Da Mahsa fino ad Armita. La generazione delle eroine e il sacrificio per la libertà
Il Giornale, 07 ottobre 2023
Dunque, speriamo che serva: è una scelta saggia e doverosa quella del Premio Nobel assegnato a Narges Mohammadi. Speriamo dia energia al movimento più sacrosanto, quello per la liberazione delle donne iraniane dalla delittuosa stretta del regime. Dal settembre del 2022, dopo l’uccisione di Mahsa Amini, l’intero grande popolo dell’Iran ha resistito nelle piazze con coraggio immenso, e seguita, disperato, pagando prezzi che mostrano quanto è terribile la repressione e dall’altra parte quanto la gente sia aliena agli Ayatollah. Ieri con la sua quieta camicetta rosa, la presidente del premio più prestigioso e paludato del mondo, che ha saputo riconoscere con mitico, pregevole aplomb tante menti geniali e ha anche imboccato invece tante strade dannose o inutili nel campo della cultura e della politica a causa della sua intrinseca natura mediana e conforme (il premio a Dario Fo, assai partigiano, o a Arafat, alla fine dannoso, o a Obama, prematuro) ha premiato invece un’eroina la cui sorte dovrebbe indurre a un risveglio dell’Occidente, Europa e USA insieme. Uno squillo di tromba. Qui c’è una gran donna condannata 5 volte, arrestata 13 e, quel che fa ancora più impressione, condannata a 154 frustrate. C’è da non crederci. Frustare una donna, seviziarla, tenerla rinchiusa per come si veste. Eppure lo scandalo è congenito, è nell’essere libera e essere donna insieme: non si può. Lo dicono anche le norme in vigore dal 1979 e riconfermate con più forza dopo le elezioni del 2021 e con il rilancio delle belve selvagge che si chiamano “squadre del buoncostume”. Il portavoce della polizia Saeed Montazeri Almahdi ne annunciò il ritorno in forza dopo la finta di un breve ritiro: di nuovo per le strade vanno in caccia adesso con mezzi anche molto sofisticati di misurazione facciale delle reprobe con una ciocca al vento. E quando le prendono, vengono processate, picchiate, ammazzate, e peggio vengono chiamate “virus” “malattia sociale” “depravate sessuali”. [...]
Il discorso di Netanyahu all’Onu tutto nel campo della pace
Il Giornale, 23 settembre 2023
E’ tornato il primo ministro di sempre, suscitando piacere o rabbia, amore o odio: stavolta, è il grande tempo della pace per Benjamin Netanyahu. Dal podio delle Nazioni Unite il premier dello Stato Ebraico ha rappresentato con toni alti la nuova strada di Israele, quella che può portare al mondo il triangolo magico USA, Arabia Saudita,Israele. Nei giorni scorsi il discorso sul tema si è sdipanato in incontri segreti, poi nell’incontro con Joe Biden il tema è divenuto una speranza alta nell’agenda internazionale; infine il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman ha guardato negli occhi il mondo: “ogni giorno si compie un nuovo progresso” ha detto con voluto candore. Bibi nel 2012 portò il disegno di una bomba e un pennarello durante il discorso all’ONU: lo usò fu per segnare la linea rossa che divideva, sulla bomba stessa, l’arricchimento di uranio consentito e quello che invece metteva in mano al criminale regime degli ayatollah l’atomica. Stavolta, anche se la minaccia iraniana e la promessa di distruggere l’atomica sono stati temi importanti, il pennarello rosso è servito, dopo aver mostrato il vecchio e il “Nuovo Medio Oriente” con il piccolo Stato d’Israele al centro, a disegnare una linea di speranza diritta giù per tutto il Medio Oriente, in Asia e in Africa, un piano che unisce a partire proprio da Israele in un sogno di stabilità, di benessere, di amicizia, spingendosi nel Mediterraneo verso l’Europa, tre continenti che con strutture di viaggio, rifornimento, scambio, finalmente potranno insieme battere le forze oscure contro la democrazia, l’indipendenza e l’umanità. Detto da Netanyahu è molto più di un sogno: è un piano di lavoro in fieri, cui ormai Biden, che ambisce al suo posto nella storia, sembra attratto. [...]
Addio a Giorgio Napolitano
Addio a Giorgio Napolitano, un uomo molto colto, simpatico, intelligente, che infatti ha cercato di mondarsi dal peccato originale del comunismo.
Un uomo che conoscevo da tanti anni, tra i primi uomini di Stato a dichiarare pubblicamente che l'antisemitismo contemporaneo si accanisce soprattutto contro lo Stato d'Israele.
Fiamma Nirenstein
Quell'asse tra Israele e Arabia Saudita fondato sull'energia atomica
Il Giornale, 22 settembre 2023
MbS, Mohammed bin Salman, l’erede del regno dell’Arabia Saudita, è un misterioso principe, appartiene alla cultura islamica ma guarda quella occidentale negli occhi, un giovane un po' crudele e un po' carico di doni. A New York, durante l’Assemblea Generale dell’ONU, ha però mostrato tutte le sue carte durante un’intervista tv, ha riparlato della vicenda del giornalista Kashoggi ammettendone la tragicità e promettendo rinnovamento e giustizia “perché la sicurezza di ciascuno sia garantita”. Ma soprattutto si è avventurato nel progetto pratico, rivoluzionario, di un nuovo Medio Oriente e persino di un mondo diverso. Salman ha disegnato il prossimo riconoscimento di Israele, e di fatto un’alleanza strutturale fra il mondo arabo e l’Occidente come non è mai esistita prima, un accordo solido di chi cerca la stabilità senza invasioni o scontri fanatici: saettando il suo sguardo scuro dalla rete di Fox News e spostando nello studio il centro decisionale delle Nazioni Unite, all’intervistatore Bret Baier in breve ha annunciato che procede l’accordo triangolare con gli Stati Uniti e lo Stato Ebraico. E ha fatto capire che siamo vicini: “Non lo abbiamo mai sospeso” e “va avanti di giorno in giorno”. Netanyahu? “Lavoriamo con ogni governo”, e anche “è il maggiore accordo concluso dalla fine della Seconda Guerra Mondiale”. Perché? Perché se va in porto, le grandi autocrazie come la Russia e Cina insieme all’Iran e ai loro “proxy” come gli Hezbollah, Hamas, i gruppi terroristici e criminali che in Africa e in America Latina li sostengono, avranno a che fare con una fascia, se le cose vanno avanti dal nucleo di Salman, formata da culture miste, quella occidentale e quella del mondo sunnita, più l’India, il Giappone, il Vietnam del Sud. E come star, Israele e gli USA con le loro capacità tecnologiche e militari. È il disegno che Biden ha portato a New York e nei suoi incontri, specie in quello con Netanyahu. [...]
L'Unesco regala Gerico ai palestinesi. Per punire Israele smentita la Bibbia
Il Giornale, 19 settembre 2023
Anche chi di Bibbia ne sa poco, non ignora che «Giosuè ha combattuto la battaglia di Gerico». Il profeta guerriero incaricato da Mosè di portare gli ebrei a Canaan nella terra che sarà Israele fece cadere le potenti mura al suono dello Shofar, il solenne corno che anche in questi giorni si suona per il capodanno ebraico. Gerico fu la prima città che gli ebrei videro quando si accamparono nella piana di Moab di là dal Giordano. È la prima della 57 volte in cui è citata nella Bibbia. Certo, siamo in tempi di revisione woke della storia, della religione, dei ruoli, ma ci vorrebbe po’ di pudore da parte dell’Unesco quando cancella la Bibbia. Ma ormai da decenni non si occupa d’altro che di cercare di delegittimare la storia degli ebrei e di consegnarla ai palestinesi. Così ha fatto domenica dichiarando la parte archeologica più importante di Gerico «Patrimonio Mondiale di Palestina», ovvero di uno Stato che non esiste. Peggio, che nelle sue incarnazioni presenti si disegna con le parole di Abu Mazen, che nega con un’uscita antisemita sanzionata in tutto il mondo il rapporto fra popolo ebraico e Israele e che giustifica lo sterminio di Hitler; e con il raddoppio dei salari pagati ai terroristi in galera. [...]
In memoria di Mahsa, lotta al regime iraniano su tutti i fronti
Il Giornale, 17 settembre 2023
"Il grande ricatto" il libro di Costantino Pistilli
Tanti complimenti a Costantino Pistilli per il suo nuovo libro Il grande ricatto (Paesi Edizioni), un libro che getta una luce diversa sugli eventi cui assistiamo con ansia ogni giorno.
Fiamma Nirenstein
Da Abu Mazen elogio di Hitler. Antisemita l'eroe della sinistra
Il Giornale, 08 settembre 2023
Di nuovo Abu Mazen, allievo e successore di Arafat da 2005 e da allora saldamente assiso alla presidenza di un’Autorità Palestinese che ha saputo condurre solo al protagonismo del terrorismo internazionale alleato con l’Iran, ha riaffermato la sua strada: quella di odio e disprezzo per gli ebrei, in cui l’antisemitismo del passato, quello razzista, e quello presente, antisraeliano, si danno la mano. Non è certo la prima volta, la sua storia è punteggiata di dichiarazioni antisemite che servono a creargli consenso, ma è anche la strada politica della sua lunga guerra di rifiuto di colloquio e di assassinio di innocenti, di uso cinico dei suoi propri giovani, di destrutturazione di ogni speranza di pace... e quindi dovrebbe interessare la politica. Invece, non lo fa. Parlando al Consiglio rivoluzionario di Fatah, il suo partito, Abbas ha ripassato le sue teorie che già dal 1982, quando fece la sua tesi all’Università di Mosca intitolata “I rapporti segreti fra nazismo e sionismo” lo ispirano: Hitler, che lui cita molto volentieri, non uccise gli ebrei Ashkenaziti europei per antisemitismo, dal momento che essi, dice fingendo di ignorare la storia, non sono affatto semiti. Hitler odiava gli ebrei, e li combatté, spiega, con il resto degli Europei (un’alleanza che certifica la bontà della Shoah) per il loro ruolo sociale (leggi: i loro quattrini, il loro potere, non fa nulla se la grande maggioranza gli ebrei dell’Europa orientale appartenevano alle classi più umili); e, oltre a Hitler, sull’ebreo ricco e gretto chiama in causa Marx, anche lui un bel curriculum antisemita. Abbas spiega che Hitler ha detto parole di veritas: “Tutti sanno che durante la Prima guerra mondiale da (umile) sergente disse di aver combattuto gli ebrei perché avevano a che fare con l’usura e il denaro”: e ripete, che sia ben chiaro a tutti, non erano semiti. [...]
I conservatori e la battaglia per costruire
Il Giornale, 07 settembre 2023
Non sono certo una filosofa, ma è ormai da molto tempo che penso che lo scontro verticale fra destra e sinistra cui si assiste in tutto il mondo, in Italia come nel resto d’Europa, negli Stati Uniti, in Israele meriti che un impegno rinnovato di pensiero su cosa significa oggi essere conservatori e che cosa progressisti. Ha scritto un articolo molto bello sull’argomento Galli della Loggia sul Corriere della Sera nei giorni scorsi, mettendo l’accento specie sull’errore progressista di ignorare l’importanza della “natura” intesa come struttura delle relazioni e della storia dell’uomo da recuperare contro la destrutturazione progressista. Da parte mia, una giustificazione: scrivo di questo contrasto trovandomi a Gerusalemme, perché esso è assolutamente identico in tutto l’Occidente democratico. Stessa richiesta drammatica di “democrazia” in un contesto democratico, stessa identificazione di pericoli “fascisti” ovunque, stesse accuse di razzismo, di sessismo, di sfruttamento, di rendere la vita impossibile alle minoranze, ai malati, ai poveri agli immigrati. [...]
A trent'anni dalla "pace" di Oslo Israele deve lottare per esistere
Il Giornale, 03 settembre 2023