Fiamma Nirenstein Blog

Il Giornale

Netanyahu al Congresso: sui confini decido io

mercoledì 25 maggio 2011 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 25 maggio 2011

Le critiche pioveranno, di nuovo i confini del ’67 non sono in vendita, di nuovo Gerusalemme è indivisibile e i profughi del ’48 compresi i pronipoti dovranno trovare rifugio a casa loro, e non in Israele... ma Benjamin Netanyahu ha scelto così, un discorso agrodolce con aperture sottili e molti sguardi diretti: se ci volete vivi, è così. Se ci volete morti, ci difenderemo. Ci sarà tempesta, molti amano odiare Netanyahu, ma nessuno può togliere a Bibi la formidabile accoglienza che il Congresso americano a Camere riunite, destra e sinistra, ha dedicato ieri al Primo Ministro israeliano. È andato in scena il coraggio della fede nella democrazia, dei valori comuni. Ventisette volte Netanyahu ha ricevuto ovazioni entusiastiche, piacesse o meno a Obama. Due Paesi si sono mostrati per mano sicuri che il rifiuto del cinismo non sarebbe stato scambiato per retorica. [...]

Netanyahu non ci sta e costringe Obama a cedere sui confini

sabato 21 maggio 2011 Il Giornale 10 commenti
Il Giornale, 21 Maggio

Benyamin Netanyahu ha avuto un notevole coraggio fronteggiando ieri, nel nome degli interessi israeliani, il presidente Obama che poche ore prima aveva cercato il favore dell’Islam per molte strade, fra cui quella di disegnare la divisione fra Israele e i Palestinesi sull’indifendibile linea del ’67. Ed è stato ricompensato: Obama durante la loro conversazione si è impegnato molto di più sull’Iran, ha ascoltato bene la determinazione del primo ministro israeliano a rifiutare i confini del ’67 come confini destinati a portare alla guerra e alla rovina. I due dopo 24 ore di polemica sotterranea sul discorso di Obama, hanno dato un’impressione di sostanziale concordia nel condannare la politica aggressiva e atomica dell’Iran e sulla condanna di Hamas. Obama non è tornato sulla questione dei confini del ’67, e ha ascoltato Bibi che insisteva con determinazione sul tema della sicurezza. (...)

Netanyahu doesn't bow down and forces Obama to change his statement on borders

Benjamin Netanyahu was very courageous in defending Israeli interests in front of President Obama, who, some hours earlier, had used many ways to befriend Islam, like drawing the boundaries between Israelis and Palestinians along the 1967 indefensible borders. And he was rewarded: during their talks, Obama undertook a greater commitment vis-à-vis Iran; he listened to the Israeli Prime Minister who rejected the 1967 borders as they are doomed to war or ruin and the day after, in front of the AIPAC conference, he tried to clarify what he meant: not just the '67 borders but agreed lines between the two parties. Obama's speech gave the impression that now he agrees more in condemning Hamas and in judging its refusal of the existence of  Israel as an impossible obstacle on the way to peace. (...)

Con questa aggressione la primavera araba diventa anti-israeliana

lunedì 16 maggio 2011 Il Giornale 5 commenti

Il Giornale, 16 maggio 2011

E’ un attacco selvaggio, concentrico, bellicoso e ignaro di ongi regola internazionale. Il nostro presidente Giorgio Napolitano d’un tratto, durante una visita che avrebbe dovuto avere il puro tratto della simpatia che legano l’Italia a Israele, si trova invece di fronte il baratro mediorientale, la voglia di distruzione dello Stato degli Ebrei, uno scenario che si spalanca come un primo grido di verità proveniente dal ventre delle nuove rivoluzioni. In queste ore, quelle della celebrazione della “nakba”, Israele è circondato da manifestazioni di rifiuto profondo provenienti da tutte le latitudini. “Nakba” è una parola araba che significa disastro, rovina, distruzione, e la si piange nei giorni in cui si celebra la proclamazione dello Stato di Israele, che ha computo tre giorni fa 63 anni. [...]

Minaccia in stile nazista dagli imam di Tripoli: "Uccideremo mille persone per ogni vittima"

domenica 15 maggio 2011 Il Giornale 2 commenti

Il Giornale, 15 maggio 2011

Undicimila morti contro undici, non vi appaia un urlo di rabbia impazzito. È vero, è un classico, e sta a noi evitarlo con la vigilanza e la lotta. La minaccia, anzi, la fatwa, è stata emanata da alcuni imam che hanno partecipato ieri a una conferenza stampa del portavoce del governo di Tripoli Mussa Ibrahim: hanno affermato, ma non è verificato, che 11 imam libici sono stati uccisi da un raid della Nato su Brega e hanno invitato i musulmani a uccidere per ogni imam morto mille europei, in Italia, in Francia, in Danimarca, in Qatar e negli Emirati. A noi occidentali, a noi italiani, la minaccia di decimazione elevata alla ennesima potenza suona come la grottesca versione di un’odiosa anticaglia bellica adottata, nella storia recente, dai nazisti. Invece la minaccia di morte, urlata, stampata, teorizzata, è il baluardo moderno della guerra dell’islam estremista contro la nostra civiltà, la nostra mera esistenza come uomini che non accettano il dettato coranico, cristiani, ebrei, apostati. [...]

Su Siria e Medio Oriente l'Occidente ha perso la bussola

mercoledì 11 maggio 2011 Il Giornale 5 commenti

Il Giornale, 11 Maggio 2011

Quali farfalle andiamo acchiappando quando decidiamo ora di aiutare, ora di sanzionare, ora di lodare, ora di redarguire, ora di promuovere, ora addirittura di fare la guerra? La domanda ha risposte penose e a volte persino manicomiali. L’Europa ha fatto dei diritti umani 170 pagine di regole oppressive che definiscono una moralità post moderna di “non discriminazione”, principi astratti e severissimi che precedono i diritti della nostra comunità primaria e prescindono anche dalle situazioni di fatto. Per esempio, sull’immigrazione sdottoreggia e sgrida,  ma poi non da nessun valore alla libertà, per esempio degli iraniani, o dei siriani se non a chiacchiere, e nemmeno cerca di fare politica di fronte al terrorismo e alle stragi di innocenti, anche quando poi arriveranno da noi. IL caso più eclatante è che lasciamo che l’Iran costruisca una bomba atomica chiaramente dedicata a noi. Ma prendiamo tre esempi nuovi e collegati concettualmente nella nostra incapacità di difenderci. La nostra testa funziona male. Pensiamo al commento sulle immagini di Bin Laden con la barba bianca davanti al televisore mentre organizza il suo prossimo messaggio stragista, una promessa ben concreta, che sarebbe stata portata a termine se il terrorista non fosse stato fermato dalle pallottole dei Navy Seal. Lo avrete sentito alla tv, visto sui giornali: il commento, una sarabanda di piagnucolii sulla vecchiaia, la stanchezza, la solitudine, la noia di un pover’uomo in stanza “modesta”, di fronte a un “vecchio televisore”, con le rughe, i  capelli bianchi…. Poverino. Era meglio lasciare che ci continuasse ammazzare, quel povero vecchietto, secondo questa sviolinata melensa di senso di colpa per un personaggio da diecimila morti innocenti. [continua...] 

L’Onu dorme sulla Siria e si sveglia contro gli Usa

sabato 7 maggio 2011 Il Giornale 13 commenti

Il Giornale, 7 maggio 2011

Sull'eliminazione di Bin Laden si ragiona e si sragiona parecchio e al solito la seconda parte è affidata all'Onu. Quando la signora Navi Pillay, Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, quella signora che non va a Oslo alla premiazione del Premio Nobel cinese Liu Xiaobo per impegni irrinunciabili, che lascia perdere l'Iran, e il Tibet, e la Cecenia, e il Sudan... ma che tre quarti del suo tempo lo dedica alle risoluzioni di condanna a Israele; dicevamo, quando questa signora chiede una spiegazione chiarissima, proprio fino in fondo e urgente (anche se tutto suggerisce che Obama debba tenersi qualche segreto), su come Bin Laden sia stato ucciso perché «si devono osservare delle regole anche nella lotta contro il terrorismo»; beh, sospettiamo che le sue intenzioni più che legalitarie siano ideologiche. Insomma, ragioni antiamericane, antioccidentali, anti israeliane, anti noi. [...]

La gioia del mondo è un omaggio alla democrazia

martedì 3 maggio 2011 Il Giornale 8 commenti

Il Giornale, 3 maggio 2011

Non è spirito di vendetta, non c’è ferocia né un insano senso di rivincita nella discesa in piazza da parte della folla americana giubilante per la morte di Bin Laden. C’è senso di realtà, buon senso, unità e soprattutto volontà di vivere senza sensi di colpa né pensieri tormentosi su un’ipotetica prepotenza occidentale. Tutto ciò che diventa nebbioso giorno dopo giorno in questa incerta società preda di un senso di espiazione, desiderosa di pagare un prezzo ai diseredati con un cupio dissolvi esteso fino a giustificare i terroristi, si è palesato a Capitol Hill o a Ground Zero invasi da una folla assertiva, festante. [...]

Bin Laden's killing: the joy of the world is a tribute to democracy

Published in Il Giornale, 3rd May 2011

It is not spirit of revenge, neither is it savagery that took the jubilant American crowds to the streets for Bin Laden's death. There is sense of reality, common sense, unity, and in particular the will to live without guilt or nagging thoughts about an hypothetical Western arrogance. All this has been revealed in Capital Hill and Ground Zero, full of assertive and joyful crowds, against what becomes hazier within a society that day in, day out, is falling prey to a sense of atonement, prone to justify terrorists. [...]

Guerra in Libia: è nostro dovere, ma anche necessità politica

venerdì 29 aprile 2011 Il Giornale 1 commento

Il Giornale, 29 aprile 2011

Dunque, ieri i primi F16 hanno preso il volo verso obiettivi mirati. Ma la guerra che abbiamo dovuto intraprendere in Libia e che non poteva certo essere abbandonata o gestita a piacimento in qualsivoglia istante (magari qualsiasi guerra lo potesse) ha avuto sempre le caratteristiche della necessità. Non ha a che fare con la “stoltezza”, come dice l’ottimo “Foglio”, ma piuttosto con la pietas che dal secondo dopoguerra è stata imposta, nel suo inizio, alla struttura dell’ONU nei suoi pilastri ideologici, anche se essi nel tempo si sono corrotti. Questo ci fa avvertire una vergogna particolare nei confronti della decisione presa mercoledì di non bollare con una risoluzione del Consiglio di Sicurezza il comportamento di Bashar Assad, che non solo, come Gheddafi, uccide a centinaia i suoi cittadini in rivolta, ma ne assedia coi carri armati le città prima ancora che essi si muovano in armi contro di lui. Insomma, gli fa guerra. [...]

L’Occidente non si lasci beffare dalla Siria

giovedì 28 aprile 2011 Il Giornale 7 commenti

Il Giornale, 28 aprile 2011

Mai come guardando oggi la Si­ria siamo stati chiamati a contem­plare la nostra debolezza di fronte ai dittatori, a misurare la menzo­gna della Realpolitik. È il caso di ci­tare, ebbene sì, George Bush, quan­do l'orrore della dittatura esclama che alla fine con i prepotenti non c'è dialogo possibile. Bush nel 2005, dopo l'assassinio di Rafiq Ha­riri in Libano, ruppe tutte le relazio­ni con la Siria; intanto il Diparti­mento di Stato intraprese il finan­ziamento dei dissidenti laici e dei loro progetti, inclusa una tv satelli­tare anti Assad. Ma poi è arrivata la grande presa in giro: perché As­sad, come dice Fuad Ajami, ha gio­ca­to contemporaneamente al piro­mane e al pompiere. Ma a noi occi­dentali, agli USA che gli ha rispedi­to l'ambasciatore, all'UE che lo ha chiamato alla pace con Israele, all'ONU che lo vuol mettere nel Consi­glio dei Diritti Umani, è sempre pia­ciuto guardare soltanto il pompie­re. Solo in queste ore l'America co­mincia a parlare di sanzioni ad per­sonam (poca roba), e Susan Rice fornisce uno spunto di grande mo­mento: gli Stati Uniti sono sicuri che fra gli uomini della sicurezza che uccidono i civili siriani ci sono anche forze iraniane. [...]

Tra Egitto e Iran relazioni pericolose (soprattutto per noi)

sabato 23 aprile 2011 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 23 aprile 2011

Verrebbe un po’ da ridere di questo conti­nuo «si stava meglio quando si stava peggio» che accompagna gli sviluppi della primavera islamica se non si trattasse di eventi pericolo­si per il nostro stesso futuro. Siamo di fronte a una svolta che promette solo vento e tempe­sta: l’Iran e l’Egitto si apprestano, dopo trent’anni di ostilità, a scambiarsi ambascia­tori. Quando due navi iraniane sono entrate nel Mediterraneo tramite il Canale di Suez, ne abbiamo avuto l’arrogante segnale. Sull’aper­tura delle rispettive ambasciate a Teheran e al Cairo hanno negoziato il ministro degli esteri iraniano Ali Akhbar Salehi e la sua contropar­te egiziana Nabil el Arabi, che appena nomi­nato disse che intendeva ripristinare le rela­zioni con Teheran. In seguito El Arabi ha in­contrato il rappresentante iraniano Mugtabi Amani nella prima visita ufficiale da quando Mubarak è stato defenestrato. Pare che l’am­basciatore iraniano sarà un diplomatico di carriera, Ali Ahbar Sbuyeh. L’egiziano è igno­to, anzi, l’Egitto fa sapere che l’annuncio è pre­maturo. [...]

Dangerous liaisons (particularly for us) between Egypt and Iran

Il Giornale, April 23, 2011

Every day the Islamic Spring presages stormy times. Now, after thirty hostile years, the Islamic Republic of Iran and Egypt are preparing to exchange ambassadors. The passage of two Iranian ships into the Mediterranean via the Suez Canal some weeks ago foreshadowed this new reality.
Nabil el Arabi, just appointed Egypt’s Foreign Minister by the new post-revolutionary government, immediately stated he intended to restore relations with Teheran. Then he met with an Iranian official, Mugtabi Amani, in the first institutional visit since Mubarak was deposed. El Arabi then negotiated the opening of the respective embassies in Teheran and Cairo with Iranian Foreign Minister Ali Akhbar Salehi. It seems that Ali Ahbar Sbuyeh, an Iranian career diplomat, will serve as Iranian ambassador to Egypt. Egypt has said that it is too early to announce his Egyptian counterpart. The delay in selecting the new Egyptian ambassador to Iran is probably the result of Egyptian Prime Minister Essam Sharaf’s very recent meeting with the Saudi King, who has made clear his dislike of this new reality. [...]

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