Fiamma Nirenstein Blog

La guerra antisemita contro l'Occidente

7 ottobre 2023 Israele brucia

Jewish Lives Matter

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein

Museo del popolo ebraico

Guerra su due fronti? Può diventare un rischio mondiale

lunedì 16 ottobre 2023 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 16 ottobre 2023

Israele combatte sempre più attivamente, ogni ora, una guerra per la sua sopravvivenza e anche per evitare una guerra mondiale; Hassan Nasrallah a Nord e Yehie Sinwar a sud sono le due punte di diamante del complesso e sofisticato progetto di distruzione dello Stato Ebraico previsto dall’Iran coi suoi proxy. In queste ore il protagonista libanese si affaccia sulla scena. Hezbollah ha sparato varie volte su Israele e Israele ha risposto. Ma per ora ci si studia a vicenda, rimandando una decisione definitiva. Il vertice del progetto siede a Teheran. Il portavoce di Khamenei ha detto ieri pomeriggio alla tv iraniana: “La mano della resistenza è sul grilletto, dall’Iraq allo Yemen... se la guerra comincia nel sud del Libano e sul Golan (ovvero sul fronte siriano ndr) l’esercito Israeliano sarà distrutto”. Su Gaza, l’Iran si era già pronunciata col pieno sostegno alle barbarie del sabato dell’orrore e sull’assicurazione di essere vicino a Hamas, ma senza rivendicare il suo ruolo. Adesso minaccia uno scontro generale. A Beirut il ministro degli esteri iraniano si incontrava con gli Hezbollah e i leader di Hamas, le loro forze sul campo, proprio nei giorni della mattanza di ebrei. [...]

Chi tiene per pace e civiltà oggi deve imparare

sabato 14 ottobre 2023 Il Giornale 2 commenti

Il Giornale, 14 ottobre 2023

Chi tiene per la pace e per la civiltà, oggi deve imparare: ci sarà solo guerra e morte per la popolazione innocente, in Israele e altrove, se non si ristabilisce una fortissima deterrenza, in tutto il mondo, nei confronti del terrorismo e delle sue carneficine. Se l’Occidente sarà debole, Hamas, la Jihad, gli Hezbollah, l’Iran, i loro sostenitori ripeteranno, estenderanno la guerra, punteranno alla vittoria. Il Medio Oriente riprenderà la via della pace solo se Hamas sarà spazzata via e i suoi alleati messi al bando. Il ministro degli esteri iraniano giovedì è andato a Beirut, a trovare gli Hezbollah, incerti se attaccare. Forse funziona la minaccia di Biden che gliel’ha esplicitamente sconsigliato. Le piazze Giordane e Egiziane sono inquiete, Erdogan di nuovo si esibisce da capo della Fratellanza Musulmana, Putin tace. Ma la sua tv intervista un leader di Hamas che sembra Göring, fiero delle repellenti azioni di pulizia etnica degli ebrei, senza replica. Questo fronte deve vedere Hamas in ginocchio, o l’attacco genocida che Israele ha fronteggiato da sola per prima, diventerà un ripetuto 11 di settembre per tutto il mondo giudaico cristiano.  Di fronte al coro umanitario che cresce via via che i riservisti israeliani e i soldati di leva prendono posizione sul confine pronti a rischiare la vita entrando, è bene sia chiaro che il mondo chiede a Israele di vincere. Non ci sono trattative possibili. Non c’è futuro, non c’è vita altrimenti, e questo lo capisce anche un bambino. Se ci fosse bisogno di una conferma, le sirene hanno seguitato a urlare a Tel Aviv, a Rehovot e a Sderot facendo anche ieri distruzioni e feriti. [...]

La verità contro la menzogna che dilaga

venerdì 13 ottobre 2023 Il Giornale 4 commenti

Il Giornale, 13 ottobre 2023

È l’ora di accorgersi che i palestinesi non sono vittime altro che di sé stessi. Se potranno continuare sulla loro strada, proseguiranno come al-Qaeda e Isis fino nel cuore dell’Occidente. È l’ora di cambiare: si svolge in queste ore una guerra fondamentale che deve battere il terrorismo. Esso può invadere il mondo se non viene fermato in Israele. Deve finire l’illusione pietistica che i palestinesi siano le vittime di Israele: è vero il contrario. Israele è l’aggredito, e con esso la democrazia e l’Occidente. Ogni offerta di pace è stata rifiutata. Occorre ristabilire la verità storica contro le bugie che inondano l’opinione pubblica. Il pensiero pietistico che rifiuta di conoscere la storia costruisce solo disastri. Chi descrive i palestinesi, specie quelli di Gaza come vittime esasperate dall’oppressione, nega la prima di tutte le verità storiche: Gaza vive sotto il tallone di Hamas indisturbata dal 2005, non è occupata, il livello di vita della sua popolazione, che si è moltiplicata fino a 2 milioni da poche centinaia di migliaia (quindi, è stupida l’accusa di genocidio!), è pari a quello medio alta del mondo arabo. La reclusione che lamenta è solo dovuta a motivi evidenti di sicurezza. La povertà, al cinismo e alla corruzione della sua leadership. Anche il West Bank è stato liberato dalla presenza ebraica negli anni 90, il 98 per cento della sua popolazione vive governata solo dall’Autorità palestinese, lo stato definitivo per l’istituzionalizzazione del governo di Abu Mazen attende un accordo che i palestinesi hanno sempre rifiutato. Così stabiliscono anche le risoluzioni dell’ONU: è falso che esista una “occupazione illegale”. Non c’era nessuno Stato nei territori che Israele dovette occupare con la Guerra del ‘67 e che erano illegalmente occupati dalla Giordania. Nessuno Stato palestinese, mai esistito. Gaza è una storia a parte, passata dalle mani degli egiziani a Israele suo malgrado. Ma nei secoli, dal 140 d.C. hanno lottato per vivervi tranquille le comunità ebraiche poi espulse nel 1919 dagli ottomani, e definitivamente eliminate dagli arabi negli Anni 20. Oggi lamenta di essere una prigione a cielo aperto: ma i movimenti limitati sono dovuti alle aggressioni terroristiche di cui inonda incessantemente Israele. Pure, Israele ha sempre lasciato che Gaza venisse rifornita, finanziata, curata. Le molte guerre di aggressione di Hamas sono state sottovalutate, e lo sgombero del 2005 è stato un errore, si dice. Ma adesso dopo le mostruosità, le mutilazioni, gli omicidi di massa, dopo il pazzesco numero di 1300 creature inermi uccise bestialmente, Israele deve riaffermare il diritto alla vita della popolazione, spaventata e stupefatta, che vive ai margini della Striscia.

L’accusa più corrente è quella di colpire per vendetta i civili di Gaza. Non è vero. Hamas disloca i suoi nidi di missili e i centri di comando in aeree densamente popolate, in moschee, ospedali, scuole. Ogni civile colpito è per Hamas uno strumento di propaganda. Israele cerca di contenere il numero di innocenti colpiti, usa gli avvertimenti preventivi col telefonino e volantini. Ma se non destruttura Hamas, con quelle armi, quegli uomini si produrranno continue ripetizioni del lancio di missili e delle atrocità vissute. Questo non è possibile, è un rischio esistenziale. Israele ha spesso fermato operazioni perché erano stati individuati bambini nell’area. Invece, Hamas vede nei bambini un punto debole con cui fiaccare il nemico: per esempio, tutta la famiglia Vogel fu trucidata dentro casa a coltellate nel 2011, compresi i neonati; nel 2001 due bambini che giocavano furono lapidati; solo due mesi fa due fratellini di 6 e 8 anni sono stati fucilati per la strada… stavolta tanti bambini sono tati rapiti. E Anche decapitati. Non c’è confronto nel cercare di annichilire la leadership che fa della sua popolazione lo scudo umano del terrore, e il sistematico sgozzamento di civili. Nel 2009 dopo una delle guerre di Gaza il giudice Goldstone compilò, incaricato dall’ONU, un’inchiesta sui crimini compiuti: preso dalla comprensibile pena verso i civili accusò Israele, per poi tornare sui suoi passi denunciando quanto Hamas approfitta dei suoi cittadini facendone scudi umani. Gaza non è una gabbia a cielo scoperto, in cui Israele tiene rinchiusa una popolazione affamata di due milioni di persone. È schiava solo dei dittatori di Hamas che la sacrificano ai scopi sanguinari. La base teorica dell’odio palestinese è generale: la espresse bene Abu Mazen quando ha detto che gli Ebrei non appartengono al Medio Oriente, ma sono colonizzatori europei, e che Hitler li ha perseguitati per la loro ignominia. Si chiama antisemitismo, delegittimazione. L’intera storia della presenza ebraica in Israele, a volte viene vista erroneamente come una presenza coloniale nella “Palestina” occupata: ma sono i palestinesi i recenti immigrati provenienti soprattutto dalla Siria e dall’Egitto.

La storia. Il popolo ebraico ha la sua origine, la sua terra e la incredibile cultura della Bibbia, poi donata a tutto il mondo, dal 1600 avanti Cristo. Gerusalemme è diventata capitale del regno di Israele nel 1000 a.C. Il Tempio di Gerusalemme, è stato distrutto prima dai babilonesi, poi dai Romani nel 70 d.C. Sulle sue rovine si costruì prima una basilica, poi la Moschea. Ma nonostante i tentativi di cancellarla, c’è una massiccia evidenza storica, letteraria, archeologica dei secoli in cui gli ebrei sono rimasti attaccati moralmente e fisicamente a Gerusalemme nonostante le dominazioni greche, romane, dei mamelucchi, degli ottomani, e poi degli inglesi che sostituirono i turchi con il mandato britannico stabilito dalla Lega delle Nazioni. È proprio la decolonizzazione dell’area che riconsegna agli ebrei la loro terra, mentre cresce il movimento sionista, con la dichiarazione Balfour del 1917 che disegna “una casa nazionale” molto maggiore del territorio che Israele riceverà dall’ONU del 1948, e poi gli accordi di San Remo, che nella legalità internazionale mandano avanti la creazione dello Stato ebraico. Il terrorismo arabo filonazista era già molto fiorente mentre nessuno stato palestinese è mai esistito. I leader arabi stessi includono quest’area nella Grande Siria e i palestinesi aumentarono di numero solo quando gli ebrei si misero al lavoro in una terra abbandonata e incolta. Più del 90 per cento di quelli che si dichiarano oggi palestinesi giunsero con le immigrazioni ebraiche. L’intenzione di Israele di condividere l’area con il mondo arabo è stata furiosamente rifiutata: ma la Giudea e la Samaria, il West bank, non sono mai state parte di nessuna “Palestina”, termine coniato dai Romani per cancellare la presenza ebraica. Esse erano illegalmente occupate dalla Giordania sin dal 1950, e nessuno ha mai protestato. Dal ‘67 sono l’epicentro di una rivendicazione che parla di un’illegalità inesistente. La loro conquista è dovuta a una risposta a un attacco da parte Giordana, e le risoluzioni dell’ONU non assumono affatto che esse siano lo Stato palestinese, ma asseriscono che la loro appartenenza è legata a una trattativa. La trattativa, sin dagli accordi di Oslo, si è sempre conclusa con un nettissimo rifiuto da parte palestinese: Arafat a Camp David nel 2000, cui seguì l’Intifada, e poi Abu Mazen a Annapolis nel 2007. Lo scopo era e resta quello dell’obliterazione di Israele, che Hamas ha trasferito nel campo religioso ideologico. “Due Stati per due popoli” è stato anche per Fatah, tuttavia, un cavallo di Troia, specie quando lo strumento del terrorismo nel 2000 diviene uno strumento di sterminio di massa: durante la seconda Intifada fra il 2000 e il 2003 quasi duemila ebrei furono uccisi sugli autobus, per strada. La politica dell’Autorità palestinese è quella di non condannare mai il terrorismo, anzi di fornire ai terroristi uno stipendio vitalizio ogni volta che vengano catturati da Israele, o alle loro famiglie se muoiono. Stavolta, la solidarietà e la gioia per la strage sono stati palesi in tutto il campo palestinese. Il Primo Ministro Ariel Sharon si immaginò un futuro di amicizia dando a Gaza aiuti, strutture agricole e industriali. In realtà, la Jihad Islamica e Hamas ne hanno fatto la punta di diamante di una strategia di attacco contro Israele e contro l’Occidente. Nella carta di Hamas è scritto: “Israele continuerà ad esistere finché l’Islam non la spazzerà via” e “Il tempo del Giudizio verrà quando mussulmani combatteranno gli ebrei e li uccideranno”.

La dedizione all’annichilimento degli ebrei è identica a quella nazista, come quella dell’Isis. Oggi, non c’è modo di immaginare un futuro avendo vicino Hamas che viola tutti i diritti umani, uccide omosessuali, donne, dissidenti, e ordina di uccidere gli ebrei. Ogni giorno i terroristi agiscono sul territorio israeliano nonostante Israele abbia sempre preso cura dei suoi malati, dei bambini (io li ho visitati in ospedale), persino della moglie di Ismail Haniyeh. Non c’ è mai stato accanimento nel gestire la Striscia, i soldi degli aiuti, l’acqua, il gas, le medicine, la benzina, sono state forniti in quantità. L’Egitto, controlla i valichi da cui ragionevolmente, poiché danno su un Paese Arabo, i gazawi devono cercare libertà di movimento. E Israele deve poter contare sul consenso del mondo quando cerca di cancellare il mostro che minaccia tutti noi.

 

Missili, sirene, corse ai rifugi. Israele celebra i suoi eroi e lotta per la sopravvivenza

giovedì 12 ottobre 2023 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 12 ottobre 2023

Da ieri Israele ha il suo nuovo governo di emergenza nazionale, creato per combattere e vincere questa guerra fatale contro il terrorismo. Ha la responsabilità terribile di riportare Israele a vivere, a essere se stessa e quindi di battere il nemico in nome di un popolo ferito in modo sostanziale e minaccioso per il futuro da un nemico terribile. Lo vota oggi la Knesset, ne sono al vertice Benjamin Netanyahu e Benny Gantz, che devono formare un ristretto gabinetto di guerra, insieme, se non ci saranno cambiamenti, con Gadi Eisenkot che entra insieme a Gantz, e con il ministro della difesa Gallant e Ron Dermer, oggi ministro degli affari strategici. Il capo dell’opposizione Yair Lapid per ora dice che, se restano nel governo i ministri di estrema destra, non vuole saperne. Ma non è detta l’ultima parola: la gente chiede qui di dimenticare la politica, il governo inventato nelle ultime ore ha uno scopo condiviso e ripetuto da tutto il popolo con determinazione: vincere per sopravvivere, stracciare Hamas. Mentre scriviamo, di nuovo tutta Israele è di nuovo nei rifugi; anche in Galilea Hezbollah bombarda: adesso si tratta di decidere come si deve muovere l’esercito per fronteggiare una situazione decisiva, se deve affrontare i meandri e le trappole di Gaza, se deve rispondere agli hezbollah o pazientare aspettando sviluppi, che cosa si deve fare a fronte di 200 scudi umani, bambini e vecchi in mano al nemico. E anche, come si deve affrontare il mondo che si dimenticherà rapidamente degli ebrei uccisi nei pogrom di questi giorni per recuperare subito l’ideologia che fa dei palestinesi una vittima dell’imperialismo. Ma Netanyahu l’ha detto chiaramente e il capo di Stato maggiore Aviv Kochavi ammettendo pubblicamente i suoi errori ha ripetuto: Israele non lascerà mai più che alcunché della struttura di Hamas, che ormai ha rivelato fino in fondo la sua natura, deve sopravvivere a questo, non i suoi uomini, non le sue armi. È un compito molto difficile, in queste ore si decide come condurre la guerra, sembra sempre più vicino quel costoso ingresso di terra che per le truppe dei giovani può costare un prezzo altissimo. [...]

Oltre l'estrema crudeltà umana. Ora sia guerra ai nuovi nazisti

mercoledì 11 ottobre 2023 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 11 ottobre 2023

Pensavamo di aver visto l’estremo dell’umana crudeltà, al tempo dell’Isis, con le decapitazioni di Abu Bakr al-Baghdadi: i disperati in ginocchio di fronte al boia col cappuccio che taglia la testa con un coltellino, le file di cristiani in ginocchio sulla spiaggia decapitati uno dopo l’altro, (ne ricordo 28 in fila), Daniel Pearl il giornalista che prima della decapitazione ne denuncia la semplice ragione dicendo “io sono ebreo”. Sì, pensavamo di aver visto tutto. Non è così: Hamas dopo l’assalto, la strage di civili, gli assedi finiti in eliminazione di famiglie e rapimenti di vecchi e bambini, dopo l’eccidio dei ragazzi che ballavano a una festa… adesso ci costringe a scoprire uno scenario che nessuno nel mondo odierno poteva immaginare. Nelle rovine di Kfar Aza, il kibbutz dove vivevano giovani coppie di studenti lavoratori che coi loro bambini sono stati sterminati o rapiti, si è visto l’impensabile. Non si era vista in nessuna parte del mondo moderno, mai, la decapitazione di neonati, di bambini: adesso, c’è toccato vederne i corpi privati del loro capino, fra quelli di altri decapitati, ragazzi. Ci sono parole? Sì, ce ne sono, sono quelle che stabiliscono una volta per tutte che qui è in corso una battaglia che deve essere senza tregua con chi compie un gesto che chiamare bestiale farebbe torto agli animali. Questi terroristi sono una setta religiosa parte dell’Islam, è una cultura, una storia di cui già al-Qaeda ha dato rappresentazione prima dell’11 di settembre con le decapitazioni di Nicolas Berg, di Jack Hensley, di altri ancora. [...]

IL FOGLIO L'appello di Fiamma Nirenstein: "Israele siete anche voi. State difendendo voi stessi"

mercoledì 11 ottobre 2023 Generico 1 commento
Ieri il Foglio ha organizzato una fiaccolata in sostegno di Israele, a Roma, che ha raccolto un'ampia adesione da parte della politica e del governo italiano, ma anche della società civile che ha riempito lo spazio antistante l'Arco di Tito, a Roma 
 
"Condividete la priorità della democrazia. Restate al nostro fianco affrontando il dolore di essere in guerra", dice l'autrice italo-israeliana che racconta l'orrore che si sta consumando in medio oriente: "Hamas ha dimostrato di essere quello che è, una banda di tagliatori di teste"
 
Clicca qui per vedere il video

È il momento di battere Hamas definitivamente

martedì 10 ottobre 2023 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 10 ottobre 2023

Stamani alle 11,30 a Tel Aviv, al ministero della Difesa, se non ci sono imprevisti verrà annunciato che Israele si rimbocca le maniche, forma un governo di coalizione con un gabinetto di guerra cui tutti partiti, salvo sorprese, parteciperanno. Netanyahu l’ha annunciato ieri sera con un drammatico comunicato denunciando non solo l’eccezionale gravità di quello che Israele ha attraversato con l’aggressione terroristica di Hamas, ma disegnando un vasto scenario di guerra in cui l’organizzazione terrorista deve essere obliterata, e “ricorderà quel che ha fatto per molti anni”; ma ha accennato anche al riscaldamento del fronte con gli Hezbollah, e anche al fatto che gli Stati Uniti agiscono in queste ore con solidarietà armata verso Israele. È il segnale che questa che si sta combattendo, è una battaglia per la sopravvivenza: non solo di Israele, ma di tutto il mondo civile come lo conosciamo. Se Israele, tentenna, teme, perde il suo significato è la sconfitta definitiva per tutti nelle mani del nemico della democrazia, dell’Occidente.  Israele affronta da 75 anni il suo difficile destino per garantire che nessuno possa mai più sognarsi di fare degli ebrei un popolo minacciato di morte; rappresenta la vittoria del mondo civile sul nazismo dopo la Shoah. Israele vive, per far sì che il popolo ebraico possa dopo secoli di oppressione usare la sua creatività, sviluppare scienza e cultura in pace, vivere. Non essere perseguitati, ammazzati. Tutto ciò è scosso alle fondamenta in queste ore: è la prima volta, dai tempi della Shoah, che in un solo giorno il popolo ebraico vede l’attacco, il pogrom, la deportazione, l’uccisione selvaggia, la mutilazione di tanti cittadini uno ad uno, solo perché ebrei. Ballavano, dormivano, mangiavano, guidavano: sono diventati oggetto di una caccia ad personam a casa loro, proprio come ai tempi delle persecuzioni nazifasciste. Le guerre sono state terribili: a volte come con la Guerra del Kippur, con migliaia di vittime; ma si trattava di eserciti, che si combattevano. Anche alla sua fondazione Israele ebbe alcuni giorni di sconfitta: nel 1948 nel Gush Etzion, gli ebrei subirono una strage di 250 persone.[...]

Basta con l'utopia pacifista e con i soldi a Gaza

lunedì 9 ottobre 2023 Il Giornale 1 commento

Il Giornale, 09 ottobre 2023

 

Non è vero che quello che è accaduto sabato in Israele è nuovo: la storia della Stato Ebraico è piena di eventi spaventosi che vengono rimossi, vilificati, ignorati da chi invece dovrebbe tenerne conto. La cultura della pace e del progresso, dell’apertura e della mano tesa non funziona, e questo insegnamento è una luce rossa per il mondo occidentale, pacifista da una parte, spaventato dall’altra, spesso inutilmente opportunista. Già in pieno processo di pace a lato del rifiuto di Arafat alle proposte di Ehud Barak e di Clinton che gli consentiva nel 2000 uno Stato palestinese oltre ogni programma prima definito, oltre gli accordi di Oslo, si aprirono le cascate di sangue della seconda Intifada. Negli autobus, i ristoranti, i posti pubblici i terroristi suicidi fecero strage di migliaia di ebrei, per ordine dell’OLP e di Hamas. Più avanti, dopo lo sgombero che lasciò Gaza completamente libera, Hamas si dedicò soltanto a costruire l’arsenale e l’ideologia che le ha consentito di aggredire Israele tante volte, con tanti missili, tanti attacchi terroristici fiancheggiati per altro da Abu Mazen con aiuti economici giganteschi, continui. Il mondo applaudiva alla reazione per un giorno o due, poi ricominciava a suggerire con insistenza petulante come si doveva comprare Israele: lasciare fiorire Hamas e l’OLP; lasciar fiorire il terrorismo. [...]

Nel giorno più nero la sveglia sotto i razzi, le sirene senza sosta e le corse nei rifugi. Omicidi e sequestri dei terroristi di Hamas

domenica 8 ottobre 2023 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 08 ottobre 2023
 
Oltre ogni possibile immaginazione, Israele è ferita come non mai mentre Hamas festeggia la morte di centinaia di ebrei, e migliaia di feriti. È stato un disastro, le difese del mitico esercito di Israele sono crollate, non hanno funzionato. I missili hanno colpito e i terroristi hanno insanguinato oltre la misura su quasi tutto il territorio nazionale. Tel Aviv e Gerusalemme è finita nei rifugi. Il sud si è coperto di morti e feriti. E’ stato il giorno della sorpresa, dello stupore anche se adesso nell’inizio della nuova impresa “Spade d’acciaio” combatte duramente per non subire mai più un simile sfregio. Ci sono stati eroi, la gente ha combattuto contro un furioso assalto di sorpresa, programmato per mesi, chissà con quanto aiuto, soldi, uomini dell’Iran e dei suoi amici. Ma anche se in queste ore Israele, come ha detto Netanyahu è in un’autentica guerra di difesa che “ferma l’attacco, punisce i responsabili, dissuade chi ambisce a unirsi a Hamas”, brucia, brucia oltre la misura. 
 

Sono corsa una decina di volte nel rifugio al suono della sirena con parte della mia famiglia. Siedi nella semioscurità e senti le esplosioni, più forti, più piano, poi si spengono e puoi uscire. Puoi di nuovo. Pensavo nella stanzetta polverosa a una neonata a Kfar Aza, nel nord…ha pianto otto ore da sola, in mano alla guerra, finchè qualcuno l’ha trovata nella polvere di una casa vandalizzata. I suoi adesso forse sono ostaggi, oppure ammazzati, o anche impazziti di paura quando dalla Striscia sono arrivati su un camion nel loro villaggio un centinaio di terroristi urlanti, con i kalashnikov imbracciati, una torma selvaggia, con l’ordine di Ismail Hanye dal Qatar e di Yehie Sinwar e di Muhammad Deif da Gaza di “uccidere quanti più ebrei possibile” e di rapire, terrorizzare, picchiare. Quella bambina ignara e disperata è per me il simbolo di una giornata simile forse soltanto a quell’Yom Kippur di un anno e giorno 50 anni fa, nel 1973, quando mentre la gente d’Israele andava al tempio, fu aggredita inaspettatamente da tutte le parti, per poi vincere miracolosamente Egitto e Siria, ma prima perse migliaia di ragazzi. Le sirene furono l’inizio di un incubo inconcepibile. Di certo Hamas e la Jihad Islamica si sono ripassati parecchie volte quella vicenda. [...]

Da Mahsa fino ad Armita. La generazione delle eroine e il sacrificio per la libertà

sabato 7 ottobre 2023 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 07 ottobre 2023

Dunque, speriamo che serva: è una scelta saggia e doverosa quella del Premio Nobel assegnato a Narges Mohammadi. Speriamo dia energia al movimento più sacrosanto, quello per la liberazione delle donne iraniane dalla delittuosa stretta del regime. Dal settembre del 2022, dopo l’uccisione di Mahsa Amini, l’intero grande popolo dell’Iran ha resistito nelle piazze con coraggio immenso, e seguita, disperato, pagando prezzi che mostrano quanto è terribile la repressione e dall’altra parte quanto la gente sia aliena agli Ayatollah.  Ieri con la sua quieta camicetta rosa, la presidente del premio più prestigioso e paludato del mondo, che ha saputo riconoscere con mitico, pregevole aplomb tante menti geniali e ha anche imboccato invece tante strade dannose o inutili  nel campo della cultura e della politica a causa della sua intrinseca natura mediana e conforme (il premio a Dario Fo, assai partigiano, o a Arafat, alla fine dannoso, o a Obama, prematuro) ha premiato invece un’eroina la cui sorte dovrebbe indurre a un risveglio dell’Occidente, Europa e USA insieme. Uno squillo di tromba. Qui c’è una gran donna condannata 5 volte, arrestata 13 e, quel che fa ancora più impressione, condannata a 154 frustrate. C’è da non crederci. Frustare una donna, seviziarla, tenerla rinchiusa per come si veste. Eppure lo scandalo è congenito, è nell’essere libera e essere donna insieme: non si può. Lo dicono anche le norme in vigore dal 1979 e riconfermate con più forza dopo le elezioni del 2021 e con il rilancio delle belve selvagge che si chiamano “squadre del buoncostume”. Il portavoce della polizia Saeed Montazeri Almahdi ne annunciò il ritorno in forza dopo la finta di un breve ritiro: di nuovo per le strade vanno in caccia adesso con mezzi anche molto sofisticati di misurazione facciale delle reprobe con una ciocca al vento. E quando le prendono, vengono processate, picchiate, ammazzate, e peggio vengono chiamate “virus” “malattia sociale” “depravate sessuali”. [...]

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