La guerra antisemita contro l'Occidente
7 ottobre 2023 Israele brucia
Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein
Il Giornale, 26 luglio 2023
No, Israele non si è svegliata nella dittatura dopo che lunedì è stata votata quella parte della riforma che toglie alla Corte Suprema il criterio della “ragionevolezza” come metro per cancellare una legge, criterio che non esiste in nessuna parte del mondo. Si può sostenere che ben poco è cambiato nel potere della Corte di cancellare le leggi che non le appaiano legittime: ne ha diritto per mille altri motivi. Netanyahu cerca di ristabilire un dialogo: ha rimandato a novembre, con la possibilità di posporre ulteriormente la messa in atto della legge e il proseguo della discussione. Lapid gli dà di bugiardo perché è il “burattino degli estremisti e dei messianici”, anche è difficile immaginare che Netanyahu sia un burattino. Ma l’attacco è verticale. Prova della forza attuale della Corte Suprema, è tornata in emergenza da una visita in Germania la Presidente della Corte Suprema Esther Hayut (da sempre in odore di forte antipatia per il governo) per valutare se cancellare la legge appena votata, come richiede al Bagaz (la Corte), l’organizzazione “for the rule of law” dichiarandola “incostituzionale perché cambia la struttura fondamentale della democrazia parlamentare”. [...]
Il Giornale, 25 luglio 2023
Dittatura, fascismo, vergogna, insopportabile egoismo politico, rischio per la vita stessa dello Stato d’Israele. E questo è per Netanyahu da parte dell’opposizione. E dall’altra parte: estremismo irresponsabile, incitamento, anarchia, distruzione dei servizi indispensabili, rifiuto a servire mentre Israele è assediata. Ancora, dopo sette mesi di scontro micidiale, queste sono le accuse nel giorno in cui, ieri, 64 voti a zero (l’opposizione si è dileguata in segno di disprezzo) è stato votato alla Knesset un capitolo della legge che la giustizia: quello sulla “ragionevolezza”. Fino ad ora la Corte Suprema poteva cancellare qualsiasi legge, in assenza del parametro della Costituzione, che non esiste, purchè le apparisse “irragionevole”. L’evidente arbitrarietà di questo criterio, per altro vigente solo dagli anni ’90, è stata sollevata da ogni parte politica: avevano chiesto e disegnato una riforma Yair Lapid, Benny Gantz, Gideon Sa’ar, Avigdor Lieberman. Tutti personaggi che oggi gridano alla instaurazione del fascismo: Lapid ha detto che siamo di fronte a “una tragedia da fermare”. Netanyahu, appena dimesso dall’ospedale per un’alquanta simbolica operazione di pacemaker, ha detto che “non c’è nessuna intenzione di ferire la democrazia, al contrario, si vuole rafforzarla; la Corte” ha detto” seguiterà a monitorare la legalità delle decisioni del governo... con proporzionalità, giustizia, uguaglianza”. [...]
giovedì 20 luglio 2023
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Cari amici,
il sito web Informazione Corretta pubblica in esclusiva un mio nuovo video Israele, mentre le proteste contro il governo continuano si riaffaccia il pericolo terrorismo
Il Giornale, 04 luglio 2023
Ieri a Jenin le forze israeliane hanno lanciato nottetempo un attacco militare massiccio di cui adesso parla tutto il mondo come di una crudele sorpresa nei confronti dei palestinesi: 9 durante quella che è stata definita la maggiore impresa antiterrorismo dal tempo della seconda intifada, sono stati uccisi, 8 in scontri armati e uno in circostanze ancora non definite. Sono passati 22 anni circa dal giorno in cui, di Pasqua nel 2002, dopo un eccidio di 20 uccisi israeliani in un ristorante, coprii la battaglia di Jenin in cui furono uccisi 50 palestinesi e 23 soldati. Avventurandosi sul campo di battaglia, dentro la cittadina, o “campo profughi” come si chiamano dal 1948 quel tipo di confusi agglomerati in cemento, solo l’auto di qualcuno esperto ti evitava di calpestare le “booby trap”, le trappole esplosive sparse per ogni dove. Anche ieri ne sono state trovate con casse di armi, proiettili, esplosivo. Jenin ieri, e Jenin oggi. Oggi, dopo averlo rimandato molte volte, e aver soppesato la difficoltà di un’azione di terra, sempre molto pericolosa, il governo e l’esercito hanno deciso che ormai era inevitabile quest’intervento. Le attività di Jenin rendevano letteralmente impossibile ai cittadini israeliani viaggiare nell’area, ai ragazzini aspettare l’autobus e andare a scuola. La cittadina è la santabarbara e il campo training dei terroristi più determinati; qui già nel 1935 fu ucciso dalle forze britanniche il capo islamico padre di Hamas, il guerriero Itz a din al Qassam, da cui il nome dei missili Qassam. Da qui sono usciti, ultimi della fila, i terroristi che hanno compiuto 50 attacchi a fuoco negli ultimi sei mesi, e un totale di 200 attacchi nell’inizio del 2022. Dal settembre dell’anno scorso 19 terroristi hanno cercato e trovato asilo a Jenin, dall’inizio dell’anno 28 israeliani fra cui donne, bambini, civili seduti al ristorante, sono stati uccisi. L’autodifesa di Israele, in un non gradito ma indispensabile tentativo di contenere la piaga, è costata la vita a 120 palestinesi, arresti e incursioni ne sono stati la causa. Nel frattempo c’è stata una grande iniezione di denaro e aiuti da parte dell’Iran: i finanziamenti alla Jihad Islamica e a gruppi che si riferiscono a Fatah sono aumentati. L’impegno per il terrorismo islamico antisraeliano era limitato a Gaza e agli hezbollah: adesso le migliaia di armi che sono state sequestrate a Jenin, le dozzine di congegni esplosivi di alta qualità e anche il lancio nei giorni scorsi di un missile non da Gaza ma dal territorio dell’AP sono un segnale dell’allargarsi della minaccia all’West Bank. Jenin è la fortezza del terrorismo, ed è ormai ben organizzata, casa per casa, nascondiglio delle armi e dell’esplosivo: esistono meccanismi di allarme che avvertono in lontananza dell’arrivo dell’esercito, all’ingresso della cittadina congegni esplosivi bloccano i nemici. [...]
Il Giornale, 05 luglio 2023
Israele è di nuovo oggetto di un severo scrutinio mediatico. Jenin è l’epitome di quello che viene considerato uno degli episodi di scontro violento fra due parti: Israele e i palestinesi. Come in uno stadio di dimensioni mondiali, ci sono due grandi tifoserie, ma nel campo dei media quella che tiene per i palestinesi è certamente la maggiore. La ragione si capisce: le forze israeliane sono meglio armate e quando agiscono i morti palestinesi sono in numero maggiore. Inoltre poiché il governo di Bibi Netanyahu, un leader moderato che oggi siede alla testa di una coalizione in cui siedono anche due ministri di estrema destra, non ha fiducia in un accordo con i palestinesi, questo viene vissuto come un rifiuto israeliano della questione. Ma non si ricorda che Netanyahu, che non ha mai delegittimato l’idea di due stati da lui anzi sostenuta in una famosa conferenza all’Università di Bar Ilan, ha tentato a lungo di formare la sua coalizione con Benny Gantz, ex ministro della difesa: il rifiuto è stato netto, e questo lo ha spinto a formare una coalizione in cui i rapporti, lo si vede nelle cronache, non sono facile. Ma per esempio, Bibi è durissimo con gli episodi di violazione della legge da parte dei settler che dopo il massacro di quattro israeliani in un ristorante sulla strada hanno compiuto gesti di violenza a Huwara, un villaggio arabo, mentre i due ministri di destra Smotrich e Ben Gvir erano indulgenti. Questo, tuttavia, non c’entra con la lotta al terrorismo: qui, anche la sinistra è allineata con l’operazione contro i terroristi di Jenin, a partire da Yair Lapid. Per tutti è pura autodifesa, una scelta non politica, ma pratica e indispensabile. Anche in Israele come in ogni democrazia in primis devi salvare la vita dei tuoi cittadini. Dall’inizio dell’anno la crescita esponenziale degli attacchi terroristici contro i cittadini israeliani, 28 morti che rapportati ai numeri italiani corrispondono a 168 persone circa, ha fatto sì che ogni volte si cercasse di fermare la frana, senza risultati. 200 attentati di cui 50 a fuoco in sei mesi, tutti dall’West Bank con centro a Jenin, e non da Gaza, hanno imposto l’operazione. [...]
Il Giornale, 03 luglio 2023
Ogni pezzo di storia ha il suo stendardo antisemita, ogni folla impazzita insegue i suoi ebrei, o meglio la loro immagine disegnata dai suoi fantasmi; e per questo vuole distruggere la memoria dei loro morti, si inventa una ragione per disprezzare il popolo ebraico, uno slogan per criminalizzarlo. Così sta accadendo purtroppo in Francia in questi giorni. Il Memoriale dei Martiri della Deportazione è stato vandalizzato dalla folla che protesta per l’uccisione del giovane Nahel M.. Sul monumento è stato scritto “Facciamo una Shoah”. Chi l’ha scritto nemmeno sa, o gli piace, che la Shoah in Francia è già stata compiuta una volta quando 200mila ebrei, fra cui un numero immenso di bambini caricati da soli sui treni, furono deportati dal regime di Vichy guidato da Petain il “gauleiter” di Hitler. Che cosa è la follia odierna? E’ un’esplosione nell’ambito di una gigantesca recrudescenza antisemita che ancora non si prende nella dovuta considerazione specie in Francia e in Belgio. Si tratta di un’antisemitismo politico misto a quello religioso, una nuova versione dell’”odio più antico”, che ha già messo in fuga molti ebrei francesi, aggredisce, distrugge, offende, che esplode con tratti sempre più pericolosi se si muove una massa di persone infuriate. Dice Meyer Habib, avvocato francese leader della comunità di 500mila persone, “E’ un’Intifada nel cuore della Francia”. [...]
Il Giornale, 02 luglio 2023
La tragica e colpevole uccisione di Nahel che scuote la Francia, anche se certo non può sfuggire che il contesto, la storia, la cultura sono diverse, riporta subito alla mente l’omicidio da parte della polizia di George Floyd a Minneapolis nel maggio 2020. Nei giorni che seguirono in cui grandi masse specie afro americane distrussero negozi, auto, interi centri urbani con lo slogan Black lives matter, nessuno mise in questione, su tutta la stampa e nella politica, che si trattasse di un omicidio razzista. Non un omicidio personale: era una società, una civiltà, posseduta da “razzismo sistemico” che mostrava senza possibilità di smentita la sua vergognosa attitudine. Questo assassinio mostrava cioè, e da allora le cose si sono sviluppate nella larga lettura woke del razzismo storico americano, che la società americana era razzista, schiavista, oppressiva; da questo si poteva dedurre che tutte le società a dominazione bianca erano tali, e quindi che hanno una endogena natura oppressiva. Una fonte di terribili sensi di colpa. Da questo momento nasce una tendenza culturale, politica, di costume, molto punitiva, una punizione collettiva soprattutto segnale di irredimibilità: il bianco è razzista. Così sembra apparire oggi la società francese sulla stampa internazionale: nessuna luce in vista anche se da decenni si batte con un problema di integrazione sociale, religiosa, politica… che fa tremare le vene ai polsi. Mentre negli USA e anche qui i giocatori prima della partita, e i politici come Nancy Pelosi si inginocchiavano per 8 minuti e 46 secondi, il tempo in cui purtroppo Loyd fu soffocato dal poliziotto bianco, il concetto di “bianco privilegiato” si diffuse per ogni dove e una specie di frenesia morale impiantò una nuova cultura della colpa nelle scuole, nelle università, nelle case editrici, nei serial di netflix, nelle arti, nel lessico comune, nella rilettura dei protagonisti della storia americana. [...]
martedì 27 giugno 2023
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Cari amici,
cliccando qui potrete riascoltare e leggere la trascrizione della rubrica di questa settimana Il Medio Oriente visto da Gerusalemme condotta da Giovanna Reanda
Il Giornale, 26 giugno 2023
Dopo che il fenomeno del nuovo antisemitismo è esploso inaspettato sul mondo contemporaneo, adesso è scoppiata anche la guerra (interessata) sulla sua definizione: le conseguenze politiche sono grandi, coinvolgono il rapporto con le istituzioni mondiali e locali, con l’ONU, l’UE, le città e le scuole, riguardano il modo in cui si guarda Israele e se si intende considerare antisemitismo l’odio indefesso per lo Stato degli Ebrei. L’unica definizione funzionante che fino ad ora è stata elaborata è quella dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) raggiunta dopo decenni di discussione in tutte le massime istituzioni. Prima, era uno scontro e un nulla di fatto continuo: sei antisemita se sei contro la religione ebraica? No, perché gli ebrei sono un popolo. E se sei contro il popolo ebraico? No, perché sono una religione. E così si è andati avanti mentre cresceva l’antisemitismo per decenni. All’ONU si scontravano filoamericani-proisraele, e terzomondisti da Guerra Fredda antisraeliani e intanto attentati e incitamento diventavano micidiali insieme all’azione delle organizzazioni antisemite di sinistra e di destra, fasciste e islamiste. Dopo la guerra mondiale, per un certo periodo, nessuno ha nemmeno sospettato che l’antisemitismo potesse di nuovo mostrare il suo ghigno assassino e tantomeno che diventasse epidemico. [...]
Il Giornale, 26 giugno 2023
La Russia è un immenso punto interrogativo: la calma recuperata rispetto allo tzunami Prigozhin è popolata dall’immagine furiosa e debole di Putin che come la regina di Alice nel Paese delle meraviglie ringhia dai teleschermi: “Tagliategli la testa”. La grande potenza russa ha raccolto titoli sulla debolezza del capo in tutto il mondo. Questo avviene proprio mentre Putin segnava punti nella costruzione di una strategia mondiale autoritaria sul fronte internazionale contro il grande nemico, gli Stati Uniti di Biden. Certamente in prima linea l’alleanza con la Cina: adesso, Xi certo ci ripensa. Già da tempo aveva ammorbidito l’atteggiamento del rifiuto di condannare l’invasione dell’Ucraina puntando a quello della grande potenza mediatrice, e cercando strade più moderate per allargare influenza e i commerci; da qui la mediazione del nuovo accordo impossibile fra Arabia Saudita e Iran, un abbraccio fra sunniti e sciiti mai visto prima. Del resto anche il rapporto di alleanza fra Cina-Russia è raro nella storia. [...]