I tunnel e la guerra asimmetrica. Gerusalemme ha bisogno di più tempo
Il Giornale, 09 dicembre 2023
Israele non ha intenzione di tagliare corto la guerra lasciando in vita Hamas. Sinwar conta sulla crescita della tensione internazionale contro Israele, ben esemplificata dal comportamento dell’ONU, ma non è detto che funzioni. Gli USA, migliori amici di Israele, ne hanno anche sempre ricevuto dei severi “no” ogni volta che cercando l’appeasement col mondo arabo hanno cercato di fermarlo. Ma fra Reagan and Begin, fra Rabin e Gerald Ford, fra Shamir e Bush, fra Golda e Nixon, fra Obama e Bibi, le differenze di opinioni hanno spesso portato a fratture, poi tuttavia ricomposte.
Per ora gli USA identificano il loro interesse con quello di Israele, ma chiedono di accelerare la conclusione e di ammorbidire l’attacco in modo da risparmiare la popolazione civile. Ma la richiesta non tiene contro del livello a cui Hamas ha portato la guerra asimmetrica, con l’uso di tutte le strutture civili nessuna esclusa. Una tregua è proibitiva a meno di qualche straordinaria novità sui rapiti, come uno scambio drammatico, che per ora Hamas però non mette sul tappeto. Ieri invece Hamas ha sparato una gran raffica di missili fino a Tel Aviv, e ancora Sinwar non esce con le mani alzate. I suoi uomini però si sono arresi a centinaia, la sua casa è stata distrutta a Khan Yunis. Nella battaglia ogni casa, scuola, moschea si dimostrano alla cattura un deposito d’armi. Non c’è edificio nel centro aristocratico e nelle strade popolari di Khan Yunis in cui gli appartamenti non si siano mostrati nella natura di copertura della guerra maniacale e feroce di Hamas. La guerra è galleria a galleria; ieri un altro rapito, Eitan Levy, è stato dichiarato caduto dentro Gaza, mentre si seguitano a perdere militari che combattono sul quel terreno impossibile pieno di volenterosi aiutanti di Hamas, come il direttore dell’ospedale Shifa, arrestato, e un professore di scuola dell’UNRWA che era il custode di uno dei bambini rapiti. E’ difficile razionalizzare, se non per motivi di opportunismo, che il mondo voglia tagliare corto con la conseguenza di mantenere in vita un’organizzazione pericolosa per il mondo intero.
Gli Stati Uniti di Biden nonostante si oppongano alle richieste internazionale di una tregua, vellicano l’elettorato e l’opinione pacifista internazionale con esclamazioni che però non contengono una dead line. L’ha confermato Jon Finer, membro del Consiglio di Sicurezza del Governo al foro dell’Aspen a Washington: “Francamente -ha detto- se la guerra si fermasse oggi, Hamas seguiterebbe a essere una minaccia, e questa è la ragione per cui non chiediamo di forzare un cessate il fuoco”. Per contenere l’opinione pubblica, gli USA chiedono e ottengono da Israele di fornire più “aiuti umanitari”, anche se la benzina, ad esempio, certo finisce nelle mani di Hamas. Inoltre Biden chiede in cambio del sostegno una promessa ad associare l’Autonomia Palestinese di Abu Mazen al futuro di Gaza. E’ difficile accettare questa prospettiva mentre l’AP tiene per Hamas all’80 per cento e seguita a pagare gli stipendi in carcere ai terroristi. Netanyahu non ha tuttavia disegnato nessuna prospettiva per il futuro di Gaza, sembra ancora troppo preso dalla difficoltà della battaglia, aumentata dalla questione degli ostaggi e anche delle decine di migliaia di sfollati.
Israele sa di non potere concludere le operazioni belliche altro che con la sconfitta di Hamas, che ogni altra decisione sarebbe una condanna a morte, e che per farlo combatte una guerra fra le più difficili. Vedere piangere Gadi Eizenkot, membro del Gabinetto, ex Capo di Stato Maggiore amato da tutta Israele, mentre seppelliva suo figlio Gal e gli prometteva di combattere fino in fondo questa guerra giusta per essere degno di lui, ha segnato ancora una volta la difficoltà psicologica e anche strategica in cui si svolge questa guerra: nessuno è più solo di chi seppellisce un figlio, e ormai Israele ne ha seppelliti quasi cento in queste battaglie. Gal è caduto nel modo più temuto e più classico: un attacco con spari e esplosioni da una galleria. Una delle mille primitive selvagge gallerie che come una rete di odio connettono tutti i punti di Gaza. L’esercito avanza dentro le basi dove si nascondono i terroristi, verso la caverna dove è rintanato Sinwar, cercando le grotte in cui sono rinchiusi gli ostaggi. Un mezzo veloce per farlo, non è stato scoperto checchè ne dica il mondo.