Il Giornale
I «bulli» sono i turchi che attaccano Israele
La Turchia caccia l’ambasciatore di Israele, annuncia che porterà il Paese alla corte dell’Aja e che farà scortare le prossime navi dirette a Gaza contro «il bullo» del Mediterraneo. La Turchia ha dei sostenitori: Hamas e la Jihad Islamica hanno dichiarato che ha fatto benissimo, e che il rapporto Palmer, le 150 pagine stilate della commissione Onu per giudicare le responsabilità nello scontro della Flotilla il 31 maggio del 2010, sono frutto di un complotto sionista. [...]
The “bullies” are the Turks that attack Israel
Il Giornale, September 4, 2011
Turkey ousts the ambassador from Israel, it states that it will take the country to the Hague court and that it will escort the next ships bound to Gaza against the “bully” of the Mediterranean. Turkey has some supporters: Hamas and the Islamic jihad have publicly voiced their support and that the Palmer report – the 150 pages drafted by the UN commission to judge the responsibilities in the Flotilla clashes on May 31 2010 - is the result of a Sionist plot. Actually Turkey is staging an ideological charade using the charges against Israel to strengthen its new political approach to power. [...]Chi tocca la parola "Shoah" attacca Israele
Se qualcuno giocherella con la Shoah, questo fa Ahmadinejad contento. Fa contento anche Nasrallah capo degli Hezbollah, fa contenta Hamas, fa contenta la jihad islamica e Al Qaeda, fa felice i neonazisti e tutti quelli che vanno a disegnare svastiche nei cimiteri ebraici. Decidere come ha fatto la Francia che la parola «Shoah» non si può più usare nei libri di testo, sparare errori storici sul numero dei prigionieri tedeschi uccisi per compararlo ai sei milioni di ebrei sterminati, come ha fatto Günter Grass, sono giuochi da salotto che oltre a essere cretini, dato che la storia della Shoah è un masso inamovibile e un testo trasparente per la coscienza e la conoscenza di chi ce l’ha, hanno ormai un significato politico evidente. Giocare con la Shoah, annettersi in un modo o nell’altro all’ormai grande vecchio carrozzone della sua negazione, è la maggiore arma oggi in uso per distruggere gli ebrei e Israele. Insomma, è un’arma antisemita. [...]
Those who touch the word “Shoah” attack Israel
Il Giornale, September 3, 2011
Playing with the word Shoah will make Ahmadinejad happy. This pleases Nasrallah, the head of the Hezbollah, Hamas, the Islamic jihad and Al Qaeda. It makes neo-Nazis happy and all those who draw svastikas om Jewish cemetries. Blatantly reporting historical errors in text books on the number of German prisoners killed to compare it to the six million Jews exterminated, as did Günter Grass, is a parlour game that is first of all stupid. In fact, the Shoah is an unmovable rock and a transparent text for the conscience and the knowledge of those who are aware of it. But it also has an evident political meaning. Playing with the Shoah, jumping in a way or another on the old bandwagon of its denial, is the most frequently used weapon to destroy Israel and the Jews. In sum, it is an anti-Semitic weapon. [...]Se guerra e martirio contagiano pure gli arabi moderati
Se l’attacco terroristico di Eilat tragicamente conferma il fatto che ormai dall’Egitto postrivoluzionario spirano pesanti minacce di guerra; se pensare che un commando terrorista variegato per missili, cinture suicide e kalashnikov, ma compatto nella determinazione di uccidere chi capita rappesenti l’orrore impersonificato per la sua fame di uccidere passanti innocenti… non abbiamo visto ancora niente. Sono gli eventi del giorno dopo che ci svelano lo scenario delle prossime puntate, e ci dicono purtroppo che il peggio deve ancora venire. Invece di lanciare ai palestinesi di Hamas e altre organizzazioni terroriste una condanna che suoni come un invito alla pace, pressocché tutto il mondo arabo li esalta. [...]
Ecco il frutto velenoso della primavera araba: il terrore viene dall'Egitto
La primavera araba è arrivata con un mare di sangue in Israele. Ehud Barak, il ministro della difesa israeliano, senza esitazioni ha gettato tutta la responsabilità su Hamas e ha subito bombardato un obiettivo specifico, forse una casamatta, di Rafiah: Hamas, ha detto, ha scelto la strada del Sinai, ma tutta la preparazione si è svolta, come quella di mille altri attentati, dentro la Striscia. Hamas naturalmente ha detto che non c’entra, ma uno dei leader Ahmad Yussuf ha detto che Hamas approva.
Se si guarda la carta geografica si capisce al volo che cosa abbia inteso Barak: Hamas ha aggirato l’ostacolo del confine con Israele utilizzando la strada egiziana apertasi di bel nuovo con la rivoluzione, sia che l’Egitto abbia responsabilità di incuria o peggio, sia che il suo terreno sia stato solo la strada prescelta subdolamente per colpire Israele con un attentato plurimo, complicato, fatto apposto per dimostrare la determinazione e l’accanimento nell’ uccidere la gente di Israele, un soldato e sei civili, come sempre, sia con i missili che con una cintura esplosiva ritrovata sul corpo di uno dei morti. [...]
«Troppa repressione» Il paradosso dell’Iran che bacchetta Londra
Non è solo ridicolo, purtroppo ce la racconta anche molto bene su quel che succede ora nel mondo. In una presa di posizione ufficiale il governo iraniano ha chiesto al governo inglese di comportarsi con “moderazione”, nei confronti dei dimostranti che stanno saccheggiando e vandalizzando le strade di Londra. Cioè, il governo che ha fatto a pezzi con botte, esecuzioni di strada, detenzioni, torture, un’opposizione legittimamente scesa in piazza per contestare le elezioni in cui Ahmadinejad ha ripreso il potere di uno stato teocratico e dittatoriale, in cui si lapidano le donne e si impiccano gli omosessuali, si preoccupa dei diritti delle folle che contestano a suon di incendi e vetrine frantumate, violenze fisiche lo stato democratico e liberale del signor Cameron. [...]
Il crac annunciato della città multietnica
Il Giornale, 9 agosto 2011
Persino Oxford Circus, dove non c’è chi non abbia messo piede entusiasta dopo uno shopping in Oxford Street e un'estenuante camminata nel West End, è stata ieri lambita dagli scontri di Londra. Le bande si organizzano, saccheggiano e distruggono, da Tottenham e Einfield cominciano a bruciare e a vandalizzare a Edmonton, a Brixton, a Waltham Forest, nel centro, al supermercatino Tesco a Ponders End. I politici e i commentatori studiano le cause, la sinistra all’opposizione attacca il governo conservatore con i suoi tagli che poi, a un rapido calcolo, si scopre non esserci stati. Le accuse sulle condizioni di vita, sulla miseria e sulla criminalità del quartiere nero piovono a raffica, ma dal 1985, epoca di altri gravissimi scontri, la disoccupazione è dimezzata; inoltre, da 875 rapine l’anno si è passati a 30. La polizia, che al tempo degli scontri dell’85 parlava pubblicamente dei neri come di scimmie, benché abbia 35 uomini feriti, non si è lasciata andare nemmeno a una parola di troppo. Da allora conta 3000 ufficiali di etnie diverse da quella british e bianca. [...]
Paradosso all’Onu: la Corea del Nord presiede il disarmo
Manca solo che l’Onu metta un gatto a presiedere la commissione per la difesa dei topi. Più o meno suona nello stesso modo la terza sessione del 2011 della Conferenza dell’Onu per il disarmo, dato che è presieduta in queste settimane dalla Corea del Nord. Ban Ki Moon ha definito la conferenza come «l’indiscutibile sede di tutti gli sforzi internazionali per il controllo delle armi». Dunque, la Corea del Nord dovrebbe occupare la sedia presidenziale contro se stessa, la sua politica atomica, missilistica, comunista, anticapitalista, antimperialista. E sempre pronta a fornire armi ad altre dittature come la Siria, in questo a braccetto con l’Iran, che aiuta nella corsa nucleare. La Corea del Nord è anche un paese totalitario che fa uso sistematico di mezzi di repressione fra cui atroci campi di concentramento. [...]
Multiculturali per forza? Minaccia alla democrazia
Un giorno a New York vidi un padre e un figlio neri ancora in abiti africani intenti a mangiare un gelato al tavolino di un bar. La loro amorosa comune gioia era palpabile. I loro profili si specchiavano in un comune progetto: America. La loro integrazione era palpabile come la soddisfazione di essere a New York. Erano già americani nonostante gli abiti. Qui sta il punto.
Caro Manconi, che sul Foglio riapri la discussione sul multiculturalismo attaccando una “sindrome Nirenstein” che creerebbe un falso giudizio sottraendo questa realtà al mondo dell’ineluttabile e affidandolo a quello di un’ ideologia attribuibile a “buonisti” tipo Don Ciotti o “l’internazionale socialista”, non è così. Il multiculturalismo, è vero, è “un movimento umano, un fenomeno economico, un processo demografico, una dinamica dei gruppi..” . C’è. Ineluttabile, lo è. [...]
La coscienza nera della Nazioni Unite paralizzate dai veti
Il Giornale, 2 agosto 2011
Forse Bashar Assad ha intenzione di far fuori tutti i siriani e restare da solo a governare un Paese vuoto. E forse glielo lasceremo fare, data l’incertezza con cui tutto il mondo si gratta la testa mentre l’esercito fa le pulizie con i tank, i mitra, le bande che terrorizzano e uccidono chiunque si affacci per le strade. Ieri è stata la quarta volta del Consiglio di Sicurezza dell’ONU dall’inizio della rivolta, se non ne dimentichiamo qualcuna. [...]
The UN Bad conscience: paralysed by vetoes
Il Giornale, August 2nd, 2011
Maybe Bashar Assad intends to kill all Syrians and to rule over an empty Country. And maybe they will let him do so, given the paralysis that characterizes the international attitude toward the cleansing actions of tanks, guns, bands that terrorise and kill anyone who steps into the street. [...]
La Turchia minaccia ma è senza generali
Inizia oggi la nuova rubrica di Fiamma Nirenstein su Il Giornale: "Fuoco e Fiamma"
Il Giornale, 31 luglio 2011
La Turchia dardeggia il suo terribile broncio: adesso, dopo Israele, c’è un altro Paese, l’Armenia che deve, e subito, porgere le sue scuse a Tayyip Erdogan, il primo ministro del Paese che dal più laico dei paesi islamici sta diventando il più intensamente islamico dei paesi laici. Non lo distrae dal cipiglio il fatto che tutti i suoi generali, compreso il capo di Stato Maggiore Isik Kosaner, si siano appena dimessi per protestare contro l’incredibile, lunga detenzione di 250 alti gradi militari per un supposto complotto contro il potere dell’AK, il partito di Erdogan al potere dal 2003. Erdogan annuncia tranquillo che il consiglio militare supremo si incontrerà lunedì per conferire nuovi incarichi militari. E’ dubbio che rappresenteranno la solita buona vecchia garanzia democratica [...]
Turkey keeps on threating, but lacks of generals
Il Giornale, July 31, 2011
Turkey is again very angry: after Israel, there is now another State, Armenia, which must apologize immediately to Tayyip Erdogan, the Prime Minister of the Country which used to be the most secular among the Islamic States, and turned to be the most Islamic of secular Countries. [...]