Il 75° compleanno dello Stato d’Israele
Il Giornale, 26 aprile 2023
La loro consueta attività omicida ha cercato di imprimere sulla festa dell’Indipendenza un segno di sangue con l’attacco di Gerusalemme di lunedì. Ma la realtà ha un nocciolo storico duro, una stella splendente per chi la sa guardare: da 75 anni il popolo ebraico ha, dopo aver invano sognato Gerusalemme per due millenni, la sua casa. È una casa bellissima e confortevole dal deserto del Negev al Lago di Tiberiade, orlata di una costa mediterranea dove un formicolare di milioni di persone lavora e si diverte, un Paese in cui oltre all’ebraico e all’arabo risuonano mille lingue dai cento colori, dove si sviluppano la migliore tecnologia, la medicina più avanzata, la più richiesta tecnica agricola e delle acque, l’esercito è compatto e tecnologico, e ogni famiglia ha abbastanza fiducia da mettere al mondo una media di tre bambini. È la prima casa del popolo ebraico: è riuscito a ricostruirla offrendo la pace come deve fare ogni democrazia. Peccato che abbia ricevuto tanti “no”. Oggi, è vero, il popolo ebraico litiga furiosamente, e la sostanza è drammatica, mai si è risolto il dilemma fra “popolo” e “religione”: i grandi saggi ne discutono da secoli. Molto semplificato, la parte laica vorrebbe uno stato “democratico”; quello di destra, tenderebbe a uno stato con tratti religiosi e impositivi. Ma è un ritratto non fedele.
Netanyahu, che è il Primo Ministro, è laico e liberale, ed è tuttavia lui stesso l’oggetto della maggiore contestazione, da una sinistra esasperata dal successo elettorale della destra. La parte religiosa tuttavia non può far sua un’Israele che ha alle spalle decenni ormai di costruzione di un Paese molto liberale, in cui ogni opinione e tendenza politica e sessuale convivono sono onorate. È vera d’altra parte l’antica disputa fra la visione religiosa e quella laica: Israele può vivere solo nel compromesso. La sinistra dovrà fare lo sforzo di accettare i valorosi ebrei che nei secoli, morendo di fame e di persecuzioni, fino nei campi di concentramento, conservarono da eroi la tradizione:il popolo ebraico non esisterebbe, le pagine della Torah sarebbero carta straccia senza di loro. D’altra parte, senza l’eroica forza d’animo dei combattenti socialisti che con Ben Gurion, dai kibbutz e dalle file della sinistra hanno combattuto, zappato la terra, sofferto la fame e dato la vita nella costruzione del Paese e nelle guerre d’Israele, senza la loro ispirazione umanitaria, non ci sarebbe questo Stato ancora ragazzo a 75 anni. Di questo popolo dovrebbe andar fiero tutto il mondo. Le grandi civiltà e le grandi culture sono cadute nei secoli, la civiltà ebraica è rinata in nome dei valori dell’Occidente.
Leggere la storia di un popolo come Israele mi arricchisce sempre più....viviamo in un mondo dove prevale l'ignoranza e l'invidia per questo Israele viene sempre attaccato....Un popolo che si è fatto da solo e che ogni giorno cresce a dismisura e tutto ciò fa invidia