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7 ottobre 2023 Israele brucia

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Museo del popolo ebraico

L'Afghanistan come l'Iran: 80 bambine avvelenate

martedì 6 giugno 2023 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 06 giugno 2023

 

Quasi 80 bambine sono state avvelenate in due diverse scuole del Nord dell’Afghanistan, nel distretto di Sangcharak, 60 in una scuola e 17 nell’altra, e sono adesso ospedalizzate. Tutte dai 6 ai 12 anni. Stando ai precedenti, i talebani diranno, proprio come negli anni fra il 2012 e il 2016 in cui decine di bimbe furono avvelenate col gas a scuola, che le scolare sono preda di isterismo, episodi “psicogenici”, creati dal panico, dall’emulazione, o forse causati da qualche maniaco che non ha a che fare con la leadership. Il capo del dipartimento scolastico parla di “un forte risentimento” di qualche matto. Ma i talebani non perderanno tempo a fingere dispiacere. Le bambine non possono imparare, è proibito, non devono mettere il naso nella società, pena la vita. Qualcuno ricorda come spararono in testa alla scolara Malala Yousafzai. Da quando se ne sono andati gli americani è la prima riconquista vera del territorio, un attacco ideologico a quelle libertà che con chiacchiere inutili gli USA abbandonando il campo trattando con i talebani cercarono di mantenere almeno un poco. Ma ha vinto l’estremismo odiatore delle libertà. [...]

 

Agente egiziano uccide 3 soldati israeliani. Così il blitz scuote la pace fredda tra i Paesi

domenica 4 giugno 2023 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 04 giugno 2023

 
I soldati israeliani e quelli egiziani sul confine del Sinai in genere si salutano scorgendosi da lontano la mattina quando affrontano i quaranta gradi della distesa gialla in cui devono guardare il confine. In genere, lo guardano dal traffico di droga, sorvegliano da armi e uomini dell’Isis, d traffici delle tribù beduine… ma i due eserciti non sono in guerra l’uno con l’altro da quarant’anni, e si sente se si va al confine. Gli israeliani passano agli egiziani qualche frutto, l’acqua è bene comune, e anche la noia gialla del deserto. Ma ieri mattina un soldato egiziano è piombato dentro le linee israeliane: subito ha ucciso due guardie, un ragazzo e una ragazza, e mentre i soldati israeliani gli davano la caccia è riuscito a ucciderne un altro prima di essere a sua volta raggiunto dai proiettili. I nomi noti degli uccisi, Lia Bin Nun di 19 anni, e Ohad Dahan di 20 anni sono stati resi noti dopo che le famiglie sono state avvertite. I soldati della brigata che sorveglia fra il monte Sagi e e il monte Harif nel deserto del Negev è fatto di soldati dediti, pazienti, guerrieri sempre in guardia contro trafficanti e i terroristi dell’ISIS. Israele li piange con le famiglie. [...]

Mediorientale

venerdì 26 maggio 2023 Generico 0 commenti

Cari amici,
 

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Se L'Espresso inneggia all'odio su Israele

venerdì 19 maggio 2023 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 19 maggio 2023

L’Espresso è un giornale antico, importante, ci abbiamo lavorato e lo amiamo, giornalisti e lettori. Certo,ci sono tanti argomenti spinosi su cui si le opinioni si scontrano. Ma non si può lasciare che infiocchettata di retorica a basso prezzo su quelle pagine venga rovesciata, datata su web 10 maggio, un inno all’odio di Israele.Esso, in quei termini, è puro antisemitismo secondo la definizione dell’IHRA,International Holocaust Remembrance Alliance, il documento elaborato nel 2015 da 34 stati,che ne indica come elemento fondamentale la delegittimazione e la criminalizzazione di Israele; l’IHRA è stata poi adottata nel 2017 dall’Unione Europea e poi da numerosi Paesi e istituzioni. L’articolo, del cui autore non farò il nome perché non possa pavoneggiarsi, è drappeggiato nella veste dei diritti umani: è quella purtroppo usata più sovente per coprire terroristi, dittatori, regimi, e anche narrazioni fasulle e ipocrite come quella qui prescelta. Per cui, davvero mi angoscia pensare che la religione del nostro tempo, possa essere fatta a pezzi da chiacchiere come quelle del pezzo. Una per una le menzogne del pezzo sono tante, un libro. [...]

Nato, guerra e migranti. La posta in palio globale nella partita di Ankara

domenica 14 maggio 2023 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 14 maggio 2023
 
Sono elezioni fatali quelle che coinvolgono 75 milioni di turchi oggi. Per loro e per il mondo. Ma può cambiare tutto e nulla se Erdogan come ripetono gli esperti, perderà le elezioni: perché la realtà non è solo nella cruda evidenza degli eventi, ma negli occhi e negli interessi di chi guarda. E così, se questo dittatore che fa di tutto per riportare il mondo al tempo dell’Impero Ottomano (per convinzione patriottica, per religione, per carattere sopraffattore, per grandi interessi) dovesse cadere oggi, forse gli Stati Uniti e l’Europa che l’hanno sostanziale nemico e, dall’altra parte, la Russia, l’Iran, le organizzazioni integraliste che lo hanno amico, cercheranno una strategia cauta, perché ormai la grande Turchia è legata da mille lacci. Intanto, tutto il mondo ripete che il suo antagonista Kemal Kilicdaroglu è un uomo grigio: proprio questo, però, forse libererà il mondo da un boss che si vede come il restauratore del sultanato. Le ragioni del rischio elettorale sono mille: l’ombra recente, immensa, dei 51mila morti del terremoto per la colpevole fragilità edilizia e i cattivi soccorsi; e negli anni lo stile di dittatore onnipotente. Nel 2010 e nel 2017 ha espanso il potere esecutivo della presidenza a spese del giudiziario e del parlamento; sempre di più, ha represso la stampa e ogni critica; l’inflazione ha creato un effetto che aveva già prodotto rivolte soffocate nella violenza (a Gezi Park nel 2013; poi la caccia ai “cospiratori” di Fetullah Gulen nel 2016). L’uomo ha creato una dura testuggine di potere anche all’estero. Le varianti sono il suo rapporto con la Nato, con l’Europa, con gli USA, con la Russia, con stati e organizzazioni terroriste come Hamas o la siriana Hayat Tehrir al Shams. [...]

Razzi su Gaza: uccisi tre capi della Jihad

mercoledì 10 maggio 2023 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 10 maggio 2023

 
Si chiama “Scudo e freccia” l’operazione intrapresa alle due della notte di domenica con tre eliminazioni mirate, contornate da una decina di morti e feriti, e proseguita nella giornata di ieri con altri due morti. Anche questi terroristi della Jihad Islamica, presi di mira nella loro auto mentre stavano per sparare un missili teleguidato. Tutti gli obiettivi sono membri dell’organizzazione che dopo la morte in carcere di un jihadista, Khaled Arnan, di sciopero della fame, ha lanciato il 2 maggio 104 missili sul sud di Israele. I due eliminati ieri tentavano una delle possibili vendette per la morte tre capi islamisti: Khalil al Bahtini, responsabile del lancio dei missili contro le cittadine israeliane; Tarek Izeldin, capo del terrore contro il West Bank; e Jihad Ghannam, capo del consiglio militare della Jihad. Fra i membri delle loro famiglie uccisi nell’attacco, anche purtroppo due bambini. Bahtini aveva nel suo curriculum l’organizzazione di innumerevoli attacchi suicidi, lanci di missili, bombe. Coordinava gli attacchi della fazione terrorista. Izerdin era il responsabile degli attacchi nell’West Bank, era lo stratega del terrore che usciva da Gaza. Condannato a vita, era stato rilasciato nello scambio per Gilad Shalit nel 2011. [...]

Delegittimare lo Stato ebraico è la folle moda culturale di oggi

martedì 9 maggio 2023 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 09 maggio 2023
 
È tempo di festa per l’aggressione verbale internazionale a Israele, per la disapprovazione, l’indice levato, e anche l’antisemitismo sempre in crescita. Lo scontro interno ha solleticato la vivace creatività di chi non può soffrire gli ebrei specie nella loro più importante espressione, lo Stato Ebraico. Di chi dice che ne critica le politiche, ma vorrebbe in realtà vederlo sparire dalla mappa. Adesso, si ritiene logico pensare che debba svanire: è a pezzi come un piatto rotto, dicono contenti i cronisti e i teorici dello scontro attuale. Guai a dirgli che sono antisemiti, anche se alla prova delle tre D non reggono: delegittimazione, demonizzazione, doppio standard. Adesso, è l’era della delegittimazione. L’ antisemitismo anti Stato Ebraico è ormai codificato anche dall’IHRA, comitato internazionale formato da 35 Stati che ha definito l’odierno sviluppo dell’odio più antico: la tipologia passata risiede nella famosa vignetta in cui Ariel Sharon mangia bambini addentandoli per la testa in stile Goya, mentre il sangue gli gocciola sul petto nudo. Questa vignetta è stata ripubblicata recentemente dal Guardian. È una forma di criminalizzazione: Israele è moralmente indegno di esistere. Torna a affacciarsi la giornalista della CNN Christiane Amanpour, molto antisraeliana, sempre: il 3 di maggio parlando della giornalista palestinese Shireen Abu Akleh ha affermato di nuovo che i soldati israeliani l’hanno ammazzata intenzionalmente dopo che l’inchiesta ha escluso questa ipotesi.
 
È un blood libel come quello di Mohammed al-Dura, il bambino (forse) ucciso nel 2000 in uno scontro a fuoco: la demonizzazione ne attribuì a Israele l’omicidio, e non era vero; ma suscitò la seconda Intifada, 2000 morti per terrorismo. Stavolta la tempesta dei media nasce dalla nota frattura politica dello Stato Ebraico sulla riforma giudiziaria. Scontro verticale fra destra e sinistra, uno dei tanti dal tempo dell’Altalena fino allo sgombero di Gaza, o alla sostituzione del governo nel 1977, o agli accordi di Oslo. Ma adesso le piazze, molto più che dalla riforma (se chiedi a un dimostrante sa solo che è minacciata la democrazia, ma prova a chiedergli perché) sono state mobilitate dalla vittoria della destra nel novembre 2022 e alla conseguente formazione di una coalizione guidata da Netanyahu, con la partecipazione di due partitini nazional religiosi guidati da Itamar Ben Gvir e Betzalel Smotrich, leader molto esibizionisti e vocali, ma di cui non si conosce nessuna tendenza fascista; la loro sola vista, il loro eloquio, le kippà sono insopportabili all’opinione pubblica laica di Tel Aviv che riflette la cultura laica e globalista. Ma non fino al punto di abbandonare il sionismo.  [...]

Mediorientale

venerdì 5 maggio 2023 Generico 0 commenti

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Mediorientale

venerdì 28 aprile 2023 Generico 0 commenti

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Il 75° compleanno dello Stato d’Israele

mercoledì 26 aprile 2023 Il Giornale 1 commento

Il Giornale, 26 aprile 2023

Oggi è la festa del 75esimo compleanno dello Stato d’Israele. I giorni in Israele si contano da tramonto a tramonto, le feste ebraiche hanno questa scansione: ma mai un intero paese ne aveva fatto una norma. Adesso, proprio come in Europa la domenica è festa e come lo sono il Natale e la Pasqua, feste religiose e nazionali insieme, così al mondo c’è un piccolo Paese, lo Stato Ebraico, che parla la lingua della Bibbia, e chiude scuole e uffici, dalla sera alla sera, lo Shabbat, Yom Kippur, Pesach… Un Paese di un popolo che per due millenni ha dovuto vivere in un angolo, spesso nascosto, e discriminato nei ruoli e nella società, chiedendo il piacere di essere accolto e mai ricevendolo davvero. Oggi questo popolo può difendersi mentre fino a 75 anni fa era inerme di fronte a roghi, pogrom, di fronte alla Shoah. La schiuma rabbiosa dell’ “odio più antico” come l’ha chiamata Robert Wistrich non è finita, ma attacca oggi con l’antisemitismo le solide mura di uno Stato. I suoi cittadini sono al quarto posto nella scala della felicità mondiale, le sue leggi li rendono tutti eguali, proprio in contrario di quello che è accaduto con le svariate, molte discriminazioni cui sono stati sottoposti fino alle leggi razziali. Questa è la novità che ha oggi 75 anni. Ma negli eventi che viviamo ci sono significati contingenti: da settimane i media sottolineano il duro scontro fra il governo e l’opposizione in piazza contro, la riforma giudiziaria, individuandovi, spesso con soddisfazione, una crisi profonda. I nemici di Israele, dall’Iran a Hamas, hanno anche letto nelle manifestazioni che hanno bloccato strade e attività, per altro pacificamente scortate dalla polizia di Stato, un segno di debolezza definitiva, persino la fine imminente dello Stato Ebraico. [...]
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