Fiamma Nirenstein Blog

Il Giornale

Se il multiculturalismo arriva al fallimento

martedì 26 luglio 2011 Il Giornale 7 commenti

Il Giornale, 26 luglio 2011

Solo in Italia, Paese in cui tutto diventa un tentativo di dimostrare che c’è nei dintorni qualcuno da disprezzare e mettere all’indice, qualcuno a cui sei superiore, un opportunista strumentalizzatore, un pecione, un cretino, un essere moralmente inferiore, la tragica vicenda di Oslo è diventata terreno di insulti e di colpe. Io sono fra quei giornalisti, come quasi tutti quelli che hanno chiuso in orario normale, intorno alle nove, che, occupandosi da lunghi anni di terrorismo (fra i tanti, un mio pezzo fu usato il 12 settembre del 2001 dal Wall Street Journal per spiegare che cosa è, in essenza, un terrorista), aveva stavolta potuto approfondire quasi solo la parte relativa all’autobomba di Oslo; e poco ancora sapeva dell’isola, della micidiale vicenda dei ragazzi uccisi, che ha poi molto chiarito il contesto. [...]

Oslo in guerra?

sabato 23 luglio 2011 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 23 luglio 2011

Molte piste, ma non tutte, portano ad un attacco da parte del terrorismo di stampo islamico. Nelle prossime ore si dovrà verificare con attenzione quello che per ora è un fondato sospetto. Ma se così fosse, non ha nessuna importanza se sia stato a causa delle vignette su Maometto riprese anche in Norvegia nel 2006 dal giornale danese che primo le pubblicò o a causa della presenza di un piccolo contingente in Afghanistan e uno ancora minore in Libia, che peraltro se ne andrà il primo agosto; oppure perché Al Qaida si è offesa per gli arresti domiciliari del mullah Krekar, sospettato di connivenza con Al Qaida... Non importa quali di queste ragioni venga addotta d alla prima rivendicazione di Ansar al Jihad al Alami per le decine di ragazzi morti al convegno sull’isola di Utoya o per l’orrida distruzione e le sette vittime nel centro di Oslo. [...]

Se la guerra conviene ai leader arabi in crisi

giovedì 21 luglio 2011 Il Giornale 6 commenti
Il Giornale, 21 luglio 2011

Quando un leader ha come scopo di rafforzare il suo potere e di sfuggire a qualsiasi resa dei conti, cosa fa? Mette in piedi un conflitto esterno con relativa teoria della cospirazione, fa polverone e crea rumore di spari, sparge sangue e chiama alle armi.. insomma fa una guerra. Questa è la situazione mediorientale oggi, specialmente dopo le rivoluzioni che abbiamo benevolmente chiamato “primavera araba”. Chi le ha fatte, chi le sta facendo, chi le teme... ovunque tuttavia l’incertezza del futuro solleva un clangore di spade, o meglio un ergersi di missili, e naturalmente il nemico evocato per il proprio comodo è Israele con l’intero contorno americano e occidentale, se è vero che oggi il presidente degli Stati Uniti Obama risulta nel mondo musulmano ancora meno amato di George Bush. Per esempio, secondo un’indagine del centro arabo-americano otto arabi su dieci hanno un parere negativo del ruolo internazionale degli USA, e solo cinque egiziani su cento vedono l’America positivamente, contro i trenta del 2009. [...]

When war is convenient for Arab leaders in troubles

When a leader aims to consolidate his power and to get away with accountability, what does he do? He stirs up a conflict along with the usual conspiracy theory, then he causes clashes, spreads blood, and calls to arms. In short, he goes off to war. This is the current situation in the Middle East, in particular after the revolutions that were kindly called "Arab Spring". This warfare scenario calls for war against the usual enemies: Israel, the Western world, and America in particular. Indeed, Obama seems to be less popular than George W. Bush in the Arab world: as a survey of the Arab-American Center shows, 8 Arabs on 10 negatively consider the international role of the USA, and only 5 Egyptians on 100 positively consider America, when in 2009, 30 on 100 did. [...]

Guerra al rais e pace col figlio? Sarebbe un flop clamoroso

sabato 16 luglio 2011 Il Giornale 1 commento

Il Giornale, 16 luglio 2011

Attenzione, niente scherzi, ci dovrà essere un mediatore unico sulla vicenda della Libia e niente Gheddafi né membri della sua famiglia nel mezzo. Questo è stato il messaggio che il ministro degli esteri italiano Franco Frattini al vertice del Gruppo di Contatto Internazionale aperto ieri a Istanbul dal ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu. E’ stato un incontro importante, perché crea un compatto schieramento internazionale che punta su una soluzione politica nonostante la determinazione a seguitare a bombardare anche durante il Ramadan e le promesse degli inglesi di aggiungere quattro Tornado alle loro forze aeree in guerra: infatti la signora Clinton ha dichiarato che gli Stati Uniti riconoscono il Consiglio Nazionale di Transizione come "l’interlocutore più legittimo del popolo libico", ovvero lo strumento che da maggiori garanzie a tutte le componenti della rivolta. [...]

Piazze arabe, nuovo caos. Stavolta l’Occidente non si lasci sorprendere

sabato 9 luglio 2011 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 9 luglio 2011

Quattrocentomila persone in piazza in una città di 700mila abitanti, Hama, in Siria, sono davvero tanti. Un milione in piazza Tahrir, al Cairo, 5 mesi dopo la cacciata di Mubarak, sono un’esagerazione. La temperatura è altissima nel mondo arabo e ci dice che forse le diagnosi e le medicine non erano le più azzeccate. È chiaro che ciò che hanno ottenuto gli egiziani è lontano dal costruire fiducia in quel governo militare che a parte Mubarak e alcuni suoi stretti collaboratori non ha saputo mettere in moto non dico una democrazia, ma nemmeno i processi che dessero ragione, famiglia per famiglia, degli 845 morti nelle dimostrazioni della «primavera». [...]

La crudeltà di Hamas che usa la vita di Shalit per spaventare Israele

lunedì 27 giugno 2011 Il Giornale 3 commenti
Gerusalemme - Gilad Shalit ieri non era solo un tragico episodio, quello del piccolo soldato israeliano molto timido rapito sul confine di Gaza da Hamas da cinque anni. Ieri, nell’anniversario del suo rapimento, avvenuto quando aveva 19 anni, la sua immagine si è librata oscura e triste nell’intero cielo di Israele come una nuvola di tempesta, volatile e inafferrabile, una minaccia onirica contro la quale invano si lotta nel sonno senza riuscire ad allontanarla. Ogni ragazzo israeliano che serve nell’esercito per tre anni fra pericoli che la società occidentale conosce soltanto in quest’area del mondo ha un incubo, e lo condivide con la sua famiglia: essere rapito, sotterrato vivo, diventare moneta di scambio con chi di fatto vuole la tua morte e quella di tutta la tua parte. Per questo ogni soldato, e con lui la sua mamma e suo padre, portano dentro di sé, quando il giovane e la giovane va nell’esercito, la promessa che non sarà mai abbandonato, che sempre verrà salvato, in ogni pericolo, ad ogni costo. [...]

Ottomani da Sarajevo a Damasco: il nuovo impero secondo Erdogan

domenica 19 giugno 2011 Il Giornale 3 commenti

Il Giornale, 19 giugno 2011

Dopo la larga vittoria elettorale del 12 giugno, il premier islamico celebra citando in un discorso gli ex possedimenti in Bosnia, in Libano, in Siria e a Gerusalemme

Era immenso, era potentissimo, è il fantasma che ancora oggi ci perseguita: il potere islamico sul mondo intero. Ed era qui solo l’altro ieri l’Impero Ottomano che, svanito dalla mappa alla fine della prima guerra mondiale, gloriosamente si impossessò dell’orbe terracquea nel 14esimo secolo, diramandosi dalla Turchia e espandendosi dalla costa atlantica del Marocco al Volga in Russia, dal confine austroungarico allo Yemen e persino all’Etiopia. Poi, nel diciottesimo secolo cominciò a perdere i pezzi: prima il Mar Nero e il Caucaso; nel 19esimo se ne andarono i Balcani insieme alla Grecia; perse nel ventesimo le terre arabe, tutte quante, di cui era padrone. Gran parte del mondo musulmano ripensa all’Impero Ottomano come alla indispensabile sorte di potenza che il mondo islamico merita e deve rinnovare. E adesso Recep Tayyp Erdogan non solo ci pensa, ma, dopo la vittoria elettorale con 325 seggi su 550, non riesce a contenere l’ambizione e, sia pure alla sua maniera astuta lo annuncia: torna l’Impero. [...]

Le minacce alla festa d'Israele e il silenzio del sindaco Pisapia

mercoledì 8 giugno 2011 Il Giornale 7 commenti
Il Giornale, 8 giugno 2011

A Milano cambio di sce­na su sfondo arroventato. Si torna dal Castello Sforzesco in piazza del Duomo. Sem­bra che quella orribile malat­tia dei nervi per cui alcune mi­gliaia di persone fantastica­no cose insensate su Israele, ovvero sugli ebrei se vogliamo dirla tutta, sta­volta non riuscirà nel suo ef­fetto intimidatorio, spran­ghe, kefiah sul volto, sfasci e botte non faranno chiudere bottega a Israele: la mostra, che dal prossimo 12 giugno è programmata per una setti­mana in piazza del Duomo a Milano avrà luogo nonostan­te le minacce di violenza dei vari «centri sociali» e gruppi filopalestinesi, e nonostan­te l’att­eggiamento un po’ tre­mante del sindaco Pisapia al­la sua prima prova. [...]

Libri al bando in Scozia: scrittori israeliani vietati

domenica 5 giugno 2011 Il Giornale 6 commenti
Il Giornale, 5 giugno 2011


Ci sono tanti modi di cancellare qualcuno che odi, con un bazooka, con le bombe, con la delegittimazione, la negazione della dignità della sua esistenza fisica e psichica. La marcia dei vicini in guerra con Israele (palestinesi, siriani, giordani...) preparata per oggi al fine di scavalcarne in massa i confini da ogni parte, come non esistessero, dice una cosa precisa: Israele non c'è. Ne neghiamo l'esistenza. Ed è francamente orrido che a questa affermazione di prepotenza internazionale senza precedenti si accompagni un'altra forma di seppellimento in vita dello Stato Ebraico, quello culturale. Il boicottaggio culturale di Israele è cosa vecchia, anche in Italia la Fiera del Libro di Torino del 2008, le liste di proscrizione delle università di varie città italiane, il blocco di progetti scientifici e artistici comuni, la manifestazione come quella progettata per i prossimi giorni a Milano per cancellare una mostra sulle meraviglie scientifiche di quel Paese, ci hanno allenato. A questo si uni il boicottaggio di merci della Coop e della Conad, poi ritirato. [...]

Dopo la 'primavera araba', Israele prevede l'autunno caldo

lunedì 30 maggio 2011 Il Giornale 2 commenti

Il Giornale, 30 maggio 2011

Sotto la guida di Obama che ha fatto da amplificatore all’ansia dell’Europa, il dialogo fra Occidente e Islam ha acquistato toni surreali e il G8 dei giorni scorsi li ha resi evidenti. A Deuville si è di nuovo e di nuovo esaltato la promessa della Primavera Araba e il contenuto democratico del grande cambiamento. Secondo il nostro “piano Marshall”, a Tunisia ed Egitto andranno ora in dono dai 20 ai 40 milioni di dollari. Non è detto che qualcosa di buono non ne venga fuori prima o poi, ma non ci stiamo cautelando e non cauteliamo, come è nostro dovere, quei popoli di fronte a segnali di profondo antagonismo contro di noi e di estremismo interno che minacciano di travolgere, in una frana bellica, primavera, estate, autunno e inverno. Per decenni le autocrazie mediorentali hanno fatto pagare alla loro gente la dittatura e noi, in cambio di una parvenza di stabilità, lo abbiamo consentito. Ora potremmo essere noi, l’Occidente, l’Europa, Israele, coloro che l’indottrinamento dei nostri protegé al loro popolo ha designato a pagare il prezzo ultimo. [...]

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