pregare dove un tempo sorgeva il Santuario su cui si è costruita la loro civiltà? Si deve lasciare che sventolano le bandiere bianche e azzurre per strada? E in quali strade? E in quali vicoli della Città Vecchia ogni fiume di passione deve scorrere? E i giovani islamici, anche quelli che con le vesti, le urla, gli slogan che annunciano "morte agli ebrei" e persino annunciano che la "prossima tappa è Tel Aviv" devono veder conservato il loro diritto religioso di salire sulla Spianata di Al Aqsa? O occorre bloccare gli estremi, sfidarli fino al lancio delle pietre sul Muro del Pianto che può finire negli spari, rischiare una strage di poliziotti, come è già successo a Netanyahu, e una rovina di vite arabe?
Nessuno lo vuole, ma il margine in questa direzione è di millimetri. Il 22 aprile uno scontro alla Porta di Damasco ha aperto le danze, religiosi ebrei sono stati aggrediti per strada, TikTok ha propagato con gusto le scene e le risate, Hamas ha proclamato poi che le Moschee sono minacciate, il vecchio leit motiv di Arafat, e poiche Abu Mazen non può essere da meno il sito di Fatah ha cominciato a rilanciare il clima di guerra invitando con canzoni e discorsi i "giovani martiri" a "colpire l'obiettivo". E purtroppo è stato colpito: giorni fa a una fermata dell'autobus nei Territori tre ragazzi di 19 anni sono stati sparati da un finestrino di un'auto, uno è morto per le ferite, l'altro è in fin di vita, il terrorista è stato catturato. E poi ci sono stati altri due attacchi terroristi, mentre da Gaza piovono i palloni incendiari, il fuoco di Hamas mangia i campi coltivati e lambisce le case.[...]
Il Medio Oriente visto da Gerusalemme
venerdì 7 maggio 2021 Generico 0 commenti
Cari amici,cliccando qui potrete riascoltare e leggere la trascrizione della rubrica di questa settimana Il Medio Oriente visto da Gerusalemme condotta da Giovanna Reanda
Il tragico raduno religioso. E' strage anche di bambini
sabato 1 maggio 2021 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 01 maggio 2021
Così
vicini nel dolore indicibile di tutto Israele dopo la tragedia del
Monte Meron che ha lasciato 45 morti sul terreno; e così lontani con
quei vestiti neri, l'uno accanto all'altro, compatti nella fede
messianica invincibile anche oggi. La loro isola di comportamenti
mistici e esoterici si rompe nella disperazione e nel desiderio di
essere abbracciati da tutti i cittadini di questo stato piccolissimo,
Israele, costruita a immagine e somiglianza di un ebreo moderno che non
porta quel cappello alto, adatto al clima della Polonia; l'unica
democrazia del Medioriente, il frutto del Kibbutz e della determinazione
all'unità di un socialista, David Ben Gurion, fra laici e religiosi, un
popolo che ha sofferto tante perdite a causa delle aggressioni del
terrorismo e delle guerre del mondo arabo: E però, eccolo di nuovo nel
dolore, è parte fondamentale e pulsante un mondo mistico in cui ieri
sono morti schiacciati dalla loro folla nerovestita, che si è accalcata e
spinta fino alla fine mentre festeggiava per realizzare un sogno
mistico, astratto, e anche altissimo dal punto di vista dell'astrazione
teorica religiosa, quella della Cabbalà, l'interpretazione mistica della
Torah, la Bibbia. Ora tutta Israele piange e abbraccia quel mondo,
nella laicissima Tel Aviv si fa la fila per donare il sangue per le
centinaia di feriti sopravvissuti, si cercano i dispersi che sono tanti,
tutto il mondo della comunicazione, proibito ai religiosi, è scatenato
per loro. Tutti qui, compresi gli arabi israeliani, e persino parte dei
palestinesi sono attoniti di fronte alla crudeltà della tragedia che si è
consumata la notte scorsa. Tutto il mondo manda le proprie condoglianze
dalla Germania alla Giordania. [...]
Il Medio Oriente visto da Gerusalemme
venerdì 30 aprile 2021 Generico 0 commenti
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Ritorna la propaganda anti-Israele: "I palestinesi vittime di apartheid"
mercoledì 28 aprile 2021 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 28 aprile 2021
E’
dal 1975, quando l'Onu votò con maggioranza arabo-sovietica la
dichiarazione «sionismo uguale razzismo» che è stata poi cancellata nel
'91, che si ripete il tentativo di spacciare il conflitto
israelo-palestinese per una scelta del popolo ebraico di dominare e
discriminare il mondo arabo e musulmano in nome di principi
suprematisti, e appunto, razzisti. La scelta propagandistica è molto
redditizia, perché cosa c'è di moralmente peggiore al mondo, dopo il
nazismo, del razzismo? Il sistema di apartheid sudafricano non a caso
ormai defunto e sconfitto dalla buona volontà internazionale è un
parametro internazionale di tutti i mali, ed è universalmente buono e
giusto ergersi contro quell'infamia. Il tentativo di infettare Israele
con questa accusa consta adesso di un nuovo documento di Human Rights
Watch, 217 pagine di vecchie accuse ben riciclate (l'organizzazione,
come scrive il presidente di «NGO Monitor» Gerald Steinberg ha un budget
di 90 milioni di dollari in donazioni anche italiane alle varie Ong
talora legate al gruppo terrorista Fronte di Liberazione Palestinese) a
cura di Omar Shaldr, direttore del settore israeliano e palestinese.
Esse sostengono, con l'aiuto di organizzazioni come Al Haq, Pchr, Al
Mezan, Al Dameer che «Israele perseguita la popolazione palestinese» per
«assicurare la dominazione israeliana». [...]
Così quattro spie 'arabe' salvarono lo Stato ebraico
martedì 27 aprile 2021 Il Giornale 1 commento

Il Giornale, 27 aprile 2021
Da
quando tutto il mondo ha visto Fauda sullo schermo tv, i «mistaravim»
sono ormai di famiglia. Sono agenti israeliani che sanno non solo
l'arabo alla perfezione, ma che nel linguaggio, nel comportamento, nel
gusto del cibo e nelle esclamazioni, anche parlando nel sonno, sono in
tutto e per tutto capaci di arabizzarsi, appunto di «diventare come
arabi». Mistaravim. Chi ne vuole capire lo sfondo storico, politico,
filosofico, il nodo di avventura, rischio e ideologia che li riguarda
può adesso leggere Spie di nessun Paese di Matti Friedman (Giuntina, in
libreria dal 29).
E proprio nell'avventura e nel pericolo mortale continuo e nell'eroismo che i quattro mistaravim delle origini dello Stato raccontati da Friedman si giocano tutto: la loro stessa origine familiare e sociale, il loro cuore, il più alto senso della patria ebraica e insieme del legame col mondo arabo. E, fa capire Friedman, la patria non li ha mai ringraziati né li ringrazia abbastanza: sono sempre «mizrachim», orientali, patriarcali, religiosi, in un universo la cui cultura ha il segno genetico della storia europea, anzi, di quella del socialismo. Niente racconta la loro importanza storica nella costruzione dello Stato, spesso ignorata, della loro origine e della loro espulsione dal mondo dei genitori, descritta in modo appassionato, commosso, trascinante, da Friedman, scrittore israeliano ormai famoso e innestato nell'impegno letterario tipico della narrativa israeliana nel solco di Grossman, Yehoshua... L'origine dei mistaravim è geniale, casuale e insieme azzardata come lo sono tutte le cose di Israele. Matti Friedman l'ha rimessa insieme con pazienza, prima di tutto incontrando a Tel Aviv, novantenne, uno dei protagonisti, Yitzchak Shoshan, nelle sue varie incarnazioni: Zaid Shasho, Abdul Karim... e costruendo con documenti classificati o pubblici, con racconti e con i libri di storia d'Israele, i percorsi mirabolanti del primo nucleo arabo di spie. I suoi protagonisti sono quattro ragazzini magri, affamati, coraggiosi, sionisti e di lingua madre araba, dolci ma irti di spine mortali proprio come i proverbiali sabre israeliani, i fichi d'India della terra che divenne lo Stato Ebraico nel 1948. Ma allora, loro erano già sotto copertura a Beirut e ad Aleppo, chiamati non più col nome ebraico ma con quello dell'identità araba assunta, di nuovo mangiavano la polvere in cui erano nati per carpire i segreti necessari a vincere le guerre fatali d'Israele. I protagonisti sono veri e subito li vediamo in fotografia: Gamliel Cohen, nato a Damasco, nel '48 ha 25 anni, è il più intellettuale, quello che ha sofferto più di tutti della discriminazione che l'élite ashkenazita ha indubbiamente praticato nei confronti della cultura mizrahi degli ebrei immigrati dai paesi arabi: gli europei erano laici, socialisti, paritari con le donne, disinvolti nei comportamenti sessuali. Questi, religiosi o almeno di ispirazione familistico-conservatrice, poco abituati a considerare alla pari il genere femminile, affezionati alla scala sociale e di sapienza dei loro Paesi d'origine. Gamliel è anche il più elegante e cauto, non vuole compiere attentati o uccidere, ma lo fa se necessario. Ed è il primo che incontriamo nel suo passaggio in veste di ragazzo palestinese a Haifa, allora ancora in mano araba, mentre rischia di essere catturato.
Il Medio Oriente visto da Gerusalemme
venerdì 23 aprile 2021 Generico 0 commenti
Cari amici,cliccando qui potrete riascoltare e leggere la trascrizione della rubrica di questa settimana Il Medio Oriente visto da Gerusalemme condotta da Giovanna Reanda