Fiamma Nirenstein Blog

Il Giornale

Altro che pacifista, odiava Israele

sabato 16 aprile 2011 Il Giornale 28 commenti

Il Giornale, 16 aprile 2011

Ci sono tre o quattro cose chiare e tuttavia difficili da digerire nell'orribile omicidio di Vittorio Arri­goni. La prima naturalmente è la crudeltà della pubblica esecu­zione di un giovane uomo che aveva famiglia e amici. E ciò è chiaro. Ma non lo è la patente re­al­tà che gli assassini siano jihadi­sti islamici di Gaza. Avrebbero potuto essere afghani, o irache­ni. Nel 2002 Daniel Pearl fu ucci­so a Karachi con metodi analo­ghi perché era ebreo; nel 2004 l'americano Nick Berg in Iraq fu decapitato in vi­deo per, dissero gli jihadisti, «da­re un chiaro messaggio all'Occi­dente »; Fabrizio Quattrocchi perché «nemico di Dio, nemico di Allah» e Arrigoni, come dico­no i suoi carnefici nel video con la scritta che scorre, perché «dif­fondeva a Gaza il malcostume occidentale» e «l'Italia combat­te i Paesi musulmani». Si ripete molto che Hamas, di cui Arrigo­ni era amico, ha condannato il delitto. Ma in realtà non impor­ta se gli assassini sono iscritti a Hamas oppure no. Lo sono sta­ti, lo saranno, lo sono... Anche Al Qaida, che a Gaza c'è, è me­glio o peggio accolta a seconda dei momenti. Ma Hamas è sem­pre padrona di Gaza. [...]

A pacifist? He hated Israel

Il Giornale, April 16, 2011

The cruelty of the public execution of a young man who had family and friends, as it was the case with Vittorio Arrigoni's killing, is always awful. And this is clear. What isn’t clear to the European public is that it is patently evident that the killers are his old Islamic Jihadists friends from Gaza. But they could have been Afghanis, or Iraqis. In 2002, Daniel Pearl was killed in Karachi with similar methods because he was a Jew; in 2004 the decapitation of the American Nick Berg in Iraq was filmed, the Jihadists said, «to give a clear message to the West»; the Italian Fabrizio Quattrocchi was executed because he was «an enemy of God, an enemy of Allah» and Vittorio Arrigoni, as his butchers say it in the video, in the words that scroll across the screen, because «he was spreading western immorality in Gaza» and because «Italy fights against Islamic countries». It has been repeated again and again that Hamas, with whom Arrigoni was on friendly terms, has condemned the crime. But in actual fact it doesn’t matter if the assassins are members of Hamas or not. They have been, they will be, they are all controlled by Hamas. Even Al Qaida, which has a presence in Gaza, is seen by Hamas in a better or worse light, depending on the moment. But Hamas is always top dog in Gaza. [...]

La rivoluzione in Medioriente? E' tutto come prima. Anzi peggio.

giovedì 14 aprile 2011 Il Giornale 2 commenti

Il Giornale, 14 aprile 2011

Tutte le grandi rivoluzioni, quella francese, quella americana, quella russa, quelle nazionali, oltre che sul sangue degli eroi nascono su pile di libri, sulle parole dei filosofi e dei grandi leader. Le esclamazioni non sono sufficienti, neppure quelle dei bloggers. Naturalmente a noi occidentali le rivoluzioni piacciono molto, sono i motori, le levatrici della nostra storia. E forse questo ci porta a fare pesanti errori nella valutazione dell'immenso spettacolo cui assistiamo oggi, della piazza araba in fiamme, dello spettacolo estetico e morale dei moti mediorentali e nordafricani, dei  giovani che si battono e muoiono contro orridi regimi i cui crimini, tuttavia, abbiamo sempre cercato di portare all’attenzione senza suscitare grandi passioni. [...]

Ma ora Goldstone scriva un altro rapporto. Vero

mercoledì 6 aprile 2011 Il Giornale 2 commenti

Il Giornale 6 aprile, 2011

Caro giudice Goldstone, perdoni se ci ritorno sopra, a me non è bastato, anche se l’ho apprezzato, il suo articolo sul Washington Post in cui annuncia che, se ne avesse saputo quante ne sa oggi, non avrebbe dichiarato Israele criminale di guerra con le 575 pagine del rapporto costruito per il Consiglio per i diritti umani dell’Onu. Qualcuno aveva già capito da tempo che lei sbagliava: l’Italia votò contro il suo rapporto e nel nostro Parlamento abbiamo tenuto anche un convegno contro le sue assurde conclusioni. Insomma, lei ci ha messo un po’ troppo, e intanto il danno è stato gigantesco. Certo, il suo è un gesto clamoroso che testimonia di una personalità tormentata che, dopo molto, troppo pensare, ha deciso di ascoltare la voce della coscienza.
Una scelta quasi obbligata dopo che le folle ispirate da lei hanno percorso le piazze europee gridando «Hamas Hamas gli ebrei al gas»; dopo che il capo dell’opposizione della Knesset, Tzipi Livni, ha dovuto rinunciare a un viaggio a Londra sotto la minaccia di arresto estesa anche ad altri leader del suo Paese; dopo che da quelle accuse è nata su Gaza la narrativa pazzesca che ha ispirato le varie flottiglie e ha incitato il governo Turco, quella di una prigione a cielo aperto dove Israele pratica la caccia al civile e ai bambini, si muore di fame e i persecutori ebrei circostanti bloccano con la loro ferocia una vita normale e civilizzata. [...]

L’errore Usa è far finta che la Siria sia democratica

sabato 2 aprile 2011 Il Giornale 4 commenti

Il Giornale, 2 aprile 2011

Ci sono un paio di cose, nella grande confusione mediorentale, che appaiono chiare in queste ore: Bashar Assad, rais della Siria, non ha intenzione di aprire alla democratizzazione, e mentre dice di comprendere i dimostranti e che studia se sia il caso di superare lo stato di emergenza che dura da 46 anni, minaccia e reprime: se vogliono guerra l’avranno, ha ribadito. Ma i dissidenti coraggiosamente, non si tirano indietro e sfidano la morte. L’altro fatto chiaro è che Hillary Clinton, ovvero Obama, non ha intenzione di mostrare verso la Siria la stessa severità mostrata nei confronti di Gheddafi. La Segretaria di Stato americana, condannando genericamente la repressione, ha anche detto alla CBS: “Molti membri del Congresso di ambedue i partiti che hanno visitato la Siria negli ultimi mesi hanno detto di credere che egli sia un riformatore”. E’ una bella novità. Niente, in realtà lo suggerisce. [...]

Le rivoluzioni non sono tutte uguali. Scegliamo con chi stare.

martedì 29 marzo 2011 Il Giornale 6 commenti

Il Giornale, 29 marzo 2011

Era tutto lontanissimo da noi, i dittatori mediorientali ultranazionalisti e corrotti, lo scontro fra sciiti e sunniti, le alleanze spurie fra questi e quelli, i loro disegni di dominio. Che ce ne importava, dopo tutto? Adesso che il Medio Oriente e l’Africa sono vicinissimi, questo zoom disegna campi, preferenze, aspettative che costringono l’Occidente a un corso accelerato di studi islamici. Dove ci porta tutto questo, che cosa dobbiamo auspicare, da che parte stare? Per ora la risposta è stata solo umanitaria, ma ben presto saremo costretti a chiederci quali dittatori è meglio che cadano e quali meglio che sopravvivano almeno un altro po'. Il fatto che l’esercito egiziano abbia fatto sapere che vuole restare ancora un po' al potere e non lasciare subito il campo libero, adesso che la Fratellanza Mussulmana ha mostrato la sua testa d’Idra ed è pronta a prendersi l’Egitto, può anche farci piacere senza doversi vergognare. [...]


Not all revolutions are the same: we'd better learn it quickly

Il Giornale, March 29, 2011

It was so far away from us; the corrupt, Islamic panarabist Middle Eastern dictators, the clash between Shiites and Sunnis, the spurious alliances between this and that group, their plans for the area egemony… What did we care, after all? But now that the Middle East and Africa are so close to us, we better get a look at the camps, preferences and expectations. The West must take an accelerated course in Islamic studies. Where is all this leading us, what should we hope for, what side should we be on? For the time the answer has only been humanitarian, but soon we will be forced to ask ourselves which dictators we’d rather see toppled, and which we’d rather see survive at least a little longer. We can rightly feel relieved about the fact that the Egyptian army declared it wants to stay in power a bit longer now that the Muslim Brotherhood has revealed its Hydra head and is ready to take Egypt. [...]

Tutti i tiranni che minacciano il mondo

giovedì 24 marzo 2011 Il Giornale 2 commenti

Il Giornale, 24 marzo 2011

Tutti presi dalla guerra in Libia, ormai le rivoluzioni mediorentali ci sembrano solo lo sfondo della guerra libica. E invece tutto brucia, e quei fuochi ci segnalano il tempo di capire il Medio Oriente: il mondo arabo è entrato in una epoca nuova e con esso anche il Mediterraneo.
Oggi purtroppo balza agli occhi un evento solo apparentemente estraneo all’attualità: l’esplosione a Gerusalemme vicino all’autobus numero 74, un morto e 31 feriti di cui tre molto gravi. Un ritorno al terrorismo islamista che ha fatto duemila morti nella Seconda Intifada. E’ il messaggio di Hamas, insieme alla pioggia di missili su tutto il sud di Israele e alla strage di Itamar, a Israele ma anche a quello che chiama il Mubarak palestinese, ovvero Abu Mazen. I siti palestinesi chiedono l’unificazione Hamas-Fatah e la contestazione radicale di Israele. Hamas, parte della Fratellanza Musulmana, bombarda e esplode, vuole trascinare tutto nel caos per accrescere il suo potere. [...]

Il pericolo più grande è la paura della guerra

mercoledì 23 marzo 2011 Il Giornale 7 commenti

Il Giornale, 23 marzo 2011

«Non avere paura e non sgomentarti» dice Dio a Gio­suè (8:1) e questa esortazio­ne si trova 40 volte solo nel Vecchio Testamento: è un imperativo fondamentale e indispensabile della cultura del nostro mondo. Lo è nella cultura ebraica, lo è nella cultura cristiana, ha ispirato tutti i loro sviluppi laici sia conservatori che progressisti, è un leitmotiv della letteratura di ogni tempo, e la moderna bandiera del risorgimento e delle rivoluzioni. Senza questa esortazione non siamo niente. Perché la paura è un sentimento naturale, tutti la proviamo specialmente davanti a una situazione di conflitto. Oggi, bisogna cercare di non avere paura della guerra, proprio perché guardandosi intorno si vede, si legge, si respira nella politica troppo sgomento. Il coraggio intellettuale e anche fisico hanno costruito la cultura della democrazia, così funambolica e strana. Lo sgomento che si percepisce è pericoloso per la nostra riuscita e per il nostro prestigio internazionale. A volte è travestito da ragionevolezza, a volte da cinismo, a volte da prudenza, a volte da ignavia. E invece, quando volano i Tornado lo spirito pubblico deve nutrirsi solo di coraggio. La paura è un sentimento sensato ma guai, oggi, a farne una bandiera, una politica, renderebbe il gioco facile per i prepotenti e i malvagi se le lasciassimo compiere il suo corso. [...]

The worst danger is the fear of war

Il Giornale, March 23, 2011

“Do not be afraid or discouraged” God said to Joshua (8:1). It is an exhortation that can be found 40 times in the Old Testament alone: it is a fundamental and essential imperative of our Western culture. Be it in Jewish or Christian culture, it has inspired all their secular developments, both of the conservative and progressive camp. It is a leitmotiv common thread running through literature across the ages, and the modern flags of Renaissance and revolution. Without this exhortation we are nothing. Because fear is a natural feeling, we all feel it, particularly when faced with a conflict. Today, again, as we face a new war, we have the duty to save politics from discouragement. But the Italian and European media only speak about how unhappily we face the fight; how much it was imposed to us by circumstances and by the UN; how terrible will be the wave of immigration and how dangerous will be the future after Gheddafi, and they insist that we only want to save lives and not destroying Gheddafi’s regime... in a word: that we have been almost unwillingly dragged. [...]

L’Italia si ritrova al fronte per forza

sabato 19 marzo 2011 Il Giornale 7 commenti

Il Giornale, 19 marzo 2011

Siamo a una bella svolta, cerchiamo di non averne paura. Si muovono le portaerei nel Mediterraneo, la Nato si organizza, le basi militari sono in agitazione. La strada della no fly zone e dell’estromissione di Gheddafi dalla tavola delle Nazioni dopo le sue azioni sanguinose di questo ultimo mese e dopo la parole di pazzesca minaccia, ha fatto il suo corso, e oggi ne siamo parte integrante. Anche il Parlamento italiano tutto, nelle sue Commissioni esteri e difesa convocate d’urgenza, ha ratificato la scelta del governo. Ai tempi della Serbia, nel ’99, il governo si mosse senza chiedere il permesso a nessuno.
La scelta è maturata lentamente, con sofferenza, con i soliti tentennamenti di Obama, con l’Europa spaccata a metà, fra guasconate francesi e atteggiamenti troppo astuti e alla fine melensi della Germania. Poi tutti sono arrivati a decidere insieme che con Gheddafi non si può andare avanti. [...]

Libya: some good reasons to do it

Il Giornale, 19 march 2011

We are at a great turning point, and we must not be afraid. Aircraft carriers position themselves in the Mediterranean, NATO organizes itself, and military bases are on the move. The road of no-fly zones and of ousting Qaddafi from the table of nations after his last month bloody actions and after his crazy threats, has run its course, and today we are an integral part of the fight against him. Even the entire Italian Parliament confirmed the government’s decision by holding urgent meeting of its foreign and defense committees. During the bombing of Serbia in 1999, the government moved without asking anyone's permission.  [...]

La strage di Itamar: la cultura dell'odio dà i suoi frutti e allontana la pace

domenica 13 marzo 2011 Il Giornale 17 commenti
Il Giornale, 13 marzo 2011

Come raccontare l’attacco bestiale portato ieri a una famiglia del villaggio di Itamar in Samaria, una delle storie di ordinario terrorismo palestinese, uno dei più feroci del mondo, sempre puntato su famiglie, gente inerme, donne, bambini, che i media poi chiamano “coloni”, a giustificazione degli assassini? Eppure ecco per l’ennesima volta l’orrore di quello che è accaduto ieri: una ragazzina di 12 anni partecipa fino a mezzanotte ad un’attività scoutistica con i suoi coetanei nel suo villaggio, Itamar, in Samaria, dove vivono 100 famiglie circa. Torna a casa e bussa alla porta. Nessuno risponde. Quello che vedrà entrando con l’aiuto del vicino è sua madre, suo padre, i suoi tre fratelli di 11 e 3 anni e di due mesi con la gola tagliata, morti. Altri due fratellini di 6 e di 2 anni sono riusciti a fuggire e lei se li tiene abbracciati mentre arrivano inutili ambulanze, inutili squadre di polizia. [...]

Itamar massacre: the result of the culture of hatred

Il Giornale, 13 March 2011

How can a normal human being tell the story of yesterday’s horrific attack on a family in the village of Itamar, Samaria, just one of the many stories of ordinary Palestinian terrorism? Here we find the confirmation that Palestinian terrorism is one of the fiercest kinds in the world, always aimed at families, defenceless people, women and children that the media then label “settlers”, in order to justify the assassins? Yet last night we witnessed untold horrors for the umpteenth time: a 12 year-old girl takes part with other friends in a scouting event until midnight, close to her village, where around 100 families live. She arrives home and knocks on the door. Nobody answers. When she goes inside with the help of her neighbour, what she sees is her mother, her father, her three brothers (respectively 11, 3 years and 3 months old) all slaughtered with their throats cut. Two other little brothers, aged 6 and 2, had managed to escape; she holds them close to her as the pointless ambulances and pointless police teams arrive. [...]

Dollari e polizia spengono la collera in Arabia Saudita

sabato 12 marzo 2011 Il Giornale 1 commento

Il Giornale, 12 marzo 2011

E’ la nostra fantasia a suggerirlo, ma ci sembra di vedere re Abdullah ieri, alla fine di una giornata difficile, che trasporta il suo corpo ottuagenario (ha 87 anni) e i suoi bianchi veli svolazzanti fino all’ospedale saudita dove è ricoverato, suo ospite, l’ex rais di Tunisia Zine el Abidine Ben Alì e gli dice: “Vedi, dovevi fare come me: grandi donazioni alla popolazione, la polizia che fa sul serio, e torna la calma”. Infatti, può darsi che non sia detta l’ultima parola, ma certo la monarchia saudita deve aver tirato un respiro di sollievo dopo il fallimento, ieri, del “Giorno della Collera”. Indetto dai social network e ricco di 30mila adesioni su Facebook, dopo tanta preparazione ha visto soltanto duecento coraggiosi nella città di Hofuf, nella regione orientale dell’Arabia Saudita dove era stato arrestato un riverito imam sciita, Tawfik al Amer. [...]

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