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Nirenstein: "Ecco come Israele ha vinto la sfida della vaccinazione di massa" - Libera TV

giovedì 4 febbraio 2021 Generico 0 commenti
Clicca qui per rivedere il mio intervento durante la puntata di Matrioska su TeleTicino

VIDEO Gli Accordi di Abramo: una speranza per il futuro

martedì 2 febbraio 2021 Generico 0 commenti
 
Cari amici,

cliccando qui potrete rivedere il video dell'incontro Gli Accordi di Abramo: una speranza per il futuro, evento organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi




 

GLI ACCORDI DI ABRAMO: UNA SPERANZA PER IL FUTURO - iscrizioni al convegno online del 1° febbraio 2021 ore 17:00

lunedì 1 febbraio 2021 Generico 0 commenti
 
 
In un anno così difficile, una luce di concreta speranza è stata accesa dagli Accordi di Abramo. Un importante obiettivo è stato raggiunto per la pace e la cooperazione in un'area tanto rilevante del mondo.
 
La Fondazione Luigi Einaudi Onlus, in linea con la sua mission, è lieta di organizzare un appuntamento di grande rilievo culturale sul tema.
 
Gli Accordi di Abramo: una speranza per il futuro” è il convegno che avrà luogo in data lunedì 1° febbraio 2021, ore 17.00, sulla piattaforma Zoom.
 
Saranno protagonisti i rappresentanti dei paesi interessati.
 
I partecipanti dovranno registrarsi sulla piattaforma Eventbrite al seguente link:
 
 
Alle ore 14:00 dello stesso giorno 1° febbraio, gli iscritti su Eventbrite riceveranno via e-mail il link per accedere alla piattaforma Zoom ed assistere all’evento.
 
 
Il Convegno rappresenterà l’occasione per una riflessione con i protagonisti della straordinaria svolta storica che sta affermandosi con una vera diplomazia di pace. Obiettivo del dibattito, suddiviso in due panel, è quello di discutere sia i punti chiave e le prospettive dell’attuazione degli Accordi, sia la promozione della sicurezza nel Medio Oriente. Il dibattito si focalizzerà, inoltre, sulle egualmente importanti analisi e proposte relative alla cooperazione in settori quali investimenti, turismo, sicurezza, telecomunicazioni, tecnologia, salute, energia, cultura e ambiente, sia all’interno della regione di riferimento che in tutti gli Stati europei e in Italia.
 
 
L'evento sarà coordinato dall'Amb. Giulio Terzi di Sant'Agata e dell’On. Fiamma Nirenstein, porterà il saluto introduttivo il Presidente della FLE Giuseppe Benedetto, interverranno gli Ambasciatori degli Emirati Arabi Uniti, Marocco, Bahrein e Israele, nonché altre illustri personalità.
 
 
Il Convegno si terrà nelle lingue italiana e inglese, e la Fondazione Luigi Einaudi avrà cura della traduzione simultanea degli interventi, dall’inglese all’italiano e dall’italiano all’inglese. Dopo ciascun panel, è inoltre prevista una breve sessione di Q&A.
 
 
L'evento sarà in diretta sui social network della Fondazione Luigi Einaudi Onlus:
 
 

Perché noi ebrei non vogliamo essere vittime

mercoledì 27 gennaio 2021 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 27 gennaio 2021

Quando Elie Wiesel scrisse le sue prime memorie di Buchenwald, le scrisse in Yiddish nel 1954 su una nave che lo portava dall'Europa al Brasile. Più avanti, riscrivendole in francese, Wiesel scelse un tono molto più pacato ancorché disperato, abbandonando la parte più rabbiosa, che vuole ricordare ma anche vendicarsi. Una scelta più volte elaborata dai sopravvissuti alla «morte assoluta», ma poi smussata nella scelta di una memoria collettiva tendente al perdono, decisamente orientata al recupero della vita e dell'ottimismo per il popolo ebraico. Ogni memoria della Shoah porta con sé mille punti di domanda, e tutti conturbanti e anche imbarazzanti. Quanto più le memorie sono realistiche, vive, disegnate, quanto più ci folgora l'inafferrabilità del significato a meno di accettare inutili semplificazioni retoriche. Inutili, perché, come si vede per esempio nel recente blood libel sulle accuse agli ebrei per il Covid (lo hanno diffuso o non hanno permesso ai palestinesi di vaccinarsi, roba da Der Stürmer, con tanto di vignette), non servono a evitare che l'Idra dell'antisemitismo seguiti a dimenare la sua rivoltante testa. Noi, figli e nipoti di sopravvissuti (mio zio Nedo Fiano alla cui eroica determinazione alla memoria va tutto il mio amore, e mio padre Alberto Nirenstein, storico della Shoah, che ha scelto di testimoniare per gli assassinati coi suoi libri senza un attimo di tregua), restiamo soli ogni giorno di più. Loro porgevano come un fiore rosso la loro vita, noi dobbiamo inventarci come non farlo appassire. Mi dispiace proporre qui, ma lo faccio per capire bene, il discorso di Himmler pronunciato davanti ai Reichsleiter e ai Gauleiter a Poisen, il 6 ottobre 1943, citato da Annette Wieviorka ne L'era del testimone: «Vi prego di ascoltare e di non far parola... ci si pose la domanda che ne facciamo delle donne e dei bambini? Anche in questo caso mi decisi per una soluzione chiara. Non ritenni giusto sterminare gli uomini - diciamo uccidere e farli uccidere - e lasciar crescere i bambini che potranno vendicarsi dei nostri figli e nipoti. Così si dovette prendere la difficile decisione di far scomparire questo popolo dalla terra... la questione ebraica sarà regolata entro la fine di quest'anno... in un lontano futuro potremo porci il problema se dire qualcosa di tutto ciò al popolo tedesco... assumiamo la responsabilità portando questo segreto con noi nella tomba». Nella decisione quintessenziale che rappresenta tutta la Shoah, quella di ammazzare tutti i bambini ebrei, è inclusa, esplicita, la decisione di cancellare la memoria. «In un lontano futuro vedremo... porteremo questo segreto nella tomba». [...]

Ritorno alla libertà. Lo stress post traumatico dopo la guerra al Covid

sabato 23 gennaio 2021 Il Giornale 2 commenti
Il Giornale, 23 gennaio 2021

No, non torneremo ad essere ciò che eravamo. Non tornerà «tutto come prima». Ogni grande shock culturale comporta un post trauma. Abbiamo vissuto a lungo, ormai, in maniera interamente diversa rispetto al passato. Abbiamo sofferto e avuto paura. La guerra è così, e in genere comporta una condizione post traumatica. Sono nata dopo la Seconda guerra mondiale; la nostra uscita dal Covid penso somiglierà al periodo della mia prima infanzia: entusiasmo, sospetto, paura, stringere i denti. Fu un'epoca rivoluzionaria, i costumi cambiarono, i più forti vinsero la memoria insopportabile e le difficoltà economiche, restò silente il senso di morte per ripresentarsi negli incubi. Trent'anni fa ero in Israele a «coprire» la Guerra del Golfo. La sirena che suona, la maschera sul viso, la paura che il missile contenga gas venefici... è l'unica mia altra esperienza di una maschera sul viso. La radio avvertiva quando si poteva toglierla senza pericolo. Col Covid, la indossi quasi come un'altra parte del corpo. Quando questo cambierà, si tornerà a pettinarsi, a vestirsi, a truccarsi: un'altra vita. Ci sarà chi ha molto sofferto e ne porterà i segni, chi resterà depresso e traumatizzato, chi invece avrà cucinato incessantemente e sarà ingrassato. Fenomeni collettivi di cui già parlano i giornali; i loro postumi diventeranno oggetto di interesse sociale, sostituiranno o integreranno il compito classico delle ASL, saranno al centro della svolta sociale e sanitaria che si prospetta.

Il Covid lascerà il suo segna post traumatico ovunque, in ogni angolo di mondo: dove io mi trovo ci siamo quasi. Mentre scrivo sento un piccolo dolore al braccio sinistro perché solo sabato sera ho ricevuto la seconda iniezione del vaccino Pfizer. Desidero questo dolore, lo percepisco con soddisfazione, è il segno della libertà, anelo alla mia «patente verde» per potere viaggiare, venire in Italia, tornare a essere libera... Ma sarò un'altra persona in un'altra società: il post trauma porta con sé conseguenze politico-culturali e mutazioni sociali. La perdita della libertà di andare e fare quel che si vuole, e quindi l'ubbidienza alle regole, l'obbligo a una vita in spazi chiusi, il senso di vertigine davanti a metropoli con le piazze e le strade vuote, saranno a lungo con noi. Sarà con noi il dolore, sconosciuto nella nostra epoca se non nelle società in guerra come Israele, della morte collettiva, a centinaia, a migliaia: d'un tratto, per la prima volta dalla guerra, amici o persone conosciute se ne sono andate tutte insieme, soffrendo. La sofferenza e la scomparsa di vecchi genitori fino a ieri protettivi, la novità assoluta della solitudine nel momento della morte, non sono più un film, né lo è la perdita del lavoro, del tuo negozio, del tuo ufficio, della scuola dei ragazzi. Sarà con noi ciò che rende la guerra così temibile: non sai che cosa ti può accadere fra un minuto, o domani, o mai. Un attimo dopo il tampone negativo, puoi già essere di nuovo infettato.[...]

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein: Joe Biden presidente visto da Israele

sabato 23 gennaio 2021 Generico 0 commenti
Cari amici,

oggi, il sito web Informazione Corretta pubblica in esclusiva un mio nuovo video  "Joe Biden presidente visto da Israele"

Clicca qui per vedere il video


Mediorientale

venerdì 22 gennaio 2021 Generico 0 commenti
Cari amici,

Cliccando qui potrete riascoltare e leggere la trascrizione della rubrica di questa settimana Il Medio Oriente visto da Gerusalemme condotta da Giovanna Reanda

Patti di Abramo a rischio. E ora torna in gioco l'Iran

venerdì 22 gennaio 2021 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 22 gennaio 2021

Alla fine in Medio Oriente il nome del gioco per John Biden si scrive con la maiuscola: Iran. In movimento, c'è un grande, bellissimo nuovo gioco che si chiama «Patti di Abramo», ma ce riè uno vecchio e difficile che Biden ha promesso di affrontare di nuovo. Non è in ballo Israele, ma una collana di Paesi che rifiutano l'arma nucleare, i missili balistici, le molteplici attività belliche e terroristiche iraniani nella zona: Biden sa bene che alcuni Stati musulmani e in genere sunniti alleati degli Usa hanno costruito un inusitato, nuovissimo rapporto di pace con Israele, ma non soltanto. Sono grandi gruppi etnici come i curdi, masse di diseredati in Siria, in Libia, in Yemen. Dalla parte opposta, i palestinesi si aspettano una spinta fondamentale da Biden perchè la loro palla torni a correre sul campo, e l'Iran è loro amico. E un intero sistema di potere e di forza scardinato da Trump che chiede di essere reinstaurato, e sarebbe un disastro. Ma Biden non è Obama, anche se il suo primo scopo è negare vigorosamente le politiche di Trump. Chi è il nuovo presidente? Biden si definisce «un sionista», ha incontrato tutti i primi ministri Israeliani, a Bibi ha detto: «Non siamo d'accordo, ma ti voglio bene». [...]


Mediorientale

venerdì 15 gennaio 2021 Generico 0 commenti
Cari amici,

aprendo questo link: https://www.radioradicale.it/scheda/626316/il-medio-oriente-visto-da-gerusalemme
potrete riascoltare e leggere la trascrizione della rubrica di questa settimana Il Medio Oriente visto da Gerusalemme condotta da Giovanna Reanda

La purga contro i conservatori

mercoledì 13 gennaio 2021 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 13 gennaio 2021

Ancora otto giorni, e Trump scenderà dal palco. Si parla anche di impeachment, e questo farebbe gongolare molti: Trump ha detto che ne risulterebbe una enorme frustrazione che creerebbe altre terribili tensioni. È vero. L'accanimento ha preso il posto della discussione, la colpevolizzazione si è ormai riversata sui 70 milioni che l'hanno votato in modo da rendere impossibile un futuro equilibrato per gli Stati Uniti. Questo, anche se si riconosce, come fa chi scrive, il gravissimo errore della chiamata di Trump alla folla. Ma Trump è stato posseduto dalla sua hybris che non gli consente di perdere. È evidente però nella furia dei commenti, nel disprezzo a 360 gradi, che il rischio nel ribadire l'indegnità di Trump condannando lui e i suoi uomini all'isolamento a vita sull'Isola del Diavolo, alla fine pretende la genuflessione pentita di una vasta parte di mondo, dell'universo conservatore. E mostra la prosopopea morale per cui chi non appartiene al credo progressista è abominevole. Questa messa al bando morale giunta a livelli incredibili nei posti di lavoro, nelle università, nella famiglie ha creato una barriera che ha causato la demenziale marcia su Capitol Hill. Una marcia anche criminale nel senso della violazione e della vandalizzazione di beni pubblici e dell'intenzione di questionare il verdetto morale delle urne. Ma non nel senso insurrezionale che gli si vuole attribuire, come ha spiegato l'avvocato Dershowitz, non una pianificata intenzione di fare a pezzi la democrazia, né un'espressione della natura diabolica e forse di un piano a lungo termine del presidente. L'intenzione che hanno attribuito a Trump e a quella folla è «insurrezione»: ma è difficile stabilire che cosa significhi, specie quando da maggio a settembre grandi folle di Black Lives Matter hanno stravolto il Paese con marce e proteste anche molto violente. Molti gli assalti alla polizia e la richiesta di eliminare la polizia del tutto. Era insurrezione? Probabilmente no. [...]
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